Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
Catania, Sezione III
Sentenza 13 gennaio 2022, n. 60

Presidente ed Estensore: Burzichelli

FATTO E DIRITTO

Il ricorrente ha impugnato: a) l'ordinanza n. 16 in data 14 aprile 2016 di rettifica dell'ordinanza di demolizione n. 1/2013 in data 4 marzo 2013, relativa ad opere realizzate in assenza di concessione edilizia nel fondo sito in Reitano, Via Lungomare Colonna, Frazione Villa Margi; b) l'ordinanza di sospensione dei lavori n. 25 in data 9 settembre 1997; c) il verbale di sopralluogo dell'Ufficio Tecnico Comunale in data 14 luglio 1997; d) il preavviso di diniego n. 5179 in data 11 novembre 2014; e) il diniego definitivo n. 5814 in data 19 dicembre 2014; f) l'art. 33 del regolamento edilizio adottato con delibera consiliare n. 49 del 28 ottobre 1998 e con successiva delibera del commissario ad acta n. 33 del 13 luglio 2007, approvato con decreto assessoriale in data 11 febbraio 2009 (eventualmente da disapplicare limitatamente al mancato inglobamento dell'area su cui insiste il terreno di proprietà dell'interessato nella contigua zona "B").

Nel ricorso, per quanto in questa sede interessa, si rappresenta in punto di fatto quanto segue: a) al ricorrente è stata notificata l'ordinanza n. 16 in data 14 aprile 2016, di rettifica dell'ordine di demolizione n. 1/2013 in data 4 marzo 2013, relativo ad una tettoia con montanti in ferro e tetto in legno di circa metri quadri 24, nonché ad un piccolo WC; b) con provvedimento n. 5814 in data 19 dicembre 2014 il Comune di Reitano ha opposto il proprio diniego alla richiesta di concessione in sanatoria dei manufatti oggetto di contestazione; c) in sede penale, la Corte di Appello di Messina ha chiarito che il piccolo WC in legno, della superficie di metri quadri 2,70, presentava natura pertinenziale e che per la sua realizzazione non risultava necessario il conseguimento di concessione edilizia.

Il contenuto dei motivi di gravame può sintetizzarsi come segue: a) nell'ordine di demolizione in data 5 marzo 2013 si afferma che il ricorrente non aveva presentato richiesta di sanatoria, pur avendo il Comune adottato il successivo provvedimento di diniego n. 5814 in data 19 dicembre 2014 sulla apposita richiesta formulata dall'interessato; b) l'ordine di demolizione è stato adottato sulla base di motivi diversi da quelli indicati nel preavviso di diniego in data 10 novembre 2014, avendo l'Amministrazione fatto riferimento per la prima volta alla violazione dell'art. 33 del Piano Regolatore Generale; c) la tesi del Comune secondo cui, ai sensi della disposizione indicata, sarebbe necessaria la presentazione di un piano di lottizzazione non può essere condivisa, in quanto l'area è provvista delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standard minimi prescritti; d) l'Amministrazione ha sostanzialmente duplicato un procedimento amministrativo iniziato nel lontano anno 1997 con la disposta sospensione dei lavori, violando così il termine per la sua conclusione normativamente disposto; e) il Comune avrebbe dovuto adottare una motivazione particolarmente stringente avuto riguardo al lungo lasso di tempo trascorso e al conseguente affidamento ingenerato nell'interessato; f) il piccolo intervento realizzato insiste su un'area formalmente sottoposta a vincolo di inedificabilità, la quale è contigua ad una zona classificata dal Piano Regolatore come B, risultando di fatto provvista delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, nonché più in generale delle caratteristiche che consentono la sua inclusione in tale zona.

Con memoria in data 13 dicembre 2021 il ricorrente ha sinteticamente ribadito le proprie difese.

Il Comune intimato non si è costituito in giudizio.

Nella pubblica udienza in data odierna il difensore del ricorrente ha chiesto un rinvio del giudizio al fine di verificare la costituzione del Comune, nonché al fine di produrre una delibera del mese di luglio 2016, recentemente conosciuta, la quale prevede, come atto di indirizzo, la sospensione dei procedimenti relativi alle ordinanze inerenti gli abusi edilizi in Contrada Margi.

La causa è stata, quindi, trattenuta in decisione.

La richiesta di rinvio non può essere accolta in quanto: a) il Comune intimato non si è costituito in giudizio; b) il rinvio della decisione può essere disposto solo in caso eccezionali (art. 73, comma 1-bis); c) la delibera di indirizzo cui ha fatto riferimento il difensore del ricorrente lascia il tempo che trova, in quanto la repressione degli abusi edilizi è un'attività vincolata per legge cui deve darsi esecuzione senza ritardo, sicché non si comprende quale rilievo possa mai assumere un atto di indirizzo - per di più risalente all'anno 2016 - con cui, secondo quanto riferito nell'odierna udienza, l'organo politico ha invitato i funzionari amministrativi a violare la legge e a cui tali funzionari mai avrebbero potuto prestare ossequio.

Ciò precisato, a giudizio del Collegio il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.

Le opere di cui si tratta, come riconosciuto in ricorso, sono state abusivamente realizzate in zona sottoposta a vincolo e l'interessato, non avendo versato in atti alcuna documentazione al riguardo, non ha fornito prova che per la loro edificazione non fosse necessario il permesso di costruire, successivamente richiesto, invero, dallo stesso ricorrente, e ciò anche tenuto conto della ben nota distinzione fra pertinenza civile e pertinenza edilizia.

Tanto precisato, la Sezione osserva quanto segue: a) nel procedimento di repressione degli abusi edilizi vengono in rilievo atti vincolati che non richiedono una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale in ordine all'intervento repressivo, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile del privato alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (sul punto, cfr., fra le tante, T.A.R. Campania, Napoli, IV, n. 3110/2020; C.d.S., II, n. 3485/2020, n. 1765/2020, n. 549/2020; VI, n. 7793/2019 e n. 3685/2019; nonché Ad. plen., 17 settembre 2017, n. 9); b) il carattere vincolato dei provvedimenti sanzionatori in materia di abusi edilizi rende anche superflua la comunicazione di avvio del procedimento, dal momento che, salvo ipotesi del tutto residuali, non è possibile alcun utile apporto partecipativo dell'interessato, come pure risulta inutile una specifica motivazione, risultando sufficiente l'individuazione degli abusi commessi (sul punto, cfr., fra le più recenti, T.A.R. Campania, Napoli, II, n. 2842/2020; III, n. 78/2020; VIII, n. 4765/2020; T.A.R. Liguria, Genova, I, n. 723/2019); c) come affermato dalla giurisprudenza, la richiesta di accertamento di conformità non rende inefficace l'ordine di demolizione, ma comporta un arresto temporaneo dell'efficacia della misura repressiva, la quale riacquista la sua efficacia nel caso di rigetto della domanda di sanatoria (sul punto, cfr., da ultimo, C.d.S., VI, n. 5922/2021); d) a nulla rileva, ovviamente, che nell'originario ordine di demolizione l'Amministrazione non abbia fatto riferimento alla presentazione della domanda di sanatoria, ammesso che la richiesta dell'interessato fosse all'epoca già intervenuta; e) l'Amministrazione ha richiamato l'art. 33 del Piano Regolatore Generale e l'interessato ha contestato l'applicabilità di tale disposizione con riferimento al caso in esame; f) il ricorrente, però, non ha versato in atti il menzionato art. 33; g) come è noto, il principio iura novit curia non vale per le norme regolamentari - adottate dagli enti locali o da altre Amministrazioni - che non siano assistite da particolari forme di pubblicità che ne assicurino la conoscenza sull'intero territorio nazionale (sul punto, cfr. Cass. civ., V, n. 19360/2018); h) ne consegue che la parte interessata - nel caso di specie il ricorrente - era tenuta a produrre in giudizio la disposizione regolamentare (estranea all'applicazione del principio iura novit curia) che si presume violata, onde consentire al giudice di effettuare una debita verifica in ordine alla fondatezza delle doglianze sollevate in ricorso; i) il giudizio amministrativo, infatti, è governato dal principio dispositivo (art. 64, comma 1, c.p.a.) e il giudice può richiedere alle parti anche d'ufficio chiarimenti e documenti, "fermo restando", però, "l'onere della prova a loro carico" (art. 63, comma 1, c.p.a.); l) l'onere della prova riguarda, ovviamente, gli elementi che siano nella disponibilità delle parti, ma anche gli atti detenuti materialmente dell'Amministrazione (come il regolamento di cui si tratta) sono nella disponibilità giuridica degli interessati, i quali, per produrli in giudizio, devono limitarsi ad esercitare il diritto di accesso, richiedendoli al soggetto che li detiene materialmente (cioè l'Amministrazione), esattamente come avviene nel caso in cui un documento da produrre in giudizio sia materialmente detenuto da un commercialista o da un legale del ricorrente (circostanza che non fa venir meno la disponibilità giuridica dell'atto in capo al diretto interessato); m) nel solo caso in cui l'accesso sia - legittimamente o meno - negato, il giudice potrà disporre l'acquisizione dell'atto o del documento ai sensi del menzionato art. 63, comma 1 o 3, c.p.a., dovendo, quindi, essere profondamente rimeditato il tralatizio insegnamento secondo cui il processo amministrativo sarebbe governato dal principio dispositivo, temperato, però, dal cosiddetto "metodo acquisitivo"; n) tale principio, infatti, fu elaborato in un'epoca in cui il diritto di accesso era limitato ad ipotesi assolutamente marginali e non conosceva l'estesissima latitudine che il legislatore ha inteso oggi assegnargli (basti fare menzione al riguardo dall'attuale disciplina sull'accesso civico); o) come risulta, invero, dal tenore testuale delle disposizioni contemplate nel codice del processo, il giudizio amministrativo di legittimità, come quello che involge posizioni di diritto soggettivo, sotto tale specifico profilo non differisce nella sostanza dal processo ordinario civile, sicché deve ritenersi che la parte privata - come quella pubblica - sia tenuta a sostenere le proprie domande fornendo al giudice la documentazione indispensabile per potere apprezzare la consistenza delle proprie argomentazioni; p) pertanto, a giudizio della Sezione il ricorso risulta infondato in quanto il ricorrente non ha fornito prova del contenuto dell'art. 33 del Piano regolatore generale, sicché non è stato dimostrato che il riferimento compiuto dall'Amministrazione a tale disposizione sia incongruo o fuorviante (non essendo, per l'appunto, noto il contenuto di tale atto); q) inoltre, pur volendo prescindere dai precedenti rilievi, il giudice amministrativo non dispone del potere di sindacare le scelte discrezionali effettuate dall'Amministrazione in sede di pianificazione urbanistica, salva l'ipotesi che sia fornita prova della loro obiettiva irragionevolezza, circostanza che nel caso di specie non ricorre o non è stata provata, se non altro perché il ricorrente si è limitato a semplici allegazioni prive di qualsivoglia riscontro documentale.

In conclusione, il ricorso va rigettato.

Nulla deve disporsi quanto alle spese, in quanto l'Amministrazione intimata non si è costituita in giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Staccata di Catania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.