Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione IV-bis
Sentenza 21 gennaio 2022, n. 717

Presidente: Lo Presti - Estensore: Satullo

FATTO E DIRITTO

1. Con un primo ricorso la Compagnia Generale Telemar ha agito per l'ottemperanza della sentenza del T.A.R. Lazio, Sez. III, n. 4424/2017, depositata l'11 aprile 2017, chiedendo altresì di dichiarare la nullità dei provvedimenti indicati in epigrafe, nella parte in cui hanno affermato la debenza, oltre che del contributo annuo pari ad euro 27.750 di cui all'art. 185 del codice delle comunicazioni elettroniche, anche del contributo di euro 11.100 per i diritti amministrativi di cui all'art. 1, comma 1, lettera d, punto 3, dell'allegato 10 al codice medesimo. In particolare parte ricorrente ha rappresentato che la richiesta dei diritti amministrativi di cui all'art. 34 del codice delle comunicazioni elettroniche si porrebbe in violazione/elusione del giudicato, in quanto la sentenza ottemperanda, prevedendo che i servizi Inmarsat, ivi compreso il FleetBroadband, sono ricompresi nell'autorizzazione generale ex art. 183 del codice delle comunicazioni elettroniche, impedisce che per tali servizi possano essere imposti contributi diversi da quelli onnicomprensivi previsti dall'art. 185 per l'autorizzazione generale.

Con autonomo ricorso proposto con rito ordinario la Compagnia Generale Telemar ha impugnato i medesimi provvedimenti per violazione degli artt. 34 e 185 del codice delle comunicazioni elettroniche, atteso che per l'autorizzazione generale di cui all'art. 183 devono essere versati solamente i contributi di cui all'art. 185, disposizione speciale rispetto a quella prevista dall'art. 34. La ricorrente ha inoltre chiesto la condanna all'amministrazione al risarcimento dei danni, rappresentati dai diritti amministrativi illegittimamente richiesti e già versati. Con motivi aggiunti parte ricorrente ha inoltre impugnato le note del dirigente della Divisione II della Direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica di radiodiffusione e postali del Mi.S.E. del 13 e del 20 marzo 2018, che hanno confermato la debenza, oltre che del contributo annuo pari ad euro 27.750 di cui all'art. 185 del codice delle comunicazioni elettroniche, anche del contributo di euro 11.100 per i diritti amministrativi di cui all'art. 34.

In entrambi i giudizi si è costituito il Ministero dello sviluppo economico, chiedendo nel merito il rigetto dei ricorsi.

Con ordinanza del 14 maggio 2018 il collegio ha disposto la conversione del rito in ordinario.

All'udienza dell'11 gennaio 2022 il collegio ha indicato, ai sensi dell'art. 73, comma 3, c.p.a., la questione rilevata d'ufficio del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sussistendo la giurisdizione del giudice tributario, e ha assunto la causa in decisione.

2. Preliminarmente va disposta la riunione dei giudizi in quanto aventi in parte il medesimo oggetto. In particolare il procedimento n. 2897/2018, introdotto con il rito dell'ottemperanza e poi convertito in rito ordinario per le ragioni specificamente indicate nell'ordinanza del 14 maggio 2018 e che devono intendersi integralmente richiamate, riguarda gli stessi provvedimenti impugnati nel procedimento n. 2902/2018 (determina del dirigente della Divisione II della Direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica di radiodiffusione e postali del Mi.S.E. del 5 gennaio 2018 e nota di trasmissione della suddetta autorizzazione).

3. Deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sussistendo la giurisdizione del giudice tributario ai sensi dell'art. 2, comma 1, d.lgs. n. 546/1992.

Va preliminarmente rilevato che, con una recente sentenza, la Corte di cassazione (Cass. civ., Sez. un., 30 luglio 2021, n. 21961) ha affermato la giurisdizione del giudice tributario sui contributi relativi all'autorizzazione per l'esercizio di servizi postali. Con tale pronuncia la Corte, valorizzando la giurisprudenza costituzionale sulla giurisdizione in materia di contributi delle autorità indipendenti (v. Corte cost., n. 269/2017), ha modificato il proprio precedente orientamento: mentre in passato aveva ritenuto che la giurisdizione sui contributi potesse essere ricompresa nella giurisdizione esclusiva del g.a. in materia, ha ora evidenziato che i contributi esaminati presentano tutti i caratteri propri del tributo con conseguente giurisdizione generale del giudice tributario ai sensi dell'art. 2, comma 1, d.lgs. n. 546/1992.

I principi affermati dalla giurisprudenza appena esaminata possono essere applicati anche ai diritti amministrativi oggetto di causa, presentando anch'essi tutti i caratteri propri del tributo.

Secondo la costante giurisprudenza costituzionale "gli elementi indefettibili della fattispecie tributaria sono tre: la disciplina legale deve essere diretta, in via prevalente, a procurare una (definitiva) decurtazione patrimoniale a carico del soggetto passivo; la decurtazione non deve integrare una modifica di un rapporto sinallagmatico; le risorse, connesse ad un presupposto economicamente rilevante e derivanti dalla suddetta decurtazione, devono essere destinate a sovvenire pubbliche spese» (sentenza n. 70 del 2015). Si deve cioè trattare di un «prelievo coattivo che è finalizzato al concorso alle pubbliche spese ed è posto a carico di un soggetto passivo in base ad uno specifico indice di capacità contributiva (sentenza n. 102 del 2008). Tale indice deve esprimere l'idoneità di tale soggetto all'obbligazione tributaria» (ancora sentenza n. 70 del 2015)" (v. Corte cost., n. 269/2017).

I diritti amministrativi oggetto di causa presentano tutti i caratteri propri del tributo atteso che: 1) è pacifico che i diritti amministrativi di cui all'art. 34 d.lgs. n. 259/2003, previsti dalla legge nel rispetto dell'art. 23 Cost., impongono ai soggetti passivi una prestazione patrimoniale, dotata del carattere di doverosità e definitività (non si tratta di un finanziamento, ma di somme che vengono definitivamente trasferite all'ente impositore); 2) i diritti amministrativi non attengono ad alcun rapporto sinallagmatico caratterizzato da prestazione/controprestazione; 3) i diritti amministrati[vi] sono destinati a finanziare una pubblica spesa costituita dal funzionamento dell'ente tenuto a svolgere servizi a salvaguardia delle regole del settore: ciò si evince chiaramente dall'art. 34, comma 1, d.lgs. 259/2003, nella versione pro tempore vigente, secondo cui tali diritti devono coprire complessivamente "i soli costi amministrativi sostenuti per la gestione, il controllo e l'applicazione del regime di autorizzazione generale, dei diritti di uso e degli obblighi specifici di cui all'articolo 28, comma 2, ivi compresi i costi di cooperazione internazionale, di armonizzazione e di standardizzazione, di analisi di mercato, di sorveglianza del rispetto delle disposizioni e di altri controlli di mercato, nonché di preparazione e di applicazione del diritto derivato e delle decisioni amministrative, ed in particolare di decisioni in materia di accesso e interconnessione"; 4) i diritti amministrativi in esame presuppongono un indice di capacità contributiva, rappresentato dalla fornitura di servizi di comunicazioni (attività dalla quale si traggono entrate), e sono parametrati alla maggiore o minore potenziale redditività del servizio reso (calcolata sulla base della popolazione presente nel territorio in cui il servizio viene reso e potenzialmente destinataria del servizio medesimo; cfr. all. 10 al d.lgs. 259/2003).

Vertendosi quindi in materia di tributi, ai sensi dell'art. 2, comma 1, d.lgs. n. 546/1992, va affermata la giurisdizione del giudice tributario davanti al quale la causa potrà essere riassunta ai sensi dell'art. 11, comma 2, c.p.a.

4. Tenuto conto del recente mutamento giurisprudenziale sopra richiamato, le spese processuali vanno integralmente compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta Bis), definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sussistendo la giurisdizione del giudice tributario.