Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
Sezione II
Sentenza 24 gennaio 2022, n. 136

Presidente: Maisano - Estensore: La Greca

FATTO E DIRITTO

1. La ricorrente ha esposto di aver partecipato alla gara, indetta dall'Azienda ospedaliera Ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello di Palermo, per la fornitura quinquennale in noleggio di sistemi completi, comprensiva del servizio di manutenzione full risk e materiale di consumo per l'unità operativa complessa di anatomia patologica.

Con riferimento al lotto n. 1, ai cui atti ha espressamente circoscritto l'interesse all'impugnazione, la stessa ricorrente è stata esclusa sul presupposto che la certificazione ISO 13485-2016, di cui essa è in possesso, non sarebbe «idonea a dimostrare lo standard di qualità aziendale previsto e disciplinato dalle norme UNI EN ISO 9001:2015» (cfr. verbale di gara n. 4, all. 12 produzione di parte ricorrente) richiesto dal disciplinare di gara (punto 3, parte III, capo II, all. 3 produzione di parte ricorrente).

2. Tale provvedimento di esclusione è stato impugnato dalla ricorrente la quale ne ha chiesto l'annullamento - congiuntamente all'annullamento, in via gradata e per la parte di interesse, della lex specialis della procedura - sulla base dei seguenti motivi:

1) violazione di legge (art. 26 disciplinare di gara; artt. 68 e 87 d.lgs. n. 50 del 2016), violazione dei principi del favor partecipationis e di tassatività delle cause di esclusione; eccesso di potere sotto diversi profili.

L'esclusione disposta dalla commissione di gara secondo la quale avrebbe ritenuto - sebbene implicitamente - che la certificazione di qualità ISO 13485-2016 riguarderebbe il «prodotto» e la certificazione ISO 9001:2015 riguarderebbe l'«organizzazione aziendale», non sarebbe corretta considerato che si tratterebbe di certificazioni equivalenti. Ha aggiunto che la certificazione di qualità ISO 13485-2016, specifica per le imprese che operano nel settore medicale, in relazione all'oggetto dell'appalto, sarebbe financo migliorativa o superiore rispetto alla certificazione richiesta dal disciplinare di gara, poiché si baserebbe sui requisiti dei sistemi di gestione per la qualità della norma ISO 9001:2015, adattati alle direttive sulla progettazione, produzione e commercializzazione dei dispositivi medici;

2) in via subordinata, illegittimità della lex specialis della procedura poiché violerebbe gli artt. 68 e 87 d.lgs. n. 50 del 2016 oltre che i principi di massima partecipazione, tassatività delle cause di esclusione, buona fede, legittimo affidamento, trasparenza e imparzialità. L'art. 26 del disciplinare di gara, ove inteso nel senso di precludere la partecipazione della ricorrente, sarebbe illegittimo nella parte in cui si limita a prevedere la certificazione ISO 9001:2015 in un ambito - quello biomedicale - in cui la certificazione ISO 13485-2016 armonizzerebbe i requisiti ISO 9001 con quelli imposti dalle direttive sui dispositivi medici. In ogni caso, le condizioni di ammissione alla procedura non sarebbero state determinate in maniera univoca.

3. L'intimata Azienda ospedaliera si è costituita in giudizio ed ha depositato memoria con la quale ha, tra l'altro, dubitato della tempestività dell'impugnazione della clausola escludente della legge di gara, così come ha dubitato della ritualità dell'instaurazione del rapporto processuale, in ragione dell'omessa notificazione del ricorso all'operatore economico controinteressato Diapath s.p.a.

4. All'udienza camerale del 14 gennaio 2021, presenti i difensori delle parti (sentiti anche in ordine alla possibilità della definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata) i quali hanno ribadito le rispettive tesi difensive, il ricorso, su richiesta degli stessi, è stato posto in decisione.

5. In via preliminare osserva il Collegio che la vicenda contenziosa può essere definita nel merito con sentenza ex artt. 60 e 120, comma 6, c.p.a. sussistendone i relativi presupposti.

6. In linea con la regola ormai codificata dall'art. 76, comma 4, c.p.c. il quale richiama l'art. 276, comma 2, c.p.c., devono essere prioritariamente delibate le questioni in rito sollevate dalla parte pubblica le quali, come si vedrà, si rivelano infondate.

6.1. L'eccezione involgente l'omessa notificazione del ricorso all'operatore economico Diapath s.p.a., qualificato dalla parte resistente come «controinteressato», non è meritevole di positiva considerazione: nelle controversie in materia di esclusione dalle gare si configura un controinteressato in senso tecnico, nei cui confronti il ricorrente ha l'onere di notificare il ricorso a pena di inammissibilità, solamente se l'esclusione coincide temporalmente con l'aggiudicazione. Circostanza che non si è verificata nel caso di specie.

6.2. Parimenti infondata è la questione intesa a revocare in dubbio la tempestività dell'impugnazione del disciplinare di gara, nella parte in cui imponeva il possesso, a pena di esclusione, della certificazione di qualità ISO 9001:2015; e ciò sul rilievo che la certificazione di qualità in possesso della ricorrente, alla stregua di quanto si dirà, può essere ritenuta idonea a soddisfare il requisito richiesto dalla legge di gara.

6.3. Quest'ultima, dunque, non necessitava di impugnazione.

6.4. D'altronde, il principio di equivalenza non necessita di espressa previsione nel bando o nel disciplinare trattandosi di un principio immanente alla stessa regola dell'evidenza pubblica e del suo immediato e fondamentale corollario del favor partecipationis.

7. Il ricorso, alla stregua di quanto si dirà, è fondato: il Collegio intende richiamare, anche per gli effetti ex art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a., un precedente conforme del giudice d'appello (peraltro invocato da parte ricorrente: C.d.S., Sez. III, n. 4282 del 2017) alle cui conclusioni interpretative, in punto di rapporto di «equivalenza» tra le certificazioni che vengono in rilievo (id est: di maggiore ampiezza della certificazione in possesso della ricorrente rispetto a quella prevista dal disciplinare di gara), intende dare continuità.

8. In primo luogo va chiarito che l'applicazione del principio di equivalenza contemplato all'art. 68 d.lgs. n. 50 del 2016 va riferito anche alle certificazioni di qualità, in considerazione che:

a) nel caso di specie il disciplinare di gara, art. 26, disciplina il possesso della certificazione di qualità nell'ambito dei «requisiti di capacità tecnica e professionale» ex art. 83, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016;

b) il criterio dell'equivalenza nelle certificazioni [di] qualità non è ignorato dal codice dei contratti pubblici (cfr., ad es., l'art. 87);

c) ai sensi dell'art. 69 [recte: 68 - n.d.r.] d.lgs. n. 50 del 2016, «quando si avvalgono della possibilità di fare riferimento alle specifiche tecniche di cui al comma 5, lettera b), le amministrazioni aggiudicatrici non possono dichiarare inammissibile o escludere un'offerta per il motivo che i lavori, le forniture o i servizi offerti non sono conformi alle specifiche tecniche alle quali hanno fatto riferimento, se nella propria offerta l'offerente dimostra, con qualsiasi mezzo appropriato, compresi i mezzi di prova di cui all'articolo 86, che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche».

Deve, peraltro, riconoscersi alle imprese partecipanti a gare d'appalto la possibilità di «provare con ogni mezzo ciò che costituisce oggetto della certificazione richiesta dalla stazione appaltante, pena altrimenti, in primo luogo, l'introduzione di una causa amministrativa di esclusione in contrasto con una chiara disposizione di legge; ed inoltre la previsione di sanzioni espulsive sproporzionate rispetto alle esigenze delle amministrazioni aggiudicatrici, le quali devono esclusivamente poter confidare sull'effettivo possesso dei requisiti di qualità aziendale» (C.d.S., Sez. V, 12 novembre 2013, n. 5375). Financo «la produzione di un certificato rilasciato da un ente non accreditato non può comportare ex se l'esclusione da una procedura di gara, ma impone all'amministrazione una valutazione in ordine al concreto possesso dei requisiti in capo al concorrente; valutazione che ben può avvenire anche attraverso l'esame della detta certificazione, giacché ciò che il legislatore ha inteso scongiurare è la possibilità che imprese prive dei necessari requisiti possano partecipare alla procedura di gara» (C.d.S., Sez. V, 13 ottobre 2016, n. 4238).

9. Ora, se è vero che la verifica delle offerte in gara è finalizzata a certificarne non la formale identità ma la sostanziale equivalenza funzionale e che il principio di equivalenza, come si è detto, permea l'intera disciplina dell'evidenza pubblica, ai fini della massima concorrenzialità e della conseguente individuazione della migliore offerta, secondo i principi di libera iniziativa economica e di imparzialità e buon andamento, e se è, altresì, vero che il principio di equivalenza è diretto ad assicurare che la valutazione della congruità tecnica non si risolva in una verifica formalistica, ma nella conformità sostanziale dell'offerta alle specifiche tecniche inserite nella lex specialis, deve ritenersi che illegittimamente è disposta l'esclusione dell'operatore economico in possesso di una certificazione di qualità che per le sue caratteristiche può ritenersi sostitutiva a quella prescritta in sede di legge di gara.

La surrichiamata pronuncia del Consiglio di Stato n. 4282 del 2017 - sebbene riguardante una precedente configurazione della norma (aspetto che non sposta i termini della questione) - ha, quanto alla tipologia di certificazioni che qui vengono in rilievo, evidenziato che:

- «la norma UNI EN ISO 13.485:2012 è l'adozione a standard nazionale dello standard europeo, che a sua volta recepisce lo standard internazionale ISO 13.485:2003; che costituisce un framework di riferimento per supportare l'attività delle imprese del settore nel garantire la conformità dei requisiti specifici delle direttive UE sui dispositivi medici (90/385/EEC; 93/42/EEC e 98/79/EC), secondo "un approccio congruente con i sistemi di gestione per la qualità UNI EN ISO 9001:2000" ed è basato "sui requisiti della ISO 9001:2000";

- la principale differenza tra i due standard sta nel fatto che, mentre la UNI EN ISO 9001 è diretto alla finalità di garantire la soddisfazione dei clienti e il miglioramento continuo; la norma dell'UNI EN ISO 13.485:2012 è specificamente mirata alla specializzazione dei prodotti del settore dei dispositivi medici»;

- «erroneamente l'amministrazione ha fondato l'esclusione dell'appellata sull'affermazione per cui la ISO 13485:2012 non potesse ritenersi né sostitutiva né migliorativa rispetto alla ISO 9001:2008. Al contrario, [...] quest'ultima concerne "tutti i requisiti ... di carattere generale e previsti per essere applicabili a tutte le organizzazioni, indipendentemente dal tipo, dimensione e prodotto fornito" (articolo 1.2 dell'ISO 9001:2008)».

Nel medesimo senso, del resto, si è in passato pronunciata anche l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (poi ANAC) nel parere del Consiglio n. 43 del 25 febbraio 2010, che al riguardo aveva ricordato come le «... caratteristiche della certificazione UNI EN ISO 13485 conferiscono dunque all'operatore economico un quid pluris rispetto ai requisiti della più generale certificazione UNI EN ISO 9001:2000, in quanto attinenti ai requisiti specifici che la norma ISO impone agli operatori economici che esercitano sul mercato dei dispositivi medici».

Le corrispondenti considerazioni di parte ricorrente in punto di equivalenza non sono state, qui, documentalmente smentite dall'Amministrazione, neppure con la relazione tecnica integrativa (cfr. all. 6 produzione di parte pubblica), la quale si è limitata a descrivere la norma internazionale e a ribadire la connotazione del disciplinare quale recante un requisito di ammissione (aspetto, questo, del quale, del resto, non si è dubitato).

Ne discende la manifesta erroneità ed illogicità del giudizio con cui l'Amministrazione ha ritenuto la certificazione prodotta dalla ricorrente non idonea, in termini di equivalenza, a soddisfare il requisito della lex specialis.

10. Alla luce delle suesposte considerazioni l'esclusione della ricorrente non resiste alle censure prospettate e, dunque, va annullata.

11. Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo regionale per la Sicilia, sede di Palermo, sezione seconda, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l'effetto, annulla l'impugnato provvedimento di esclusione.

Condanna l'Azienda ospedaliera intimata alla rifusione, in favore di parte ricorrente, delle spese processuali e degli onorari di causa che liquida in euro 1.500,00 (euro millecinquecento/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.