Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 28 gennaio 2022, n. 600
Presidente: Maruotti - Estensore: De Carlo
FATTO E DIRITTO
Con l'appello indicato in epigrafe, il Comune di Cerignola impugnava la sentenza 1152/2020 del T.A.R. Puglia, Sede di Bari, che aveva accolto il ricorso presentato dalle signore V. Pasqua, V. Angiola e V. Ripalta, per la declaratoria dell'illiceità dell'occupazione e della trasformazione del suolo di loro proprietà sito nel Comune di Cerignola di estensione complessiva di mq. 1.650, posta in essere in esecuzione delle previsioni del piano particolareggiato delle zone A e D per l'edilizia economica e popolare del Comune medesimo.
La sentenza impugnata aveva riconosciuto la spettanza del risarcimento dei danni, perché l'occupazione dei suoli di proprietà delle originarie ricorrenti era avvenuta in difetto di un legittimo provvedimento ablatorio, essendo state occupate particelle ulteriori oltre quelle cedute volontariamente per la realizzazione di lavori di completamento della viabilità della zona destinata a edilizia economica e popolare.
Tali conclusioni - sulla avvenuta occupazione di un'area ulteriore, rispetto all'oggetto della cessione volontaria - erano state raggiunte sulla base di una consulenza tecnica d'ufficio, disposta nel giudizio civile conclusosi con la sentenza della Corte di appello di Bari che aveva poi dichiarato il proprio difetto di giurisdizione.
3. L'appello presenta quattro motivi di ricorso.
a) Il primo non condivide la ricostruzione della c.t.u. posta a fondamento della motivazione della sentenza, quanto alla estensione della superficie di terreno illecitamente occupata, che dovrebbe limitarsi a mq. 440.
b) Il secondo motivo solleva l'eccezione di ultra petizione, poiché il T.A.R. si è pronunciato anche in relazione a superfici che non sono state oggetto di domanda.
c) Il terzo censura le complessive statuizioni della sentenza appellata, la quale ha richiamato un istituto giuridico ormai superato dalla legislazione e dall'evoluzione della giurisprudenza, anche alla luce delle sentenze in merito della Corte europea per i diritti dell'uomo, cioè la c.d. occupazione acquisitiva, da cui sarebbe derivato il diritto al risarcimento del danno.
Il Comune ha dedotto che il T.A.R., avendo ravvisato una occupazione senza titolo di un'area utilizzata per scopi di interesse pubblico, avrebbe dovuto disporre che l'Amministrazione avrebbe dovuto esercitare il potere previsto dall'art. 42-bis del testo unico sugli espropri e dunque si sarebbe dovuta pronunciare, con un atto autoritativo, sulla acquisizione dell'area o sulla sua restituzione.
d) Il quarto contesta la valutazione dei suoli e di conseguenza l'entità del risarcimento riconosciuto, poiché, in mancanza di un certificato di destinazione urbanistica, è stato affermato il carattere edificabile delle aree, mentre dallo stralcio catastale risulta che le superfici rientranti nell'unica particella oggetto di causa sono destinate a viabilità di P.R.G. e a zona di rispetto stradale.
4. Le appellate si costituivano in giudizio ed eccepivano l'inammissibilità del primo motivo di ricorso, con il quale si contesta l'individuazione dell'entità della superficie occupata illegittimamente dal momento che un'analoga eccezione non era stata formulata nella memoria di costituzione in primo grado; concludevano per il rigetto del ricorso, presentando ricorso incidentale per vedersi riconoscere anche la rivalutazione monetaria e gli interessi moratori trattandosi di debito di valore.
5. Questa Sezione, con l'ordinanza n. 586/2021, disponeva una verificazione.
6. Il verificatore depositava la relazione in data 5 giugno 2021 e - a seguito delle osservazioni critiche delle appellate - in data 10 novembre 2021 ha depositato un'ulteriore relazione, corredata delle risposte a tali osservazioni.
7. Le appellate presentavano una memoria, nella quale ribadivano la richiesta di rigetto del ricorso, contestando le conclusioni cui era giunto il verificatore nominato dal Collegio.
8. Alla camera di consiglio del 7 ottobre 2021 veniva accolta la richiesta di sospensione cautelare degli effetti della sentenza impugnata e l'udienza di merito veniva fissata per il 13 gennaio 2022.
9. Ritiene la Sezione che sono fondati il terzo ed il quarto motivo d'appello.
10. Va previamente respinta l'eccezione formulata dalla parte appellata, secondo cui sarebbe inammissibile il primo motivo di ricorso.
Il Collegio ha disposto una verificazione per accertare l'esatta estensione dell'area occupata, acquisendo la prova avvalendosi di un istituto previsto dal codice del processo amministrativo.
11. Esaminando nel merito il primo motivo d'appello, va osservato come all'esito della verificazione disposta sono state individuate le aree oggetto della occupazione illegittima per un'estensione complessiva di mq. 1.650.
Si tratta in particolare di due terreni contenuti all'interno della particella 196 del Foglio 276, che ha una superficie complessiva di mq. 1.704, al cui interno mq. 440 sono stati trasformati per realizzare la viabilità prevista dal P.R.G. e mq. 1210 sono stati utilizzati da un "riempimento funzionale" agli altri lavori svolti, per realizzare l'opera che aveva reso necessaria la cessione volontaria di altri terreni di proprietà delle appellate.
La qualificazione urbanistica delle aree in questione - vigente all'epoca della formazione, della approvazione e della attuazione del P.E.E.P. - era in parte "Zone di rispetto alle strade e alle ferrovie" e per il resto "Zone destinate alla viabilità".
Il verificatore segnala, altresì, che appartiene alla maglia prospiciente di P.R.G. "F2 - Zone a verde pubblico urbano".
Ritiene pertanto la Sezione che, fermi restando gli effetti della cessione volontaria conclusa a suo tempo, si debba determinare in 1.650 metri quadrati l'area risultante occupata senza titolo ed utilizzata per scopi di interesse pubblico.
L'Amministrazione, in sede di esercizio del potere previsto dall'art. 42-bis del testo unico sugli espropri (applicabile nella specie, come sarà rilevato in sede di esame del terzo motivo d'appello), dovrà dunque partire da tale dato per poi identificare con precisione il perimetro dell'area che intende acquisire (in tutto o in parte) o restituire, liquidando gli importi spettanti e conseguenti a tale precisa determinazione.
Pertanto sul punto il ricorso incidentale non può trovare accoglimento, mentre gli interessi moratori sono un'obbligazione accessoria che spetta al di là della previsione esplicita nella sentenza impugnata.
12. Va respinto il secondo motivo d'appello, poiché col ricorso di primo grado le originarie ricorrenti hanno chiesto la tutela della loro posizione giuridica, in conseguenza della occupazione dell'area da parte dell'Amministrazione. È del tutto logico che esse abbiano rimesso ai successivi accertamenti in sede giurisdizionale la individuazione dell'estensione di tale area.
13. È invece fondato il terzo motivo d'appello.
La sentenza appellata ha fatto applicazione di un "istituto" che da tempo la giurisprudenza di questo Consiglio ha ritenuto inesistente, perché in contrasto con il principio di legalità e con il principio di tassatività del provvedimento amministrativo, sancito dall'art. 42-bis del testo unico sugli espropri.
Qualora una Amministrazione utilizzi un bene per scopi di interesse pubblico, in connessione ad una previsione dello strumento urbanistico, non si può verificare né una "occupazione appropriativa", né una "rinuncia abdicativa".
Come ha ormai chiarito anche l'Adunanza plenaria di questo Consiglio (con le sentenze nn. 2, 3 e 4 del 2020), tale utilizzazione rende applicabile l'art. 42-bis del testo unico sugli espropri, che esaurisce la disciplina della fattispecie: il giudice amministrativo - che pure può convertire la domanda formulata con la richiesta di restituzione o di risarcimento del danno - deve ordinare all'Amministrazione di esercitare il potere previsto dal citato art. 42-bis.
Pertanto, in accoglimento del terzo motivo, la Sezione rimuove tutte le statuizioni del T.A.R. riguardanti la condanna al risarcimento del danno (disposta con riferimento al controvalore del bene) e dispone che il Comune eserciti il potere autoritativo, previsto dall'art. 42-bis.
14. È di conseguenza fondato anche il quarto motivo, con cui è lamentato che il T.A.R. si è erroneamente pronunciato sulla questione concernente l'importo spettante alle appellate.
Infatti, da un lato solo la Corte d'appello si potrà pronunciare sul quantum, sindacando le relative determinazioni del Comune nel caso di emanazione dell'atto di acquisizione, mentre dall'altro solo se vi sarà il provvedimento che disponga la restituzione si porrà la questione dell'entità del risarcimento spettante (cfr. Sez. un., 21 febbraio 2019, n. 5201; 27 dicembre 2018, n. 33539; 12 giugno 2018, n. 15343; 29 ottobre 2015, n. 22096; C.d.S., Sez. IV, 12 maggio 2021, n. 3750; 29 marzo 2021, n. 2595; 8 marzo 2021, n. 1928; 13 maggio 2019, n. 3088 e n. 3078; Sez. VI, 15 marzo 2012, n. 1438).
Rileva dunque anche l'art. 34, comma 2, del codice del processo amministrativo, per il quale "in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati".
Va richiamata la consolidata giurisprudenza di questa Sezione, per la quale - quando sussistono i presupposti previsti dall'art. 42-bis del testo unico sugli espropri - il giudice amministrativo non si può "preventivamente" pronunciare su quanto potrebbe spettare al proprietario nel caso in cui sia emanato l'atto di acquisizione dell'area al patrimonio indisponibile, né nominando un consulente tecnico d'ufficio, né indicando i relativi criteri di liquidazione, che andrebbero ad incidere sull'ambito dei poteri di cognizione spettanti indefettibilmente in materia al giudice civile (C.d.S., Sez. IV, 12 maggio 2021, n. 3750; 23 novembre 2020, n. 7309, § 10; 23 novembre 2020, n. 7305, § 7.1).
15. In ragione dell'accoglimento del terzo motivo, il Collegio fissa il termine di novanta giorni, decorrente dal deposito della presente sentenza, entro il quale il Comune di Cerignola emani un formale e motivato provvedimento, col quale si preveda o di esercitare il potere di cui all'art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001 (attivando il relativo procedimento e fissando il termine di trenta giorni per le osservazioni ed emanando l'atto finale entro i successivi sessanta giorni) o di restituire l'immobile (previa demolizione di quanto costruito).
La Sezione inoltre dispone che:
- i termini sopra fissati potranno essere modificati, ad istanza di parte, nel caso di comprovate ragioni;
- copia della presente sentenza, a cura della Segreteria, va trasmessa all'Ufficio territoriale del Governo - Prefettura di Foggia;
- il Prefetto - anche tramite un suo delegato - verificherà con i poteri tipici del commissario ad acta se il Comune abbia o meno attivato e concluso il procedimento previsto dall'art. 42-bis, ovvero abbia disposto la restituzione dell'area, e inoltre trasmetterà una relazione alla competente procura della Corte dei conti, per il caso in cui l'Amministrazione comunale sia rimasta inerte o abbia disposto la restituzione dell'area agli appellati.
16. L'appello incidentale va dichiarato improcedibile per difetto di interesse, poiché la riforma di tutte le statuizioni del T.A.R. sugli importi spettanti alle appellate (e sui relativi criteri) implica che non si può decidere in questa sede se spettino gli accessori di un credito di cui ancora non risultano il titolo e la quantificazione.
16. Al verificatore può essere liquidato il compenso richiesto pari a euro 1.500 da ritenersi comprensivo del rimborso spese di viaggio da porsi a carico delle parti in misura del 50% ciascuna.
17. Per le ragioni che precedono, il terzo e il quarto motivo dell'appello principale vanno accolti (con reiezione dei primi due motivi), l'appello incidentale va dichiarato improcedibile e vanno disposte le misure attuative sopra indicate.
In considerazione della natura della controversia e della condotta comunque illecita del Comune, appare equa la compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, accoglie il terzo e il quarto motivo dell'appello principale n. 9932 del 2020, respinge i primi due motivi del medesimo appello, dichiara improcedibile l'appello incidentale e dispone le misure attuative indicate in motivazione.
Dispone la liquidazione del compenso al verificatore nella misura di euro 1.500 (millecinquecento) da porsi a carico di entrambe le parti nella misura del 50%.
Dispone che, a cura della Segreteria, copia della presente sentenza sia trasmessa all'Ufficio territoriale del Governo - Prefettura di Foggia.
Compensa tra le parti le spese del doppio grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.