Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione II
Sentenza 4 febbraio 2022, n. 1328

Presidente: Riccio - Estensore: Monica

FATTO E DIRITTO

Con il presente gravame i ricorrenti - tutti cittadini elettori iscritti nelle liste elettorali del Comune di Roma, residenti nell'area limitrofa alla cava sita in località Monte Carnevale (censita in catasto al foglio 744, sezione D, particelle 13, 14, 15, 97), ove la Miri Mix s.r.l. (subentrata alla Cavedill s.r.l.) svolge, in virtù autorizzazione scaduta il 12 maggio 2013, la relativa attività estrattiva - propongono, in sostituzione processuale del medesimo Comune di appartenenza, l'azione popolare di cui all'art. 9 del d.lgs. n. 267/2000 (t.u.e.l.), sostanzialmente chiedendo la condanna del gestore all'esatto adempimento degli obblighi assunti nella relativa convenzione per l'attività estrattiva stipulata con Roma Capitale il 3 agosto 2006 (artt. 13 e 20) e, segnatamente, ad ottemperare a tutte le prescrizioni già rivolte alla Miri Mix s.r.l. con l'intimazione di cui alla determinazione dirigenziale n. 88 del 13 gennaio 2014 del Dipartimento Tutela Ambientale e del Verde di Roma Capitale, asseritamente rimasta del tutto inevasa.

La società intimata, seppur ritualmente evocata, nemmeno si costituiva in giudizio.

Roma Capitale, invece, si costituiva, inizialmente versando in atti una memoria di pura forma.

Con successiva memoria i ricorrenti insistevano per l'accoglimento del gravame proposto.

La Sezione con ordinanza n. 7774/2021 ordinava, dunque, a Roma Capitale nonché alla Cavedill s.r.l. e alla Miri Mix s.r.l. di rendere al riguardo "documentati chiarimenti volti a conoscere:

- quale sia lo stato attuale di tale cava e se attualmente vi sia esercitata attività estrattiva o se la stessa sia invece stata interrotta fin dalla determinazione dirigenziale del Dipartimento Tutela Ambientale e del Verde di Roma Capitale n. 88 del 13 gennaio 2014;

- se a seguito della scadenza dell'autorizzazione Roma Capitale abbia proceduto al rinnovo della stessa in favore del medesimo gestore ovvero abbia rilasciato un titolo abilitativo nei confronti di terzi;

- se il gestore abbia successivamente provveduto in tutto in parte ad eseguire 'i lavori di recupero ambientale dell'intera area di cava' intimatigli nella citata determinazione n. 88/2014;

- se, come ivi paventato, vi abbia invece provveduto, in sua sostituzione, l'amministrazione comunale o se, comunque, le relative opere siano state da altri eseguite;

- quali iniziative Roma Capitale abbia eventualmente intrapreso nei confronti del gestore o di altri in merito a tali adempimenti e quali di essi siano, eventualmente, ancora in corso e quali i relativi esiti;

- quali siano gli interventi tutt'ora necessari al risanamento della cava;

- ogni altra informazione ritenuta comunque utile alla definizione del gravame, in relazione a tutte le circostanze dedotte dai ricorrenti".

Roma Capitale assolveva all'incombente istruttorio posto a suo carico, versando in giudizio il 1° ottobre 2021 una relazione del proprio competente Servizio per le Autorizzazioni degli Impianti di Gestione Rifiuti, Ufficio Cave ed Attività Estrattive del Dipartimento Tutela Ambientale.

All'udienza pubblica del 12 gennaio 2022, la causa veniva, dunque, trattenuta in decisione.

Il ricorso è meritevole di accoglimento.

Occorre premettere che l'invocato art. 9 del d.lgs. n. 267/2000 (Testo unico enti locali), rubricato "azione popolare e delle associazioni di protezione ambientale", prevede che "ciascun elettore può far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che spettano al comune e alla provincia".

Tale azione ha, dunque, carattere e natura di azione sostitutiva dell'ente locale da parte del cittadino elettorale, onde costituisce suo presupposto necessario la sola omissione, da parte dell'ente medesimo, dell'esercizio delle proprie azioni e ricorsi (C.d.S., Sez. V, 29 aprile 2010, n. 2457).

Attraverso una siffatta iniziativa l'elettore può, dunque, far valere in giudizio le azioni o i ricorsi che in via principale spettano all'ente locale rimasto inerme, senza che dalla norma citata sia dato evincere alcuna limitazione rispetto al tipo di azione esercitabile dal cittadino elettore in nome e per conto dell'ente, il quale peraltro rimane pur sempre e in ogni momento il titolare dell'azione.

L'azione di cui si discorre costituisce, dunque, uno dei casi in cui - in deroga al criterio della titolarità propria e diretta delle posizioni giuridiche azionate in giudizio espresso dall'art. 81 c.p.c. - è riconosciuta una forma straordinaria di legittimazione processuale ex lege fondata sul presupposto dell'essere il ricorrente un cittadino elettore.

Occorre, dunque, che l'azione e il ricorso siano volti alla tutela di posizioni giuridiche dell'ente locale (al quale chi ricorre si sostituisce) nei confronti di possibili pregiudizi derivanti da azioni od omissioni di terzi, da fatti od atti compiuti da privati o anche da altre pubbliche amministrazioni, per la tutela anche di interessi generali della collettività (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, n. 4239/2019).

Alla luce dei richiamati precedenti giurisprudenziali, ritiene il Collegio che l'azione proposta dai ricorrenti sia ammissibile e meritevole di essere accolta, attestando la relazione versata in giudizio da Roma Capitale un comportamento inerte di tale ente locale, tale da costituire legittimo presupposto per la configurazione di un'ipotesi di legittimazione processuale di tipo sostitutivo.

Emerge, invero, da quanto riferito dall'amministrazione come, pur essendo l'attività estrattiva ormai cessata da tempo, la relativa autorizzazione non sia stata né rinnovata in favore del medesimo gestore né, tanto meno, rilasciata a terzi ed i lavori di recupero ambientale dell'area di cava (di specifico interesse dei ricorrenti) non siano stati mai eseguiti né dal gestore, né tanto meno, in sostituzione di quest'ultimo, dalla stessa Roma Capitale, la quale - pur a fronte dell'inadempimento della Miri Mix s.r.l. e dopo aver "a seguito di sopralluogo sul sito, ... accertato e verificato il mancato ripristino dell'area" - risulta essere rimasta, a ben vedere, del tutto inerte, non avendo mai avviato nei confronti di tale società alcuna relativa iniziativa volta ad ottenere l'adempimento delle attività a costei già intimate con la richiamata determinazione dirigenziale n. 88 del 13 gennaio 2014.

Acclarata, dunque, l'ammissibilità dell'azione proposta, assume, inoltre, rilievo come la pretesa azionata dai ricorrenti sia effettivamente volta a far valere l'interesse di Roma Capitale ad ottenere l'adempimento da parte della Miri Mix s.r.l. delle obbligazioni da quest'ultima assunte per effetto della sottoscrizione della convenzione per attività estrattive, con la quale essa si obbligava - ai sensi dell'art. 17 della l.r. del Lazio n. 27/1993 e delle prescrizioni del Piano Stralcio delle Attività Estrattive del Bacino Rio Galeria Magliana (PSAE) - "ad una precisa e corretta attuazione ... dei progetti di recupero" e, in particolare, al "recupero della zona di attività estrattiva e dell'area dismessa ... in conformità a quanto indicato negli atti di progetto", con l'espresso impegno "a seguire le seguenti tecniche nel pieno rispetto degli artt. 34, 35, 36, 37, 39 della normativa del vigente PSAE:

a) Distesa meccanica del terreno sterile precedentemente asportato ed accumulato nella zona di attività estrattiva;

b) Distesa meccanica del terreno agricolo, asportato precedentemente o acquistato ed accumulato nella zona di attività estrattiva secondo le modalità e con le quantità indicate negli elaborati di progetto" (in tal senso, gli artt. 13 e 20 della convenzione).

Ebbene, giova al riguardo chiarire come l'attività estrattiva, in quanto coinvolgente interessi diversi e contrapposti, quali quello dello sviluppo economico locale, dello sfruttamento economico a vantaggio di privati e di attività di impresa, dell'ambiente e della sua integrità - quest'ultimo avente valenza costituzionale - venga espressamente configurata dalla l.r. n. 17/2004 quale esercizio di un'attività economica con clausola prescrittiva di recupero ambientale.

Il progetto di recupero ambientale, previamente approvato al momento del rilascio dell'autorizzazione, contenente l'insieme degli interventi da realizzare per il ripristino dell'area di cava una volta dismessa l'attività estrattiva, è difatti volto alla ricomposizione ambientale del sito, permettendo il reinserimento delle aree compromesse dall'attività estrattiva nel contesto ambientale e paesaggistico mediante la realizzazione di interventi di recupero ambientale già in fase di coltivazione della cava, colmando i vuoti generati dall'estrazione, nella considerazione che viene in rilievo un'attività da cui derivano forti impatti, anche visivi, per l'ambiente.

Proprio a garanzia dell'esecuzione delle opere per il recupero ambientale è, peraltro, imposta la prestazione di idonee garanzie a carico del richiedente relativamente agli interventi atti a garantire il recupero o la ricomposizione del paesaggio naturale alterato, a conferma della obbligatorietà di tale adempimento connessa alla rilevanza dei beni ambientali compromessi, costituendo quindi il recupero ed il relativo impegno progettuale, cui è subordinato il rilascio dell'autorizzazione, unitamente all'assunzione di un impegno finanziario per le future opere di recupero ambientale (al fine di far gravare sull'impresa che ha beneficiato dello sfruttamento economico del sito i costi del recupero ambientale), una condizione di ammissibilità allo svolgimento dell'attività di estrazione.

Essendo il recupero parte integrante dell'attività di coltivazione, in quanto da esplicarsi in costanza di questa, la mancata esecuzione da parte del titolare dell'autorizzazione delle opere necessarie al riassetto ambientale della zona nei tempi e nei modi previsti nell'atto autorizzatorio determina la revoca o la decadenza dell'autorizzazione.

Per quanto fin qui detto, il ricorso proposto deve, dunque, essere accolto con conseguente condanna della Miri Mix s.r.l. - ultima titolare dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività estrattiva presso la cava di cui si discorre - ad adempiere esattamente agli obblighi di recupero della zona di attività estrattiva, eseguendo le attività già intimatele con la richiamata determinazione dirigenziale del Dipartimento Tutela Ambientale e del Verde di Roma Capitale n. 88 del 13 gennaio 2014 e, segnatamente, provvedendo a: "1) presentare la relazione annuale per l'anno 2011 prevista dall'art. 15 della convenzione, contenente anche il computo dei maggiori volumi estratti a seguito di sconfinamento di cui alle note prot. 61468 del 12 09 2011 e prot. 9346 del 21 11 2011, 2) garantire la quantità dei metri cubi scavati e non garantiti, ai sensi del N.T.A. del PSAE Rio Galeria Magliana, con attribuzione di quote da parte del consorzio/ditta titolare di un recupero ambientale valido ai sensi dell'art. 8 citato o versando per intero il contributo ambientale dovuto; 3) versare alla tesoreria di Roma Capitale, il contributo ambientale dovuto per il periodo compreso tra agosto 2006 e dicembre 2011, contributo calcolato in base ai volumi di materiali estratti e come dichiarato nelle relazioni annuali, compresi i volumi derivanti dallo sconfinamento, secondo le specifiche di cui alla D.G.R. 581 del 12 09 2006 e di presentare l'atto di fideiussione relativo all'anno 2021; 4) presentare i risultati dei controlli sui piezometri di cantiere, eseguiti ai sensi dell'art. 33 della NTA del PSAE Rio Galeria Magliana, con le modalità di cui all'art. 3 comma 1, lettera f e h della convenzione; 5) procedere con i lavori di recupero ambientale dell'intera area di cava, secondo il progetto approvato con D.D. 232 del 12 05 2003".

Viene fatta, ovviamente, salva ogni eventuale ulteriore iniziativa che Roma Capitale - quale unica titolare della posizione giuridica soggettiva fatta valere in via sostituiva in giudizio dai ricorrenti - potrà sempre e in ogni momento intraprendere nei confronti della Miri Mix s.r.l. (così come nei confronti di chiunque altro ritenga obbligato), ivi compresa la possibilità di procedere d'ufficio ad eseguire le relative attività di recupero, utilizzando la somma versata dal gestore ai sensi dell'art. 10 della convenzione.

Le spese di lite seguono, come di regola, la soccombenza, mentre possono essere compensate con Roma Capitale.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, per l'effetto condannando la Miri Mix s.r.l. all'esecuzione degli adempimenti specificati in motivazione.

Condanna la Miri Mix s.r.l. a rifondere ai ricorrenti le spese di giudizio che liquida in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori e rimborso del contributo unificato, ove versato.

Spese compensate con Roma Capitale.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.