Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 21 febbraio 2022, n. 1215

Presidente: De Felice - Estensore: Ponte

FATTO

Con l'appello in esame l'odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 6635 del 2018 del Tar Campania, sede di Napoli, nella parte recante rigetto dell'originario gravame, proposto dalla stessa parte al fine di ottenere l'annullamento del provvedimento n. 25326 del 9 ottobre 2017 di diniego del condono edilizio, richiesto a suo tempo in relazione ad un manufatto, realizzato dal dante causa della parte ricorrente su terreno di proprietà, nel Comune di Poggiomarino al fl. 15 p.lla 222.

All'esito del giudizio di prime cure il Tar annullava l'ordine di demolizione, emanato in pendenza della domanda di condono, e rigettava le censure dedotte avverso il predetto successivo diniego.

Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava i seguenti motivi di appello avverso il capo di rigetto della sentenza:

- error in procedendo e in iudicando, violazione e falsa applicazione della l. n. 47 del 1985, dell'ordinanza cautelare di questo Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2994 in data 14 luglio 2017, degli artt. 34 e 39 c.p.a. e dell'art. 112 c.p.c., difetto di adeguata valutazione degli atti processuali acquisiti al giudizio, in quanto il Comune, in sede di esame della pratica di condono, era tenuto ad accertare le opere già realizzate all'1 ottobre 1983 da quelle eventualmente realizzate dopo;

- analoghi vizi per la mancata valutazione delle risultanze di giudizio in ordine alla risalenza del manufatto;

- error in procedendo e in iudicando, violazione degli artt. 136 e ss. c.p.c., in particolare dell'art. 139, e del capo III della l. n. 241 del 1990, in particolare dell'art. 10-bis, difetto di adeguata valutazione degli atti processuali acquisiti al giudizio, per notifica inesistente della comunicazione dei motivi ostativi;

- analoghi vizi per errata applicazione dell'art. 21-octies l. 241 cit. in ordine alla mancata comunicazione di avvio del procedimento;

- error in procedendo e in iudicando, violazione della l. n. 47 cit., in particolare degli artt. 31 e ss., e della l. n. 724 del 1994, in particolare l'art. 39, per difetto di adeguata valutazione degli atti processuali, per mancata valutazione anche ai sensi del c.d. secondo condono.

L'amministrazione appellata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell'appello.

Alla pubblica udienza del 17 febbraio 2022 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. All'esito del giudizio di prime cure e della proposizione dell'appello avverso il solo capo di rigetto della sentenza, la presente controversia ha ad oggetto il diniego di condono e le riproposte deduzioni avverso la legittimità di tale esito.

1.1. In termini di ricostruzione della fattispecie, va ricordato come il manufatto in questione fosse stato inizialmente realizzato abusivamente dal dante causa dell'odierno appellante, il sig. C. Antonio, su di un terreno di sua proprietà sito nel Comune di Poggiomarino al foglio 15, p.lla n. 222 (attuale Via [omissis]). Quindi, in data 30 dicembre 1986 lo stesso dante causa presentò al Comune di Poggiomarino domanda di condono, prot. n. 18419/86. Nelle more, in data 22 aprile 2014 il Sig. C. Antonio è deceduto, cosicché titolari del bene risultano, pro indiviso, i suoi eredi: la vedova Sig.ra D. Maria Carmela ed i figli Sig.ra C. Rosa, Sig.ra C. Giuseppina e l'odierno appellante.

1.2. All'esito di un sopralluogo compiuto in data 15 settembre 2016 il Comune rilevava il manufatto abusivo nella attuale consistenza e adottava l'ordinanza di demolizione, n. 135/16 (prot. n. 22611) del 6 ottobre 2016, oggetto di impugnazione e conseguente annullamento con la sentenza qui impugnata.

1.3. Nelle more del giudizio veniva altresì definito il procedimento di condono del 1986, con il provvedimento oggetto di impugnativa in prime cure con motivi aggiunti. Il diniego si fonda sugli elementi attestanti che il manufatto era in corso di realizzazione in data 15 marzo 1985, con conseguente insussistenza del presupposto normativo - necessario per il rilascio del condono richiesto - dell'ultimazione entro la data dell'1 ottobre 1983.

2. Così ricostruita la fattispecie controversa, è possibile procedere all'esame dei vizi di appello dedotti.

L'appello è destituito di fondamento.

3. Il primo motivo, con cui si lamenta il difetto di adeguata valutazione degli atti processuali acquisiti al giudizio in quanto il Comune - in sede di esame della pratica di condono - avrebbe dovuto accertare e distinguere le opere già realizzate all'1 ottobre 1983 da quelle eventualmente realizzate dopo, si scontra con il preminente orientamento, coerente alla natura della sanatoria speciale, per cui la peculiare legislazione statale in materia di condono presuppone la permanenza dell'opera da condonare nel corso del procedimento di condono; in pendenza di tale procedimento, sono ammessi solo lavori di completamento dell'opera stessa, come risulta dalla chiara formulazione dell'art. 35, comma 12, l. n. 47 del 1985, non essendo invece ammissibile la sua sostituzione (anche se identico dal punto di vista volumetrico, della sagoma e della superficie) ovvero l'estensione attraverso l'ampliamento (cfr. ad es. C.d.S., Sez. II, 28 maggio 2019, n. 3471; Sez. V, 27 agosto 2014, n. 4386).

3.1. Nel caso di specie, l'analisi delle risultanze documentali evidenzia la evidente difformità fra il manufatto accertato nel 1985, oggetto dell'istanza di condono del 1986 (legata ex lege alla necessaria sussistenza al 1° ottobre 1983), e quello accertato successivamente nel 2016, avente consistenza ben al di là del mero completamento consentito dalla l. n. 47 del 1985.

3.1.1. Nella prima direzione, come risulta dal verbale di sequestro del 15 marzo 1985 (doc. n. 5 del fascicolo di primo grado) l'immobile era in fase di costruzione, privo di pavimentazione, infissi, condutture e/o allacciamenti, con la predisposizione per il getto dei pilastri per l'innalzamento: "struttura in cemento armato e piano cantinato con n. 11 pilastri su travi rovesce e solaio di copertura di superficie di mq 160 circa, con predisposizione armatura e casseformi per getto della lastratura al piano terra".

3.1.2. Nella seconda direzione, dagli atti istruttori del 2016 emerge un fabbricato ben più ampio e completo; in particolare, assumono rilievo i puntuali elementi ricostruttivi contenuti nella relazione del 21 settembre 2016, concernenti il manufatto su due piani: "il fabbricato risulta essere stato edificato in parte con strutture in cemento armato e solai in latero-cemento e precisamente il piano interrato, mentre il piano primo è realizzato con strutture in ferro".

4. La evidente difformità accertata esclude la condonabilità in parte qua, invocata con il quinto motivo di appello. Infatti, va ancora ribadito che in pendenza di procedimento di condono di un manufatto abusivamente realizzato gli unici interventi edilizi consentiti su di esso sono quelli diretti a garantirne l'integrità e la conservazione; tali interventi, quindi, di regola non possono spingersi sino all'ampliamento ovvero alla demolizione e ricostruzione, tra l'altro con l'impiego di materiali di costruzione diversi da quelli originari giacché la normativa sul condono postula la permanenza dell'immobile da regolarizzare.

5. Né in tale situazione è invocabile l'applicazione d'ufficio del c.d. secondo condono, evocata da parte appellante: sia in generale, in quanto trattasi di sanatoria speciale, eccezionalmente prevista e non estensibile analogicamente (cfr. in termini C.d.S., Sez. VI, 2 settembre 2019, n. 6035), rimessa all'istanza di parte e non attivabile ex officio; sia in particolare, a fronte della accertata evidente trasformazione con ampliamento, in epoca successiva ai termini imposti dalla stessa sanatoria speciale di cui al secondo condono.

5.1. In ogni caso, deve farsi applicazione dell'orientamento (consolidato in materia di sanabilità ordinaria e quindi a fortiori applicabile in caso di eccezionale sanatoria speciale) a mente del quale in presenza di abusi edilizi, la vigente normativa urbanistica non pone alcun obbligo in capo all'autorità comunale, prima di emanare l'ordinanza di demolizione, di verificarne la sanabilità, essendo rimessa all'esclusiva iniziativa della parte interessata l'attivazione del procedimento di accertamento di conformità (cfr. ad es. C.d.S., Sez. VI, 20 luglio 2021, n. 5457).

6. Le considerazioni sin qui svolte comportano l'infondatezza anche del secondo motivo di appello, basato sulla documentazione peritale prodotta da parte istante. Infatti, se per un verso le risultanze istruttorie sopra richiamate rendono evidente la fondatezza dell'accertamento comunale, per un altro verso la documentazione di parte (relazione peritale e aerofotogrammetria Alisud in particolare) evidenzia l'esistenza di un manufatto che all'epoca era in corso di ampliamento, fornendo pertanto ulteriori elementi di conferma di quanto concluso dal Comune e condiviso dai Giudici di prime cure.

7. Parimenti destituito di fondamento è il terzo motivo di appello, con cui si lamenta la mancanza di idonea comunicazione dei motivi ostativi per inesistenza della notifica, in quanto nella specie - anche volendo sorvolare sull'irrilevanza degli elementi che avrebbero potuto essere addotti e sul carattere vincolato in fatto delle valutazioni imposte dalle risultanze istruttorie - la nota di comunicazione che garantisce la partecipazione è stata inviata (cfr. nota prot. n. 23437 del 18 settembre 2017) e debitamente notificata a tutti i destinatari, compreso l'odierno appellante. In proposito, la notifica effettuata con la consegna a mani di un familiare è pienamente valida ed efficace; senza dimenticare che, nella specie, il familiare è la madre dello stesso appellante, come indicato in sede di relata di notifica, nonché coerede e comproprietaria dell'immobile in questione.

7.1. In materia, va ribadito che la consegna dell'atto da notificare a persona di famiglia, secondo il disposto dell'art. 139 c.p.c., non postula necessariamente né il solo rapporto di parentela - cui è da ritenersi equiparato quello di affinità - né l'ulteriore requisito della convivenza del familiare con il destinatario dell'atto, non espressamente menzionato dalla norma, risultando sufficiente l'esistenza di un vincolo di parentela o di affinità che giustifichi la presunzione che la persona di famiglia consegnerà l'atto al destinatario stesso (cfr. ad es. Cass. civ., 18 giugno 2020, n. 11815); presunzione all'evidenza sussistente nel caso di specie, stante non solo il legame familiare ma altresì il cointeresse derivante dalla comproprietà dell'immobile coinvolto.

8. Quanto appena evidenziato in merito alla correttezza della notifica dell'atto partecipativo esclude in radice la fondatezza ed il rilievo del quarto motivo di appello, teso a contestare l'applicazione della sanatoria ex art. 21-octies cit. richiamata dalla sentenza appellata.

9. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso va pertanto respinto.

Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore di parte appellata, liquidate in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori dovuti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.