Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 6 aprile 2022, n. 2560
Presidente: Sabatino - Estensore: Urso
FATTO
1. Con bando pubblicato sulla GUUE il 27 maggio 2020, Trenitalia s.p.a. indiceva procedura di gara per l'affidamento della fornitura di tubi, connessioni, manicotti e accoppiati suddivisa in quattro lotti.
In relazione al secondo lotto, qui controverso, la stazione appaltante, dopo aver escluso il 25 settembre 2020 la IVG Colbacchini s.p.a. in ragione del c.d. "vincolo di aggiudicazione" previsto dal punto VII.3.1 del disciplinare fra i lotti 1 e 2 - essendosi la stessa IVG aggiudicata il lotto 1 - disponeva l'aggiudicazione in favore della seconda graduata Manifattura Tubi Gomma s.p.a.
2. Successivamente, in sede di verifiche posteriori all'aggiudicazione, la stessa stazione appaltante ravvisava alcuni indici relativi alla sussistenza di un unico centro decisionale fra la IVG e la Manifattura Tubi Gomma, e con delibera n. 555 del 30 novembre 2020 escludeva la IVG dal lotto 2 anche per la sussistenza di siffatto unico centro decisionale, escutendo la cauzione provvisoria e segnalando l'esclusione all'ANAC.
3. Avverso tale delibera e gli atti correlati proponeva ricorso la IVG, chiedendo anche la restituzione della cauzione escussa e il risarcimento del danno conseguente alla segnalazione all'ANAC.
4. Il Tribunale amministrativo adìto, nella resistenza di Trenitalia, respingeva il ricorso.
5. Avverso la sentenza ha proposto appello la IVG deducendo:
I) error in iudicando: violazione e falsa applicazione dell'art. 80, comma 5, lett. m), d.lgs. n. 50 del 2016 così come interpretato dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale; violazione del punto VI, lett. e), del disciplinare di gara; violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità; violazione del principio di libera e massima concorrenza; motivazione carente, illogica e contraddittoria (punto 6 e 7 della sentenza impugnata);
II) error in iudicando: violazione e falsa applicazione dell'art. 80, comma 5, lett. m), d.lgs. n. 50 del 2016; violazione del punto VI, lett. e), del disciplinare di gara; omesso esame dei motivi del ricorso inerenti la c.d. "controprova logica"; motivazione apparente o carente;
III) error in iudicando: violazione e falsa applicazione dell'art. 80, comma 5, lett. m), d.lgs. n. 50 del 2016; violazione del punto VI, lett. e), del disciplinare di gara; violazione del paragrafo VII.3.1 del disciplinare di gara in ordine al c.d. "vincolo di aggiudicazione" (punto 8 della sentenza).
L'appellante ripropone anche le suddette domande già avanzate in primo grado di restituzione e risarcimento del danno.
6. Resiste al gravame Trenitalia s.p.a., chiedendone la reiezione.
7. All'udienza pubblica del 3 febbraio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Può prescindersi dall'esame delle eccezioni preliminari sollevate dall'amministrazione, stante il rigetto nel merito dell'appello.
2. Col primo motivo l'appellante censura l'errore in cui la sentenza sarebbe incorsa nel ravvisare la sussistenza di indici dell'unico centro decisionale, atteso che il principio di proporzionalità e la giurisprudenza della Corte di giustizia richiedono a tal fine la prova dell'influenza del collegamento fra le imprese sul comportamento di gara e il contenuto delle offerte, nella specie assente.
In tale contesto, la tipologia di gara, che non prevedeva il meccanismo del c.d. "taglio delle ali" né il metodo del "confronto a coppie" o l'esclusione automatica delle offerte oltre una certa soglia, e non implicava l'utilizzo di medie delle offerte né soluzioni o migliorie tecniche, era tale da rendere irrilevante qualsiasi calcolo coordinato fra le concorrenti.
Nella specie, l'offerta tecnica per il lotto in esame si divideva in due componenti: tempi di consegna da un lato, e presenza o assenza della certificazione ambientale dall'altro, e non emergono nella specie elementi di coordinamento o concertazione al riguardo fra la IVG e la Manifattura, né tanto meno siffatti elementi emergono in relazione all'offerta economica.
2.1. Col secondo motivo l'appellante si duole della manca considerazione e valorizzazione da parte del giudice di primo grado degli elementi di prova contraria offerti dalla IVG in relazione alla contestata sussistenza di indici di un unico centro decisionale.
In specie, sul contestato controllo al 75,458% vantato da IVG sulla Manifattura, occorre considerare come quest'ultima operi in realtà in via del tutto autonoma, né abbia dichiarato di soggiacere a direzione o coordinamento di IVG ai sensi dell'art. 2497 c.c.
Allo stesso modo, gli esponenti di IVG che siedono nel c.d.a. di Manifattura risultano privi di deleghe nell'ambito di quest'ultima società, spettando il potere in materia di gare a tutt'altro soggetto (i.e., il procuratore M.) che non riveste alcuna carica presso IVG.
In ordine al contestato profilo inerente al rilascio delle garanzie, la banca ha reso dichiarazione circa l'autonomia dei relativi processi di emissione, mentre le similitudini fra le offerte sui tempi di consegna non assumono rilievo, considerato che la lex specialis prevedeva solo tre opzioni al riguardo.
Vi sono poi delle differenze nella posizione dei due operatori economici in ordine alla certificazione ambientale, atteso che IVG ne è priva, al contrario di Manifattura.
Ancora, il contenuto delle offerte economiche, simili fra loro, del pari vale a comprovare l'effettività del confronto concorrenziale fra le due imprese, considerato peraltro che i prezzi unitari offerti dalle stesse non sono uguali.
Le sedi operative delle due società sono poi collocate in luoghi diversi, sicché non rileva in sé la vicinanza delle sedi sociali; parimenti, il caricamento in tempi ravvicinati delle offerte è espressione di una mera prassi comune, di presentazione poco prima della scadenza imposta dall'amministrazione, così da poter gestire eventuali intoppi; peraltro le offerte sono state caricate nella specie da soggetti diversi e in luoghi diversi.
Alla luce di ciò, il ritenere che sia enucleabile un unico centro decisionale sulla base di tali indici senza apprezzare le diverse evidenze fornite dalla IVG si risolverebbe nei fatti nell'imporre alle imprese d'interloquire fra loro al fine di partecipare a gare diverse, così da scongiurare contestazioni di tal fatta: ma proprio ciò finirebbe invero per limitare la concorrenza e la libertà d'impresa, pregiudicando i principi di proporzionalità e non discriminazione.
2.2. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per connessione, non sono condivisibili.
2.2.1. Occorre premettere che l'art. 80, comma 5, lett. m), d.lgs. n. 50 del 2016 prevede apposita causa di esclusione dalle procedure di gara nei confronti dell'operatore economico che «si trovi rispetto ad un altro partecipante alla medesima procedura di affidamento, in una situazione di controllo di cui all'articolo 2359 del codice civile o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale».
Già nella vigenza del d.lgs. n. 163 del 2006, la giurisprudenza aveva posto in risalto in proposito che fra le cause di possibile esclusione dalle gare pubbliche sono ricomprese le ipotesi previste dall'art. 2359 c.c. e quelle non codificate di collegamento sostanziale nel caso vi siano elementi tali da consentire di ricondurre i soggetti partecipanti alla procedura ad un unico centro decisionale: v'è infatti in tali casi il rischio d'una "vanificazione dei principi generali in tema di par condicio, segretezza delle offerte e trasparenza della competizione. In tal modo si tende ad evitare che il corretto e trasparente svolgimento delle gare di appalto ed il libero gioco della concorrenza possano essere irrimediabilmente alterati dalla eventuale presentazione di offerte che, pur provenendo formalmente da due o più imprese, siano tuttavia riconducibili ad un unico centro di interesse: la ratio di tale previsione è quella di evitare il rischio di ammissione alla gara di offerte provenienti da soggetti che, in quanto legati da stretta comunanza di interesse caratterizzata da una certa stabilità, non sono ritenuti, proprio per tale situazione, capaci di formulare offerte caratterizzate dalla necessaria indipendenza, serietà ed affidabilità, coerentemente quindi ai principi di imparzialità e buon andamento cui deve ispirarsi l'attività della pubblica amministrazione ai sensi dell'art. 97 della Costituzione" (C.d.S., V, 18 luglio 2012, n. 4189).
A tal fine la valutazione operata dalla stazione appaltante circa l'unicità del centro decisionale "postula semplicemente l'astratta idoneità della situazione a determinare un concordamento delle offerte, non anche necessariamente che l'alterazione del confronto concorrenziale si sia effettivamente realizzata, nel caso concreto, essendo quella delineata dal legislatore una fattispecie di pericolo (ex multis, C.d.S., V, 16 febbraio 2017, n. 496; III, 10 maggio 2017, n. 2173; III, 23 dicembre 2014, n. 6379; V, 18 luglio 2012, n. 4189)" (C.d.S., V, 22 ottobre 2018, n. 6010).
In tale prospettiva, è stato ritenuto in termini di principio che "ciò che deve essere provato [...] è soltanto l'unicità del centro decisionale e non anche la concreta idoneità ad alterare il libero gioco concorrenziale. Ciò, in quanto la riconducibilità di due o più offerte a un unico centro decisionale costituisce ex se elemento idoneo a violare i generali principi in tema di par condicio, segretezza e trasparenza delle offerte (in tal senso, ex multis, C.d.S., V, 18 luglio 2012, n. 4189). Del resto [...] ai sensi della pertinente normativa eurounitaria e nazionale, grava sulla stazione appaltante il solo compito di individuare gli indici dell'esistenza di un unico centro decisionale e non anche il compito di provare in concreto l'avvenuta alterazione del gioco concorrenziale, ovvero il compito di indagare le ragioni di convenienza che possono aver indotto l'unitario centro di imputazione ad articolare offerte in parte diverse fra loro" (C.d.S., V, 6 febbraio 2017, n. 496).
La fattispecie del collegamento sostanziale fra concorrenti è infatti qualificabile come "di 'pericolo presunto' (con una terminologia di derivazione penalistica), in coerenza con la sua 'funzione di garanzia di ordine preventivo rispetto al superiore interesse alla genuinità della competizione che si attua mediante le procedure ad evidenza pubblica', e con la circostanza che la concreta alterazione degli esiti della selezione 'non è nella disponibilità delle imprese sostanzialmente collegate, ma dipende da variabili indipendenti rispetto alla loro volontà, quali in particolare il numero delle partecipanti e l'entità dei ribassi' (sentenza 11 luglio 2016, n. 3057; in senso conforme si registra anche una più risalente pronuncia di questa Sezione: sentenza 1° agosto 2015, n. 3772)" (C.d.S., V, 24 novembre 2016, n. 4959; più di recente, V, 14 gennaio 2022, n. 259).
Per tali ragioni, se incombe sulla stazione appaltante l'accertamento della sussistenza di un unico centro decisionale d'imputazione delle offerte sulla base degli indici presuntivi concreti, non è richiesta anche la prova che il collegamento fra i concorrenti sia poi pervenuto a risultati effettivi in relazione ai contenuti delle offerte e all'artificiale condizionamento degli esiti della gara; nel percorso presuntivo che conduce a ricavare un fatto ignoto da circostanze note ai sensi dell'art. 2727 c.c., il fatto che occorre desumere dagli indici presuntivi è infatti la sussistenza dell'unicità del centro decisionale cui siano riconducibili le offerte, non già il contenuto effettivamente coordinato di queste, né le conseguenze anticoncorrenziali concretamente derivatene (C.d.S., V, 7 gennaio 2022, n. 48; 5 agosto 2021, n. 5778; 15 aprile 2020, n. 2426).
Per questo, "se, da un lato, l'Amministrazione è onerata delle verifiche puntuali degli elementi che fanno ritenere probabile il collegamento societario, dall'altro, non è necessario che effettui una verifica circa il fatto che il collegamento societario abbia in concreto influito sulla presentazione delle offerte e sull'esito della gara. In altri termini, non è necessaria la prova che il collegamento abbia influito sulla formazione delle offerte, ma è sufficiente che sia probabile il fatto che le stesse provengano da un unico centro decisionale" (C.d.S., IV, 2 aprile 2021, n. 3255).
In tale prospettiva, è stato così posto in risalto come il riferimento al contenuto delle offerte sia uno dei possibili elementi dai quali ritrarre il collegamento, peraltro da scrutinare in termini necessari solo in difetto di altri indici utili, secondo un'indagine ispirata a un approccio gradualista e progressivo: "l'accertamento della causa di esclusione in esame passa attraverso un preciso sviluppo istruttorio: a) la verifica della sussistenza di situazione di controllo sostanziale ai sensi dell'art. 2359 c.c.; b) esclusa tale forma di controllo, la verifica dell'esistenza di una relazione tra le imprese, anche di fatto, che possa in astratto aprire la strada ad un reciproco condizionamento nella formulazione delle offerte; c) ove tale relazione sia accertata, la verifica dell'esistenza di un 'unico centro decisionale' da effettuare ab externo e cioè sulla base di elementi strutturali o funzionali ricavati dagli assetti societari e personali delle società, ovvero, ove per tale via non si pervenga a conclusione positiva, mediante un attento esame del contenuto delle offerte dal quale si possa evincere l'esistenza dell'unicità soggettiva sostanziale" (C.d.S., V, 3 gennaio 2019, n. 69; 10 gennaio 2017, n. 39; III, 7 marzo 2019, n. 1577; cfr. anche V, 28 dicembre 2020, n. 8407; 12 gennaio 2021, n. 393; VI, 31 agosto 2021, n. 6119).
In senso contrario alla suesposta elaborazione giurisprudenziale non vale il richiamare la pronuncia della Corte di giustizia adottata nella causa C-538/07, atteso che la decisione afferma il diverso principio per cui il diritto europeo osta a una disposizione nazionale (in specie, l'art. 10, comma 1-bis, l. n. 109 del 1994, che richiamava espressamente il controllo ex art. 2359 c.c.) che, pur perseguendo gli obiettivi legittimi di parità di trattamento degli offerenti e di trasparenza nell'ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, stabilisca "un divieto assoluto, a carico di imprese tra le quali sussista un rapporto di controllo o che siano tra loro collegate, di partecipare in modo simultaneo e concorrente ad una medesima gara d'appalto, senza lasciare loro la possibilità di dimostrare che il rapporto suddetto non ha influito sul loro rispettivo comportamento nell'ambito di tale gara" (Corte di giustizia, 19 maggio 2009, causa C-538/07).
L'affermazione è chiara nell'indicare l'illegittimità d'un sistema che precluda a priori la prova contraria a fronte di previsioni legali di collegamento fra società, escludendo la Corte "che rapporti di mero collegamento formale possano dimostrare di per sé l'esistenza e/o la potenzialità del condizionamento, dovendo alle imprese sempre essere consentito dimostrare l'inefficacia di tali rapporti" (C.d.S., VI, 22 febbraio 2013, n. 1091)"; ma questo non altera le modalità di verifica per l'integrazione della causa escludente, nei termini elaborati dalla giurisprudenza in funzione della enucleazione di un unico centro decisionale (cfr., al riguardo, anche C.d.S., n. 2426 del 2020, cit.).
Lo stesso è a dirsi per la citazione della decisione della Corte di giustizia dell'8 febbraio 2018 nella causa C-144/17, in cui si afferma la necessità di "accertare se il rapporto sussistente tra due entità abbia esercitato un'influenza concreta sul rispettivo contenuto delle offerte depositate nell'ambito di una medesima procedura di aggiudicazione pubblica, e la constatazione di una simile influenza, in qualunque forma, è sufficiente affinché le suddette imprese possano essere escluse dalla procedura": si trattava nella specie, infatti, di un caso particolare, connotato dalla presenza di un soggetto assicurativo dalla struttura affatto peculiare ("persona giuridica collettiva a struttura plurima") in cui le offerte partecipative erano state presentate con sottoscrizione di unico rappresentante generale per l'Italia in relazione a c.d. "sindacati" diversi.
Di qui il richiamo a un accertamento concreto necessario da parte della stazione appaltante, atteso che "il mero fatto che delle offerte come quelle di cui al procedimento principale siano state sottoscritte dalla stessa persona, ossia dal procuratore speciale del rappresentante generale per l'Italia [...], non può giustificare la loro esclusione automatica dall'appalto pubblico in questione".
Ciò che viene censurato è dunque, in sostanza, la circostanza che "Basandosi sulla sola sottoscrizione delle offerte da parte del procuratore speciale del rappresentante generale per l'Italia [...] per escludere i sindacati [si è] presunto l'esistenza di una collusione, senza che i sindacati abbiano avuto la possibilità di dimostrare che le loro rispettive offerte sono state formulate in maniera del tutto indipendente l'una dall'altra".
In tale contesto, se non opera dunque alcun automatismo espulsivo in caso di controllo legale ex art. 2359 c.c. (così come in caso di sottoscrizione delle offerte dal medesimo rappresentante, in casi particolari quali quelli di "persone giuridiche collettive a struttura plurima"), restando sempre in favore delle imprese il beneficio della prova contraria - anzitutto mediante apertura del contraddittorio in ordine alla potenziale causa escludente riscontrata - non per questo l'unicità del centro decisionale va imprescindibilmente ricavata dal contenuto delle offerte o dall'effetto finale prodottosi in termini concorrenziali sulla specifica procedura di gara.
Per questo, i richiami alle dette sentenze della Corte di giustizia non valgono a modificare la vasta elaborazione giurisprudenziale maturata circa l'integrazione della fattispecie escludente, ravvisabile ex se nella concreta enucleazione dell'unico centro decisionale attraverso il riscontro dei corrispondenti indici (cfr., al riguardo, anche rispetto alla lettura dei precedenti della Corte di giustizia, C.d.S., V, 19 marzo 2018, n. 1753).
A ciò si aggiunga peraltro, nel caso di specie, che la stazione appaltante ha ravvisato anche - fra gli altri - elementi concreti di similitudine inerenti alle offerte, espressivi e confermativi della medesimezza del centro decisionale (per l'individuazione del contenuto delle offerte quale uno soltanto dei possibili elementi di constatazione dell'unico centro, non indispensabile, cfr. anche - oltre alla giurisprudenza già richiamata - C.d.S., V, 14 dicembre 2021, n. 8340).
2.2.2. Alla luce dei suesposti principi, è da ritenere infondata la doglianza incentrata sull'assenza di una verifica eseguita dall'amministrazione circa gli effetti anticoncorrenziali del comportamento tenuto dalle imprese nella gara e l'influenza della situazione di collegamento sul contenuto delle offerte: una siffatta verifica nei termini invocati dall'appellante non è infatti necessaria ai fini della rilevazione dell'unico centro decisionale, potendo questo essere ben desunto da indici che disvelino - alla luce di elementi gravi, precisi e concordanti - una situazione di collegamento sostanziale fra le concorrenti.
2.2.3. Nel caso di specie l'amministrazione ha individuato chiaramente, in termini sostanziali - sulla base di specifici e circostanziati indici concreti - i presupposti dell'unicità del centro decisionale cui le offerte risultavano imputabili, e la valutazione all'uopo espressa risulta nel complesso esente dalle censure formulate dall'appellante, i cui elementi addotti a prova contraria non valgono del resto a infirmare il giudizio espresso dall'amministrazione.
2.2.3.1. Anzitutto, fra le concorrenti si ravvisa effettivamente un regime di controllo societario, atteso che la IVG detiene il 75,458% delle partecipazioni della Manifattura.
Come già posto in risalto, l'elemento del controllo societario non è di per sé sufficiente a ravvisare l'unicità del centro decisionale, dovendo ammettersi anzi - anche in caso di vero e proprio controllo di diritto - la possibilità di offrire alle interessate prova contraria in contraddittorio (cfr. la già citata Corte di giustizia, 19 maggio 2009, causa C-538/07); nondimeno la circostanza della sussistenza di un regime di controllo assume rilievo contestuale non privo di significato, e che può contribuire - insieme ad altri elementi - a far ravvisare l'unicità del centro decisionale in termini di collegamento sostanziale fra le imprese.
Nella specie, una partecipazione nella misura suindicata ben vale a far ravvisare il suddetto controllo, né l'appellante fornisce specifiche evidenze o ragioni per le quali mancherebbe lo stesso controllo, a ciò non valendo la mera mancata dichiarazione camerale della sussistenza dei requisiti della direzione e coordinamento di cui all'art. 2497 c.c.
2.2.3.2. Ancora, in relazione agli incroci fra soggetti titolari di cariche amministrative nelle due imprese - elemento ben significativo ai fini della individuazione d'un unico centro decisionale - risulta in effetti che un consigliere di amministrazione della Manifattura (i.e., A.C.G.) è presidente del c.d.a. e amministratore delegato della IVG.
Allo stesso modo, altro consigliere di amministrazione della Manifattura (i.e., B.D.) riveste anche la carica di direttore generale e consigliere delegato della IVG.
Né rileva il fatto che le deleghe per la partecipazione alle gare siano assegnate nella Manifattura ad altro soggetto, atteso che gli intrecci fra gli organi amministrativi assumono (significativo) rilievo indiziario nell'individuazione dell'unico centro decisionale a prescindere dalle deleghe specifiche sulle gare, e nella specie la sussistenza di un unico centro decisionale è ben desumibile dai suindicati incroci fra gli esponenti aziendali delle due società.
2.2.3.3. Quanto ai fatti e circostanze rilevanti occorsi nell'ambito della gara oggetto del presente giudizio, risulta che le due concorrenti abbiano presentato garanzia stipulata il medesimo giorno con la stessa banca e filiale; e al riguardo, al di là della dichiarazione della banca circa la riconducibilità a sé stessa delle ragioni di sovrapponibilità formale delle garanzie (i.e., stipulazione presso lo stesso notaio, repertori consecutivi, medesimi sottoscrittori per conto della banca) a fronte di autonomi procedimenti nel relativo rilascio, restano intatti (e rilevanti) gli elementi del ricorso a monte alla medesima filiale della stessa banca, oltre al dato della relativa contiguità temporale, profili che ben possono concorrere all'apprezzamento indiziario circa l'esistenza d'un unico centro decisionale (cfr. C.d.S., n. 8407 del 2020, cit.; V, 1° agosto 2015, n. 3772), non valendo di per sé a provare il contrario la mera corrispondenza operativa intercorsa con la banca.
2.2.3.4. Quanto suesposto trova elementi indiziari di ulteriore conferma nel dato contenutistico delle offerte (oltreché temporale, essendo state le stesse trasmesse a distanza di pochi minuti l'una dall'altra), le quali coincidono in ordine alla voce dei tempi di consegna (pari a 60 giorni) e risultano molto simili nella proposta economica (prevedendo, rispettivamente, un corrispettivo di euro 553.300,00 la Manifattura, e di euro 554.998,87 la IVG, a fronte di un'offerta molto diversa formulata dall'altra concorrente in gara).
Trattasi, anche in questo caso, di elementi di conferma - al di là del fatto che sui tempi di consegna vi fossero solo tre opzioni, e che la vicinanza fra i dati di corrispettivo riguardi il valore complessivo, non già le singole voci unitarie che lo compongono - nel quadro generale sopra enucleato, in presenza di valori di corrispettivo effettivamente assai vicini, mentre l'offerta in relazione ai tempi di consegna costituisce semplicemente un ulteriore elemento di sovrapposizione.
Anche in questo caso, peraltro, la mera corrispondenza operativa interna, relativa soprattutto ai profili tecnici e organizzativi, non vale a fornire di per sé dimostrazione del contrario.
2.2.4. Tutto quanto suindicato ben vale, nel complesso, a individuare la sussistenza di un unico centro decisionale ex art. 80, comma 5, lett. m), d.lgs. n. 50 del 2016, anche al di là degli altri indici richiamati in giudizio dalle parti, né i suddetti elementi addotti dall'appellante hanno effettivo valore evidenziale di segno contrario.
Allo stesso modo, il fatto che si trattasse in specie di una procedura aperta e governata dal criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, e che non prevedesse regole quali il "taglio delle ali" o il "confronto a coppie", ovvero l'utilizzo di medie od esclusioni automatiche oltre una certa soglia, non vale di per sé a dimostrare l'assenza di possibili ragioni di coordinamento fra le imprese e di relativa potenziale utilità per le stesse (e comunque a sterilizzare ex se, in radice, l'applicazione dell'art. 80, comma 5, lett. m), d.lgs. n. 50 del 2016), atteso che il vulnus alla concorrenza e alla parità di trattamento derivante dalla partecipazione di operatori facenti parte del medesimo centro decisionale può variamente inverarsi e declinarsi, anche in prospettiva spartitoria (considerato peraltro che era prevista nella specie apposita clausola recante vincolo di aggiudicazione) e che, più in generale, la causa escludente ha quale ratio propria quella di tutelare i principi, oltreché direttamente di par condicio e concorrenza, anche di segretezza delle offerte (cfr. C.d.S., V, 10 dicembre 2021, n. 8245) oltreché trasparenza della competizione, che di per sé risultano vulnerati in presenza di un unico centro decisionale; in tale prospettiva, come già posto in risalto, la fattispecie escludente di cui all'art. 80, comma 5, lett. m), d.lgs. n. 50 del 2016 si integra al ricorrere di per sé di un unico centro decisionale.
Di qui l'infondatezza delle doglianze.
3. Col terzo motivo l'appellante deduce come l'assenza di un unico centro decisionale implichi l'erroneità della sentenza anche in relazione al punto 8 della stessa, in cui si afferma che l'unico centro decisionale preclude l'aggiudicazione di due lotti anche a fronte della previsione nella lex specialis del c.d. "vincolo di aggiudicazione".
3.1. Anche tale motivo è infondato.
3.1.1. La doglianza s'incentra a ben vedere sulla dedotta insussistenza dell'unico centro decisionale fra la IVG e la Manifattura: l'infondatezza di tale assunto vale dunque di per sé a rendere non fondato anche il motivo in esame.
Peraltro il passo della motivazione criticato dall'appellante ha carattere integrativo, e vale a confermare sotto altro profilo che il medesimo centro decisionale fa sì che sia preclusa l'aggiudicazione di due lotti anche alla luce del vincolo di aggiudicazione (cfr. al riguardo, in termini generali, C.d.S., V, 27 settembre 2021, n. 6481; n. 8245 del 2021, cit.).
In tale contesto, una volta confermata la legittimità della valutazione dell'amministrazione circa la sussistenza dell'unico centro decisionale, anche la presente doglianza, fondata sulla contestazione di tale presupposto, risulta non condivisibile.
4. In conclusione, per le suesposte ragioni l'appello è infondato e va respinto.
4.1. Il rigetto del gravame in relazione alle domande caducatorie implica, in via assorbente, la reiezione della domanda restitutoria in quanto dipendente, nonché della richiesta di risarcimento del danno avanzata dall'appellante, rilevato che (oltre al difetto di condotta illecita dell'amministrazione in relazione al provvedimento escludente impugnato) non emergono, né la IVG dimostra, profili d'illegittimità neanche rispetto ai richiamati profili inerenti alla segnalazione all'ANAC.
4.2. Le spese di lite sono poste a carico dell'appellante, secondo criterio di soccombenza, e liquidate nella misura di cui in dispositivo in favore dell'amministrazione costituita.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l'appellante alla rifusione delle spese, che liquida nella misura di euro 5.000,00, oltre accessori di legge, in favore dell'amministrazione costituita.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
V. anche Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 6 aprile 2022, n. 2561.