Consiglio di Stato
Sezione III
Sentenza 21 aprile 2022, n. 3012
Presidente: Greco - Estensore: Noccelli
FATTO E DIRITTO
1. L'odierna appellante, Villa dei Gerani Gestione s.r.l. (di qui in avanti, per brevità, Villa dei Gerani), è una casa di cura che eroga prestazioni di assistenza sanitaria in regime di accreditamento nella Regione Calabria.
1.1. Con ricorso notificato il 24 gennaio 2019 all'Azienda Sanitaria Provinciale di Vibo Valentia (di qui in avanti, per brevità, l'Azienda), la ricorrente in prime cure ha chiesto al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sede di Catanzaro (di qui in avanti il Tribunale), che fosse dichiarata la remunerabilità - a regime tariffario di ricovero ordinario anziché in day hospital - delle 1339 prestazioni rese nell'anno 2001, con la condanna dell'intimata p.a. al pagamento in proprio favore di euro 1.256.056,67, a titolo di saldo per corrispettivi, oltre interessi legali dal dovuto al soddisfo.
1.2. Villa dei Gerani, in particolare, ha dedotto di avere impugnato innanzi al Tribunale la deliberazione n. 49/C del 28 marzo 2003, adottata dal Commissario straordinario dell'allora A.s.l. n. 8 di Vibo Valentia, nella parte in cui, per quel che è di interesse, disponeva la riduzione della remunerazione per le menzionate 1339 prestazioni, applicando il tariffario per ricovero in regime di day hospital in luogo del regime ordinario.
1.3. Con la sentenza n. 1407 del 9 giugno 2004, passata in giudicato, il giudice amministrativo ha accolto il gravame, annullando la determinazione commissariale in riferimento ai 1339 casi di ricovero ricondotti, ai fini tariffari, in day hospital, e ciò sull'assunto che non risultasse congruamente giustificata la scelta dell'Amministrazione di valutare come inappropriate le prestazioni di ricovero ordinario.
1.4. In forza di questa pronuncia, la ricorrente ha agito quindi innanzi al Tribunale di Vibo Valentia, ottenendo il decreto ingiuntivo n. 126/2010 e relativa condanna dell'Azienda al pagamento dell'importo di euro 1.256.437,78, a titolo di saldo corrispettivi per prestazioni di ricovero ordinario rese nell'anno 2001.
1.5. Avverso tale decreto ingiuntivo l'Azienda ha però proposto opposizione, in esito alla quale il Tribunale di Vibo Valentia, con sentenza n. 10 del 12 gennaio 2017, anch'essa passata in giudicato, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del g.o., spettando la controversia al g.a., nonché la nullità del decreto ingiuntivo opposto.
1.6. Tale ultima sentenza non è stata appellata dall'odierna appellante, che non ha neanche attuato la translatio iudicii ai sensi dell'art. 11 c.p.a., ritenendo sussistente l'interesse ad agire nei confronti dell'Azienda, al fine di ottenere il pagamento di quanto ancora dovuto a titolo di saldo corrispettivi per le prestazioni di ricovero ordinario risalenti al 2001.
1.7. Si è costituita nel primo grado di giudizio l'Azienda, che ha eccepito l'inammissibilità del ricorso per violazione del divieto del ne bis in idem e ha rilevato, inoltre, che dopo la sentenza n. 1407 del 2004 ha immediatamente richiesto all'Ufficio Epidemiologia e Statistica, competente per i controlli, di effettuare una nuova e puntuale valutazione delle prestazioni oggetto di causa, e l'attività di verifica, con illustrazione della metodologia seguita, è stata compendiata nella nota prot. n. 183/ES del 17 novembre 2004, non formalizzata in un atto deliberativo, alla quale sono stati allegati i controlli eseguiti su tutte le 1339 schede di dimissione ospedaliera relative ai ricoveri contestati.
1.8. Tale nota, prodotta dalla p.a. nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, è stata quindi conosciuta dall'odierna appellante, che in quella sede ne ha contestato la natura provvedimentale e, al contempo, ne ha censurato i contenuti, senza tuttavia poi impugnarla innanzi al g.a., inverando ciò un'ulteriore ragione di inammissibilità, per omessa translatio iudicii nel termine perentorio di cui all'art. 11, comma 2, c.p.a.
1.9. Nel merito, l'Azienda ha chiesto al Tribunale il rigetto del gravame, poiché per ciascun ricovero, partendo dall'analisi delle prestazioni sanitarie eseguite durante la degenza, la nota n. 183/ES/2004 ha espresso un motivato giudizio sull'impossibilità di riconoscere giorni di degenza ulteriori, rispetto all'unico ritenuto appropriato.
1.10. In primo grado, all'udienza pubblica del 29 ottobre 2019, in prossimità della quale la ricorrente ha depositato una memoria difensiva, la causa, previo avviso alle parti ai sensi dell'art. 73, comma 3, c.p.a. è passata in decisione.
2. Il Tribunale, con la sentenza n. 1816 del 30 ottobre 2019, ha dichiarato inammissibile il ricorso.
2.1. Il primo giudice ha premesso che in via generale - e come di recente ribadito dal giudice del riparto in occasione della pronuncia su un conflitto negativo di giurisdizione sollevato dal medesimo Tribunale - le controversie concernenti "indennità, canoni ed altri corrispettivi" nei rapporti, qualificabili come concessione di pubblico servizio, tra le Aziende sanitarie e le Case di cura o le strutture minori, riservate alla giurisdizione del giudice ordinario dall'art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., sono quelle contrassegnate da un contenuto meramente patrimoniale, attinente al rapporto interno tra p.a. concedente e il concessionario del servizio pubblico, controversie in cui la contrapposizione tra le parti è sintetizzabile nel binomio "obbligo-pretesa", senza che assuma rilievo un potere d'intervento riservato del soggetto pubblico per la tutela d'interessi generali.
2.2. Se, invece, la controversia esula da tali limiti e coinvolge la verifica dell'esercizio del potere autoritativo sull'intera economia del rapporto concessorio, il contrasto tra la p.a. e il concessionario si configura secondo il binomio "potere-interesse" e la causa viene attratta nella cognizione del giudice amministrativo (Cass., Sez. un., 16 ottobre 2019, n. 26200).
2.3. Ciò premesso, nella vicenda in esame, come correttamente osservato dal g.o. nella sentenza n. 10 del 2017, la pronuncia n. 1407 del 2004 «ha annullato la delibera commissariale n. 49/C del 28 marzo 2003 per difetto di motivazione in ordine alla ritenuta inappropriatezza delle 1.339 prestazioni di ricovero [...] tale pronuncia non ha fatto venir meno il potere della pubblica amministrazione perfino di reiterare la valutazione negativa, ovviamente mediante la "congrua motivazione" che il giudice amministrativo non ha ravvisato».
2.4. La decisione del giudice amministrativo, ben ricorda il Tribunale, ha pertanto caducato l'avversata delibera commissariale, poiché ha ritenuto non adeguata la giustificazione posta a base del mancato riconoscimento delle 1339 prestazioni quali ricoveri ordinari, con liquidazione ridotta secondo il tariffario del day hospital.
2.5. Sul punto il primo giudice ha rammentato che in base ad un consolidato e condivisibile orientamento giurisprudenziale, «l'annullamento di un provvedimento amministrativo per vizi tralatiziamente definiti formali, quali il difetto di istruttoria o di motivazione - in quanto non contiene alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita coinvolto dal provvedimento impugnato - non consente di accogliere la domanda finalizzata al perseguimento della pretesa sostanziale, [...] ed infatti, mentre la caducazione dell'atto per vizi sostanziali vincola l'Amministrazione ad attenersi, nella successiva attività, alle statuizioni del giudice, l'annullamento fondato su profili formali non elimina né riduce il potere della stessa di provvedere in ordine allo stesso oggetto dell'atto annullato e lascia ampio il potere in merito dell'Amministrazione, con il solo limite negativo di riesercizio nelle stesse caratterizzazioni di cui si è accertata l'illegittimità, sicché non può ritenersi condizionata o determinata in positivo la decisione finale» (v., ex multis, C.d.S., Sez. III, 17 giugno 2019, n. 4547).
2.6. Ciò premesso, ha ritenuto il Collegio di prime cure che - a fronte dell'annullamento della determinazione commissariale n. 49/C/2003 - sia nell'ipotesi in cui alla successiva nota prot. n. 183/ES/2004 non si attribuisca valenza provvedimentale - come dedotto dalla Casa di cura - sia nella distinta ipotesi in cui a tale nota si riconosca efficacia esterna e lesiva, il gravame risulta parimenti inammissibile.
3. In particolare, escludendo la natura provvedimentale della nota prot. n. 183/ES/2004, si registra la mancanza di una statuizione amministrativa di riconoscimento dell'appropriatezza delle 1339 prestazioni in regime tariffario di ricovero ordinario, che postula l'esercizio di una potestà valutativa ascrivibile all'Azienda, in assenza della quale non può ritenersi integrato il requisito della spettanza del bene della vita ed il conseguente diritto dell'esponente - di cui si chiede l'accertamento in questa sede - ad ottenere la condanna del soggetto pubblico al pagamento della somma richiesta.
3.1. Di tale aspetto, peraltro, avrebbe piena contezza Villa dei Gerani, che nel ricorso introduttivo riporta un passaggio della sentenza del Tribunale di Vibo Valentia, nella quale il g.o. statuisce che «non è possibile ritenere che la controversia qui in esame attenga semplicemente al riconoscimento di un diritto soggettivo senza il necessario e prodromico esercizio di una potestà pubblica».
3.2. Ne deriva che la richiesta declaratoria di remunerabilità delle 1339 prestazioni con l'applicazione della tariffa anno 2001 per il ricovero ordinario - quale presupposto per la conseguente condanna al pagamento - si risolve in un'inammissibile pretesa rivolta all'organo giudicante «a pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati», giusta l'art. 34, comma 2, c.p.a.
3.3. Nel caso di specie, perciò, il residuare di un potere di apprezzamento in capo alla p.a. è quindi ostativo alla richiesta declaratoria di accertamento.
4. Sotto il diverso e concorrente profilo, inerente all'eventuale portata lesiva della nota prot. 183/ES/2004, il primo giudice ha osservato che Villa dei Gerani nella memoria difensiva del 27 settembre 2019 ha contestato con diffuse argomentazioni le valutazioni in essa operate dall'Azienda.
4.1. Ad ogni evidenza, tuttavia, riconoscendo a tale nota della p.a. - prodotta in giudizio dall'Azienda il 12 giugno 2019 e già confutata dall'esponente in sede di opposizione al decreto ingiuntivo - una diretta incidenza nella sfera giuridica di Villa dei Gerani, ne conseguirebbe, secondo la sentenza qui impugnata, la sua omessa e tempestiva impugnazione innanzi al Tribunale amministrativo, a seguito della declaratoria di difetto di giurisdizione pronunciata dal Tribunale di Vibo Valentia.
4.2. In coerenza con l'assunto appena indicato, quindi, si palesano tardive le censure contenute nella memoria difensiva della deducente - ivi compresa la doglianza afferente all'asserita violazione o elusione del giudicato - le quali, in ogni caso, avrebbero dovuto essere proposte per mezzo di domanda introdotta con motivi aggiunti ai sensi dell'art. 43 c.p.a., con relativa e tempestiva notifica alla controparte, adempimento comunque non avvenuto nel caso di specie.
5. Avverso tale sentenza, che ha dichiarato inammissibile il suo ricorso, ha proposto appello Villa dei Gerani, lamentandone l'erroneità, e ne ha chiesto la riforma.
5.1. Non si è costituita nel presente grado del giudizio l'Azienda appellata.
5.2. Nell'udienza pubblica del 10 marzo 2022 il Collegio, sulle conclusioni come rassegnate dal difensore della ricorrente, ha trattenuto la causa in decisione.
5.3. L'appello è infondato.
6. In punto di giurisdizione, ad avviso dell'appellante, il Tribunale avrebbe dovuto ritenere il proprio difetto di giurisdizione in quanto il petitum sostanziale della causa è la determinazione pecuniaria delle prestazioni fornite dalla casa di cura, in base al regime dell'accreditamento all'epoca vigente ed alla corretta valutazione dei ricoveri e dei DRG e che in fattispecie non è stata mai posta alcuna questione di interpretazione complessiva o di legittimità del suddetto regime ovvero della congruità del tetto di prestazioni fissato, sicché la controversia doveva essere devoluta al g.o.
6.1. Non può essere revocato in dubbio che, in un caso come questo, il petitum sostanziale è la mera determinazione pecuniaria delle prestazioni fornite dalla casa di cura, in base al regime dell'accreditamento all'epoca vigente come risulta palese dal contenuto del ricorso e della memoria difensiva conclusionale nel corpo della quale è stata ampiamente trattata la materia disquisita e indicati i motivi per i quali la Casa di cura ritiene sussistente il vantato diritto soggettivo alla percezione della remunerazione di cui alla tariffa di ricovero ordinario piuttosto che di ricovero di un giorno (c.d. day hospital).
6.2. La tesi dell'appellante in punto di giurisdizione non può essere accolta, seppure per le ragioni, del tutto specifiche e peculiari della vicenda in esame, che qui seguono.
6.3. Va premesso che questo Collegio non ignora che, sulla complessa questione della giurisdizione in ordine all'appropriatezza delle prestazioni di cui viene chiesta la remunerazione da parte della struttura privata accreditata, sussiste un contrasto, su quale sia il giudice munito di giurisdizione, in seno alla stessa giurisprudenza delle Sezioni unite della Cassazione (v., ad esempio, l'ordinanza della Cass., Sez. un., 20 settembre 2019, n. 23540, che afferma la giurisdizione del giudice amministrativo sul rilievo - v., in particolare, § 2.4 dell'ordinanza citata - che le pretese dell'Amministrazione si collocano successivamente all'esercizio dell'attività di controllo, da parte della Regione, e sono quindi comportamenti riconducibili all'esercizio del potere e, nello stesso senso, anche la giurisprudenza più recente di questa Sezione e, in particolare, C.d.S., Sez. III, 2 dicembre 2020, n. 7646, mentre nel senso opposto, per la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario, è la giurisprudenza maggioritaria delle Sezioni unite e, ancor di recente, Cass., Sez. un., 19 gennaio 2022, n. 1602).
6.4. La lunga e complessa vicenda, oggetto del presente contenzioso, prende le mosse, sul piano processuale, dall'azione proposta dalla casa di cura avanti al Tribunale amministrativo regionale, che con l'ormai risalente sentenza n. 1407 del 2004 ha annullato l'originaria deliberazione commissariale n. 49/C del 28 marzo 2003, quanto alle 1339 prestazioni rese nell'anno 2001.
6.5. Il giudizio di appello contro tale sentenza si è estinto con un decreto di perenzione, emesso da questo Consiglio di Stato.
6.6. Di fronte alla successiva inerzia dell'Azienda che, pur avendo (ri)eseguito i controlli di appropriatezza in ottemperanza del giudicato amministrativo, come si evince dagli allegati alla nota prot. 183/ES/2004, non si è rideterminata espressamente sulla domanda di remunerazione con un atto avente valenza provvedimentale o, quantomeno, una efficacia esterna e, in quanto tale, debitamente portato a conoscenza della casa di cura, Villa dei Gerani ha adìto in via monitoria il giudice ordinario, ma quest'ultimo, accogliendo l'opposizione al decreto ingiuntivo proposta dall'Azienda, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione.
7. L'interessata non ha riproposto il ricorso nel termine assegnatogli dal giudice ordinario, con la sentenza n. 10 del 2017 del Tribunale civile di Catanzaro, non impugnata, e non ha provveduto pertanto alla translatio iudicii ai sensi dell'art. 11, comma 3, c.p.a., ma ha proposto una nuova azione avanti al giudice amministrativo per richiedere il pagamento di quanto asseritamente dovutole, deducendo tuttavia soltanto in sede di appello il difetto di giurisdizione in capo al giudice amministrativo.
7.1. Va qui ricordato, anzitutto, che il giudice amministrativo non può sollevare conflitto negativo di giurisdizione, ai sensi dell'art. 11, comma 3, c.p.a., se la causa non è stata innanzi a lui tempestivamente riassunta e, in tal caso, egli, investito della stessa domanda, deve statuire sulla giurisdizione, non ostandovi la precedente declinatoria ad opera di altro giudice, poiché il decorso del termine di riassunzione esclude che il nuovo giudizio possa considerarsi prosecuzione dell'altro (v., su questo punto, Cass., Sez. un., 10 marzo 2014, n. 5493 e, tra le più recenti, Cass., Sez. un., 7 giugno 2021, n. 17329).
7.2. Ora, pur dovendo questo Collegio pronunciarsi sul difetto di giurisdizione, eccepito dall'appellante, e pur dovendo dare atto, come si è premesso (v., supra, § 6.3), di un orientamento non univoco, da parte della Suprema Corte, in ordine alla spendita o meno di poteri autoritativi in rapporto ai controlli di appropriatezza e, conseguentemente, sulla sussistenza o meno della giurisdizione amministrativa in questa materia, si deve qui affermare la giurisdizione del giudice amministrativo sulla scorta di un duplice rilievo, attinente sia alla condotta processuale dell'appellante che, soprattutto, alla portata del giudicato amministrativo di cui alla più volte richiamata sentenza n. 1407 del 2004.
7.3. Anzitutto l'eccezione di difetto di giurisdizione, infatti, nel caso di specie viola in modo evidente il principio del venire contra factum proprium, in quanto è stata la stessa Villa dei Gerani ad adire il giudice amministrativo, nel primo grado del presente giudizio, senza sollevare alcuna questione in ordine alla carenza di giurisdizione.
7.4. Solo a fronte della dichiarata inammissibilità della domanda da parte del primo giudice, stante il mancato esercizio del potere di controllo da parte dell'Azienda con un atto avente portata lesiva, Villa dei Gerani eccepisce ora il difetto di giurisdizione in capo al giudice amministrativo, ma si tratta di una autoeccezione che, per l'orientamento ormai consolidato di questo Consiglio (ma sul punto, comunque, la fondamentale pronuncia di C.d.S., Ad. plen., 29 novembre 2021, n. 19), non è ammissibile, almeno con riferimento alla presente vicenda, perché è stata la stessa Villa dei Gerani ad adire il giudice amministrativo, a distanza di anni, non solo dopo che era intervenuta la sentenza declinatoria della giurisdizione da parte del giudice ordinario sulla medesima azione di condanna qui proposta, ma anche dopo l'originaria domanda di annullamento proposta dalla stessa casa di cura e accolta dal giudice amministrativo nel lontano 2004, con l'efficacia di giudicato, di cui ora si dirà.
7.5. Costituisce un palese abuso del processo riproporre ora, in questa sede e solo in appello, un'eccezione, relativa al difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, quando la parte avrebbe potuto impugnare, a suo tempo, la sentenza declinatoria della giurisdizione da parte del giudice ordinario anziché adire il giudice amministrativo al solo dichiarato fine, peraltro solo ora in sede di appello a fronte della declaratoria di inammissibilità del ricorso in primo grado, di eccepire paradossalmente - secundum eventum litis - il difetto di giurisdizione in capo a questo.
7.6. L'Adunanza plenaria, nella citata sentenza n. 19 del 2021, ha confermato l'orientamento secondo cui l'eccezione relativa al difetto di giurisdizione da parte del ricorrente che tale giurisdizione ha adìto è inammissibile, come affermato in modo ormai incontrastato sia dalla giurisprudenza amministrativa (tra le altre: Sez. II, 18 giugno 2021, n. 4740, 6 maggio 2021, n. 3543, 8 marzo 2021, n. 1909, 24 dicembre 2020, n. 8330, 2 dicembre 2020, n. 7628, 20 dicembre 2019, n. 8630, 14 novembre 2019, n. 7811, 31 maggio 2019, n. 3654; Sez. III, 17 maggio 2021, n. 3822, 31 maggio 2018, n. 3272, 1° dicembre 2016, n. 5047, 26 ottobre 2016, n. 4501, 13 aprile 2015, n. 1855, 7 aprile 2014, n. 1630; Sez. IV, 24 luglio 2019, n. 5231, 22 maggio 2017, n. 2367, 21 dicembre 2013, n. 5403; Sez. V, 15 marzo 2021, n. 2164, 7 gennaio 2020, n. 75, 6 dicembre 2019, n. 8345, 19 settembre 2019, n. 6247, 28 maggio 2019, n. 3500, 13 agosto 2018, n. 4934, 27 marzo 2015, n. 1605, 7 febbraio 2012, n. 656; Sez. VI, 5 gennaio 2021, n. 151, 8 aprile 2015, n. 1778, 8 febbraio 2013, n. 703) sia dalla Corte di cassazione (Cass., Sez. un., 20 ottobre 2016, n. 21260; seguita poi dalle sentenze 19 gennaio 2017, n. 1907, 25 maggio 2018, n. 13192, e 24 settembre 2018, n. 22439).
7.7. In particolare, tale inammissibilità si fonda, anzitutto, sulla tesi dell'abuso del processo e della violazione del dovere di cooperazione per la ragionevole durata del processo, sancita dall'art. 2, comma 2, c.p.a., tratta dall'ondivago e strumentale comportamento del ricorrente consistente nel contestare in appello la giurisdizione da lui stesso adita dopo l'esito sfavorevole del giudizio di primo grado e, dunque, secundum eventum litis.
7.8. La Corte di cassazione, nei suoi più recenti arresti, ha poi sottolineato il profilo di inammissibilità per difetto del requisito della soccombenza in primo grado sulla questione di giurisdizione, implicitamente risolta a favore dello stesso ricorrente, con la conseguente assenza di un interesse ad appellare il capo autonomo di decisione concernente la questione pregiudiziale.
7.9. L'evoluzione giurisprudenziale richiamata dall'Adunanza plenaria, del resto, ha trovato il suo coronamento nell'ordinanza n. 4 del 28 luglio 2017 della stessa Adunanza, la quale ha enunciato il seguente principio di diritto, secondo cui «la parte risultata vittoriosa di fronte al tribunale amministrativo sul capo di domanda relativo alla giurisdizione non è legittimata a contestare in appello la giurisdizione del giudice amministrativo».
8. È dunque evidente l'abusività e, con essa, l'inammissibilità dell'eccezione in esame, in base a quanto ha anche ribadito l'Adunanza in punto di giurisdizione.
9. Ma, anche prescindendo da questo profilo di inammissibilità e avendo riguardo, doverosamente, agli effetti del giudicato amministrativo, l'affermazione della giurisdizione amministrativa in questa controversia costituisce il portato del giudicato sostanziale con esso cristallizzatosi e non può questo Collegio non concordare con il primo giudice, pertanto, quando ha rimarcato la mancanza, dopo tale giudicato, di una statuizione amministrativa di riconoscimento dell'appropriatezza delle 1339 prestazioni in regime tariffario di ricovero ordinario, che postula l'esercizio di una potestà valutativa ascrivibile alla resistente p.a., in assenza della quale non può ritenersi integrato il requisito della spettanza del bene della vita ed il conseguente diritto dell'esponente - di cui si chiede l'accertamento in questa sede - ad ottenere la condanna del soggetto pubblico al pagamento della somma richiesta.
9.1. L'assenza di questa valutazione non esternata in un atto efficace nei confronti dell'appellante, ad oggi, comporta che ad oggi il giudice amministrativo non possa pronunciarsi sulla domanda, azionata dalla stessa appellante nella presente sede, dacché, si deve ricordarlo, il giudicato amministrativo - la sentenza n. 1407 dell'ormai lontano 2004, più volte ricordata - aveva ritenuto indecifrabili le ragioni per le quali l'Amministrazione aveva considerato inappropriate le prestazioni di ricovero ordinario, remunerate secondo le tariffe previste per il day hospital, e aveva aggiunto che la radicale carenza giustificativa del provvedimento impugnato, e poi annullato dallo stesso giudice, era tale da attribuire alla richiesta di consulenza tecnica, formulata in giudizio dalla ricorrente, una valenza integralmente e originariamente sostitutiva «delle valutazioni rimesse, in prima battuta, all'intimata amministrazione, finendo con lo snaturarne il ruolo di strumento di controllo della attendibilità dei procedimenti esplicativi che essa ha il dovere di condurre».
9.2. Egualmente il giudice ordinario nella sentenza n. 10 del 2017, allorché ha declinato la propria giurisdizione con statuizione, si badi, rimasta inoppugnata dall'odierna appellante, ha anche esso osservato, come ricorda la sentenza qui impugnata, che «non è possibile ritenere che la controversia qui in esame attenga semplicemente al riconoscimento di un diritto soggettivo senza il necessario e prodromico esercizio di una potestà pubblica», proprio fondandosi sul contenuto conformativo essenziale, inerente al giudicato formatosi con la sentenza n. 1407 del 2004.
9.3. Non potrebbe dunque il giudice amministrativo, senza violare il giudicato amministrativo formatosi espressamente sul punto con la sentenza n. 1407 del 2004 che ha espressamente demandato all'Azienda di rideterminarsi espressamente sul punto, con, così si legge testualmente nella sentenza, «delle valutazioni rimesse, in prima battuta, all'intimata amministrazione», statuire sulla remunerabilità delle prestazioni senza che sia stato preventivamente adottato un atto che, finalmente, deliberi in ordine alla remunerabilità o meno delle contestate prestazioni di ricovero in regime ordinario da parte dell'Azienda, atto che, sino ad oggi, è invero mancato, non potendosi annettere valenza provvedimentale e, comunque, efficacia esterna alla nota prot. n. 183/ES/2004, con tutti i relativi allegati, la quale è e resta un atto meramente interno, contenente la verifica eseguita dall'Ufficio di Epidemiologia e Statistica e inviato al Direttore dell'Azienda, non seguito da alcun provvedimento formale nei confronti dell'odierna appellante.
9.4. A fortiori, mancando ancora ad oggi tale rideterminazione, non potrebbe mai ora il giudice amministrativo, vincolato dal giudicato amministrativo implicito formatosi sul punto, negare giammai la propria giurisdizione a fronte della necessità, ben evidenziata dalla sentenza n. 1407 del 2004, della rinnovata spendita del potere valutativo in ordine all'appropriatezza o meno delle prestazioni, in sede di controllo, da parte dell'autorità amministrativa dopo l'annullamento per difetto di motivazione.
9.5. Tale rivalutazione dell'appropriatezza delle prestazioni, come ha ricordato l'Azienda nella memoria depositata in primo grado (p. 5), non è stata formalizzata con un nuovo atto deliberativo in quanto, nel frattempo, l'odierna appellante aveva proposto appello contro la sentenza n. 1407 del 6 giugno 2004, giudizio nel quale l'Azienda non si era costituita per un difetto di notifica, e tale giudizio è stato poi dichiarato estinto per perenzione da questo Consiglio di Stato.
9.6. Competerà dunque all'Azienda pronunciarsi con un provvedimento espresso sulla remunerabilità delle prestazioni, senza che questo giudice amministrativo, come del resto aveva già chiarito il Tribunale nella citata sentenza n. 1407 del 2004, possa sostituirsi al potere dell'amministrazione, sinora non esercitato, per il divieto espresso di cui all'art. 34, comma 2, c.p.a. e non essendo stata proposta nel presente giudizio dalla struttura sanitaria, nemmeno implicitamente, un'azione contro il silenzio della pubblica amministrazione in ordine all'istanza.
10. Le ulteriori censure proposte dall'appellante, alle pp. 10-16 del ricorso, in ordine alla remunerabilità delle prestazioni, per le ragioni espresse, sono pertanto inammissibili e premature perché anticipano, e per così dire prevengono invertendo il naturale ordine tra procedimento e processo, una valutazione definitiva sul piano amministrativo, che ad oggi manca.
11. In conclusione, per quanto esposto, l'appello deve essere respinto, con la conseguente conferma della sentenza impugnata, che ha correttamente dichiarato inammissibile il ricorso.
12. Non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente grado del giudizio, non essendosi costituita l'Azienda ritualmente intimata nel presente grado del giudizio.
12.1. Rimane definitivamente a carico dell'appellante, per la soccombenza, il contributo unificato richiesto per la proposizione del gravame.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, proposto da Villa dei Gerani Gestione s.r.l., lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata.
Nulla sulle spese del grado.
Pone definitivamente a carico di Villa dei Gerani Gestione s.r.l. il contributo unificato richiesto per la proposizione dell'appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.