Corte di cassazione
Sezione V civile (tributaria)
Ordinanza 26 aprile 2022, n. 13011
Presidente: Chindemi - Relatore: Billi
RITENUTO CHE
- la controversia ha ad oggetto un avviso di liquidazione prot. n. 153407/2009 con cui l'Agenzia delle entrate ha proceduto al recupero di un'imposta suppletiva dell'importo complessivo di euro 7.596.497,76, di cui 5.529.255 a titolo di imposta di registro, euro 2.067.231 a titolo di imposte ipotecarie e catastali, euro 11,76 per spese di notifica; sottoposto a tassazione era un atto di concessione demaniale, assentito in data 27 novembre 2006, dall'Autorità Portuale di Genova (ora Autorità di sistema portuale del mar ligure occidentale) alla Porto Antico di Genova s.p.a.;
- la concessione aveva ad oggetto l'occupazione e l'uso di aree per mq 31.000 e di specchi acquei per mq 11.700 per la realizzazione e la gestione di un centro polifunzionale e la costruzione di un terminal crociere a cura e spese della società; le aree, tuttavia, risultavano occupate e venivano consegnate nello stato di fatto e di diritto in cui si trovavano, per cui l'autorità portuale si impegnava alla liberazione integrale delle aree entro il 28 febbraio del 2008; l'accordo prevedeva, altresì, che, ove le aree non fossero state integralmente liberate entro la data convenuta, la concessione sarebbe stata automaticamente prorogata per il periodo pari a quello intercorso tra la data convenuta e quella dell'effettiva integrale liberazione;
- l'efficacia della concessione è stata sospesa dal 1° gennaio 2007 fino al 28 febbraio 2008, avendo in quel periodo l'Autorità portuale rilasciato concessioni agli originari occupanti, ed ha ripreso effetto con decorrenza 1° marzo 2008;
- con l'avviso di liquidazione oggetto del presente giudizio l'Agenzia ha parzialmente riqualificato gli effetti giuridici dell'atto, ritenendo che per le aree demaniali fosse stato costituito un diritto di superficie, mentre la concessione avrebbe dovuto essere riferita ai soli specchi d'acqua; così, per le prime, ha applicato le aliquote dell'8 e del 3 per cento sulla base imponibile individuata nell'ammontare dei canoni di concessione dovuti per l'intera durata della stessa (art. 1, comma 1, della Tariffa, Parte I, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, artt. 10, comma 1, del d.lgs. n. 347 del 1990 e I della Tariffa allegata a quest'ultimo); per gli specchi acquei, invece, qualificando il rapporto in termini di concessione demaniale, ha applicato l'aliquota del 2% della base imponibile rappresentata dall'ammontare dei canoni di concessione per l'intera durata della stessa (art. 45 del d.P.R. n. 131 citato e dell'art. 5, comma 2, della Tariffa, Parte I, allegata al medesimo decreto);
- la Commissione tributaria provinciale di Genova, su impugnazioni proposte dalla Porto Antico di Genova s.p.a. e dall'Autorità Portuale di Genova (ora Autorità di sistema portuale del mar ligure occidentale) ha confermato la legittimità della liquidazione dell'imposta in misura proporzionale con riguardo agli specchi d'acqua, mentre per le aree demaniali ha ritenuto che non sussistesse il presupposto per la liquidazione dell'imposta, in quanto l'atto di concessione era sottoposto a condizione sospensiva;
- in parziale accoglimento dell'appello proposto dall'Agenzia delle entrate, la C.T.R. della Liguria ha disposto la riduzione della liquidazione contenuta nell'avviso impugnato alle sole aree degli specchi d'acqua e delle aree a terra consegnate con i verbali nn. 6 e 11 del 2007 sulla base delle seguenti ragioni: il regime di tassazione degli atti sottoposti a condizione sospensiva è regolato dall'art. 27 del d.P.R. n. 131 del 1986, il quale, tra l'altro, prevede che, qualora l'atto sia sottoposto solo parzialmente alla condizione sospensiva, l'imposta di registro deve essere applicata in misura proporzionale per la parte di contratto immediatamente efficace; nel caso di specie la sospensione del diritto opera solo con riguardo ai beni dedotti in concessione che non siano stati consegnati ancora alla Porto Antico s.p.a.; risultando immediatamente fruita l'area degli specchi d'acqua e consegnate solo le aree di terra di cui ai verbali di consegna sopra menzionati, su tali aree è dovuta la tassazione in misura proporzionale prendendo come base imponibile il canone annuo della concessione moltiplicato per la durata della stessa;
- avverso la sentenza ricorre Porto Antico s.p.a. proponendo due motivi di impugnazione, depositando altresì memoria, mentre si costituisce con controricorso l'Autorità di sistema portuale del mar ligure occidentale, già Autorità Portuale di Genova;
- ricorre, inoltre, con separato ricorso l'Autorità di sistema portuale del mar ligure occidentale, già Autorità Portuale di Genova, con un unico motivo di impugnazione del tutto identico al secondo motivo proposto dalla Porto Antico di Genova s.p.a. e depositando anche memoria;
- il Sostituto Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte nel fascicolo R.G.N. 36075/2018, chiedendo l'accoglimento del secondo motivo di ricorso.
CONSIDERATO CHE
1. I ricorsi devono essere riuniti atteso che entrambi impugnano la medesima sentenza.
Con il primo motivo di ricorso la Porto Antico di Genova s.p.a. lamenta, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., nonché dell'art. 27 del d.P.R. n. 131 del 1986 c.p.c. per avere la sentenza impugnata confermato la liquidazione delle imposte in misura proporzionale con riguardo ai beni già consegnati alla stessa contribuente.
Il quesito posto dal motivo in esame è se la condizione dedotta nell'atto di concessione possa considerarsi avverata in tempi diversi, prendendo in considerazione le aree oggetto della concessione in modo autonomo e distinto, ritenendo, pertanto, questa immediatamente efficace rispetto alle aree consegnate con conseguente loro tassazione in misura proporzionale.
La Porto Antico di Genova s.p.a. ravvisa la violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, in quanto la sentenza impugnata non avrebbe preso in considerazione la comune intenzione delle parti, a suo avviso chiaramente evincibile dal contenuto dell'atto, secondo cui l'efficacia della concessione sarebbe stata subordinata all'avvenuta integrale liberazione delle aree.
2. Il motivo è infondato.
Va ricordato che il contratto sottoposto a condizione sospensiva, ai sensi dell'art. 1353 c.c., acquista efficacia con il verificarsi dell'evento futuro ed incerto previsto come condizionante.
L'art. 1360 c.c. si occupa della decorrenza di detta efficacia, stabilendo, in via generale, la sua retroazione a partire dalla conclusione del contratto, salvi i casi in cui la volontà delle parti o la natura del rapporto richiedano di riportarla ad un momento diverso.
La disciplina codicistica distingue, quindi, il fatto generatore degli effetti del contratto sospensivamente condizionato, rappresentato dal verificarsi della condizione, e la datazione degli effetti medesimi, da farsi risalire ad un tempo anteriore, normalmente coincidente con quello della nascita del rapporto negoziale.
In tema di contratto sottoposto a condizione sospensiva nel sistema tributario e con riferimento all'imposta di registro, le nozioni civilistiche vanno valutate alla luce delle specifiche disposizioni contenute nel t.u. dell'imposta di registro approvato con il d.P.R. n. 131 del [1]986. In proposito, ha affermato la Corte, l'art. 43, comma 1, lett. a), del citato d.P.R., "stabilendo che la base imponibile, nel contratto traslativo o costitutivo di diritti reali soggetto a condizione sospensiva, è segnata dal valore del bene alla data in cui si producono i relativi effetti, va inteso riferito al tempo del verificarsi della condizione. A tale interpretazione induce l'elemento testuale, in linea con la terminologia del codice civile, in quanto gli effetti traslativi o costitutivi sono prodotti non dalla stipulazione del contratto condizionale, destinato a rimanere inoperante senza l'avveramento dell'evento futuro, ma dall'accadimento di questo; la retroattività degli effetti stessi, una volta prodottisi, non implica mutamento del fatto generatore. L'esplicito richiamo del momento produttivo degli effetti non può ritenersi improprio o atecnico, allo scopo di abbracciare le varie date cui la condizione può retroagire" (Sez. 5, n. 24514 del 2 dicembre 2015, Rv. 637508-01).
Ai fini dell'applicazione delle imposte di cui è causa occorre avere, dunque, riguardo all'efficacia dell'atto, come è stata in concreto disciplinata dalle parti.
3. La prima questione da risolvere nella presente fattispecie, ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro, ipotecaria e catastale, è se per un atto di concessione di beni demaniali, avente ad oggetto una pluralità di beni immobili occupati da terzi, sottoposto alla condizione sospensiva della loro liberazione, possa ritenersi verificato il presupposto per l'applicazione dell'imposta per i singoli beni oggetto del negozio a mano a mano che vengono nella disponibilità effettiva del concessionario o se ritenere che le parti abbiano legato l'efficacia del contratto all'integrale liberazione dei beni.
Si ritiene che la sentenza impugnata abbia utilizzato correttamente i canoni ermeneutici di interpretazione del negozio ritenendo che l'atto di concessione fosse sottoposto ad una condizione sospensiva che si è verificata in modo parziale. Coerentemente ha, poi, previsto l'operatività dell'art. 27 del d.P.R. n. 131 del 1986, avendo avuto riguardo al momento in cui l'atto ha spiegato parzialmente la propria efficacia, coincidente, nel caso di specie, con la data dei verbali di consegna delle aree da parte dei terzi occupanti. È da quel momento che deve considerarsi verificato il presupposto per l'applicazione dell'imposta di registro in misura proporzionale.
Secondo, infatti, quanto riportato in ricorso circa il contenuto dell'atto di concessione si osserva che, da un lato, le parti hanno fatto riferimento alla integrale liberazione delle aree come condizione indispensabile ed essenziale alla realizzazione dell'intero progetto (art. 12 della concessione), per altro verso, all'art. 5 è stata subordinata la corresponsione del canone annuo per complessivi euro 228.863,00 all'effettiva disponibilità delle aree oggetto di concessione.
L'ammontare del canone è stato, dunque, concepito dalle parti in proporzione all'effettiva disponibilità delle aree oggetto di concessione e ciò trova conferma nel controricorso proposto dall'Autorità di sistema portuale del mar ligure occidentale dove vengono richiamati documenti a riprova del fatto che il canone è stato effettivamente corrisposto in misura variabile di anno in anno in relazione alle aree via via disponibili.
Da tali rilievi appare più che plausibile che le parti abbiano ipotizzato un frazionamento della condizione e non invece un'inscindibilità dell'evento. Del resto, trattandosi di aree occupate sine titulo da parecchi soggetti è verosimile che le parti abbiano ipotizzato che la liberazione delle aree non potesse avvenire tutta in un unico momento.
Si ritiene, dunque, che, ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro, per i beni oggetto della concessione effettivamente passati nella disponibilità del concessionario, ai sensi dell'art. 27 del d.P.R. n. 131 del 1986, si sia verificato il presupposto per l'applicazione dell'imposta in misura proporzionale, in quanto per essi l'atto ha iniziato a spiegare i propri effetti.
Deve, pertanto, affermarsi che, ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro e di quella ipotecaria e catastale di un atto sottoposto a condizione sospensiva è ben possibile che l'atto inizi a spiegare i propri effetti in modo parziale ove la condizione riguardi più beni; in tal caso, ove le parti abbiano prefigurato un avveramento della condizione in modo progressivo, prendendo in considerazione i singoli beni oggetto del negozio, occorre considerare verificato l'evento, qualora l'avente diritto ne abbia acquistato la materiale disponibilità.
Nella prospettiva dell'imposizione fiscale, infatti, non rileva se nell'esecuzione del negozio ci sia stato un adempimento parziale, in quanto questo rileverà sotto il profilo civilistico, per eventuali azioni risarcitorie che, tuttavia, non interferiscono con l'applicazione della disciplina tributaria. Un conto è, dunque, il verificarsi degli effetti del negozio, i quali avranno rilevanza ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro e catastale, altra cosa è la possibilità di realizzare la causa dello stesso.
Diversamente si verrebbe a creare la situazione per cui, pur verificatosi l'evento per la maggior parte dei beni oggetto di trasferimento, l'atto resterebbe assoggettato all'imposta in misura fissa, restando una parte irrisoria, rispetto all'intero oggetto del negozio, ancora sottoposta a condizione, e ciò in conflitto con il principio dell'ordinamento che l'imposizione tributaria deve essere rapportata e proporzionata alla capacità contributiva.
Nel caso di specie, mentre gli specchi d'acqua sono stati immediatamente fruiti da parte della società contribuente, i beni demaniali sono entrati nella disponibilità della stessa in tempi differenti in relazione alla loro progressiva liberazione da parte degli occupanti. Correttamente, pertanto, la C.T.R. ha ritenuto assoggettati all'imposta proporzionale i singoli beni via via che per ciascuno di essi si verificava la condizione. Può, pertanto, sul punto essere affermato il seguente principio di diritto: ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro e di quella ipotecaria e catastale di un atto sottoposto a condizione sospensiva è ben possibile, ove la condizione riguardi più beni, che l'atto inizi a spiegare i propri effetti in modo parziale, qualora le parti abbiano prefigurato un avveramento della condizione in modo progressivo, prendendo in considerazione i singoli beni oggetto del negozio e l'avente diritto ne abbia acquistato la materiale disponibilità, con conseguente applicazione dell'imposta per questi ultimi in misura proporzionale.
4. Con il secondo motivo di ricorso la stessa contribuente lamenta, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 45 e 5 della Tariffa, Parte I, del d.P.R. n. 131 del 1986, nonché degli artt. 1, comma 1, della citata Tariffa e degli artt. 10, comma 1, e 1 della Tariffa del d.lgs. n. 347 del 1990 che avrebbe determinato un errore nelle modalità di calcolo dell'imposta. L'Agenzia delle entrate, in particolare, avrebbe riqualificato, ai sensi dell'art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, gli effetti giuridici dell'atto di concessione, individuando per alcune aree la costituzione di un diritto di superficie, liquidando le imposte in modo proporzionale, nella misura dell'8% l'imposta di registro e del 3% per le imposte ipotecarie e catastali, sulla base imponibile costituita dall'ammontare dei canoni di concessione dovuti per la durata della stessa.
Ad avviso della contribuente avrebbe, invece, dovuto calcolare per le aree demaniali l'imposta sulla base imponibile costituita dal valore venale del diritto di superficie trasferito. La sentenza impugnata ha qualificato l'intero atto in termini di concessione e, tuttavia, ad avviso della contribuente in modo contraddittorio, individuato la base imponibile nell'ammontare complessivo dei canoni previsti per l'intera durata della concessione. La pronuncia di merito impugnata ha confermato la liquidazione operata dall'Agenzia delle entrate che aveva distinto, all'interno dell'atto, aree su cui era stato costituito un diritto di superficie e aree oggetto di concessione, essa avrebbe, tuttavia, provveduto solo alla riduzione della liquidazione alle aree degli specchi d'acqua e delle aree a terra consegnate dagli occupanti.
Secondo la parte contribuente per gli atti di concessione demaniale l'imposta avrebbe dovuto, invece, essere applicata nella misura del 2% sulla base imponibile data dall'ammontare del canone stabilito per l'intera concessione, mentre per le aree su cui era stato costituito il diritto di superficie l'imposta avrebbe dovuto complessivamente applicarsi nella misura dell'11% sulla base imponibile data dal valore venale in comune commercio dei beni.
5. Il motivo è infondato.
Nel caso di specie si tratta di un atto di concessione con cui l'Autorità portuale ha concesso l'occupazione e l'uso delle aree e degli specchi acquei situati in un compendio demaniale, al fine di consentire alla concessionaria di realizzare e gestire un progetto di recupero delle aree demaniali, anche attraverso gli occorrenti interventi di ricostruzione edilizia per la creazione di un centro polifunzionale (art. 2 della concessione e lett. d) delle premesse della stessa, pag. 4 ricorso della Porto Antico di Genova s.p.a.). Su tutte le aree oggetto di concessione è stato, altresì, attribuito un diritto di superficie per la realizzazione delle opere necessarie alla realizzazione dell'oggetto del negozio.
La costituzione dei diritti di superficie non è avvenuta con un separato atto, ma è contenuta nel corpo stesso dell'atto di concessione. Essa è funzionale e strettamente collegata alle opere oggetto della concessione e si rinviene, pertanto, una connessione assolutamente necessaria tra gli atti di concessione e la costituzione dei diritti di superficie per l'esigenza obiettiva del negozio.
Lo stesso canone annuo della concessione (art. 5) è stato fissato dalle parti in un importo complessivo che include sia la concessione degli specchi d'acqua sia la concessione del diritto di superficie sulle aree demaniali.
6. L'imposta di registro è un'imposta sull'atto che, nel caso di specie, è un atto concessorio di beni demaniali su parte dei quali è stato anche costituito un diritto di superficie. Tali diritti di superficie restano, comunque, nell'ambito del rapporto concessorio e corretta, pertanto, appare la liquidazione delle imposte di registro e ipotecarie e catastali sulla base imponibile costituita dall'ammontare dei canoni di concessione dovuti per la durata della concessione.
Va disattesa l'affermazione della società contribuente secondo cui la motivazione della sentenza impugnata abbia enunciato di determinare la base imponibile in conformità alla regola espressa dall'art. 45 del d.P.R. n. 131 del 1986 e dell'art. 5 della Tariffa, Parte I, del d.P.R. n. 131 del 1986. Dal tenore della motivazione non risulta affatto tale affermazione, ma si evince che è stato ritenuto che l'atto oggetto dell'avviso di liquidazione sia una concessione e in tale quadro ha ritenuto di dovere ricondurre gli ulteriori atti in essa contenuti.
In proposito espressamente è stata rigettata la richiesta delle contribuenti, in sede di appelli incidentali, di rideterminazione della base imponibile in funzione del "valore venale in comune commercio", "in quanto la tassazione degli atti di concessione avviene sulla base del canone annuo moltiplicato per la durata della concessione medesima".
Deve ritenersi, pertanto, che correttamente la sentenza impugnata abbia ritenuto di applicare l'imposta utilizzando la base imponibile costituita dall'ammontare dei canoni di concessione dovuti per la durata della stessa, applicando su tale base le diverse aliquote in relazione ai diversi tipi di atti in essa contenuti (atto di concessione di uso e costituzione di diritti di superficie). Può, pertanto, essere affermato il seguente principio di diritto: ai fini dell'applicazione delle imposte di registro e catastali, in tema di atti concessori di beni demaniali, ove si accerti in base al tenore dell'atto che le parti abbiano costituito, oltre alla concessione d'uso, anche diritti di superficie funzionali alla realizzazione dell'oggetto di concessione, deve essere utilizzata la base imponibile costituita dall'ammontare dei canoni di concessione dovuti per la durata della stessa, applicando su di essa le diverse aliquote in relazione ai diversi tipi di atti in essa contenuti (atto di concessione di uso e costituzione di diritti di superficie).
7. L'unico motivo di ricorso proposto dall'Autorità di sistema portuale del mar ligure occidentale, già Autorità Portuale, è del tutto identico al secondo motivo di impugnazione proposto dalla Porto Antico di Genova. Lo stesso va rigettato per le identiche ragioni di cui ai punti 6 e 7 della presente sentenza.
8. Segue il rigetto dei ricorsi. Le spese del giudizio devono essere compensate, tenuto conto della novità della questione trattata.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi; compensa le spese del giudizio. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato.