Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 13 maggio 2022, n. 3783

Presidente: Pannone - Estensore: Maggio

FATTO E DIRITTO

Con ordinanza 1° febbraio 2012, n. 2, il Comune di Camino ha ingiunto al sig. Daniele B. la demolizione di alcune opere abusivamente realizzate (un porticato e un muro di contenimento a servizio di un'esistente cantina vitivinicola).

In relazione alle dette opere il sig. B. ha, quindi, chiesto la sanatoria, che l'amministrazione comunale ha accordato con permesso di costruire 18 aprile 2017, n. 2, previo accertamento della compatibilità paesaggistica disposto con nota in pari data n. 1017.

Sulla base di tali atti, il Comune di Casale Monferrato ha emesso la determinazione 27 aprile 2017, n. 615, con la quale ha concluso il procedimento unico di cui all'art. 7 del d.P.R. 7 settembre 2010, n. 160, rilasciando il definitivo permesso di costruire in sanatoria.

Ritenendo i menzionati provvedimenti illegittimi, il sig. Franco Ba., proprietario di un'area confinante con quella interessata dai menzionati illeciti edilizi, li ha impugnati con ricorso straordinario al Capo dello Stato. Con decreto in data 23 ottobre 2018, che ha recepito il presupposto parere del Consiglio di Stato, 11 giugno 2018, n. 1522, il ricorso è stato accolto con conseguente annullamento degli atti gravati.

Avverso il citato decreto di accoglimento il sig. B. ha proposto ricorso per revocazione dichiarato inammissibile con decreto in data 18 novembre 2020 su conforme parere del Consiglio di Stato 30 luglio 2020, n. 1381.

Considerato che a seguito dell'accoglimento del ricorso straordinario la già adottata ordinanza di demolizione aveva ripreso efficacia, il sig. Ba. ha diffidato il comune ad adottare i provvedimenti necessari al ripristino dello status quo ante.

Vista l'inerzia dell'ente nel provvedere, il sig. Ba. ha proposto l'odierno ricorso con cui ha chiesto che sia assicurata l'ottemperanza ai menzionati decreti del Capo dello Stato, domandando, per il caso di ulteriore inattività, la nomina di un commissario ad acta.

Ha, inoltre, domandato la condanna dell'amministrazione comunale al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, asseritamente derivanti dalla sua condotta omissiva, nonché la fissazione di una somma di denaro dovuta dalla medesima amministrazione "per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del giudicato", ex art. 114, comma 4, lett. e), del c.p.a.

Per resistere al ricorso si sono costituiti in giudizio il Ministero della cultura, la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Alessandria, Asti e Cuneo e il Comune di Camino.

Con successive memorie ricorrente e comune hanno ulteriormente argomentato le rispettive tesi difensive.

Quest'ultimo, in particolare, ha obiettato di non essere rimasto inerte dopo l'intervenuta decisione del Capo dello Stato, avendo adottato l'ordinanza 18 febbraio 2022, n. 1, con cui ha ingiunto al sig. B. la demolizione delle opere abusive non ancora rimosse.

Alla camera di consiglio del 10 marzo 2022 la causa è passata in decisione.

La domanda volta a ottenere l'esecuzione del giudicato merita accoglimento.

Per consolidato orientamento giurisprudenziale, l'annullamento giurisdizionale del permesso di costruire (anche in sanatoria) rende abusive le opere edilizie realizzate, di talché il comune, stante l'efficacia conformativa del giudicato, è tenuto a darvi esecuzione adottando i provvedimenti consequenziali (C.d.S., Sez. IV, 15 giugno 2016, n. 2631).

Nel caso di specie, a seguito del disposto annullamento giustiziale del titolo edilizio in sanatoria, ha ripreso efficacia l'ordinanza n. 2/2012, mai sospesa, con cui il comune aveva ordinato la demolizione dei manufatti per cui è causa.

Non avendo il sig. B. eseguito il provvedimento ripristinatorio nel prescritto termine di 90 giorni, il comune non avrebbe dovuto reiterare l'ordine di demolizione, ma piuttosto accertare il mancato adempimento di quello precedentemente dato e, quindi, dichiarare l'avvenuta acquisizione delle opere, con la relativa area di sedime, al patrimonio dell'ente, ai sensi dell'art. 31, comma 3, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, per poi decidere, in conformità a quanto previsto dal comma 5 del medesimo art. 31, se procedere, osservate tutte le precauzioni del caso, alla riduzione in pristino, a spese del responsabile dell'abuso, o dichiarare, ove possibile, l'esistenza di prevalenti interessi pubblici al mantenimento dei manufatti abusivi.

L'intimata amministrazione comunale è, quindi, tenuta a dare esecuzione al giudicato secondo quanto più sopra specificato.

Non si ravvisa necessario disporre, allo stato, la reclamata nomina di un commissario ad acta, la quale potrà, comunque, essere richiesta nel caso di ulteriore inadempimento del Comune nell'ottemperare al giudicato.

La domanda concernente la fissazione di una penalità di mora per l'ulteriore ritardo nell'ottemperare può essere respinta in considerazione della complessità della vicenda edilizia per cui è causa, circostanza questa che renderebbe manifestamente iniqua, in questo momento della presente fase, la condanna dell'amministrazione al pagamento di una somma a titolo di astreinte.

Deve ora procedersi all'esame della domanda con cui il ricorrente ha chiesto la condanna dell'amministrazione intimata al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali.

Con riferimento a questi ultimi, la domanda va dichiarata inammissibile per assoluta genericità.

A prescindere da ciò, occorre rilevare che anche tali danni devono essere puntualmente allegati e dimostrati nella loro consistenza, anche attraverso presunzioni, purché plurime, precise e concordanti (C.d.S., Sez. VI, 28 giugno 2019, n. 4454). Sennonché il detto onere probatorio e rimasto, nella specie, del tutto inosservato.

La domanda di risarcimento dei reclamati danni patrimoniali è, invece, infondata.

Ai sensi dell'art. 112, comma 3, del c.p.a. i danni risarcibili nell'ambito del giudizio di ottemperanza sono solo quelli direttamente connessi alla mancata esecuzione del giudicato in forma specifica, ovvero all'impossibilità di eseguirlo (C.d.S., Ad. plen., 12 maggio 2017, n. 2; Sez. VI, 18 maggio 2020, n. 3123; Sez. III, 12 febbraio 2020, n. 1089), dovendo i pregiudizi di natura diversa esser fatti valere nell'ordinaria sede cognitoria.

Nel caso di specie i danni di cui il ricorrente chiede il risarcimento sono derivati, come egli stesso riconosce, dalla realizzazione delle opere abusive e non dall'inerzia nell'eseguire il giudicato, né è stato dimostrato che l'inottemperanza al decreto presidenziale abbia provocato un aggravamento dei danni già prodotti.

In definitiva, il ricorso va accolto, secondo quanto più sopra specificato, limitatamente alla domanda volta a ottenere l'esecuzione del giudicato.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi o eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Sussistono eccezionali ragioni per disporre l'integrale compensazione di spese e onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, secondo quanto specificato in motivazione e, per l'effetto, ordina al Comune di Camino di dare integrale esecuzione alla pronuncia di cui al decreto del Capo dello Stato in data 23 ottobre 2018, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza o dalla sua notificazione a cura della parte più diligente, se precedente.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.