Corte di cassazione
Sezione VII penale
Ordinanza 6 aprile 2022, n. 16788

Presidente: Serrao - Relatore: Pezzella

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Antonietta D. ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale le è stata applicata la pena concordata ai sensi degli artt. 599-bis e 605 c.p.p. deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato proscioglimento ex art. 129 c.p.p. Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.

2. Il ricorso è palesemente inammissibile per una causa che può dichiararsi senza formalità ai sensi dell'art. 610, comma 5-bis, c.p.p., introdotto dall'art. 1, comma 62, della l. 23 giugno 2017, n. 103, a decorrere dal 3 agosto 2017.

Sul punto va peraltro ricordato che, condivisibilmente, di recente questa Corte di legittimità ha ritenuto essere manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 610, comma 5-bis, c.p.p. nella parte che prevede la procedura de plano per la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi proposti avverso le sentenze pronunciate a norma dell'art. 599-bis c.p.p., poiché è ragionevole la scelta del legislatore di semplificare le forme definitorie dell'impugnazione proposta avverso una decisione che accoglie la concorde prospettazione delle parti e perché avverso la decisione di inammissibilità è comunque esperibile il ricorso straordinario previsto dall'art. 625-bis c.p.p. (Sez. 2, n. 40139 del 21 giugno 2018, Canterella ed altro, Rv. 273920).

3. Il proposto ricorso è inammissibile in quanto questa Corte di legittimità ha chiarito che, in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al consenso del Procuratore generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati o alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. (Sez. 2, ord. n. 30990 del 1° giugno 2018, Gueli, Rv. 272969). E in altra condivisibile pronuncia si è ribadito che è inammissibile il ricorso per cessazione relativo a questioni, anche rilevabili d'ufficio, alle quali l'interessato abbia rinunciato in funzione dell'accordo sulla pena in appello, in quanto il potere dispositivo riconosciuto alla parte dal nuovo art. 599-bis c.p.p., introdotto dalla l. 23 giugno 2017, n. 103, non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma ha effetti preclusivi sull'intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all'impugnazione (così Sez. 5, ord. n. 29243 del 4 giugno 2018, Casero, Rv. 273194, che, in applicazione del principio, in un caso analogo a quello che ci occupa, ha ritenuto inammissibile il ricorso relativo alla valutazione sulla sussistenza di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p.).

Costituisce, pertanto, ius receptum che, a seguito della reintroduzione del c.d. patteggiamento in appello ad opera dell'art. 1, comma 56, della l. n. 103 del 2017, il giudice di secondo grado, nell'accogliere la richiesta formulata a norma del nuovo art. 599-bis c.p.p., non deve motivare sul mancato proscioglimento dell'imputato per una delle cause previste dall'art. 129 c.p.p., né sull'insussistenza di circostanze aggravanti in quanto, a causa dell'effetto devolutivo proprio dell'impugnazione, una volta che l'imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (così Sez. 3, n. 30190 dell'8 marzo 2018, Hoxha e altro, Rv. 273755, che, in applicazione del principio, ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza ex art. 599-bis c.p.p., con cui l'imputato deduceva la mancanza di motivazione sulle condizioni di cui all'art. 129 c.p.p. e sulla circostanza aggravante di cui all'art. 80 del d.P.R. n. 309 del 1990).

Tali principi, peraltro, erano stati già affermati anche per la previgente richiesta avanzata a norma dell'art. 599, comma 4, c.p.p. (Sez. 6, n. 35108 dell'8 maggio 2003, Zardini, Rv. 226707; Sez. 2, n. 39663 del 16 giugno 2004, Calabrese ed altri, Rv. 231109; Sez. 1, n. 43721 del 15 novembre 2007, Grillo e altro, Rv. 238686; Sez. 1, n. 15601 del 28 marzo 2008, Caldarelli, Rv. 240146; Sez. 6, n. 40573 del 30 settembre 2008, Gallo ed altro, Rv. 241486; Sez. 1, n. 20967 del 26 febbraio 2009, Anaclerio ed altri, Rv. 243546; Sez. 5, n. 38530 del 3 giugno 2009, B. ed altri, Rv. 245144).

4. A norma dell'art. 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, tenuto conto del coefficiente della colpa stessa (Corte cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000) e della natura del provvedimento impugnato, alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle ammende.

Depositata il 29 aprile 2022.

L. Alibrandi (cur.)

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