Corte di cassazione
Sezione IV civile (lavoro)
Ordinanza 9 giugno 2022, n. 18626

Presidente: Tria - Relatore: Pagetta

Rilevato che:

1. la Corte d'appello di Venezia ha confermato il rigetto della domanda di protezione internazionale umanitaria presentata da Mikola S. e Yulia S., cittadini dell'Ucraina, coniugati fra loro;

2. dal provvedimento impugnato emerge che i coniugi S. si erano allontanati dall'Ucraina giungendo in Italia nel corso dell'anno 2015; dapprima era partito il marito, Mikola, per sottrarsi al servizio di leva; in seguito era stato raggiunto dal figlio e dalla moglie, la cui madre ed il cui fratello erano residenti in Italia;

3. la Corte di merito ha escluso i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato osservando che lo svolgimento del servizio militare obbligatorio non può essere considerato un atto persecutorio dello Stato nei riguardi del cittadino, attesa la finalità di tutela degli interessi nazionali collegata allo svolgimento del servizio militare, e che l'entità della pena prevista nello stato ucraino per l'ipotesi di renitenza alla leva (reclusione fino a tre anni o sanzione pecuniaria) non appariva sproporzionata; ha inoltre evidenziato che, pur non avendo il Tribunale posto in dubbio la credibilità della narrazione, il richiedente, nato nel 1986, aveva ricevuto la chiamata alla leva nel 2015, quando aveva già ventinove anni mentre il servizio militare obbligatorio era stato reintrodotto in Ucraina nell'anno 2014 per i giovani fino a ventisette anni; ha quindi escluso i presupposti per la protezione sussidiaria ai sensi dell'art. 14, lett. a) e b), d.lgs. n. 251/2007, non avendo il richiedente nelle audizioni mai fatto alcun cenno alla situazione generale del suo paese quale fonte di effettivo pericolo per la sua incolumità in caso di rimpatrio, né allegato di essere colpito da condanna a morte o di rischiare la pena capitale, né offerto elementi tali da far presumere che, ove rientrato in patria, lo stesso potesse essere sottoposto a tortura o a trattamenti inumani e degradanti; ha ritenuto insussistente una situazione di violenza generalizzata o di conflitto armato, in assenza di controllo dell'autorità, posto che il conflitto risultava limitato alle zone di Donetsk, Kahansk e Donbass laddove i coniugi S. provenivano da località distanti circa 700/800 km da tali luoghi; non sussistevano, infine, i presupposti per la protezione umanitaria configurandosi quale ostacolo insuperabile al relativo riconoscimento la circostanza che entrambi gli appellanti avevano programmato l'arrivo in Italia legittimamente raggiunta attraverso un consolato europeo;

4. per la cassazione della decisione hanno proposto ricorso i ricorrenti sulla base di cinque motivi; il Ministero dell'interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all'udienza di discussione ai sensi dell'art. 370, primo comma, ultimo alinea, c.p.c., cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

Considerato che:

5. con il primo motivo di ricorso si deduce omesso esame di un fatto controverso e decisivo oggetto di discussione fra le parti;

6. con il secondo motivo si deduce violazione ed errata applicazione degli artt. 7, 10 e 14 d.lgs. n. 251/2007;

7. con il terzo motivo si deduce apparenza e nullità di motivazione con riguardo alla domanda di protezione internazionale ex artt. 7, 10 e 14 d.lgs. n. 251/2007;

8. i motivi, illustrati congiuntamente, censurano la sentenza impugnata per avere negato, pur a fronte di un obbligo penalmente sanzionato, il cui assolvimento implicava la partecipazione ad un conflitto armato nell'ambito del quale si erano consumate gravissime violazioni dei diritti umani, il diritto allo status di rifugiato, escludendo il profilo della persecuzione in relazione al legittimo esercizio del diritto all'obiezione di coscienza;

9. con il quarto motivo di ricorso si censura il mancato accoglimento della domanda di protezione umanitaria con riguardo al profilo di vulnerabilità connesso all'esercizio dell'obiezione di coscienza;

10. con il quinto motivo si deduce apparenza di motivazione in relazione alle ragioni del rigetto della domanda di protezione umanitaria, fondate sul fatto [che] entrambi gli appellanti avevano programmato l'arrivo in Italia raggiunta attraverso un consolato europeo;

11. il ricorso è fondato nei termini di cui in prosieguo, dovendosi considerare separatamente, al fine della graduazione della protezione internazionale, la posizione di Mikola S. rispetto a quella della moglie, Yulia S.;

12. quanto al Mikola S. occorre premettere che la sentenza impugnata ha dato atto espressamente che il giudice di prime cure non aveva posto in dubbio la credibilità della narrazione e tale valutazione, espressa in termini globali in relazione all'intero racconto del richiedente, si riflette anche sulla necessità di specifica considerazione delle ragioni connesse all'obiezione di coscienza, dichiarate alla base dell'allontanamento dal Paese di origine;

12.1. al riguardo la giurisprudenza della S.C. ha chiarito che in tema di protezione internazionale, deve essere riconosciuto lo status di rifugiato politico all'obiettore di coscienza che rifiuti di prestare il servizio militare nello Stato di origine, ove l'arruolamento comporti il rischio di un coinvolgimento, anche indiretto, in un conflitto caratterizzato anche solo dall'alto rischio di commissione di crimini di guerra e contro l'umanità, costituendo la sanzione penale prevista dall'ordinamento straniero per detto rifiuto atto di persecuzione ai sensi dell'art. 7, comma 2, lett. e), del d.lgs. n. 251 del 2007 e dell'art. 9, par. 2, lett. e), della direttiva n. 2004/83/CE come interpretato da C.G.U.E., 26 febbraio 2015 (causa C-472/13, Shepherd c. Germania), che estende la tutela anche al personale militare logistico e di sostegno (Cass. n. 13461/2021, Cass. n. 102/2021, Cass. n. 30031/2019);

12.2. in applicazione dei principi richiamati, nella verifica dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale, ritiene il Collegio che la relativa valutazione non possa prescindere dalla considerazione della attuale, notoria, esistenza di un conflitto armato internazionale, che interessa l'intero territorio ucraino, in relazione al quale deve ritenersi altrettanto notoria e comunque plausibile la connotazione di tale conflitto in termini di elevato rischio di commissione di crimini di guerra e contro l'umanità;

12.3. in tale contesto, la previsione di una sanzione penale per l'ipotesi di renitenza alla leva si configura, a prescindere da qualsiasi considerazione circa la proporzionalità della pena (v. sul punto Cass. n. 102/2021), un atto di persecuzione ai sensi dell'art. 7, comma 2, lett. e), del d.lgs. n. 251 del 2007 e dell'art. 9, par. 2, lett. e), della direttiva n. 2004/83/CE, in quanto tale giustificativo del riconoscimento della protezione maggiore (status di rifugiato);

13. quanto alla posizione di Yulia S., l'attuale conflitto armato internazionale, che interessa l'intero territorio ucraino, con diffuso coinvolgimento di civili ed alla base di fenomeni di "sfollamento" di grandi dimensioni, giustifica il diretto riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi dell'art. 14, lett. c), d.lgs. n. 251/2007;

14. per le suindicate ragioni la sentenza impugnata deve essere cassata e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito nei termini indicati in dispositivo;

15. è confermato il regolamento delle spese di lite del giudizio di merito in considerazione del verificarsi solo nel corso del giudizio di legittimità dei presupposti alla base del riconoscimento della protezione in favore di entrambi i ricorrenti;

16. le spese del presente grado sono liquidate secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie la domanda di Mikola S. volta ad ottenere lo status di rifugiato nonché quella di Yulia S. volta ad ottenere la protezione sussidiaria. Conferma le spese dei due gradi di merito condannando il Ministero dell'interno alla rifusione delle spese del grado di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie al 15% e accessori di legge.