Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
Sezione III
Sentenza 4 luglio 2022, n. 2177

Presidente ed Estensore: Passarelli Di Napoli

Premesso che nella fattispecie ricorrono i presupposti di cui all'art. 60 e all'art. 74 d.lgs. 104/2010; accertata l'integrità del contraddittorio e ritenuto che l'istruttoria è completa; dato alle parti l'avviso circa la possibile definizione del ricorso nel merito ai sensi dell'art. 60 c.p.a.

Rilevato che la parte ricorrente premetteva che, con deliberazione del Consiglio comunale di Palermo del 5 novembre 2015, l'Amministrazione odierna resistente approvava il "Regolamento sullo sviluppo sostenibile ai fini della convivenza tra le funzioni residenziali e le attività di esercizio pubblico e svago nelle aree private, pubbliche e demaniali";

- che, in particolare, come si evince dall'art. 6 del summenzionato regolamento, il Comune di Palermo intendeva vietare l'attività di intrattenimento musicale all'esterno dei locali fino alle ore 24 dei giorni feriali e fino alle ore 01,00 nei giorni di venerdì, sabato e prefestivi;

- che, come emerge dai commi 3 e 5 del su richiamato art. 6 del regolamento in questione, l'Amministrazione disponeva altresì che "dopo tali orari ogni attività musicale potrà avvenire solo all'interno del pubblico esercizio, senza emissione esterne e quindi a porte e finestre chiuse, comunque siano intese" (art. 6, comma 3);

- che, "in ogni caso, altresì, l'attività musicale svolta all'interno del pubblico esercizio o del locale di pubblico spettacolo con impianti elettroacustici di amplificazione e diffusione sonora, comunque intesi, ancorché conformi alla normativa, in nessun modo può avere proiezioni acustiche all'esterno";

- che, con successiva ordinanza sindacale nn. 328/OS del 1° febbraio 2016, l'Amministrazione resistente estendeva l'applicazione dell'art. 3, comma 17, della l. n. 94 del 15 luglio 2009, norma che prevede la sanzione della chiusura del locale per un periodo non inferiore a cinque giorni, alle violazioni del divieto di porre in essere i comportamenti gravemente lesivi del decoro cittadino, che arrecano pregiudizio all'igiene e alla sicurezza urbana, di cui al "Regolamento sullo sviluppo sostenibile ai fini della convivenza tra le funzioni residenziali e le attività di esercizio pubblico e svago nelle aree private, pubbliche e demaniali";

- che tale ordinanza inoltre precisava che "ai fini di cui al Regolamento su citato, rientrano tra i comportamenti gravemente lesivi del decoro cittadino anche le violazioni alle disposizioni di cui all'art. 6 dello stesso regolamento";

- di aver, la sera del 26 marzo 2022, organizzato il proprio intrattenimento musicale, ponendo musica in filo diffusione con impianto posto all'interno del proprio locale;

- che il Comando di Polizia municipale di Palermo contestava alla società odierna ricorrente la violazione dell'art. 6, comma 3, del d.C.c. 435/2015 che, come sopra riportato, recita testualmente: "dopo tali orari ogni attività musicale potrà avvenire solo all'interno del pubblico esercizio, senza emissione esterne e quindi a porte e finestre chiuse, comunque siano intese".

Rilevato che, pertanto, la parte ricorrente impugnava tali provvedimenti, ritenendoli illegittimi per i seguenti motivi: 1) violazione dell'art. 6, comma 2, del regolamento, ai sensi del quale la diffusione sonora esterna è vietata dalle ore 24.00; il sopralluogo è stato invece effettuato alle 22.30; come si evince dal verbale di sequestro, non risulta essere stata effettuata alcuna misurazione del livello dei decibel, e nella zona in questione il livello massimo dei decibel era 50; 2) violazione dell'art. 3, commi 16 e 17, della l. 94/2009, atteso che la sanzione può essere applicata per altri tipi di illeciti; 3) violazione del principio di proporzionalità.

Ritenuto preliminarmente che il giudizio può essere definito con sentenza in forma semplificata ai sensi dell'art. 60 c.p.a. e adottata in esito alla camera di consiglio per la trattazione delle istanze cautelari, sussistendone tutti i presupposti; possibilità, questa, espressamente indicata alle parti dal Presidente del Collegio, in occasione della predetta udienza, e non impedita dal deposito della dichiarazione di rinunzia alla misura cautelare;

- che, sul punto, va richiamato l'orientamento della giurisprudenza, che si condivide, secondo cui sussistono i presupposti per la definizione del giudizio con sentenza ai sensi dell'art. 60 c.p.a. anche nelle ipotesi in cui il difensore di parte ricorrente abbia dichiarato di rinunciare all'istanza cautelare o - come nel caso in esame - abbia chiesto un rinvio al merito, atteso che «... uniche cause ostative a tale definizione sono quelle, non sussistenti nel caso di specie, enunciate dalla disposizione del codice del processo ora citata, e cioè il difetto del contraddittorio e la non completezza dell'istruttoria, che spetta al collegio decidente apprezzare, nonché la dichiarazione della parte circa la volontà di "proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza, ovvero regolamento di giurisdizione"...» (cfr. C.d.S., Sez. V, 28 luglio 2015, n. 3718; più di recente, C.d.S., Sez. III, 20 ottobre 2021, n. 7045; nonché la giurisprudenza di questa Sezione, sent. n. 2165/2018);

- che, come rilevato anche dalla giurisprudenza di primo grado «secondo l'ormai consolidata interpretazione della giurisprudenza (T.A.R. Veneto, Sez. III, 23 luglio 2018, n. 799), cui la Sezione ritiene di aderire, "La rinuncia all'istanza cautelare non è prevista dall'art. 60 c.p.a. quale causa ostativa alla definizione del giudizio con sentenza immediata e, pertanto, non preclude la definizione del giudizio con tale tecnica decisoria: la possibilità che il G.A. chiuda il processo con sentenza immediata presuppone, a ben vedere, solo la proposizione dell'istanza cautelare, ma non anche la permanenza dell'interesse della parte (o delle parti) alla decisione di tale domanda;

- che la tassatività dei motivi ostativi, individuati dall'art. 60 c.p.a., alla definizione del merito della causa ("uniche cause ostative a tale definizione", secondo C.d.S. 3718/2015), comporta che i difensori delle parti devono essere consapevoli che nella camera di consiglio che era stata fissata (e che dunque ormai sarà celebrata) per la decisione dell'istanza cautelare questa non sarà vagliata, perché rinunciata, ferma restando la possibilità che il Collegio decida invece, nel merito, la controversia"; inoltre "alla luce dei generali principi di economia processuale e ragionevole durata del processo che presiedono all'istituto di cui all'art. 60 c.p.a., tenuto altresì conto del principio di continenza secondo cui il più (sentenza che definisce il giudizio) contiene il meno (ordinanza cautelare che detta una regolamentazione provvisoria degli interessi in gioco in attesa della sentenza) deve ritenersi che il Collegio, investito della domanda cautelare, laddove ritenga la causa matura per la decisione e non sussistano cause ostative (necessità di proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale, etc.), possa definire la causa nel merito ex art. 60 c.p.a., ancorché l'interessato abbia rinunciato all'istanza cautelare" (in termini già T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 13 gennaio 2012, n. 178)...» (cfr. T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 29 settembre 2018, n. 586);

- che il ricorso va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, atteso che - come riconosciuto dalla stessa parte ricorrente nella memoria depositata in data 29 giugno 2022 - il provvedimento impugnato ha ormai esaurito i propri effetti, essendo scaduto il periodo di chiusura del locale; e che non è stata proposta anche una domanda risarcitoria;

- che, attesa la mancata costituzione in giudizio dell'Amministrazione, non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Terza Sezione, definitivamente pronunciando, disattesa e respinta ogni diversa istanza, domanda, deduzione ed eccezione, così provvede:

1. dichiara improcedibile il ricorso n. 1005 dell'anno 2022 per sopravvenuta carenza di interesse;

2. nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.