Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana
Sentenza 4 ottobre 2022, n. 1000

Presidente: De Nictolis - Estensore: Caleca

FATTO E DIRITTO

1. Il giudice di prime cure ha così ricostruito la vicenda ora all'esame del giudice di appello.

«con il D.D.G. n. 83 del 10 febbraio [2]012 veniva emanato il bando pubblico relativo all'asse 3, obiettivo specifico 3.2., obiettivo operativo 3.2.2. e linea di intervento 3.2.2.4 approvato con decisione della Commissione europea C (2007) n. 4249 del 7 settembre 2007 ai sensi del Reg. (CE) 1998-2006 sugli aiuti di importanza minore o "de minimis" per il potenziamento principalmente dell'offerta ricettiva nei comuni ricadenti nel territorio della Rete Ecologica Siciliana POR-FESR 2007-2013 - pubblicato sulla G.U.R.S. del 23 marzo 2012;

- parte ricorrente partecipava alla selezione al fine di ottenere un programma di investimenti riguardante l'attività "ricettiva" nell'ambito dell'unità locale ubicata a Castellammare del Golfo, realizzando un punteggio pari a 84 e collocandosi al n. 118 della graduatoria approvata definitivamente con DDG 584/2014;

- per l'effetto, la predetta otteneva un contributo inizialmente pari a euro 200.000,00 concesso sull'investimento ammesso pari a euro 410.000,00, ridotto di una somma pari a euro 16.000,00 (equivalente all'importo del contributo "de minimis" dichiarato), così rideterminandolo in euro 184.000,00;

- a seguito della rendicontazione finale presentata dalla ricorrente e del verbale di controllo di I livello, il contributo veniva ulteriormente ridotto alla somma di euro 154.570,41, in quanto l'Amministrazione resistente aveva ritenuto ammissibile una spesa pari alla cifra di euro 344.408,23;

- in data 20 settembre 2018 il Servizio 4 - Unità operativa 4.1. del Dipartimento regionale dell'Ambiente inviava alla parte ricorrente la comunicazione di avvio del procedimento di rideterminazione del contributo provvisorio, attivato a seguito della revisione delle attività di verifica e controllo del I livello ai fini della certificazione della spesa documentata dall'Unità di Staff 2 - Monitoraggio e Controllo del suddetto Dipartimento dell'Ambiente; evidenziando in particolare la non ammissibilità di alcune voci di spesa, con correlativa richiesta di restituzione dell'eccedenza, pari a euro 27.272,87 oltre interessi, entro i successivi dieci giorni dal ricevimento del predetto avviso;

- la ricorrente, tramite nota inoltrata all'Amministrazione resistente, ha evidenziato la palese erroneità del provvedimento di autotutela esortando parte resistente a svolgere un supplemento di attività istruttoria; a tale comunicazione ne seguiva un'altra con cui si invitava l'Ufficio intimato a prendere posizione onde evitare l'instaurazione del presente contenzioso.

A causa dell'assenza di un riscontro da parte dell'Amministrazione regionale, parte ricorrente ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe.

[...]

Ha chiesto, inoltre, l'accertamento in suo favore del diritto alla conservazione del contributo già concesso, la condanna di parte resistente alla corresponsione del "contributo de minimis", pari a euro 16.000,00 maggiorato di interessi e rivalutazione, ed infine il risarcimento di tutti i danni derivanti dai provvedimenti impugnati.

[...]

Con ricorso per motivi aggiunti, notificato il 27 maggio 2019 e depositato il 4 giugno 2019, l'odierna istante ha impugnato il D.D.G. n. 1066 del 19 dicembre 2018 - chiedendone l'annullamento, previa sospensione cautelare - con il quale il Dirigente Generale dell'Assessorato del Territorio e dell'Ambiente, Dipartimento Regionale dell'ambiente, ha reso definitiva la revoca parziale del contributo concesso provvisoriamente, di cui alla precedente nota n. 37891/2018, per un importo pari a euro 27.272,87, persistendo, inoltre, nella contestazione circa l'errata decurtazione del "contributo de minimis"».

Il Collegio evidenzia come la ricostruzione in fatto, come sopra riportata e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, non sia stata contestata dalle parti costituite per cui, vigendo la preclusione di cui all'art. 64, comma 2, c.p.a., deve reputarsi idonea alla prova dei fatti oggetto di giudizio.

2. A sostegno dei ricorsi citati venivano dedotti plurimi profili di illegittimità dei provvedimenti impugnati di cui non è indispensabile dar conto nell'ambito della presente motivazione.

3. Nel giudizio di primo grado si costituiva l'amministrazione resistente per chiedere la reiezione dei ricorsi.

4. All'udienza pubblica del giorno 10 marzo 2022, presente il difensore di parte ricorrente, come da verbale, il giudice di prime cure sottoponeva al contraddittorio delle parti la questione della inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione.

5. Il difensore procedeva alla discussione e la causa veniva trattenuta in decisione.

6. La sentenza di primo grado pronunciando sul ricorso, integrato dai motivi aggiunti, lo ha dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, riconoscendo nella posizione giuridica di parte appellante una situazione qualificabile come diritto soggettivo con la conseguenza che la giurisdizione si radica presso il giudice ordinario.

7. Ha proposto appello la parte soccombente in primo grado deducendo che, nella presente fattispecie, la giurisdizione spetti al giudice amministrativo in quanto il petitum sostanziale azionato con il giudizio postula un sindacato sull'apprezzamento discrezionale avente ad oggetto l'an, il quid o il quomodo dell'erogazione del contributo de quo, discrezionale quanto all'interesse pubblico perseguito.

8. Con decreto del Presidente di questo Consiglio del 26 maggio 2022, n. 154, veniva rilevata d'ufficio la violazione dell'art. 94 c.p.a., in quanto l'appellante non aveva depositato copia della sentenza impugnata.

9. In data 6 giugno 2022 parte appellante depositava documenti e la copia della sentenza appellata.

10. In data 28 agosto 2022 la difesa erariale ha depositato memoria per chiedere che l'appello venga dichiarato inammissibile per l'omesso deposito della sentenza di primo grado unitamente all'atto di appello.

La difesa erariale ha eccepito l'improcedibilità del ricorso per mancata impugnazione della nota prot. 76483 del 13 dicembre 2018.

Sostiene la difesa erariale che parte appellante in data 19 novembre 2018 ha proposto ricorso dinanzi al T.A.R. avverso la nota di avvio del procedimento, senza attendere che l'amministrazione "si rideterminasse, come in effetti avvenuto con nota prot. n. 76483 del 13 dicembre 2018, quest'ultima non menzionata da controparte e mai impugnata".

In subordine, rilevando come nell'adozione dei provvedimenti cautelari il primo giudice aveva, implicitamente, ritenuto la propria giurisdizione, si è rimessa sul punto alla decisione di questo Consiglio, pur precisando di condividere "le perplessità" avanzate da parte appellante.

11. Alla camera di consiglio del 22 settembre 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

12. Il deposito della sentenza è avvenuto comunque entro i trenta giorni dalla notifica del ricorso, anche se dopo la comunicazione del decreto presidenziale, e pertanto ritualmente entro i termini in cui deve essere depositato l'appello. Lo stesso è pertanto ammissibile, dovendosi così disattendere la prima eccezione di parte appellata.

12.1. In applicazione del criterio della ragione più liquida, il Collegio ritiene che non sia necessario procedere alla disamina dell'eccezione pregiudiziale formulata da parte appellata (improcedibilità del ricorso per mancata impugnazione della nota prot. 76483) dato che il ricorso è infondato nel merito (cfr. C.d.S., Ad. plen., n. 5 del 2015, 5.3).

13. Il giudice di prime cure ha condivisibi[l]mente ritenuto che nella presente fattispecie debba essere affermata la giurisdizione del giudice ordinario.

La sentenza appellata si inserisce nell'orientamento ormai tralatizio ed uniforme che ha risolto la problematica sulla giurisdizione nella presente materia valorizzando i principi che si rinvengono già nella sentenza dell'Adunanza plenaria n. 6 del 2014.

Il Consiglio di Stato ha provveduto, con successivi ed unanimi arresti giurisprudenziali, a delineare compiutamente i confini tra la giurisdizione ordinaria e quella amministrativa.

«Orbene, la giurisprudenza ha evidenziato che la controversia promossa per ottenere l'annullamento del provvedimento di revoca di un finanziamento pubblico, concerne una posizione di diritto soggettivo (devoluta quindi alla giurisdizione di un giudice ordinario) tutte le volte in cui l'Amministrazione abbia inteso far valere la decadenza del beneficiario dal contributo in ragione della mancata osservanza, da parte sua, di obblighi al cui adempimento la legge o il provvedimento condizionano l'erogazione, mentre riguarda una posizione di interesse legittimo (con conseguente devoluzione al giudice amministrativo) allorché la mancata erogazione del finanziamento, pur oggetto di specifico provvedimento di attribuzione, sia dipesa dall'esercizio di poteri di autotutela dell'amministrazione, la quale abbia inteso annullare il provvedimento stesso per i vizi originari di legittimità o revocarlo per contrasto originario con l'interesse pubblico (in tale senso, Suprema Corte...).

Come affermato, infatti: "- il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di controversie riguardanti la concessione e la revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche deve essere attuato sulla base del generale criterio di riparto fondato sulla natura della situazione soggettiva azionata, con la conseguenza che:

- sussiste sempre la giurisdizione del giudice ordinario quando il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge, mentre alla Pubblica Amministrazione è demandato soltanto il compito di verificare l'effettiva esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l'an, il quid, il quomodo dell'erogazione (cfr. Cass. ...);

- qualora la controversia attenga alla fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto di un addotto inadempimento del beneficiario alle condizioni statuite in sede di erogazione o dall'acclarato sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti formalmente intitolati come revoca, decadenza o risoluzione, purché essi si fondino sull'inadempimento alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo. In tal caso, infatti, il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto, come tale tutelabile dinanzi al giudice ordinario, attenendo la controversia alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione e all'inadempimento degli obblighi cui è subordinato il concreto provvedimento di attribuzione (cfr. Cass. ...);

- viceversa, è configurabile una situazione soggettiva d'interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, solo ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio, oppure quando, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse, ma non per inadempienze del beneficiario...» (C.d.S., Sez. III, 12 aprile 2022, n. 2733).

Ad identiche conclusioni perviene la Corte di cassazione (Cass., Sez. un., 30 luglio 2020, n. 16457).

14. Applicando i richiamati principi il Collegio osserva quanto segue.

L'Amministrazione nella presente fattispecie ha posto in essere l'azione volta al recupero parziale delle somme a seguito del controllo sulle spese effettuate e rendicontate al 31 dicembre 2015, disponendo il recupero di una parte del contributo precedentemente erogato, in quanto ha ritenuto che fossero state effettuate spese non ammissibili, perché non compatibili con il quadro economico approvato (v. D.D.G. di approvazione della graduatoria definitiva; v. verbale istruttorio del 23 gennaio 2017).

Si tratta di una mera comparazione operata dalla p.a. tra le fatture prodotte per chiedere l'erogazione del contributo e quanto previsto nel "Quadro Economico approvato con D.D.G. n. 584 del 27 giugno 2014".

Si tratta pertanto di una controversia relativa a un contestato inadempimento del beneficiario alle condizioni statuite in sede di erogazione e a un conseguente contestato sviamento dei fondi acquisiti rispetto al programma finanziato, quindi di una controversia tipicamente inerente la fase di esecuzione del rapporto di finanziamento e che in nulla incide sulle condizioni di adozione del provvedimento di concessione dello stesso.

Non incide sul riparto di giurisdizione la circostanza fattuale che l'Amministrazione regionale, nella presente vicenda procedimentale, né nell'atto di avvio del procedimento, né nel provvedimento finale, né in quello di sollecito alla restituzione delle somme pagate in eccesso, abbia indicato al destinatario i rimedi giurisdizionali esperibili, in palese violazione della l. n. 241/1990 e del generale principio di lealtà. Ma si tratta di una irregolarità non invalidante il provvedimento, e soprattutto non idonea a produrre effetti sul riparto di giurisdizione. Di essa si può tener conto al fine di concedere l'errore scusabile alla parte che abbia adito il giudice errando sulla sua individuazione, o di compensare le spese in sede di declaratoria del difetto di giurisdizione, cosa che in effetti il T.A.R. ha fatto in primo grado.

15. Non incide sulla questione relativa alla giurisdizione la distanza temporale tra la concessione del contributo e la richiesta di parziale restituzione dello stesso.

16. Generica è la deduzione relativa alla "falsa applicazione dell'art. 73 c.p.a. in violazione del principio della effettività della tutela giurisdizionale negli esatti termini della questione di costituzionalità infra accennata e per la quale si fa riserva di ulteriore articolazione nel corso del giudizio".

Si precisa ancora nell'atto di appello che: "Si fa riserva, pertanto, di articolare meglio la relativa questione di costituzionalità della normativa che consenta di dichiarare d'ufficio il difetto di giurisdizione per la grave disparità di trattamento rispetto alla disciplina del rilievo di incompetenza di cui all'art. 15 c.p.a., che, al contrario, individua nella fase cautelare lo spatium deliberandi della relativa questione".

La questione di costituzionalità non è stata, nel prosieguo di giudizio, coltivata.

Né il Collegio ravvisa elementi e condizioni per sollevare la questione di costituzionalità d'ufficio, perché la scelta dei modi e tempi processuali di rilievo del difetto di giurisdizione rientra nella ampia discrezionalità del legislatore. Fino a non molti anni fa il legislatore aveva optato per la rilevabilità del difetto di giurisdizione in ogni stato e grado di giudizio, e solo con interventi legislativi recenti ha circoscritto il rilievo d'ufficio al solo primo grado di giudizio. Trattasi di una scelta che bilancia l'interesse privato alla celere definizione della questione di giurisdizione con l'interesse pubblico a che le cause siano decise dal giudice munito di giurisdizione, mentre un ulteriore sbarramento e compressione del rilievo d'ufficio ad un primo stadio del giudizio di primo grado non garantirebbe in modo adeguato siffatto bilanciamento, tanto più considerata la complessità che connota non di rado le questioni di giurisdizione, che richiede la ponderazione delle stesse quando la causa è matura per il merito. Né tale meccanismo nuoce alle parti e alla tempestiva soluzione della questione di giurisdizione ove si consideri che:

a) la parte che adisce il giudice ha l'onere di verificare attentamente quale è il giudice che ha giurisdizione;

b) la parte che adisce un dato giudice, se ha dubbi sulla giurisdizione, ha facoltà di promuovere il regolamento preventivo di giurisdizione.

In conclusione, i dubbi di costituzionalità sono manifestamente infondati.

17. In conclusione i motivi a sostegno dell'appello non sono fondati e lo stesso va respinto.

18. Le spese del secondo grado seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Se, infatti, in primo grado, poteva riconoscersi l'errore scusabile nella individuazione del giudice, atteso che i provvedimenti impugnati non indicano il termine e l'autorità cui ricorrere, tanto non vale in grado di appello, dopo che il T.A.R. ha chiarito in sentenza i criteri di riparto di giurisdizione, rifacendosi a consolidata giurisprudenza delle Sezioni unite e dell'Adunanza plenaria. L'insistenza in una tesi giuridica smentita dal Supremo organo re[go]latore della giurisdizione è circostanza che impone di attenersi al criterio della soccombenza nella liquidazione delle spese.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte appellante a rifondere le spese del secondo grado di giudizio a favore delle parti costituite che si liquidano in complessivi euro 2.500,00 (duemilacinquecento), oltre spese accessorie se previste per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.