Corte di cassazione
Sezione V civile (tributaria)
Ordinanza 6 ottobre 2022, n. 29032
Presidente: Bruschetta - Relatore: Federici
RILEVATO CHE
Per quanto riportato in sentenza, alla Kronos IHS s.a.s. di Fabiano Mario, a seguito di verifiche eseguite da due diversi comandi della G.d.f. e all'esito di due processi verbali di constatazione, l'Agenzia delle entrate notificò l'avviso d'accertamento con cui rideterminò per l'anno d'imposta 1999 l'imponibile relativo all'Iva e alle imposte dirette, recuperando costi indeducibili.
La società, che affermava di aver proceduto ad un primo condono, ai sensi dell'art. 15 l. 27 dicembre 2002 [n. 289 - n.d.r.], relativo al primo pvc, e successivamente di aver aderito al condono disciplinato dall'art. 9 della medesima legge del 2002 (c.d. tombale), impugnò l'atto impositivo dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Catania, che con sentenza n. 242/14/2008 ne accolse le ragioni annullandolo. L'Agenzia delle entrate appellò la pronuncia dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. staccata di Catania, che con la sentenza n. 686/18/2014 respinse l'impugnazione. Il giudice regionale ha sostenuto che le ragioni addotte dall'Ufficio in ordine alla carenza dei presupposti per la definizione agevolata delle pendenze fiscali erano state eccepite solo in grado d'appello e dunque tardivamente; che in ogni caso si trattava di ragioni infondate e che l'Agenzia aveva rinnovato l'attività di accertamento, semplicemente sostituendo con il secondo il primo, e ciò dopo che la contribuente aveva provveduto a perfezionare due condoni. Ha pertanto ritenuto illegittimo l'atto impositivo emesso successivamente alla definitiva chiusura di ogni rapporto fiscale.
L'Agenzia delle entrate ha censurato la decisione con cinque motivi, chiedendone la cassazione, cui ha resistito la società con controricorso.
Nell'adunanza camerale del 13 luglio 2022 la causa è stata riservata e decisa.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la ricorrente ha denunciato la nullità della sentenza per violazione dell'art. 345 c.p.c., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., per aver ritenuto tardiva l'eccezione, sollevata in sede d'appello, di cause ostative alla validità del condono.
Con il secondo motivo ha lamentato la violazione degli artt. 9 e 15 del 27 dicembre 2002, n. 289, nonché dell'art. 57 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all'art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., per l'erronea interpretazione delle disposizioni regolatrici i condoni, di cui aveva preteso usufruire la contribuente.
Con il terzo motivo si duole dell'omessa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di contestazione tra le parti, con riferimento all'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., per la mancata considerazione dei fatti esposti dall'Ufficio in ordine alla pregressa conoscenza da parte della contribuente della pendenza a suo carico di un procedimento penale.
Con il quarto motivo denuncia la nullità della sentenza per violazione dell'art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., in o[r]dine all'omessa motivazione sulla condanna dell'Ufficio al pagamento delle spese processuali.
Con il quinto motivo lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 92 c.p.c., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per l'erronea interpretazione delle regole di condanna al pagamento delle spese processuali.
In via preliminare occorre tuttavia esaminare, d'ufficio, la regolarità della costituzione del contraddittorio, per mancata osservanza del litisconsorzio necessario, considerato che la società destinataria dell'avviso d'accertamento è una società di persone.
È principio reiterato e pacifico che, in materia tributaria, l'unitarietà dell'accertamento, che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all'art. 5 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e dei soci delle stesse, e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci, sicché tutti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; la controversia infatti non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell'obbligazione dedotta nell'atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 14 d.lgs. n. 546 del 1992 ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Sez. un., 4 giugno 2008, n. 14815; 25 luglio 2012, n. 13073; 28 novembre 2014, n. 25300; 25 giugno 2018, n. 16730).
Ai fini della verifica del rispetto del litisconsorzio si è anche riconosciuto che, nella ipotesi di rettifica del reddito di una società di persone e di quello di partecipazione dei soci, le pur distinte pronunce riguardanti la società ed i soci, se adottate dallo stesso collegio in identica composizione, nella medesima circostanza e nel contesto di una trattazione sostanzialmente unitaria, implicano la presunzione che si sia realizzata una vicenda sostanzialmente esonerativa del litisconsorzio formale, sicché la parte ricorrente per cassazione, che lamenti la violazione del principio del necessario contraddittorio con riferimento al giudizio di primo grado, ha l'onere - in conformità al principio di autosufficienza del ricorso - di descrivere lo sviluppo delle procedure nel corso di quel grado. Più in generale, quando oggetto della controversia sia l'accertamento del reddito di una società di persone, incidente sul reddito di partecipazione di ciascun socio, per il principio della trasparenza, ex art. 5 del d.P.R. n. 917 del 1986, anche per osservanza dei principi, aventi fondamento costituzionale, di economia processuale e di ragionevole durata del processo, deve ritenersi già soddisfatta l'esigenza del simultaneus processus nei gradi di merito, atteso che in essi i diversi ricorsi, trattati contestualmente e dal medesimo giudice seppur resi oggetto di distinte decisioni, hanno ugualmente ricevuto completezza del contradditorio (ex multis, cfr. Sez. un., n. 14815 del 2008, cit.; Cass., 15 febbraio 2018, n. 3789; 10 dicembre 2019, n. 32220; 1° giugno 2021, n. 15179).
Sennonché nel caso che ci occupa all'avviso di accertamento notificato alla società è seguito un processo, celebrato e definito nei gradi di merito e quindi approdato dinanzi a questa Corte, senza che mai si sia provveduto ad integrare il contraddittorio con i soci. Non risulta neppure se mai i soci abbiano proposto ricorso avverso atti impositivi a loro volta indirizzati nei loro confronti.
Costituisce dunque dato ineludibile che il processo si è sviluppato senza il rispetto del litisconsorzio necessario.
La sentenza impugnata va cassata per la nullità dell'intero giudizio, che va rimesso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Catania, cui spetterà provvedere alla definizione dell'intera controversia, previa costituzione del regolare litisconsorzio, tenendo peraltro conto dei principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia e della giurisprudenza nazionale in tema di condono ai fini Iva, nonché dei principi e dei presupposti per l'accesso agli istituti condoniali previsti dal d.lgs. [recte: dalla legge - n.d.r.] n. 289 del 2002.
P.Q.M.
Dichiara la nullità dell'intero giudizio; cassa la sentenza e rinvia alla Commissione tributaria provinciale di Catania.