Corte di cassazione
Sezione V civile (tributaria)
Ordinanza 25 ottobre 2022, n. 31555
Presidente: Chindemi - Relatore: Balsamo
ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 89/2013, depositata il 23 dicembre 2013, la Commissione tributaria regionale della Emilia-Romagna, confermando la prima decisione, ha respinto il gravame proposto dall'amministrazione finanziaria, sul rilievo che trattandosi di litisconsorzio tributario e non necessario non poteva accogliersi l'eccezione di inammissibilità dei ricorsi proposti dagli eredi T. e da Argia Maria T.; respingendo nel merito le censure dedotte dall'ente con riferimento alla valutazione delle aree oggetto delle compravendite tra la società e gli acquirenti indicati in epigrafe.
L'Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione con due motivi. I contribuenti hanno replicato con controricorso.
La società contribuente ha depositato istanza di sospensione della lite ex art. 6 d.l. n. 119/2018, con relativa domanda di definizione della lite.
Il Presidente della Sezione ha dichiarato l'estinzione del giudizio con decreto ex art. 6 d.l. 119/2018, depositato il 27 settembre 2021.
In data 27 settembre 2021, i contribuenti, pur dando atto che non era stata avanzata istanza di trattazione nei termini indicati dal citato decreto-legge, hanno presentato istanza di trattazione della causa e di contestuale revoca del decreto ai sensi dell'art. 391 c.p.c.
Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.
All'udienza del 16 febbraio, il Collegio chiedeva all'Agenzia di documentare il perfezionamento del condono.
CONSIDERATO CHE
2. Come già osservato con la precedente ordinanza, il decreto di cui all'art. 391, primo comma, c.p.c. ha la medesima funzione (di pronuncia sulla fattispecie estintiva) e il medesimo effetto (di attestazione che il processo di cassazione deve chiudersi perché si è verificato un fenomeno estintivo) che l'ordinamento processuale riconosce alla sentenza o all'ordinanza, con la differenza che, mentre nei confronti dei suddetti provvedimenti è ammessa solo la revocazione ex art. 391-bis c.p.c., avverso il decreto presidenziale l'art. 391, terzo comma, c.p.c. individua, quale rimedio, il deposito di un'istanza di sollecitazione alla fissazione dell'udienza (collegiale) per la trattazione del ricorso (Sez. 5, Sentenza del 13 aprile-3 giugno 2015). Tale istanza - che, non avendo carattere impugnatorio, non deve essere motivata - va depositata nel termine, da ritenersi perentorio (salva la generale possibilità di rimessione in termini prevista dall'art. 153, secondo comma, c.p.c., aggiunto dall'art. 45, comma 19, della l. 18 giugno 2009, n. 69), di dieci giorni dalla comunicazione del decreto, indipendentemente dal fatto che quest'ultimo rechi o meno una pronuncia sulle spese (Sez. un., n. 19980/2014).
Le Sezioni unite, con la sentenza n. 19980 del 23 settembre 2014, hanno risolto, tra l'altro, la questione, sottesa alle argomentazioni formulate nella ordinanza di rimessione, avente ad oggetto la disciplina che deriva dalla applicabilità dell'istituto della pronuncia di estinzione con decreto presidenziale alla fattispecie della rinuncia, nonché alle altre fattispecie di estinzione conosciute dall'ordinamento, come quelle ricollegate alle ipotesi del cosiddetto condono fiscale, ravvisandovi una delle ragioni che connotano la questione di particolare importanza, in quanto (come sottolineato dalla ordinanza di rimessione) "incidente, per quanto riguarda le controversie tributarie, sul contenzioso scaturente dall'errata dichiarazione di estinzione per intervenuto condono". Concludendo che l'art. 391, primo comma, c.p.c. (nel testo sostituito dall'art. 15 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), alludendo ai "casi di estinzione del processo disposta per legge", si riferisce sia alle ipotesi in cui l'estinzione del processo è disposta direttamente dalla legge, senza necessità di comportamenti diretti ad integrare la fattispecie estintiva, sia a quelle in cui tali comportamenti siano necessari poiché l'effetto estintivo è previsto dalla norma in ragione del verificarsi all'esterno del processo di cassazione di determinati fatti che poi devono essere rappresentati e fatti constare. Ne consegue che, ricorrendone i presupposti di legge e salvo che si debba necessariamente pronunciare sentenza ovvero ordinanza camerale ai sensi degli artt. 375, n. 3, e 380-bis c.p.c., in entrambi i casi è possibile procedere alla dichiarazione di estinzione con decreto ai sensi dell'art. 391 c.p.c.
Pertanto, in presenza di una fattispecie estintiva del processo di cassazione ricollegata al verificarsi, al di fuori del processo, di determinati presupposti che si devono dalla parte far constare alla S.C. (quale, nella specie, quella del condono fiscale regolato dal d.l. 119/2018), il deposito in sede di legittimità di un'istanza di estinzione accompagnata dai documenti idonei a dimostrarne l'esistenza consente l'adozione del decreto ai sensi dell'art. 391, primo comma, c.p.c.
Nel caso in esame, l'istanza di trattazione della causa è giustificata dalla impugnazione del decreto di estinzione di cui si chiede la revoca; impugnazione non fondata su alcuna critica al medesimo decreto né associata ad una istanza di revoca del condono, il quale in quanto è «una dichiarazione di volersi avvalere di una determinata definizione agevolata, non ha natura di mera dichiarazione di scienza o di giudizio, come tale modificabile, ma integra un atto volontario, frutto di scelta ed autodeterminazione da parte del contribuente, i cui effetti sono previsti dalla legge, sicché, una volta presentata, è irrevocabile e non può essere modificata dall'ufficio, né contestata dal contribuente per un ripensamento successivo, ma solo per errore materiale manifesto e riconoscibile» (Cass. [n.] 33281 del 28 novembre 2018; Cass. n. 15295 del 21 luglio 2015; conf. Cass. n. 15172 del 30 giugno 2006; Cass. n. 17141 del 28 giugno 2018; Cass. n. 22966 del 26 settembre 2018; n. 8555/2019).
Nel caso in esame, le parti hanno omesso di dedurre (pure alla pubblica udienza) i motivi che giustificherebbero la revoca del condono ovvero la revoca del decreto di estinzione.
L'Agenzia delle entrate ha prodotto documentazione attestante la regolarità della definizione agevolata della controversia tributaria, a dimostrazione della correttezza dell'adozione del decreto di estinzione del giudizio.
Ai sensi del comma 7 dell'art. 2 del d.l. 119/2018, la definizione perfezionata dal coobbligato giova in favore degli altri.
La giurisprudenza di questo giudice di legittimità è concorde nel ritenere che, nel caso di obbligazione solidale passiva con il Fisco, trovano applicazione i principi disciplinanti tale tipo di obbligazioni, ivi compreso quello di cui all'art. 1306 c.c., riguardante l'estensione del giudicato, non essendo d'ostacolo a tale conclusione né la diversità della fonte normativa delle obbligazioni relative a sostituto e sostituito, né il carattere meramente strumentale di quella del sostituto rispetto all'altra, operando nella specie la presunzione, stabilita dall'art. 1294 c.c., secondo la quale i condebitori sono ritenuti obbligati in solido se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente, e ciò in ragione dell'unicità della prestazione (v. tra numerose altre Cass. nn. 10082/2003, 16819/2014 e 13382/2017). Ne consegue che la definizione agevolata di una controversia avente ad oggetto un'obbligazione tributaria gravante su più soggetti solidalmente, proposta anche da uno solo dei coobbligati, ha effetto per tutti gli altri poiché ciò che rileva è l'unicità dell'obbligazione (quindi del relativo credito), la cui estinzione, ancorché intervenuta per effetto dell'attività di uno solo degli obbligati, non può che rilevare anche nei confronti degli altri.
In conclusione deve essere confermato il decreto di estinzione.
In assenza di consolidata giurisprudenza di legittimità sulla questione specifica oggetto di esame in questa sede, si dispone la compensazione delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Dichiara l'estinzione del giudizio; compensa le spese di lite.