Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 11 novembre 2022, n. 9914

Presidente: Poli - Estensore: Verrico

FATTO E DIRITTO

1. L'oggetto del giudizio è rappresentato da:

a) il permesso di costruire n. 131 del 19 ottobre 2012 rilasciato dal Comune di Salerno in favore della signora Maria M. avente ad oggetto la demolizione e la ricostruzione con cambio di destinazione d'uso da deposito a residenziale e la realizzazione di un box interrato;

b) il permesso di costruire n. 103 del 26 luglio 2013 rilasciato dal Comune di Salerno in favore della signora Maria M. per realizzare una variante al precedente permesso.

1.1. Al riguardo, occorre premettere in punto di fatto che:

i) sul fondo di proprietà della signora M., situato in località Brignano Superiore in zona E1 - zona agricola periurbana, esistevano due manufatti adiacenti, in lamiera metallica ad uso agricolo, individuati in catasto fabbricati al foglio 18, mappale n. 954, realizzati dalla precedente proprietaria signora L.;

ii) in seguito i due fabbricati divenivano oggetto rispettivamente:

- della concessione edilizia n. 3 del 7 gennaio 1991, rilasciata in sanatoria ai sensi dell'art. 13 della l. n. 47/1985 per l'esecuzione di "lavori per l'istallazione di una baracca" metallica per uso agricolo di superficie di mq 27,12 (7,75 m x 3,5 m), altezza al colmo di mt 3 ed alla gronda 2,40 m, volume di 73,25 mc;

- della concessione edilizia n. 202 del 26 giugno 2008, rilasciata in sanatoria straordinaria ai sensi dell'art. 32 della l. n. 326/2003 per la "realizzazione di un locale deposito", in ampliamento al precedente, avente una struttura portante con scatolari in ferro e pannelli laterali e copertura in lamiera con una superficie di 12,82 mq (2,25 m x 5,70 m) altezza media m. 2,30 e volume di 29,49 mc;

iii) con riferimento a detti fabbricati, con istanza dell'8 maggio 2012, acquisita al protocollo generale comunale al n. 85024, la signora M. Maria, dopo aver acquistato il fondo della signora L., chiedeva il rilascio di permesso di costruire per ristrutturazione edilizia ex art. 2, lett. b) e c), l.r. n. 19/2009 per l'intervento di demolizione e ricostruzione con cambio di destinazione d'uso e realizzazione box auto interrato;

iv) in data 19 ottobre 2012 veniva rilasciato permesso di costruire n. 131 per la demolizione dei suddetti fabbricati e la ricostruzione, a parità di volumetria, di un fabbricato a destinazione residenziale;

v) dopo il sopralluogo sulla proprietà dell'istante effettuato in data 1° luglio 2013 dal Comune di Salerno, nel corso del quale venivano rilevate delle incongruenze tra le volumetrie dichiarate dal tecnico progettista e quelle desumibili dagli originari titoli edilizi, l'istante, in data 11 luglio 2013, presentava una proposta di variante al permesso di costruire rilasciato, al fine di rimuovere i vizi dovuti alla errata valutazione della volumetria esistente, già assentita con le concessioni edilizie n. 3 del 1991 e n. 202 del 2008 prot. n. 126353, ferma restando la stessa tipologia d'intervento del titolo n. 131/2012, implicante l'edificazione, successiva alla demolizione dei fabbricati esistenti, di un fabbricato residenziale rientrante planimetricamente nella sagoma dei corpi di fabbrica affiancati già esistenti, per una volumetria totale pari a mc 102,39;

vi) il Comune di Salerno, dopo aver acquisito il parere favorevole alla nuova proposta progettuale da parte del S.U.E. (Sportello Unico per l'Edilizia) (n. 168 del 15 luglio 2013, prot. n. 129330), annullava in autotutela il permesso di costruire n. 131/2012;

vii) il Comune di Salerno rilasciava quindi un nuovo permesso di costruire, n. 103 del 26 luglio 2013, avente a oggetto la realizzazione di un fabbricato residenziale costituito da un piano terra adibito ad abitazione con un ambiente cucina/pranzo, un vano letto e un bagno, oltre al piano interrato adibito a garage.

2. Il signor A., confinante con la proprietà sede degli interventi, con atti notificati al Comune di Salerno in data 25 settembre 2013 e 22 novembre 2013, proponeva ricorsi straordinari al Capo dello Stato avverso i titoli edilizi rilasciati in favore della signora M.

2.1. A seguito di trasposizione dei ricorsi in sede giurisdizionale, con ricorso dinanzi al T.A.R. per la Campania, sezione staccata di Salerno (r.g. n. 442/2014), il signor A. ha impugnato il permesso di costruire n. 131 del 19 ottobre 2012.

2.2. Con successivo ricorso per aggiunzione il ricorrente ha impugnato il permesso di costruire n. 103 del 26 luglio 2013, articolando cinque autonomi motivi.

3. Il T.A.R. per la Campania, Salerno, Sez. I, con la sentenza n. 1085 del 3 maggio 2016:

i) ha dichiarato improcedibile il ricorso principale (capo non impugnato);

ii) ha accolto la censura di violazione dell'art. 3, lett. d), t.u. edilizia e dell'art. 117.01 delle n.t.a. del PUC, sotto il profilo della traslazione planovolumetrica, dell'aumento di volumetria (anche tenuto conto della tolleranza del 2%), dell'alterazione della sagoma e dell'alterazione della superficie;

iii) ha accolto anche la censura relativa alla mancanza del requisito soggettivo (per carenza di prova delle qualifiche richieste dalla normativa) ed oggettivo (lotto minimo mq 10.000) per consentire il rilascio di un permesso di costruire per la realizzazione di un nuovo edificio;

iv) ha annullato il titolo del 2013;

v) ha condannato il Comune di Salerno e la signora M. al pagamento delle spese di lite e delle spese relative alla disposta consulenza tecnica d'ufficio.

4. Il Comune di Salerno ha interposto appello allibrato al n.r.g. 8331/2016, articolando un unico mezzo di gravame (esteso da pagina 4 a pagina 12 del ricorso). In particolare, l'ente comunale, oltre a rilevare che il consulente tecnico d'ufficio non avrebbe fornito una completa illustrazione della disciplina urbanistica dell'area interessata dagli interventi, ha censurato le affermazioni di questo, poste a base della decisione del primo giudice, deducendo che:

a) la distanza dell'immobile dal confine non sarebbe corrispondente a quanto riportato dall'istante nel progetto allegato all'istanza per il rilascio del permesso di costruire e comunque sarebbe errato il riferimento - effettuato dal consulente - ad un pilastro in realtà non esistente nella planimetria presentata;

b) sarebbe lo stesso c.t.u. a mettere in dubbio che vi sia stata una rototraslazione del fabbricato demolito e ricostruito, anche in virtù dell'esame degli atti catastali;

c) anche per quanto riguarda la volumetria il permesso assentito avrebbe autorizzato una corretta volumetria di metri cubi 102,74 e eventuali difformità sarebbero imputabili esclusivamente alla irregolare esecuzione dei lavori da parte dell'istante.

4.1. Si sono costituiti in giudizio la signora M., per aderire all'appello, e il signor A., per resistere.

4.2. In data 9 settembre 2022 il signor A. ha depositato memoria difensiva, con cui ha preliminarmente eccepito l'inammissibilità dell'appello per non aver articolato censure avverso il capo di sentenza relativo allo stravolgimento della sagoma dei fabbricati preesistenti; nel merito, si è opposto all'appello e ne ha chiesto il rigetto.

5. Con ricorso di appello allibrato al n.r.g. 8406/2016, corredato da domanda cautelare, la medesima sentenza di primo grado è stata impugnata anche dalla signora M., che ha articolato tre autonomi mezzi di gravame (estesi da pag. 2 a pag. 12 del ricorso). In particolare, l'appellante ha dato atto che nelle more del giudizio il Comune ha adottato ingiunzione per la demolizione dell'immobile (ordinanza n. 51/B/2016 del 22 luglio 2016) - impugnata dalla stessa con ricorso r.g. n. 1716/2016 dinanzi al T.A.R. Salerno, successivamente sospesa dalla stessa Amministrazione - ed ha dedotto:

I) l'insussistenza della violazione della distanza dal confine, atteso che la ortofoto e le schede catastali proverebbero la reale ubicazione dei due corpi di fabbrica sanati, superando le risultanze dei grafici allegati all'istanza di permesso di costruire, da considerare errati; dalla stessa documentazione si evincerebbe peraltro che non sussiste la rototraslazione dell'immobile e neppure la ricostruzione parziale del fabbricato su area di sedime diversa da quella occupata dai due manufatti condonati;

b) che il c.t.u. avrebbe erroneamente calcolato l'eccesso volumetrico, in particolare nel conteggio delle mura perimetrali;

c) che non sarebbero ravvisabili variazioni di sagoma, idonee a modificare le caratteristiche fondamentali di un edificio, in quanto le modifiche riscontrabili, rappresentate da una modesta rototraslazione (6,30 gradi), da uno spostamento del 15% rispetto alla sagoma originaria (di ingombro) e da una maggiore altezza, nel rispetto del vincolo volumetrico, rivelerebbero una mera ricomposizione dell'edificio, nell'alveo della sagoma di ingombro.

5.1. Si sono costituiti in giudizio il Comune di Salerno, per aderire all'appello, e il signor A., per resistere.

5.2. In data 15 dicembre 2016 il signor A. ha depositato una perizia di parte unitamente a memoria difensiva, con cui si è opposto all'appello e ne ha chiesto il rigetto, riproponendo ex art. 101 c.p.a. i motivi aggiunti del primo grado non esaminati dal T.A.R.

5.3. Alla camera di consiglio del 20 dicembre 2016, su concorde richiesta delle parti, l'esame dell'incidente cautelare è stato differito all'udienza pubblica di discussione del merito della causa.

5.4. L'ordinanza presidenziale n. 258 del 6 febbraio 2020 ha sollecitato le parti a manifestare il proprio interesse attuale alla definizione del giudizio anche ai fini dell'applicazione dell'art. 26 c.p.a., a cui hanno fatto seguito note di dichiarazione di interesse depositate in data 24 febbraio 2020 dal Comune di Salerno e in data 29 febbraio 2020 dalla signora M.

5.5. Le parti hanno infine depositato ulteriori memorie, insistendo nelle proprie difese e replicando alle deduzioni avversarie (l'appellante con memoria del 12 settembre 2022 e memoria di replica del 22 settembre 2022; il signor A. con memoria del 9 settembre 2022 e memoria di replica del 23 settembre 2022). In particolare, il signor A. ha eccepito l'inammissibilità dell'appello perché privo di specifiche censure avverso il capo di sentenza relativo alla variazione della sagoma dei fabbricati preesistenti. La signora M. ha replicato, deducendo di aver contestato le statuizioni della gravata sentenza riguardanti la sagoma, ritenendo che gli elementi rilevati siano sintomatici di una mera ricomposizione dell'edificio.

6. Alla pubblica udienza del 13 ottobre 2022 entrambe le cause sono state trattenute in decisione, senza che alcuna delle parti abbia insistito per l'esame della domanda cautelare.

7. Preliminarmente, il Collegio:

a) ex art. 96 c.p.a., riunisce gli appelli in quanto proposti avverso la medesima sentenza;

b) ritiene di poter prescindere dalla valutazione dell'ammissibilità della produzione documentale effettuata dal signor A. nel giudizio r.g. n. 8406/2016, stante l'irrilevanza di essa ai fini della decisione.

8. L'appello è inammissibile.

8.1. Sulla base della costante giurisprudenza:

a) l'appello si ritiene inammissibile ove la sentenza impugnata si regga, come nel caso di specie, su una pluralità di ragioni autonome, ognuna delle quali è da sola in grado di sorreggerla perché fondata su specifici presupposti logico-giuridici, e l'appellante abbia omesso di censurare una di esse (cfr. ex plurimis, C.d.S., Sez. IV, 4 agosto 2022, n. 6915; 30 aprile 2009, n. 27633; 1° maggio 2007, n. 2815; 31 gennaio 2005, n. 208; 10 marzo 2004, n. 1166; 24 marzo 1998, n. 492);

b) coerentemente, quando l'impugnata sentenza si fonda su autonome rationes decidendi, tutte convergenti nel senso della reiezione della domanda, è sufficiente che una di esse sia confermata per rendere inutile l'esame dei mezzi di gravame che contestano gli ulteriori capi (C.d.S., Sez. IV, 4 agosto 2022, n. 6915; cfr., in tema di c.d. assorbimento per ragioni di economia processuale, C.d.S., Ad. plen., n. 5 del 2015, § 9.3.4.3., in precedenza e con specifico riferimento a sentenze rette da una pluralità di capi autonomi, Sez. V, n. 2541 del 2012).

8.2. Invero, in relazione al caso di specie, emerge che entrambi gli appellanti risultano non aver contestato il capo della sentenza che, ai fini della qualificazione dell'intervento come nuova costruzione, ha rilevato, sotto diversi profili, la variazione della sagoma del nuovo edificato rispetto a quella dei fabbricati preesistenti.

8.3. Al riguardo, si osserva che il T.A.R. nella gravata sentenza, dopo aver dichiarato improcedibile il ricorso, ha accolto i motivi aggiunti, ritenendo applicabile la disciplina anteriore alla legge di conversione del d.l. n. 69 del 2013, con cui è stato rimosso il vincolo della sagoma preesistente, e, sulla base delle risultanze della disposta c.t.u., ha ritenuto che l'intervento in esame sia qualificabile, piuttosto che come ristrutturazione, come nuova costruzione, con mutamento di destinazione d'uso, da deposito ad abitazione, in violazione dell'art. 117.01 NTA del PUC.

8.3.1. In particolare, il primo giudice è giunto a tali conclusioni valorizzando le risultanze della consulenza tecnica sotto i seguenti profili:

a) la differenza tra la distanza dell'immobile assentito con il permesso di costruire n. 103/2013 dal confine sud di particella, pari a 3,12 mt, e la distanza dei manufatti demoliti dal confine sud di particella, pari a 3,75 mt;

b) l'eccedenza della volumetria dell'immobile assentito con il permesso di costruire n. 103/2013 (pari a 106,43 mc) rispetto alle cubature legittimate dalle concessioni in sanatoria n. 3/91 e n. 202/08 (complessivamente pari a 102,39 mc);

c) la differenza tra la sagoma dell'immobile assentito con il permesso di costruire n. 103/2013 rispetto alla sagoma dei fabbricati di cui alle concessioni in sanatoria, per i seguenti aspetti:

c.1) la rotazione, quantificabile in 6.30° in senso orario, della sagoma dell'immobile assentito nel 2013 rispetto alla precedente collocazione dell'area di sedime desumibile dalle concessioni in sanatoria;

c.2) le variazioni della sagoma;

c.3) le variazioni delle altezze "che mettono in evidenza anche le variazioni della sagoma verticale";

c.4) la maggiorazione della superficie dell'immobile assentito rispetto alle preesistenze.

8.3.2. La qualificazione dell'intervento edilizio come nuova costruzione, che ha determinato l'accertamento dell'illegittimità del gravato permesso di costruire, si è quindi fondata su una pluralità di ragioni, ognuna delle quali, anche autonomamente, sarebbe stata di per sé idonea a sorreggere la decisione.

8.3.3. Peraltro, di particolare rilievo è la circostanza che il primo giudice, ai fini dell'accoglimento dei motivi aggiunti e della negazione della qualifica dell'intervento come ristrutturazione edilizia, ha effettuato un'attenta precisazione in merito alla disciplina applicabile al caso di specie, ravvisando di dover applicare, nel rispetto del principio tempus regit actum, la disciplina antecedente l'entrata in vigore dell'art. 30, comma 1, lett. a), del d.l. n. 69/2013 (dovendosi prendere a riferimento, ex art. 30, comma 6, d.l. n. 69/2013, la data di pubblicazione in G.U. della legge di conversione 9 agosto 2013, n. 98, avvenuta in data 20 agosto 2013, laddove il titolo edilizio n. 103/2013 risulta essere stato rilasciato in data anteriore, ossia il 26 luglio 2013).

Invero, la precisazione risulta particolarmente significativa perché finalizzata a dare risalto alla necessità della sussistenza del requisito della identità di sagoma ai fini della qualificazione come ristrutturazione, atteso che la riforma del 2013 portava proprio alla rimozione del vincolo relativo alla c.d. "identità di sagoma preesistente" richiesto dalla precedente disciplina.

8.3.4. Così facendo, il T.A.R. ha ritenuto di fare riferimento per il caso di specie ad una nozione di ristrutturazione che ricomprendeva gli interventi "consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica" (art. 3, comma 1, lett. d), in tal modo individuando quale parametro di riferimento ai fini della qualificazione dell'intervento proprio il rispetto della sagoma preesistente. A tali fini pertanto rilevano la conformazione planovolumetrica della costruzione ed il suo perimetro, da considerare sia in senso verticale che orizzontale.

8.3.5. Come detto, il primo giudice, sulla base degli esiti della consulenza tecnica d'ufficio, rilevava, a sostegno della propria decisione di annullamento del titolo edilizio, diversi aspetti di modifica della sagoma dei fabbricati demoliti e ricostruiti, con riferimento sia alla forma che alla sagoma altimetrica dell'immobile in senso verticale, con rilevanti modifiche delle altezze sul confine sud (da 2,30 m a 2,95 m e radicale modifica della forma e dimensione del tetto).

8.3.6. Invero, il T.A.R. non si limitava a rilevare la rotazione subita dalla sagoma preesistente ma statuiva espressamente che "la tavola 2 - area di sedime e consistenze dimensionali - della CTU illustra lo stato di fatto legittimato dalla concessione edilizia in sanatoria n. 202/08 in relazione alla sagoma dei due depositi condonati. Dal raffronto della Tavola 2 con la Tavola 3, relativa allo stato di fatto legittimato con il permesso di costruire n. 103/13 si percepiscono chiaramente le variazioni della sagoma e le altezze riportate a pag. 12, 16 e 29 della CTU che mettono in evidenza anche le variazioni della sagoma verticale. Le indicazioni contenute nelle pagine in questione autorizzano a ritenere sussistente anche una maggiorazione della superficie dell'immobile assentito alle preesistenze".

9. A fronte di tali affermazioni, il Collegio riscontra l'assenza di censure specifiche da parte degli appellanti, non potendo a tal fine rilevare neanche le generiche deduzioni effettuate dalla signora M. nel terzo motivo del proprio appello, con questo limitandosi a sostenere che l'identità di sagoma non potrebbe essere esclusa dalle modifiche individuabili nella rototraslazione, nello spostamento e nell'incremento di altezza (in tal modo, anzi, finendo per ammettere l'esistenza delle stesse).

9.1. D'altro canto, gli appellanti non sollevano alcuna critica neanche nei confronti del passaggio motivazionale della gravata pronuncia in cui il T.A.R., come detto, ricostruisce - in maniera significativa per sussumere l'intervento di demolizione e ricostruzione nella fattispecie della nuova costruzione valorizzando proprio l'aspetto relativo alla sagoma - la disciplina normativa applicabile, escludendo l'applicazione della suddetta novella.

10. In conclusione, in ragione di quanto esposto, entrambi gli appelli devono essere dichiarati inammissibili.

11. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti meglio indicati in epigrafe:

a) dichiara inammissibili gli appelli r.g. n. 8331/2016 e r.g. n. 8406/2016;

b) condanna gli appellanti, in solido fra loro, al pagamento, in favore del signor Sabato A., delle spese del presente grado di giudizio, nella misura di euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge se dovuti (I.V.A., C.P.A. e spese generali al 15%).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

L. Bolognini, E. Pelino (dirr.)

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F. Di Marzio (dir.)

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L. Di Muro, G. Correale (curr.)

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La Tribuna, 2024