Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 14 novembre 2022, n. 9954

Presidente: De Felice - Estensore: Ponte

FATTO

Con l'appello in esame l'odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 74 del 2019 del T.A.R. Bolzano, recante il rigetto dell'originario gravame. Quest'ultimo era stato proposto dalla stessa parte al fine di ottenere l'annullamento del provvedimento di rigetto del Sindaco del Comune di Ortisei del 16 maggio 2018, prot. n. PR/pr-2455-3438-4602, riguardante la domanda di rilascio della concessione edilizia in sanatoria per la riqualificazione dell'esistente legnaia ricompresa nella p.m. 2 della p.ed. 82, C.C. Ortisei e degli atti presupposti.

La domanda di concessione edilizia in sanatoria prevedeva, oltre alla realizzazione di un WC, anche la riqualificazione del volume di una preesistente legnaia per renderla fruibile come "vano hobby".

Il diniego si basava sui seguenti elementi: "la legnaia è definibile come pertinenza. Pertanto per la trasformazione della legnaia in un vano hobby con bagno completamente isolato e servito da impianti (locale abitativo adatto al soggiorno di persone) è necessaria la verifica che attraverso la trasformazione della legnaia in un locale abitativo non viene superata la cubatura massima ammissibile sul lotto. Inoltre deve essere rispettata la distanza minima dal confine di 5,00 m oppure presentato il consenso scritto del proprietario della p.f. 381 e della p.ed. 741/2 C.C. Ortisei per la deroga della distanza. Manca il consenso scritto di tutti i comproprietari dell'edificio, trattandosi di cubatura urbanistica che spetta all'intero edificio e di modifiche estetiche dell'edificio".

Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava i seguenti motivi di appello:

- erroneità della sentenza per ultrapetizione, per motivazione contraddittoria, illogica e insufficiente nonché per travisamento di fatti in relazione alle censure svolte al motivo 1 del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, violazione degli artt. 3, lett. d), e 13 n.d.a. al p.u.c. di Ortisei, dell'art. 59, comma 3, l.p. 13/1997 e del d.P.G.p. 23 maggio 1977, n. 22, eccesso di potere per travisamento, difetto istruttorio, perplessità e illogicità, in quanto la legnaia riqualificata con gli interventi oggetto della domanda di concessione edilizia in sanatoria formava a tutti gli effetti cubatura urbanistica;

- erroneità della sentenza per omessa pronuncia, motivazione contraddittoria, illogica e insufficiente nonché per travisamento di fatti in relazione alle censure svolte al motivo 2 del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, violazione degli artt. 873, 875 e 877 c.c. e degli artt. 59, comma 3, e 70 l.u.p., eccesso di potere per travisamento e difetto istruttorio, in quanto il collocamento della legnaia sul confine è rimasto legittimo risultando nella stessa posizione precedente;

- erroneità della sentenza per omessa pronuncia, motivazione contraddittoria, illogica e insufficiente nonché per travisamento di fatti in relazione alle censure svolte al motivo 3 del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, violazione dell'art. 70 l.u.p. e degli artt. 1108 e 1120 c.c., eccesso di potere per travisamento e difetto istruttorio, in quanto, non prevedendo la realizzazione di alcuna nuova cubatura urbanistica di spettanza di tutti i comproprietari del lotto edificato, non occorreva il loro consenso per il rilascio della richiesta concessione edilizia in sanatoria;

- erroneità della sentenza per omessa pronuncia, motivazione contraddittoria, illogica e insufficiente nonché per travisamento di fatti in relazione alle censure svolte al motivo 4 del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, violazione degli artt. 7 e 11/bis l.p. 17/1993, eccesso di potere per difetto di motivazione, essendosi l'Amministrazione appellata limitata a richiamare nel provvedimento di diniego impugnato i motivi asseritamente ostativi indicati nel "preavviso di rigetto", senza la doverosa valutazione delle osservazioni presentate.

L'amministrazione appellata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell'appello.

Alla pubblica udienza del 10 novembre 2022 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. Oggetto controverso è il diniego con cui l'amministrazione odierna appellata ha respinto la domanda di titolo in sanatoria per l'intervento di cui alla narrativa in fatto.

2. L'appello è fondato sotto due distinti profili, l'uno di carattere procedurale, l'altro di valenza sostanziale.

3. Sul primo versante, con il quarto motivo di appello, che va peraltro esaminato in via prioritaria stante il carattere procedurale, si lamenta che il diniego si limiti a reiterare i motivi indicati nel parere della commissione edilizia riportati nella comunicazione dei motivi ostativi.

3.1. Dall'esame della documentazione in atti risulta che con nota del 20 marzo 2018, prot. n. VS/vs-2455 il Comune appellato aveva comunicato agli interessati che la Commissione edilizia comunale aveva espresso parere negativo all'accoglimento della domanda suddetta sulla scorta dei seguenti elementi: "La legnaia è definibile come pertinenza. Pertanto per la trasformazione della legnaia in un vano hobby con bagno completamente isolato e servito da impianti (locale abitativo adatto al soggiorno di persone) è necessaria la verifica che attraverso la trasformazione della legnaia in un locale abitativo non viene superata la cubatura massima ammissibile sul lotto. Inoltre deve essere rispettata la distanza minima dal confine di 5,00 m oppure presentato il consenso scritto del proprietario della p.f. 381 e della p.ed. 741/2 C.C. Ortisei per la deroga della distanza. Manca il consenso scritto di tutti i comproprietari dell'edificio, trattandosi di cubatura urbanistica che spetta all'intero edificio e di modifiche estetiche dell'edificio".

3.2. A fronte di tale comunicazione, rilevante ai sensi degli artt. 11/bis l.p. 17/1993 e 10-bis l. 241 del 1990, gli interessati formulavano le proprie controdeduzioni, tramite le osservazioni inoltrate al Comune in data 20 aprile 2018.

3.3. In particolare, le osservazioni sottoponevano, nella innovata sede di sanatoria indicata dallo stesso Comune (cfr. nota comunale del 20 dicembre 2017 sub doc. n. 4 del fascicolo di primo grado), i seguenti elementi in controdeduzione: la richiesta del Comune circa la verifica della cubatura urbanistica ammissibile sul lotto si rivela contraddittoria e ingiustificata, atteso che la legnaia forma cubatura urbanistica esistente; al riguardo rilevavano che ciò è stato peraltro espressamente ammesso dallo stesso Comune che, infatti, ha riconosciuto che si tratta di pertinenza che ai sensi dell'art. 13 delle norme di attuazione al p.u.c. deve essere considerata ai fini del calcolo di cubatura; il Comune non ha considerato che la legnaia è stata realizzata prima dell'introduzione dei limiti di densità edilizia e configura quindi un diritto edificatorio acquisito che non necessita di ulteriore dimostrazione in ordine al rispetto del volume massimo ammissibile sul lotto; l'assunto del Comune, secondo cui la trasformazione da legnaia ad altro qualsivoglia vano accessorio, o finanche abitabile, produrrebbe nuova cubatura non trova alcun riscontro normativo ed è quindi privo di fondamento; contrariamente a quanto sostenuto dal Comune il progetto in argomento non prevede la trasformazione da legnaia in vano adatto al soggiorno permanente, ma il mantenimento della funzione di locale accessorio con la sola modifica dello specifico utilizzo (accessorio) da legnaia in vano hobby; anche la richiesta del Comune di fornire il consenso scritto del proprietario del lotto confinante per la "deroga della distanza" si rivela ingiustificata e illegittima, considerato che l'art. 59, comma 3, l.u.p. consente nelle zone residenziali non soggette a piano di attuazione di mantenere le distanze esistenti, anche se inferiori rispetto a quelle previste dal p.u.c.; siccome l'intervento contemplato nel progetto non prevede la realizzazione di nuova cubatura, altrettanto ingiustificata e illegittima si rivela la richiesta del Comune circa il consenso scritto dei comproprietari della p.ed. 82, C.C. Ortisei, che è stato comunque fornito, senza però prestare acquiescenza al relativo rilievo del Comune.

3.4. A fronte di tali controdeduzioni, come dato atto nella stessa memoria comunale, nel provvedimento di rigetto il Comune, limitandosi a prendere atto delle osservazioni scritte in data 20 aprile 2018 (prot. n. 4602 del 21 aprile 2018), così statuiva: "visto il parere espresso dalla commissione edilizia comunale nella seduta di data 09.05.2018, con il quale è stato pienamente riconfermato il parere della commissione edilizia di data 14.03.2018; fatti propri i motivi che ostano all'accoglimento della Sua domanda come precisati nella suddetta comunicazione del 20.03.2018"; e sulla scorta di tale unica considerazione, rigettava la richiesta di rilascio di concessione edilizia in sanatoria.

3.5. Già in termini formali la doverosa valutazione, così come imposta in termini di principio dall'art. 10-bis cit. ("Qualora gli istanti abbiano presentato osservazioni, del loro eventuale mancato accoglimento il responsabile del procedimento o l'autorità competente sono tenuti a dare ragione nella motivazione del provvedimento finale di diniego indicando, se ve ne sono, i soli motivi ostativi ulteriori che sono conseguenza delle osservazioni"), appare del tutto assente. Né il richiamo ad un parere reso su precedenti osservazioni su di un precedente progetto può assumere il rilievo evocato dal Comune, sia per la generale impossibilità di integrazione postuma della motivazione, sia per la diversità dello stesso progetto oggetto di domanda e valutazione.

3.6. Anche in termini sostanziali, non ha rilievo, nel caso di specie, il consolidato orientamento di questo Consiglio in ordine all'applicazione della norma di principio in questione nei termini non condivisibilmente applicati dalla sentenza impugnata.

La corretta applicazione dell'art. 10-bis cit. esige non solo che l'amministrazione enunci compiutamente nel preavviso di provvedimento negativo le ragioni che intende assumere a fondamento del diniego, ma anche che le integri, nella determinazione conclusiva (ovviamente, se ancora negativa), con le argomentazioni finalizzate a confutare la fondatezza delle osservazioni formulate dall'interessato nell'ambito del contraddittorio predecisorio attivato dall'adempimento procedurale in questione (cfr. ad es. C.d.S., Sez. VI, 27 settembre 2018, n. 5557).

3.7. In tale ottica, se è pur vero che non occorre che nel provvedimento finale sia svolta la puntale e analitica confutazione delle singole argomentazioni svolte dalla parte privata, essendo sufficiente ai fini della sua giustificazione una motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno dell'atto stesso, è altrettanto vero che - specie dinanzi ad una pluralità di elementi innovativi e di merito, come nel caso di specie - l'amministrazione sia tenuta all'esplicazione delle ragioni contrarie, anche attraverso una ripresa degli argomenti pregressi, in una motivazione nel provvedimento lesivo finale.

3.8. Nel caso di specie è mancato qualsiasi elemento, non solo formale, avendo l'amministrazione completamente omesso qualsiasi valutazione - anche di mera giustificazione nei termini predetti - attraverso una mera formula di stile, ripetibile per ogni procedimento.

3.9. Né tale violazione di una disciplina di principio, dettata a garanzia del privato istante che si sia fatto parte diligente nel procedimento (rispetto al quale sorge pertanto altresì un affidamento circa la correttezza, anche formale, dell'iter seguito dall'amministrazione) appare sanabile attraverso il riferimento al carattere vincolato del potere esercitato ovvero alla invocata sanatoria processuale.

3.9.1. Sul primo versante, sia in generale che in relazione alle questioni di merito affrontate nella specie, il potere in questione assume connotati di rilevante discrezionalità, come resi evidente dalle stesse considerazioni svolte dal Comune nelle memorie depositate per il presente giudizio, in relazione alla importanza anche urbanistica della questione in oggetto. Pertanto, tale rilevanza ne impone una previa valutazione approfondita nella naturale sede procedimentale, anche di doveroso contraddittorio imposto ex art. 10-bis cit.

3.9.2. Sul secondo versante, in disparte la questione dell'applicabilità del 21-octies l. 241 cit. in caso di violazione del 10-bis (risolta negativamente dal legislatore con una norma che, se non applicabile al caso di specie ratione temporis, fornisce fondamentali elementi ermeneutici anche per il pregresso), nel caso di specie nessun elemento consente di concludere nel senso che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso, a fronte della pluralità di elementi posti a base delle controdeduzioni e della natura del potere discrezionale in questione.

3.10. In termini di principio va ribadito che l'art. 10-bis cit. ha la funzione di assicurare un'effettiva partecipazione dell'istante all'esercizio del potere amministrativo, sollecitando un contraddittorio procedimentale in funzione collaborativa e difensiva. In tale modo, da un lato, si garantisce un apporto collaborativo del privato mediante l'introduzione di elementi istruttori o deduttivi suscettibile di apprezzamento da parte dell'organo procedente, dall'altro, si consente l'anticipata acquisizione in sede procedimentale di contestazioni (di natura difensiva) suscettibili di evidenziare eventuali profili di illegittimità delle ragioni ostative preannunciate dall'Amministrazione. L'applicazione dell'art. 10-bis cit. permette, dunque, all'organo procedente di esaminare anticipatamente le deduzioni svolte dall'istante, al fine di pervenire ad una motivata decisione idonea a statuire su tutti i profili controversi influenti sulla regolazione del rapporto amministrativo (cfr. ad es. C.d.S., Sez. VI, 10 febbraio 2020, n. 1001).

4. Sul secondo versante, di valenza sostanziale, pur dinanzi alla necessità di riesame in sede procedimentale degli elementi controdedotti in sede procedimentale, risulta fondata in parte qua la censura di cui al primo motivo di appello, con specifico riferimento alla consistenza pregressa ed alla qualificazione del volume in questione, concernente quella che risulta pacificamente definita dalle parti in termini di "ex legnaia".

4.1. In linea di fatto, risulta accertato che l'unità abitativa in questione (sita in Ortisei, in Via Resciesa n. 53) sia ricompresa nel compendio immobiliare composto da un edificio principale, eretto nel 1910 e denominato "Villa Rudolfine", e da un fabbricato accessorio, collocato a nord-ovest dell'edificio principale, direttamente in aderenza allo stesso, ma non in comunicazione con il medesimo. Il lato ovest del fabbricato accessorio è posto direttamente sul confine con la p.f. 381, C.C. Ortisei. Il compendio immobiliare è soggetto a tutela degli insiemi (zona 3-Lenert edificio A1, all. 13 del Comune) e ricade, secondo il p.u.c. di Ortisei, in "zona residenziale B2 - zona di completamento", non soggetta a piano di attuazione (all. 5 dei ricorrenti).

Il fabbricato accessorio adibito a legnaia, oggetto della residua controversia, è stato realizzato all'inizio degli anni sessanta e quindi prima dell'entrata in vigore nel Comune di Ortisei dello strumento urbanistico e prima dell'introduzione dei limiti di densità edilizia con l'entrata in vigore del primo piano regolatore generale, approvato con delibera della Giunta provinciale del 4 ottobre 1966, n. 2551 (cfr. progetto approvato dal Comune di Ortisei in data 16 aprile 1962, all. 6 dei ricorrenti).

In data 2 marzo 2017 il ricorrente Igor F. ha chiesto al Comune di Ortisei il rilascio di una concessione edilizia per la "ristrutturazione interna completa dell'appartamento sito al piano terra" della p.m. 2 della p.ed. 82. In data 8 maggio 2017 è stata rilasciata la concessione edilizia n. 51/2017.

Contestualmente è stata rilasciata al ricorrente Igor F. la concessione edilizia n. 38/2017 dd. 7.4.-3.5.2017 relativa al "progetto di variante per la trasformazione dei locali laboratorio al piano interrato (centro ed est) in un appartamento, per il risanamento del laboratorio con vano accessorio sul lato ovest e per l'ampliamento della terrazza al piano terra (ovest).

4.2. La questione controversa si concentra, quindi, sul locale c.d. "ex legnaia", pertinenza accessoria dell'immobile oggetto dei richiamati titoli edilizi, avente la medesima consistenza volumetrica, che la parte istante ha trasformato in vano "hobby", nei termini evidenziati nel progetto posto a base della domanda di sanatoria, ai fini sanitari e di tutela parimenti indicati.

4.3. Se in termini di ingombro volumetrico la preesistenza e la consistenza non appaiono in discussione, ciò che assume rilievo dirimente, ai fini di causa, è la qualificazione del locale che, pur dinanzi alla trasformazione in contestazione, è sempre qualificabile in termini di vano accessorio e pertinenziale all'immobile principale.

4.4. Nel caso di specie, la permanenza del medesimo volume accessorio preesistente e la destinazione funzionale a servizio del medesimo immobile principale escludono la sussistenza di elementi tali da concludere nel senso della nuova costruzione, posta a base del diniego e delle ulteriori considerazioni prospettiche comprensibilmente svolte dal Comune.

4.5. Il volume preesistente resta di carattere accessorio: nel mutare l'attività accessoria, in termini peraltro coerenti all'evoluzione sociale e del contesto di riferimento, ne viene mantenuto il carattere pertinenziale, di accessorietà all'immobile principale. In sostanza, se nel precedente contesto assumeva carattere accessorio mantenere la legna, necessaria al riscaldamento, nell'attuale contesto (specie dinanzi all'evoluzione dei sistemi di riscaldamento, anche in termini di transizione ecologi[c]a) è pienamente ammissibile qualificare in termini di accessorietà la destinazione a vano sport, per lo svolgimento di attività ludiche e sanitarie da parte dei medesimi titolari e fruitori del bene principale. Questi ultimi, in sostanza, come potevano utilizzare il volume accessorio preesistente a servizio dell'immobile per il riscaldamento, ben possono, senza aumento volumetrico od incremento del carico urbanistico, utilizzare il medesimo volume per diverse attività accessorie.

4.6. In definitiva, il vano resta non residenziale ma meramente accessorio alla residenza dell'immobile principale; senza alcun aumento del carico urbanistico, che anzi può diminuire a fronte del venir meno del passaggio dei mezzi necessari a portare la legna. Invero, né il Comune né la sentenza impugnata hanno evidenziato concreti elementi di aumento del carico urbanistico, dandolo per scontato a fronte della realizzazione di un mero wc; quest'ultimo, a servizio dei medesimi fruitori sempre del medesimo immobile principale, non è chiarito in che termini potrebbe aumentare il predetto carico.

4.7. Quanto sin qui evidenziato esclude in radice il sorgere delle - corrette e condivisibili - preoccupazioni evidenziate nelle difese comunali, in merito al rischio della proliferazione della trasformazione di preesistenti pertinenze in nuove residenze abitative e residenziali, con ogni conseguente rischio, anche in termini di incremento del carico urbanistico.

Nel caso di specie, infatti, lungi dall'essersi realizzato un nuovo volume dotato di autonoma rilevanza rispetto all'immobile principale, si è dato luogo alla trasformazione di un volume preesistente in un'attività accessoria distinta dalla precedente ma sempre di valenza pertinenziale, ancora a servizio dell'immobile principale.

5. Le considerazioni sin qui svolte comportano altresì il superamento delle residue contestazioni poste a base del diniego, aventi tutte come presupposto la qualificazione del vano nei termini di n[u]ovo vano abitabile comportante aumento di carico urbanistico.

6. L'appello va pertanto accolto sulla scorta del duplice profilo indicato, con conseguente onere di rivalutazione dell'amministrazione: in termini procedimentali, attraverso la specifica valutazione delle controdeduzioni fornite in sede di risposta alla comunicazione dei motivi ostativi; in termini sostanziali, attraverso la corretta qualificazione dell'intervento rispetto al pregresso volume preesistente.

All'accoglimento dell'appello consegue, in riforma della sentenza impugnata, l'accoglimento del ricorso di primo grado nei sensi predetti.

7. Le spese del doppio grado di giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado.

Condanna parte appellata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio in favore di parte appellante, liquidate in complessivi euro 6.000,00 (seimila/00), oltre accessori dovuti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.