Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
Sezione I
Sentenza 23 novembre 2022, n. 993

Presidente: Caruso - Estensore: Felleti

FATTO

Con ricorso notificato il 9 dicembre 2021 e depositato il 23 dicembre 2021 Gral Costruzioni s.r.l. (d'ora innanzi, anche Gral), in proprio e in qualità di mandataria del costituendo R.T.I. con Edilizia 3A s.r.l., ha impugnato gli atti della procedura negoziata indetta dall'Università degli Studi di Genova per l'affidamento dei lavori di restauro dell'ala est del complesso denominato ex Albergo dei Poveri e, segnatamente, i verbali di verifica della congruità della manodopera e la determina di aggiudicazione in favore di I.M.E. s.r.l. (d'ora innanzi, anche IME). In particolare, premesso di essersi classificata seconda in graduatoria, la ricorrente ha chiesto l'annullamento degli atti e la condanna dell'Amministrazione al risarcimento del danno in forma specifica, con subentro nel contratto eventualmente stipulato, o, in subordine, al ristoro per equivalente.

Ha articolato i seguenti motivi:

I) Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 94, comma 1, lett. a), dell'art. 95, comma 14, e dell'art. 30 del d.lgs. n. 50/2016. Violazione e/o falsa applicazione delle prescrizioni tecniche di cui al progetto esecutivo. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 97 Cost. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di motivazione, travisamento dei fatti, violazione della par condicio, manifesta illogicità e contraddittorietà. Per giustificare i bassissimi costi del lavoro esposti in sede di offerta, la controinteressata avrebbe mutato le prescrizioni tecniche del progetto esecutivo a base di gara, prevedendo di realizzare con strumenti meccanizzati lavorazioni contemplate come manuali. Ma tali varianti dovrebbero reputarsi inammissibili, trattandosi di un appalto da aggiudicare con il criterio del minor prezzo; inoltre, le modifiche attingerebbero anche disposizioni inderogabili del P.S.C. e trascurerebbero le peculiari condizioni dell'edificio. Sotto altro profilo, in sede di chiarimenti l'aggiudicataria avrebbe alterato l'offerta, ammettendo la necessità di impiegare ulteriore forza lavoro, con inevitabile incremento degli oneri della manodopera originariamente indicati.

II) Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 95, comma 10, dell'art. 97, dell'art. 105, comma 16, e dell'art. 30 del d.lgs. n. 50/2016. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta. Gli atti avversati risulterebbero inficiati da travisamenti e illogicità macroscopiche, non essendosi la stazione appaltante avveduta della fallacia delle argomentazioni spese dalla controinteressata per cercare di dimostrare la correttezza dei costi della manovalanza. In particolare, l'impresa vincitrice avrebbe "manipolato" il contenuto dell'accordo tra le parti sociali recepito nel d.m. n. 143 del 25 giugno 2021, che fissa le percentuali minime di congruità della manodopera, decurtando le spese generali e l'utile dal valore delle opere in OG2. Inoltre, avrebbe preso a riferimento voci del prezziario della Lombardia, che presentano una minore incidenza del lavoro rispetto a quelle del prezziario ligure.

Sia l'Università degli Studi di Genova sia I.M.E. s.r.l. si sono costituite in giudizio, instando per la reiezione del gravame.

Con ordinanza n. 21 del 17 gennaio 2022 il Tribunale ha accolto l'istanza cautelare accedente al ricorso, ravvisando i presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora.

Con successiva ordinanza n. 269 del 7 aprile 2022 il Collegio ha licenziato una C.T.U. ai sensi dell'art. 67 c.p.a., incaricando il consulente, arch. Paolo Andrea Raffetto, di accertare se gli strumenti e gli accorgimenti tecnici indicati da IME: i) consentano l'esecuzione dei lavori a regola d'arte, con il coevo svolgimento in sicurezza dell'attività didattica; ii) comportino il risparmio di manodopera stimato dall'aggiudicataria, permettendo di realizzare le opere con una forza lavoro media di n. 4,74 unità/giorno in n. 613 giorni lavorativi. Il C.T.U. ha depositato la relazione conclusiva in data 14 ottobre 2022.

Le parti private hanno ribadito ed ampliato le proprie difese con memorie ai sensi dell'art. 73, comma 1, c.p.a., insistendo nelle rispettive conclusioni.

Alla pubblica udienza del 4 novembre 2022 la causa è stata assunta in decisione.

DIRITTO

1. Giova premettere che la controinteressata I.M.E. s.r.l., prima classificata nella graduatoria della procedura in contestazione, ha indicato in sede di offerta un costo della manodopera pari ad euro 617.951,52 (doc. 18 ricorrente).

Trattandosi di un importo inferiore di oltre la metà rispetto a quello preventivato progettualmente, la stazione appaltante ha chiesto chiarimenti all'impresa (doc. 8 ricorrente).

Con una prima nota la controinteressata ha trasmesso una tabella, nella quale ha dichiarato di impiegare n. 6 operai edili per n. 23.280 ore lavorate e per costi orari di euro 24,72, euro 27,41 ed euro 29,51 (a seconda del livello dei manovali), ricavando l'importo complessivo di euro 617.951,52 (doc. 9a ricorrente).

A seguito della contestazione del R.U.P. circa la correttezza dei suddetti calcoli, che non tengono conto dei n. 859 giorni previsti dal cronoprogramma (doc. 10 ricorrente), IME:

- ha replicato che i giorni effettivamente lavorati sono n. 613 (essendo la settimana lavorativa composta da cinque giornate);

- ha rilevato che l'importo di euro 1.008,07 die (euro 617.951,52 / 613), diviso per n. 8 ore e per il costo medio orario di euro 26,54, determina una forza lavoro di n. 4,74 unità al giorno;

- ha spiegato l'impiego di un numero di operai inferiore a quello ipotizzato dal progettista della committente (pari a n. 10 unità/giorno: cfr. pag. 4 del PSC, sub doc. 4 ricorrente) con la previsione di realizzare con attrezzature e mezzi meccanici molte lavorazioni progettate come manuali, riducendo così le maestranze (doc. 11a ricorrente).

A questo punto, convocata ad un'audizione orale, a fronte delle perplessità del R.U.P. in merito al rispetto dei tempi di esecuzione della commessa con la sola manovalanza da ultimo indicata, IME ha obiettato che "la presenza della forza lavoro che verrà effettivamente utilizzata in cantiere sarà superiore al valore medio di 4.74 operai che deriva da un mero calcolo matematico", aggiungendo che "la forza lavoro sarà quella che si renderà necessaria per eseguire a regola d'arte le lavorazioni nel rispetto dei tempi contrattuali" (doc. 13a ricorrente).

2. Tanto premesso, il primo motivo di ricorso è fondato e assorbente, nei sensi che in appresso si espongono.

2.1. Come analiticamente illustrato dal C.T.U. nella relazione peritale, gli strumenti e gli accorgimenti tecnici e costruttivi prospettati da IME, sia in sede di chiarimenti sia nella relazione depositata in giudizio (sub doc. 21 controinteressata), pur non impedendo il contestuale svolgimento delle lezioni universitarie, si rivelano concretamente fruibili solo in minima parte e non producono un risparmio di manodopera di portata tale da consentire di realizzare le opere con n. 4,74 unità/giorno in n. 613 giornate di lavoro.

In particolare, gli esiti degli accertamenti del C.T.U. sono così sintetizzabili:

- molti attrezzi sono incompatibili con la tipologia di lavorazioni (trattandosi del restauro di un edificio storico sottoposto a vincolo monumentale) e con l'ubicazione fisica del cantiere, contrastando oltretutto con prescrizioni inderogabili del progetto esecutivo e del piano di sicurezza e coordinamento (escavatori a risucchio, macchina intonacatrice, scalpello ad aghi, big bag, minipala elettrica e mezzi per allontanamento detriti);

- altri macchinari non apportano un beneficio in termini di riduzione degli operai (ponteggi auto-sollevanti, minifrantumatrice e minimacina per legno);

- taluni utensili risultano già contemplati in progetto e, pertanto, non comportano un risparmio di tempo e di maestranze (pinze idrauliche, martelli demolitori, montacarichi);

- le residue misure proposte, pur ammissibili e foriere di un minor fabbisogno di manovalanza (cassaforma a telaio in alluminio, nastri trasportatori macerie e transpallet elettrico), portano comunque a stimare necessari n. 9 uomini/giorno e, pertanto, non permettono di eseguire l'intervento edilizio con l'esigua forza lavoro media di n. 4,74 unità/giorno in n. 613 giorni.

2.2. Alla luce di ciò, ritiene il Collegio che l'Amministrazione resistente abbia illegittimamente aggiudicato la gara alla società controinteressata, omettendo di rilevare la macroscopica inattendibilità della sua offerta e/o la palese incongruenza dei costi del lavoro esposti.

Occorre rammentare che, in forza del combinato disposto degli artt. 95, comma 10, e 97, comma 5, lett. d), del d.lgs. n. 50/2016, prima dell'aggiudicazione le stazioni appaltanti devono verificare che il costo del personale non sia inferiore ai minimi salariali retributivi.

Tale accertamento (che non dà luogo a un sub-procedimento di verifica di anomalia dell'intera offerta, ma mira esclusivamente a controllare il rispetto del salario minimo: cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 11 novembre 2022, n. 14776) è sempre obbligatorio, anche nei casi, quale quello in esame, di gara al massimo ribasso e mancata esclusione del concorrente con il c.d. taglio delle ali ex art. 97, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016. Diversamente, infatti, potrebbe essere messo a repentaglio il diritto dei lavoratori alla retribuzione minima, tutelato dall'art. 36 Cost. (in argomento cfr., ex multis, T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 21 dicembre 2020, n. 1994; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 1° giugno 2020, n. 978; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, 16 marzo 2020, n. 329; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 26 marzo 2018, n. 608).

Orbene, nonostante i tentativi di IME di difendere la sostenibilità della propria offerta, invocando, da un lato, il diritto dell'impresa di organizzare i fattori produttivi e, dall'altro lato, il dichiarato rispetto dei minimi salariali, è evidente che:

- o l'offerta si riferisce a n. 4,74 uomini/giorno e quindi, anche considerando gli accorgimenti tecnici ammissibili, è palesemente inidonea, risultando necessari almeno n. 9 uomini/giorno;

- oppure richiede l'aumento delle maestranze ed allora i conti sul costo complessivo della manodopera - confessoriamente - non tornano, come giustamente stigmatizzato dalla ricorrente.

Per quanto concerne il richiamato diritto dell'imprenditore di organizzare e gestire i mezzi secondo le soluzioni dal medesimo ritenute più opportune, si osserva che il suddetto diritto (rectius, libertà) non può giungere ad obliterare le regole tecniche indispensabili per assicurare l'integrale rispetto del progetto, oltre che le prescrizioni della committenza e/o dell'autorità tutoria. E ciò viepiù nel caso di specie, in cui il restauro riguarda un bene soggetto a vincolo monumentale e, quindi, bisognevole di particolari precauzioni (sul punto cfr. anche pag. 47 della relazione peritale).

Parimenti, si rivela inaccoglibile l'argomento della difesa erariale secondo cui, avendo l'aggiudicataria accettato di realizzare il progetto posto in gara, la metodologia di lavorazione prospettata per limitare l'impiego di personale si collocherebbe in sede di esecuzione e, di conseguenza, sarebbe insindacabile nella fase evidenziale. Tale tesi dimentica che l'uso di strumenti meccanici è stato ideato dalla controinteressata in deroga alle previsioni progettuali: pertanto, "Vero è che sussiste la flessibilità organizzativa caratteristica di ogni organizzazione imprenditoriale: ma essa dev'essere esplicitata all'atto della presentazione dell'offerta e nell'ambito di essa, non potendo certo essere oggetto di una riserva mentale per poi essere ricostruita, ex post, sulla base di variabili dipendenti esclusivamente dall'offerente, introdotte successivamente" (così T.A.R. Liguria, Sez. I, 11 luglio 2022, n. 595).

Con riferimento agli oneri della manodopera, è lapalissiana l'insufficienza della mera formale dichiarazione dell'impresa di corrispondere ai lavoratori un importo medio orario conforme alle tabelle ministeriali, dovendo contestualmente apprezzarsi l'adeguatezza del numero degli operai impiegati nel cantiere e delle ore lavorate, in relazione al cronoprogramma dei lavori. Diversamente opinando, l'obbligo dello stipendio base si presterebbe a facili elusioni, perché sarebbe sufficiente indicare in sede di offerta una quantità di personale e/o di ore inferiore a quella realmente necessaria e poi, una volta ottenuto l'affidamento, arruolare e sottopagare manovalanza aggiuntiva per eseguire la commessa nei tempi e con le modalità stabilite dal capitolato (in argomento v. C.d.S., Sez. III, 5 giugno 2020, n. 3573; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 11 novembre 2022, n. 14776, cit.).

3. Prive di pregio si appalesano le obiezioni mosse dalla controinteressata alle risultanze della C.T.U., vale a dire:

a) l'esclusione dello scalpello ad aghi e della macchina intonacatrice si fonderebbero su un'indicazione della Soprintendenza che il perito d'ufficio non avrebbe potuto tenere in considerazione, perché formulata solo in seno alle operazioni peritali;

b) il parere soprintendentizio si baserebbe sull'erroneo assunto che l'intonaco vada demolito unicamente ove ammalorato, anziché per l'intera superficie delle facciate dell'edificio, come si evincerebbe dal quadro di incidenza della manodopera;

c) l'intonacatrice risulterebbe utilizzabile per stendere la malta, perché si limita a spararla sul muro, provvedendosi manualmente alla successiva rasatura mediante il c.d. frattazzo, e in quanto il progetto non prescriverebbe l'esecuzione manuale della prestazione in parola.

3.1. Per quanto concerne il primo profilo oggetto di critica, si rileva che l'intervento di restauro e messa in sicurezza ha ad oggetto l'ala est dell'ex Albergo dei Poveri, edificio storico costituente bene culturale, ed è stato pertanto autorizzato dalla Soprintendenza, ai sensi dell'art. 21, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004.

Segnatamente, con un primo titolo in data 2 ottobre 2020, l'autorità tutoria ha assentito le opere rappresentate negli elaborati del progetto definitivo, subordinandole tuttavia a diverse prescrizioni (doc. 15 controinteressata).

In seguito, verificata l'avvenuta modifica dei documenti progettuali in conformità alle prescrizioni impartite, con provvedimento in data 15 aprile 2021 la Soprintendenza ha confermato l'autorizzazione "alla realizzazione delle opere, così come descritte negli elaborati del progetto consegnati in ottemperanza" (doc. 3 ricorrente).

Al fine di compiere una valutazione completa, il C.T.U. ha ritenuto opportuno interpellare la Soprintendenza in merito alla possibilità di rimuovere l'intonaco mediante lo scalpello (o scrostatore) ad aghi e di provvedere alla successiva stesura del nuovo intonaco con la macchina intonacatrice, trattandosi di attrezzi meccanici normalmente non rientranti nel novero degli strumenti del cantiere di restauro.

Ciò posto, l'acquisizione del parere soprintendentizio, lungi dall'essere censurabile sotto il profilo metodologico, testimonia in realtà lo scrupolo con il quale il consulente d'ufficio ha condotto le operazioni peritali.

Né vale ad IME sostenere che, al tempo di presentazione dell'offerta, non conosceva l'orientamento dell'autorità tutoria contrario all'utilizzabilità dello scrostatore ad aghi e dell'intonacatrice. Infatti, essendo stata la stessa concorrente ad ipotizzarne l'impiego, in deroga alle regole tecniche dei cantieri di restauro ed alle specifiche previsioni capitolari, costituiva suo onere sincerarsi dell'effettiva praticabilità di siffatte soluzioni, chiedendo delucidazioni alla stazione appaltante (la quale, a sua volta, verosimilmente avrebbe coinvolto la Soprintendenza).

3.2. Con riguardo alla rimozione dell'intonaco mediante lo scalpello ad aghi, strumento elettrico azionato da un operaio, si rileva che il provvedimento del 2 ottobre 2020 contiene la seguente prescrizione: "Gli intonaci antichi sulle facciate oggetto di intervento dovranno essere conservati e consolidati. È ammessa la sostituzione delle sole porzioni effettivamente ammalorate ed irrecuperabili, o di quelle realizzate in epoche recenti con malte cementizie, previo accurato esame diagnostico chimico-mineralogico e mappatura dello stato di conservazione" (doc. 15 controinteressata).

Pertanto, con la nota del 12 agosto 2022 l'organo statale - premesso che lo scrostatore ad aghi è generalmente escluso in base alle regole dell'arte quando si opera su aree circoscritte di muratura - ha confermato la validità di tale regola generale nel caso in esame, perché l'autorizzazione del 2 ottobre 2020 consente la sostituzione dell'intonaco nelle sole porzioni delle facciate in cui lo stesso è irrimediabilmente degradato. Segnatamente, il Soprintendente ha evidenziato come "difficilmente con uno scalpello a aghi si possa ottenere la stessa accuratezza e selettività nella demolizione delle sole parti «effettivamente ammalorate ed irrecuperabili», come richiesto nelle prescrizioni dell'autorizzazione richiamata, di una demolizione realizzata con punta e mazzetta da un operatore esperto" (v. allegato 2 alla relazione peritale).

Contrariamente all'assunto di IME, gli elaborati progettuali non prevedono la rimozione dell'intonaco dall'intera superficie delle facciate.

Invero, come emerge dalla relazione tecnica delle opere architettoniche, allegata al progetto esecutivo, l'intervento sui prospetti esterni consiste nella scalcinatura (con successiva nuova intonacatura) solo laddove l'intonaco è degradato, in conformità alla prescrizione dell'autorizzazione soprintendentizia (v. pag. 8 della relazione tecnica delle opere architettoniche, sub doc. 6b ricorrente: "Preliminarmente perciò è da eseguire una mappatura del degrado dell'intonaco ancora esistente e poi concordare l'intervento di ripresa o rifacimento con la DL. Stessa cosa anche per i cielini e i davanzali. Il ciclo di restauro e risanamento dell'intonaco prevede l'utilizzo di prodotti a base di calce idraulica naturale NHL: - mappatura dell'intonaco originale e conseguente stratigrafia, con individuazione dei fenomeni espansivi, distacchi, erosioni, efflorescenze, analisi del quadro fessurativo; - asportazione delle parti di intonaco decoeso o non ancorato al supporto - ricostruzione delle parti asportate; - ristilatura dei giunti mediante malta di allettamento").

Irrilevante è, invece, il fatto che nel documento di stima dell'incidenza della manodopera e, precisamente, nelle due voci 7-90.D10-D21 e 8-90.D15.A07, relative all'eliminazione dell'intonaco ed al ripristino dello stesso, sia indicata una superficie di 2.171 mq.

Anzitutto, non pare corretta la deduzione difensiva secondo cui la predetta estensione superficiaria coinciderebbe con l'intera area oggetto di scrostamento, perché la voce 85-AP18 dello stesso documento riporta una superficie complessiva di 4.580,69 mq. da sottoporre a mappatura, per definire le porzioni in cui l'intonaco dovrà essere effettivamente restaurato (v. pag. 10 della stima, sub doc. 23 controinteressata: "esecuzione di mappatura degli intonaci e restituzione grafica, da eseguirsi preliminarmente e preventivamente all'integrazione dell'intonaco di facciata e al restauro. Comprendente lo stato di conservazione e degrado del manufatto, e le prove e i saggi ritenuti utili per la relazione, da eseguirsi con l'ausilio di restauratori iscritti all'albo che saranno coordinati con la Soprintendenza nella definizione degli interventi da realizzare"; identica previsione è contenuta nella voce 81/23-AP18 a pag. 17 del computo metrico estimativo, sub doc. 24 controinteressata).

In ogni caso, per le prestazioni di scrostatura ed intonacatura il progettista ha prudenzialmente indicato i valori per eccesso, trattandosi di lavorazioni remunerate "a misura" (v. pag. 46 della relazione peritale e pag. 8 della relazione tecnica delle opere architettoniche), ma entrambe le voci 7-90.D10-D21 e 8-90.D15.A07 fanno testuale riferimento ad interventi su aree circoscritte delle facciate e degli interni. Segnatamente, la voce 7-90.D10-D21 riguarda "Scrostamento di intonaco interno ed esterno, eseguito a mano fino al vivo della muratura... per campitura parziale misurata entro la figura geometrica circoscritta"; la voce 8-90.D15.A07 concerne "Integrazione a rappezzi di intonaco interno o esterno".

3.3. Nella nota del 12 agosto 2022 la Soprintendenza ha ritenuto la macchina intonacatrice incompatibile con il restauro in discussione, alla luce della prescrizione, contenuta nel provvedimento del 2 ottobre 2020, secondo cui "La stesura dell'intonaco dovrà avvenire a più strati, seguendo le irregolarità della muratura senza procedere a regolarizzarne la superficie".

Pertanto, anche la posa iniziale della malta va eseguita senza l'ausilio dello strumento meccanizzato, il quale non consentirebbe di riprodurre con precisione le asperità della struttura muraria che l'autorità tutoria ha inteso mantenere, sulla scorta di un apprezzamento ampiamente discrezionale e non oggetto di contestazioni.

Peraltro, come evidenziato dal C.T.U., tale necessità era ricavabile già dal capitolato speciale di appalto, che prescrive la stesura dell'intonaco "a cazzuola", contemplando dunque l'impiego del prefato utensile manuale già per la fase iniziale della posa (v. pagg. 54 e 67 dell'elaborato peritale), cui fa seguito la rasatura con il frattazzo.

4. In relazione a quanto precede, il ricorso si appalesa fondato e va, quindi, accolto, con conseguente annullamento degli impugnati atti della procedura di gara. In virtù dell'effetto conformativo della statuizione demolitoria, in sede di riedizione del potere l'Amministrazione dovrà stabilire se il costo della manodopera indicato da IME in euro 617.951,52 assicuri o meno il rispetto dei minimi salariali con riferimento a n. 9 uomini/giorno, impegnati in cantiere per n. 613 giorni e per n. 8 ore die.

Non vi è luogo per pronunciarsi sulla domanda risarcitoria (né in forma specifica, né per equivalente), perché il contratto con la controinteressata non è stato ancora stipulato, con la conseguenza che Gral, ricorrendone i presupposti, potrà essere dichiarata aggiudicataria dell'appalto per cui è causa e, quindi, conseguire il bene della vita agognato.

5. Le spese di lite seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

6. Vanno posti a carico dell'Università degli Studi di Genova e di I.M.E. s.r.l., in ragione di metà per ciascuna delle due parti ed in solido tra le stesse, gli oneri della C.T.U., che saranno liquidati con successivo decreto, a seguito di presentazione della nota spese del perito. L'acconto di euro 1.500,00 oltre accessori stabilito con l'ordinanza di affidamento dell'incarico, qualora effettivamente versato dalla ricorrente, dovrà esserle rimborsato dalle controparti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla gli atti impugnati.

Condanna l'Università degli Studi di Genova e I.M.E. s.r.l., in ragione di metà per ciascuna ed in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite in favore di Gral Costruzioni s.r.l., liquidandole forfettariamente nell'importo di euro 6.000,00 (seimila//00), oltre accessori di legge e rimborso del contributo unificato.

Pone a carico dell'Università degli Studi di Genova e di I.M.E. s.r.l., in ragione di metà per ciascuna ed in solido tra loro, gli oneri della C.T.U., da liquidarsi con successivo decreto, all'adozione del quale è fin d'ora delegato il giudice relatore, dott.ssa Liliana Felleti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.