Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo
Sentenza 12 gennaio 2023, n. 13
Presidente: Panzironi - Estensore: Perpetuini
FATTO
Con il ricorso in epigrafe le ricorrenti chiedono l'accertamento e la declaratoria di illegittimità del silenzio serbato dal Comune di Teramo sulla istanza in data 16 ottobre 2017, con la quale le Sig.re Teresa D.L., Silvia G. e Lia G., proprietarie delle aree site in Comune di Teramo ed identificate al catasto urbano al foglio n. 66, ex part. nn. 381, 382, 387 e 389 (successivamente fuse, con mappale n. 4747 del 30 dicembre 1994, nell'attuale part. n. 452), ex part. n. 283 (successivamente fusa, con mappale n. 214 del 16 gennaio 1995, nell'attuale part. 453) ed ex part. nn. 476 e 475 (successivamente fuse, con mappale 492 del 14 febbraio 2000, nell'attuale part. 494) hanno chiesto al Comune di Teramo di adottare un atto di acquisizione sanante ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001 per l'ablazione dei beni immobili identificati al catasto urbano foglio n. 66, part. nn. 452, 453 e 494, con erogazione del relativo indennizzo calcolato in base al combinato disposto di cui agli artt. 37 e 42-bis del medesimo d.P.R., per la relativa quota di proprietà o, in alternativa, di restituire i beni immobili identificati al catasto urbano foglio n. 66, part. nn. 452, 453 e 494, previa rimessa in pristino dello stato dei luoghi, liberandoli dagli edifici ivi costruiti, nonché di risarcire il danno patrimoniale e non patrimoniale sofferto per il mancato godimento del bene immobile durante tutto il periodo di occupazione illegittima dall'immissione in possesso ad oggi.
Alla camera di consiglio del 21 dicembre 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato e deve essere accolto limitatamente alla dichiarazione dell'obbligo del Comune di concludere il procedimento amministrativo con provvedimento espresso.
Secondo quanto disposto dall'art. 2 l. 241/1990, la P.A. ha l'obbligo di concludere il procedimento, avviato d'ufficio o su istanza di parte, con un provvedimento espresso.
Tale obbligo trova il suo fondamento nel generale dovere di buona amministrazione e di correttezza che deve orientare l'attività amministrativa e dal quale sorge un'aspettativa in capo al privato di ottenere una risposta esplicita all'istanza presentata.
Ormai da tempo, inoltre, la giurisprudenza e la dottrina prevalenti, partendo dal principio generale della doverosità dell'azione amministrativa, e integrandolo con le regole di ragionevolezza e buona fede, tendono ad ampliare l'ambito delle situazioni in cui vi è obbligo di provvedere, al di là di quelle espressamente riconosciute dalla legge.
Si afferma, così, che "esiste l'obbligo di provvedere, oltre che nei casi stabiliti dalla legge, in fattispecie ulteriori nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongono l'adozione di un provvedimento. Si tende, in tal modo, ad estendere le possibilità di protezione contro le inerzie della Amministrazione pur in assenza di una norma ad hoc che imponga un dovere di provvedere. Espressione di tale orientamento è, ad esempio, C.d.S., Sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 7975 secondo cui "indipendentemente dall'esistenza di specifiche norme che impongano ai pubblici uffici di pronunciarsi su ogni istanza non palesemente abnorme dei privati, non può dubitarsi che, in regime di trasparenza e partecipazione, il relativo obbligo sussiste ogniqualvolta esigenze di giustizia sostanziale impongano l'adozione di un provvedimento espresso, in ossequio al dovere di correttezza e buona amministrazione (art. 97 Cost.), in rapporto al quale il privato vanta una legittima e qualificata aspettativa ad un'esplicita pronuncia" (C.d.S., Sez. VI, 11 maggio 2007, n. 2318).
Inoltre, l'art. 1, comma 38, l. 190/2012 ha introdotto al comma 1 dell'art. 2 l. 241/1990 la seguente disposizione: "Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo".
La novella normativa, espressamente prevedendo forme semplificate del provvedimento in ipotesi di manifesta infondatezza o inammissibilità dell'istanza proposta, implicitamente impone alla P.A. di esprimersi sempre e in ogni caso sulle richieste dei cittadini anche se queste, appunto, si rappresentino manifestamente infondate o inammissibili.
Per quanto concerne, nello specifico, la fattispecie in giudizio, rileva il collegio che l'art. 42-bis ha introdotto nell'ordinamento una facoltà di valutazione della fattispecie da parte dell'Amministrazione "che utilizza il bene" correlata all'eventuale acquisizione in via di sanatoria della proprietà sulle aree precedentemente da essa occupate, che fonda in capo ai proprietari medesimi una posizione di interesse legittimo autonomamente tutelabile mediante il rimedio processuale deputato alla rimozione del silenzio illegittimamente serbato. Conseguentemente, la P.A. ha l'obbligo giuridico di esaminare le istanze dei proprietari volte ad attivare il procedimento di cui all'art. 42-bis del d.P.R. 327/2001, adeguando la situazione di fatto a quella di diritto e facendo comunque venir meno la situazione di occupazione sine titulo dell'immobile con il ripristino della legalità.
Ancorché l'art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001 non preveda un avvio del procedimento ad istanza di parte, il privato può comunque sollecitare l'Amministrazione ad avviare il relativo procedimento con conseguente obbligo per la stessa di provvedere al riguardo, ai sensi dell'art. 2 l. n. 241/1990, essendo l'eventuale sua inerzia configurabile quale silenzio-inadempimento.
La regolarizzazione dell'utilizzazione del bene ai sensi dell'art. 42-bis del d.P.R. 327/2001 non è rimessa alla sola iniziativa della Pubblica Amministrazione, ma può essere stimolata anche dall'interessato che, quindi, può esso stesso agire in prima persona per ottenere la definizione della situazione proprietaria.
Per quanto esposto, quindi, sussiste l'obbligo dell'Amministrazione di concludere il procedimento con un provvedimento espresso che deve essere adottato nel termine [di] 90 giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza.
In caso di inottemperanza si provvederà, su istanza di parte, alla nomina di un commissario ad acta il cui compenso sarà posto in capo all'Amministrazione comunale.
Spese liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, limitatamente all'accertamento dell'obbligo del Comune di Teramo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso nel termine di 90 giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza.
In caso di inottemperanza si provvederà, su istanza di parte, alla nomina di un commissario ad acta il cui compenso sarà posto in capo al Comune.
Condanna il Comune di Teramo al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi euro 1.000,00, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.