Corte di giustizia dell'Unione Europea
Quinta Sezione
Sentenza 19 gennaio 2023

«Rinvio pregiudiziale - Concorrenza - Articolo 102 TFUE - Posizione dominante - Imputazione al produttore dei comportamenti dei suoi distributori - Esistenza di vincoli contrattuali tra il produttore e i distributori - Nozione di "unità economica" - Ambito di applicazione - Sfruttamento abusivo - Clausola di esclusiva - Necessità di dimostrare gli effetti sul mercato».

Nella causa C-680/20, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con ordinanza del 7 dicembre 2020, pervenuta in cancelleria il 15 dicembre 2020, nel procedimento Unilever Italia Mkt. Operations Srl contro Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con l'intervento di: La Bomba Snc.

[...]

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione degli articoli 101 e 102 TFUE.

2. Tale domanda è stata presentata nell'ambito di una controversia tra la Unilever Italia Mkt. Operations Srl (in prosieguo: la «Unilever») e l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (in prosieguo: l'«AGCM») in merito ad una sanzione inflitta da tale autorità alla suddetta società per abuso di posizione dominante sul mercato italiano della distribuzione di gelati in confezioni individuali a determinati tipi di esercizi commerciali, quali gli stabilimenti balneari e i bar.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

3. La Unilever si occupa della fabbricazione e della commercializzazione di prodotti di largo consumo, tra cui gelati confezionati, commercializzati con i marchi Algida e Carte d'Or. In Italia, la Unilever distribuisce gelati in confezioni individuali destinate ad essere consumate «all'esterno», vale a dire al di fuori del domicilio dei consumatori, in bar, caffè, club sportivi, piscine o altri luoghi di svago (in prosieguo: i «punti vendita»), mediante una rete di 150 distributori.

4. Il 3 aprile 2013 una società concorrente ha presentato all'AGCM una denuncia per abuso di posizione dominante da parte della Unilever sul mercato dei gelati in confezioni individuali. L'AGCM ha avviato un'indagine.

5. Nel corso della sua istruttoria, l'AGCM ha ritenuto, in particolare, di non essere tenuta ad analizzare gli studi economici prodotti dalla Unilever al fine di dimostrare che le prassi oggetto dell'indagine non avevano effetti preclusivi nei confronti dei suoi concorrenti almeno altrettanto efficienti, in quanto tali studi sarebbero del tutto irrilevanti in presenza di clausole di esclusiva, dato che l'impiego di tali clausole da parte di un'impresa detentrice di una posizione dominante sarebbe sufficiente a configurare un abuso di tale posizione.

6. Con decisione del 31 ottobre 2017, l'AGCM ha ritenuto che la Unilever avesse abusato della sua posizione dominante sul mercato della commercializzazione dei gelati in confezioni individuali destinate ad essere consumate all'esterno, in violazione dell'articolo 102 TFUE.

7. Da tale decisione risulta che la Unilever ha condotto, sul mercato di cui trattasi, una strategia di esclusione idonea ad ostacolare la crescita dei suoi concorrenti. Detta strategia si sarebbe basata principalmente sull'imposizione, da parte dei distributori della Unilever, di clausole di esclusiva ai gestori dei punti vendita, obbligandoli a rifornirsi esclusivamente presso la Unilever per l'intero fabbisogno di gelati in confezioni individuali. Quale corrispettivo, tali operatori beneficiavano di un'ampia gamma di sconti e commissioni, la cui attribuzione era subordinata a condizioni di fatturato o commercializzazione di una determinata gamma di prodotti della Unilever. Tali sconti e tali commissioni, che si applicavano, secondo combinazioni e modalità variabili, alla quasi totalità dei clienti della Unilever, avrebbero mirato a indurre questi ultimi a continuare a rifornirsi esclusivamente presso tale società, dissuadendoli dal risolvere il loro contratto per rifornirsi presso concorrenti della Unilever.

8. In particolare, due aspetti della decisione dell'AGCM del 31 ottobre 2017 sono rilevanti ai fini del presente rinvio pregiudiziale.

9. Da un lato, sebbene i comportamenti abusivi non siano stati materialmente posti in essere dalla Unilever, bensì dai suoi distributori, l'AGCM ha ritenuto che tali comportamenti dovessero essere imputati unicamente alla Unilever in quanto quest'ultima e i suoi distributori avrebbero costituito un'unica entità economica. Infatti, la Unilever interferirebbe in una certa misura nella politica commerciale dei distributori, cosicché questi ultimi non avrebbero agito in modo indipendente quando hanno imposto clausole di esclusiva ai gestori dei punti vendita.

10. Dall'altro lato, l'AGCM ha ritenuto che, tenuto conto delle caratteristiche specifiche del mercato in questione, e in particolare dello scarso spazio disponibile nei punti vendita, nonché del ruolo determinante, nelle scelte dei consumatori, della portata dell'offerta in tali punti vendita, la Unilever, con il suo comportamento, avesse escluso, o quantomeno limitato, la possibilità per gli operatori concorrenti di esercitare una concorrenza fondata sui meriti dei loro prodotti.

11. Di conseguenza, con la sua decisione del 31 ottobre 2017, l'AGCM ha inflitto alla Unilever un'ammenda pari a EUR 60 668 580 per aver abusato della sua posizione dominante, in violazione dell'articolo 102 TFUE.

12. La Unilever ha proposto ricorso avverso tale decisione dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Italia), che ha respinto integralmente tale ricorso.

13. La Unilever ha impugnato tale sentenza dinanzi al Consiglio di Stato (Italia).

14. A sostegno di tale appello, la Unilever sostiene che il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio avrebbe dovuto constatare l'esistenza di vizi asseritamente inficianti la decisione dell'AGCM del 31 ottobre 2017 per quanto riguarda, da un lato, l'imputabilità alla stessa dei comportamenti tenuti dai suoi distributori e, dall'altro, gli effetti dei comportamenti di cui trattasi che, a suo avviso, non sarebbero stati idonei a falsare la concorrenza.

15. Il giudice del rinvio afferma di nutrire dubbi quanto all'interpretazione da dare al diritto dell'Unione per rispondere alle due censure summenzionate. In particolare, per quanto riguarda la prima censura, esso menziona il fatto che gli è necessario sapere se e a quali condizioni un coordinamento tra operatori economici formalmente autonomi e indipendenti sia tale da equivalere all'esistenza di un unico centro decisionale, con il corollario che i comportamenti dell'uno possano essere imputati anche all'altro.

16. Alla luce di tali circostanze, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Al di fuori dei casi di controllo societario, quali sono i criteri rilevanti al fine di stabilire se il coordinamento contrattuale tra operatori economici formalmente autonomi e indipendenti dia luogo ad un'unica entità economica ai sensi degli articoli 101 e 102 TFUE; se, in particolare, l'esistenza di un certo livello di ingerenza sulle scelte commerciali di un'altra impresa, tipica dei rapporti di collaborazione commerciale tra produttore e intermediari della distribuzione, può essere ritenut[a] sufficiente a qualificare tali soggetti come parte della medesima unità economica; oppure se sia necessario un collegamento ‟gerarchico" tra le due imprese, ravvisabile in presenza di un contratto in forza del quale più società autonome si ‟assoggettano" all'attività di direzione e coordinamento di una di esse, richiedendosi quindi da parte dell'Autorità [di concorrenza competente] la prova di una pluralità sistematica e costante di atti di indirizzo idonei ad incidere sulle decisioni gestorie dell'impresa, cioè sulle scelte strategiche ed operative di carattere finanziario, industriale e commerciale.

2) Al fine di valutare la sussistenza di un abuso di posizione dominante attuato mediante clausole di esclusiva, se l'articolo 102 TFUE vada interpretato nel senso di ritenere sussistente in capo all'autorità di concorrenza [competente] l'obbligo di verificare se l'effetto di tali clausole è quello di escludere dal mercato concorrenti altrettanto efficienti, e di esaminare in maniera puntuale le analisi economiche prodotte dalla parte sulla concreta capacità delle condotte contestate di escludere dal mercato concorrenti altrettanto efficienti; oppure se, in caso di clausole di esclusiva escludenti [i concorrenti] o di condotte connotate da una molteplicità di pratiche abusive (sconti fidelizzanti e clausole di esclusiva), non ci sia alcun obbligo giuridico per l'[AGCM] di fondare la contestazione dell'illecito antitrust sul criterio del concorrente altrettanto efficiente».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

Sulla ricevibilità

17. L'AGCM e il governo italiano sostengono che la prima questione sarebbe irricevibile, poiché la domanda di pronuncia pregiudiziale difetterebbe delle necessarie precisazioni. Inoltre, detta questione farebbe riferimento all'articolo 101 TFUE, mentre tale disposizione non sarebbe stata applicata dall'AGCM.

18. A tal proposito occorre rammentare che, secondo una giurisprudenza consolidata, che è stata ormai recepita nell'articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, l'esigenza di giungere a un'interpretazione del diritto dell'Unione che sia utile al giudice nazionale impone che quest'ultimo definisca il contesto di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni sollevate, o almeno che esso spieghi le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate. Tali obblighi valgono specialmente nel settore della concorrenza, che è caratterizzato da situazioni di fatto e di diritto complesse (sentenza del 5 marzo 2019, Eesti Pagar, C-349/17, EU:C:2019:172, punto 49).

19. Inoltre, la Corte non può statuire su una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale quando appaia in modo manifesto che l'interpretazione del diritto dell'Unione richiesta non ha alcun legame con la realtà effettiva o con l'oggetto del procedimento principale, o qualora il problema sia di natura ipotetica (v., in tal senso, sentenza del 13 ottobre 2022, Baltijas Starptautiskā Akadēmija e Stockholm School of Economics in Riga, C-164/21 e C-318/21, EU:C:2022:785, punto 33).

20. Nel caso di specie, come rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 19 delle sue conclusioni, da un lato, le informazioni contenute nell'ordinanza di rinvio, sebbene sintetiche, sono sufficienti per chiarire l'ipotesi di fatto sulla quale si fonda la prima questione. Dall'altro lato, la circostanza che il giudice del rinvio menzioni, nella prima questione, non solo l'articolo 102 TFUE, ma anche l'articolo 101 TFUE non è tale da rimettere in discussione la ricevibilità della prima questione nel suo insieme.

21. Per contro, poiché dalla motivazione dell'ordinanza di rinvio risulta che l'articolo 101 TFUE non è stato applicato dall'AGCM nel caso in discussione nel procedimento principale, e anche se la nozione di «impresa» è comune agli articoli 101 e 102 TFUE, la prima questione, nella parte in cui verte sull'interpretazione dell'articolo 101 TFUE, deve essere considerata ipotetica e quindi irricevibile.

22. Di conseguenza, la prima questione è ricevibile unicamente nella parte in cui verte sull'interpretazione dell'articolo 102 TFUE.

Nel merito

23. Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che, per quanto riguarda i comportamenti abusivi dei distributori, l'AGCM ha sanzionato unicamente la Unilever, addebitandole un abuso di posizione dominante. In tale contesto, con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede a quali condizioni i comportamenti di operatori economici formalmente autonomi e indipendenti, vale a dire i distributori, possano essere imputati ad un altro operatore economico autonomo e indipendente, vale a dire il fabbricante dei prodotti che essi distribuiscono.

24. In tali circostanze, occorre considerare che, con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 102 TFUE debba essere interpretato nel senso che i comportamenti adottati da distributori che fanno parte della rete di distribuzione di un produttore in posizione dominante possano essere imputati a quest'ultimo e, eventualmente, a quali condizioni.

25. In particolare, detto giudice si chiede se l'esistenza di un coordinamento contrattuale tra un produttore, intorno al quale tale coordinamento contrattuale è organizzato, e diversi distributori giuridicamente autonomi sia sufficiente per consentire una siffatta imputazione o se occorra, inoltre, constatare che detto produttore ha la capacità di esercitare un'influenza determinante sulle decisioni commerciali, finanziarie e industriali che i distributori possono adottare riguardo all'attività interessata, che ecceda quella che caratterizza abitualmente i rapporti di collaborazione tra i produttori e gli intermediari di distribuzione.

26. A tal riguardo è certamente vero che, nei limiti in cui la loro attuazione implica la loro accettazione, almeno tacita, da parte di tutti i contraenti, le decisioni adottate nell'ambito di un coordinamento contrattuale, come un accordo di distribuzione, non rientrano, in linea di principio, in un comportamento unilaterale, ma si inseriscono nelle relazioni che le parti di tale coordinamento intrattengono tra loro (v., in tal senso, sentenza del 17 settembre 1985, Ford-Werke e Ford of Europe/Commissione, 25/84 e 26/84, EU:C:1985:340, punti 20 e 21). Siffatte decisioni rientrano quindi, in linea di principio, nel diritto delle intese di cui all'articolo 101 TFUE.

27. Tale conclusione non esclude tuttavia che ad un'impresa in posizione dominante possa essere imputato il comportamento adottato dai distributori dei suoi prodotti o servizi, con i quali essa intrattiene solo rapporti contrattuali, e che, di conseguenza, venga constatato che detta impresa ha commesso un abuso di posizione dominante ai sensi dell'articolo 102 TFUE.

28. Infatti, all'impresa che detiene una posizione dominante incombe la particolare responsabilità di non pregiudicare, con il suo comportamento, una concorrenza effettiva e leale nel mercato interno (sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C-413/14 P, EU:C:2017:632, punto 135 e giurisprudenza ivi citata).

29. Orbene, come osservato dall'avvocato generale al paragrafo 48 delle sue conclusioni, un siffatto obbligo mira a prevenire non solo i pregiudizi alla concorrenza causati direttamente dal comportamento dell'impresa in posizione dominante, ma anche quelli generati da comportamenti la cui attuazione sia stata delegata da tale impresa a soggetti giuridici indipendenti, tenuti ad eseguire le sue istruzioni. Pertanto, qualora il comportamento contestato all'impresa in posizione dominante sia materialmente attuato tramite un intermediario che fa parte di una rete di distribuzione, tale comportamento può essere imputato a detta impresa qualora risulti che esso è stato adottato conformemente alle istruzioni specifiche impartite da quest'ultima, e quindi a titolo di esecuzione di una politica decisa unilateralmente dall'impresa suddetta, cui i distributori interessati erano tenuti a conformarsi.

30. In una ipotesi siffatta, dato che il comportamento contestato all'impresa in posizione dominante è stato deciso unilateralmente, quest'ultima può esserne considerata come l'autrice e quindi come la sola eventuale responsabile ai fini dell'applicazione dell'articolo 102 TFUE. Infatti, in un caso del genere, i distributori e, di conseguenza, la rete di distribuzione che questi ultimi formano con tale impresa devono essere considerati semplicemente uno strumento di ramificazione territoriale della politica commerciale di detta impresa e, a tale titolo, come lo strumento tramite il quale è stata eventualmente attuata la prassi di esclusione di cui trattasi.

31. Ciò vale, in particolare, quando un siffatto comportamento assume la forma di contratti tipo, interamente redatti da un produttore in posizione dominante e contenenti clausole di esclusiva a vantaggio dei suoi prodotti, che i distributori di tale produttore sono tenuti a far firmare ai gestori di punti vendita senza potervi apportare modifiche, salvo espresso accordo di detto produttore. Infatti, in tali circostanze, il produttore non può ragionevolmente ignorare che, alla luce dei vincoli giuridici ed economici che lo uniscono a tali distributori, questi ultimi attuano le sue istruzioni e, in tal modo, la politica adottata da quest'ultimo. Tale produttore deve, pertanto, essere considerato disposto ad assumere i rischi di questo comportamento.

32. In tale ipotesi, l'imputabilità all'impresa in posizione dominante del comportamento attuato dai distributori facenti parte della rete di distribuzione dei suoi prodotti o servizi non è subordinata né alla dimostrazione che i distributori interessati facciano parte anche di tale impresa, ai sensi dell'articolo 102 TFUE, né all'esistenza di un vincolo «gerarchico» risultante da una pluralità sistematica e costante di atti di indirizzo destinati a tali distributori, idonei ad influire sulle decisioni di gestione che questi ultimi adottano riguardo alle loro rispettive attività.

33. Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l'articolo 102 TFUE deve essere interpretato nel senso che i comportamenti adottati da distributori facenti parte della rete di distribuzione dei prodotti o dei servizi di un produttore che gode di una posizione dominante possono essere imputati a quest'ultimo, qualora sia dimostrato che tali comportamenti non sono stati adottati in modo indipendente da detti distributori, ma fanno parte di una politica decisa unilateralmente da tale produttore e attuata tramite tali distributori.

Sulla seconda questione

34. Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 102 TFUE debba essere interpretato nel senso che, in presenza di clausole di esclusiva contenute in contratti di distribuzione, l'autorità garante della concorrenza competente è tenuta, per accertare un abuso di posizione dominante, a dimostrare che tali clausole hanno l'effetto di escludere dal mercato concorrenti efficienti tanto quanto l'impresa in posizione dominante e se, in ogni caso, in presenza di una pluralità di prassi controverse, tale autorità sia tenuta ad esaminare in modo dettagliato le analisi economiche eventualmente prodotte dall'impresa interessata, segnatamente ove siano fondate sul criterio detto del «concorrente altrettanto efficiente».

35. A tale riguardo occorre ricordare che l'articolo 102 TFUE dichiara incompatibile con il mercato interno e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra gli Stati membri, lo sfruttamento abusivo, da parte di una o più imprese, di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo.

36. Tale nozione mira quindi a sanzionare i comportamenti di un'impresa in posizione dominante che, in un mercato in cui il grado di concorrenza sia già indebolito a seguito della presenza di tale impresa, hanno l'effetto di compromettere la conservazione di una struttura di concorrenza effettiva (sentenza del 12 maggio 2022, Servizio Elettrico Nazionale e a., C-377/20, EU:C:2022:379, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).

37. Ciò premesso, l'articolo 102 TFUE non ha lo scopo di impedire ad un'impresa di conquistare, grazie ai suoi meriti, e in particolare grazie alle sue competenze e capacità, una posizione dominante su un mercato, né di garantire che concorrenti meno efficienti di un'impresa che detiene una posizione siffatta restino sul mercato. Invero, non tutti gli effetti preclusivi pregiudicano necessariamente la concorrenza poiché, per definizione, la concorrenza basata sui meriti può portare alla scomparsa dal mercato o all'emarginazione dei concorrenti meno efficienti e quindi meno interessanti per i consumatori, segnatamente dal punto di vista dei prezzi, della scelta, della qualità o dell'innovazione (sentenza del 12 maggio 2022, Servizio Elettrico Nazionale e a., C-377/20, EU:C:2022:379, punto 73 e giurisprudenza ivi citata).

38. Viceversa, le imprese in posizione dominante sono tenute, indipendentemente dalle cause di una simile posizione, a non pregiudicare, con il loro comportamento, una concorrenza effettiva e leale nel mercato interno (v., in particolare, sentenze del 9 novembre 1983, Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione, 322/81, EU:C:1983:313, punto 57, e del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C-413/14 P, EU:C:2017:632, punto 135).

39. Pertanto, un abuso di posizione dominante potrà essere accertato, segnatamente, quando il comportamento contestato abbia prodotto effetti preclusivi nei confronti di concorrenti di efficienza quantomeno pari all'autore di tale comportamento in termini di struttura dei costi, di capacità di innovazione o di qualità o, ancora, qualora detto comportamento si sia basato sull'utilizzo di mezzi diversi da quelli riconducibili ad una concorrenza «normale», vale a dire fondata sui meriti (v., in tal senso, sentenza del 12 maggio 2022, Servizio Elettrico Nazionale e a., C-377/20, EU:C:2022:379, punti 69, 71, 75 e 76 e giurisprudenza ivi citata).

40. A tal riguardo, spetta alle autorità garanti della concorrenza dimostrare il carattere abusivo di un comportamento alla luce di tutte le rilevanti circostanze fattuali riguardanti il comportamento di cui trattasi (sentenze del 19 aprile 2012, Tomra Systems e a./Commissione, C-549/10 P, EU:C:2012:221, punto 18, e del 12 maggio 2022, Servizio Elettrico Nazionale e a., C-377/20, EU:C:2022:379, punto 72), il che include quelle messe in evidenza dagli elementi di prova dedotti a sua difesa dall'impresa in posizione dominante.

41. È vero che, per dimostrare il carattere abusivo di un comportamento, un'autorità garante della concorrenza non deve necessariamente dimostrare che tale comportamento abbia effettivamente prodotto effetti anticoncorrenziali. Infatti, l'articolo 102 TFUE mira a sanzionare il fatto, per una o più imprese, di sfruttare in modo abusivo una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo, indipendentemente dall'esito più o meno fruttuoso di tale sfruttamento (sentenza del 12 maggio 2022, Servizio elettrico Nazionale e a., C-377/20, EU:C:2022:379, punto 53 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, un'autorità garante della concorrenza può constatare una violazione dell'articolo 102 TFUE dimostrando che, durante il periodo nel quale il comportamento in questione è stato attuato, esso aveva, nelle circostanze del caso di specie, la capacità di restringere la concorrenza basata sui meriti nonostante la sua mancanza di effetti.

42. Tuttavia, tale dimostrazione deve fondarsi, in linea di principio, su elementi di prova tangibili, che dimostrino, aldilà della mera ipotesi, la capacità effettiva della prassi in questione di produrre tali effetti, dovendo l'esistenza di un dubbio al riguardo andare a vantaggio dell'impresa che ha fatto ricorso a detta prassi (v., in tal senso, sentenze del 14 febbraio 1978, United Brands e United Brands Continentaal/Commissione, 27/76, EU:C:1978:22, punto 265, e del 31 marzo 1993, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, C-89/85, C-104/85, C-114/85, C-116/85, C-117/85 e da C-125/85 a C-129/85, EU:C:1993:120, punto 126).

43. Di conseguenza, una prassi non può essere qualificata come abusiva se è rimasta allo stato di progetto. Inoltre, un'autorità garante della concorrenza non può basarsi sugli effetti che tale prassi potrebbe o avrebbe potuto produrre se talune circostanze particolari, che non erano quelle esistenti sul mercato al momento della sua attuazione e la cui realizzazione risultava allora improbabile, si fossero realizzate.

44. Peraltro, se è vero che, al fine di valutare la capacità del comportamento di un'impresa di restringere la concorrenza effettiva su un mercato, un'autorità garante della concorrenza può basarsi sugli insegnamenti delle scienze economiche, confermati da studi empirici o comportamentali, la presa in considerazione di tali insegnamenti non può, tuttavia, essere sufficiente. Altri elementi propri delle circostanze del caso di specie, quali l'ampiezza di detto comportamento sul mercato, le limitazioni di capacità gravanti sui fornitori di materie prime o il fatto che l'impresa in posizione dominante sia, almeno per una parte della domanda, un partner inevitabile, devono essere presi in considerazione per stabilire se, alla luce di tali insegnamenti, si debba ritenere che il comportamento di cui trattasi abbia avuto, almeno per una parte del periodo in cui è stato attuato, la capacità di produrre effetti preclusivi sul mercato interessato.

45. Si deve seguire, del resto, un approccio analogo per quanto riguarda la prova di un intento anticoncorrenziale dell'impresa in posizione dominante. Infatti, tale intento costituisce un indizio della natura e degli obiettivi perseguiti dalla strategia attuata da detta impresa e può essere preso in considerazione a tale titolo. L'esistenza di un intento anticoncorrenziale può essere rilevante anche ai fini del calcolo dell'ammenda. Tuttavia, la dimostrazione dell'esistenza di un siffatto intento non è né richiesta né sufficiente, di per sé, per stabilire l'esistenza di un abuso di posizione dominante, dal momento che la nozione di «sfruttamento abusivo», ai sensi dell'articolo 102 TFUE, si fonda su una valutazione oggettiva del comportamento in parola (v., in tal senso, sentenze del 19 aprile 2012, Tomra Systems e a./Commissione, C-549/10 P, EU:C:2012:221, punti 19 e 21, e del 12 maggio 2022, Servizio Elettrico Nazionale e a., C-377/20, EU:C:2022:379, punti 61 e 62).

46. In tale contesto, per quanto riguarda più specificamente le clausole di esclusiva, la Corte ha certamente dichiarato che le clausole con cui le controparti si sono impegnate a rifornirsi per la totalità o per una parte considerevole del loro fabbisogno presso un'impresa in posizione dominante, anche se non accompagnate da sconti, costituivano, per loro natura, sfruttamento di posizione dominante e che lo stesso valeva per gli sconti di fedeltà concessi da una tale impresa (sentenza del 13 febbraio 1979, Hoffmann-La Roche/Commissione, 85/76, EU:C:1979:36, punto 89).

47. Tuttavia, nella sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione (C-413/14 P, EU:C:2017:632, punto 138), la Corte ha, in primo luogo, precisato tale giurisprudenza rispetto all'ipotesi in cui un'impresa in posizione dominante sostenga, nel corso del procedimento amministrativo, producendo elementi di prova a sostegno delle sue affermazioni, che il suo comportamento non ha avuto la capacità di restringere la concorrenza e, in particolare, di produrre gli effetti preclusivi contestati.

48. A tal fine, la Corte ha indicato che, in tale situazione, l'autorità garante della concorrenza non solo è tenuta ad analizzare, da una parte, la portata della posizione dominante dell'impresa sul mercato rilevante e, dall'altra, la misura in cui la prassi contestata copre il mercato, nonché le condizioni e le modalità di concessione degli sconti in questione, la loro durata e il loro importo, ma è anche tenuta a valutare l'eventuale esistenza di una strategia volta a escludere i concorrenti che siano efficienti almeno tanto quanto l'impresa dominante (sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C-413/14 P, EU:C:2017:632, punto 139).

49. La Corte ha aggiunto, in secondo luogo, che l'analisi della capacità preclusiva è parimenti rilevante per valutare se un sistema di sconti, rientrante in linea di principio nel divieto di cui all'articolo 102 TFUE, possa essere oggettivamente giustificato. Inoltre, l'effetto preclusivo derivante da un sistema di sconti, svantaggioso per la concorrenza, può essere controbilanciato, o anche superato, da vantaggi in termini di efficienza che vadano a beneficio anche del consumatore. Orbene, una siffatta ponderazione degli effetti, favorevoli e sfavorevoli per la concorrenza, della prassi contestata può essere effettuata solo a seguito di un'analisi della capacità di esclusione di concorrenti efficienti almeno tanto quanto l'impresa in posizione dominante, inerente alla prassi di cui trattasi (sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C-413/14 P, EU:C:2017:632, punto 140).

50. È vero che, fornendo questa seconda precisazione, la Corte ha menzionato unicamente i meccanismi di sconto. Tuttavia, dal momento che sia le prassi di sconti sia le clausole di esclusiva possono essere oggettivamente giustificate o che gli svantaggi che esse generano possono risultare controbilanciati, se non addirittura superati, da vantaggi in termini di efficienza che vanno a beneficio anche del consumatore, una siffatta precisazione deve essere considerata valida sia per l'una che per l'altra di tali prassi.

51. Del resto, oltre al fatto che una tale interpretazione appare coerente con la prima precisazione formulata dalla Corte nella citata sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione (C-413/14 P, EU:C:2017:632, punto 139), va notato che, sebbene le clausole di esclusiva suscitino, per loro natura, preoccupazioni legittime in relazione alla concorrenza, la loro capacità di escludere i concorrenti non è automatica, come d'altronde illustrato dalla comunicazione della Commissione intitolata «Orientamenti sulle priorità della Commissione nell'applicazione dell'articolo [102 TFUE] al comportamento abusivo delle imprese dominanti volto all'esclusione dei concorrenti» (GU 2009, C 45, pag. 7, paragrafo 36).

52. Ne consegue che, da un lato, quando un'autorità garante della concorrenza sospetti che un'impresa abbia violato l'articolo 102 TFUE facendo ricorso a clausole di esclusiva e quest'ultima contesti, nel corso del procedimento, la capacità concreta di dette clausole di escludere dal mercato concorrenti altrettanto efficienti, producendo elementi di prova a sostegno, tale autorità deve assicurarsi, nella fase della qualificazione dell'infrazione, che tali clausole avessero, nelle circostanze del caso di specie, l'effettiva capacità di escludere dal mercato concorrenti efficienti tanto quanto tale impresa.

53. Dall'altro lato, l'autorità garante della concorrenza che ha avviato tale procedimento è altresì tenuta a valutare, in concreto, la capacità di tali clausole di restringere la concorrenza, qualora, nel corso del procedimento amministrativo, l'impresa sospettata, senza negare formalmente che il suo comportamento avesse la capacità di restringere la concorrenza, sostenga che esistono giustificazioni per la sua condotta.

54. In ogni caso la produzione, nel corso del procedimento, di prove idonee a dimostrare l'inidoneità a produrre effetti restrittivi fa sorgere l'obbligo, per detta autorità garante della concorrenza, di esaminarle. Infatti, il rispetto del diritto di essere ascoltato, il quale, secondo giurisprudenza costante, costituisce un principio generale del diritto dell'Unione, esige che le autorità garanti della concorrenza ascoltino l'impresa in posizione dominante, il che implica che esse prestino tutta l'attenzione richiesta alle osservazioni prodotte da quest'ultima ed esaminino, con cura e imparzialità, tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e, in particolare, le prove prodotte da detta impresa (v., in tal senso, sentenza del 12 maggio 2022, Servizio Elettrico Nazionale e a., C-377/20, EU:C:2022:379, punto 52).

55. Ne consegue che, qualora l'impresa in posizione dominante abbia prodotto uno studio economico al fine di dimostrare che la prassi che le viene contestata non era idonea ad estromettere i concorrenti, l'autorità garante della concorrenza competente non può escludere la rilevanza di tale studio senza esporre le ragioni per le quali ritiene che esso non consenta di contribuire alla dimostrazione dell'incapacità delle prassi contestate di compromettere la concorrenza effettiva sul mercato interessato e, di conseguenza, senza mettere detta impresa in grado di determinare l'offerta di prove che potrebbe essere sostituita a detto studio.

56. Per quanto riguarda il criterio del concorrente altrettanto efficiente, al quale il giudice del rinvio ha fatto espressamente menzione nella sua domanda, occorre ricordare che tale nozione fa riferimento a diversi criteri che hanno in comune il fine di valutare la capacità di una prassi di produrre effetti preclusivi anticoncorrenziali, facendo riferimento all'idoneità di un ipotetico concorrente dell'impresa in posizione dominante, altrettanto efficiente in termini di struttura dei costi, a proporre ai clienti una tariffa tanto vantaggiosa da indurli a cambiare fornitore, nonostante gli svantaggi generati, senza che ciò porti detto concorrente a subire perdite. Tale idoneità è generalmente determinata alla luce della struttura dei costi della stessa impresa in posizione dominante.

57. Orbene, un criterio di tale natura può essere inadeguato in presenza, in particolare, di talune prassi non tariffarie, come un rifiuto di consegna, o quando il mercato di cui trattasi è tutelato da barriere elevate. Del resto, tale criterio è solo uno dei diversi metodi che consentono di valutare se una prassi abbia la capacità di produrre effetti preclusivi; e tale metodo, del resto, prende in considerazione solo la concorrenza sui prezzi. In particolare, l'uso, da parte di un'impresa in posizione dominante, di mezzi diversi da quelli propri di una concorrenza basata sui meriti può essere sufficiente, in determinate circostanze, a denotare l'esistenza di un siffatto abuso (v. parimenti, in tal senso, sentenza del 12 maggio 2022, Servizio Elettrico Nazionale e a., C-377/20, EU:C:2022:379, punto 78).

58. Di conseguenza, le autorità garanti della concorrenza non possono avere l'obbligo giuridico di fondarsi sul criterio del concorrente altrettanto efficiente per dichiarare il carattere abusivo di una prassi (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2015, Post Danmark, C-23/14, EU:C:2015:651, punto 57).

59. Tuttavia, anche in presenza di prassi non tariffarie, la rilevanza di un siffatto criterio non può essere esclusa. Infatti, un criterio di questo tipo può rivelarsi utile qualora le conseguenze della prassi di cui trattasi possano essere stimate. In particolare, nel caso di clausole di esclusiva, un siffatto criterio può teoricamente servire a stabilire se un ipotetico concorrente, che abbia una struttura dei costi analoga a quella dell'impresa in posizione dominante, sia in grado di proporre i propri prodotti o le proprie prestazioni senza andare incontro a perdite o a ricavi insufficienti se dovesse farsi carico delle indennità che i distributori dovrebbero pagare per cambiare fornitore, o delle perdite che essi dovrebbero subire dopo un tale cambiamento a seguito della revoca degli sconti precedentemente concessi (v., per analogia, sentenza del 25 marzo 2021, Slovak Telekom/Commissione, C-165/19 P, EU:C:2021:239, punto 110).

60. Di conseguenza, qualora un'impresa in posizione dominante sospettata di una prassi abusiva fornisca a un'autorità garante della concorrenza un'analisi fondata sul criterio del concorrente altrettanto efficiente, detta autorità non può escludere tale prova senza neppure esaminarne il valore probatorio.

61. Tale circostanza non è rimessa in discussione dall'esistenza di una pluralità di prassi controverse. Infatti, anche ipotizzando che gli effetti cumulati di tali prassi non possano essere presi in considerazione mediante tale criterio, resta il fatto che il risultato di un test di tale natura può nondimeno costituire un indizio degli effetti di talune di dette prassi e, pertanto, essere rilevante al fine di determinare se talune qualifiche possano essere prese in considerazione riguardo alle prassi di cui trattasi.

62. Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l'articolo 102 TFUE deve essere interpretato nel senso che, in presenza di clausole di esclusiva contenute in contratti di distribuzione, un'autorità garante della concorrenza è tenuta, per accertare un abuso di posizione dominante, a dimostrare, alla luce di tutte le circostanze rilevanti e tenuto conto, segnatamente, delle analisi economiche eventualmente prodotte dall'impresa in posizione dominante riguardo all'inidoneità dei comportamenti in questione ad escludere dal mercato i concorrenti efficienti tanto quanto essa stessa, che tali clausole siano capaci di limitare la concorrenza. Il ricorso al criterio del concorrente altrettanto efficiente ha carattere facoltativo. Tuttavia, se i risultati di un siffatto criterio sono prodotti dall'impresa interessata nel corso del procedimento amministrativo, l'autorità garante della concorrenza è tenuta a esaminarne il valore probatorio.

Sulle spese

63. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

P.Q.M.
la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

1) L'articolo 102 TFUE deve essere interpretato nel senso che i comportamenti adottati da distributori facenti parte della rete di distribuzione dei prodotti o dei servizi di un produttore che gode di una posizione dominante possono essere imputati a quest'ultimo, qualora sia dimostrato che tali comportamenti non sono stati adottati in modo indipendente da detti distributori, ma fanno parte di una politica decisa unilateralmente da tale produttore e attuata tramite tali distributori.

2) L'articolo 102 TFUE deve essere interpretato nel senso che, in presenza di clausole di esclusiva contenute in contratti di distribuzione, un'autorità garante della concorrenza è tenuta, per accertare un abuso di posizione dominante, a dimostrare, alla luce di tutte le circostanze rilevanti e tenuto conto, segnatamente, delle analisi economiche eventualmente prodotte dall'impresa in posizione dominante riguardo all'inidoneità dei comportamenti in questione ad escludere dal mercato i concorrenti efficienti tanto quanto essa stessa, che tali clausole siano capaci di limitare la concorrenza. Il ricorso al criterio detto «del concorrente altrettanto efficiente» ha carattere facoltativo. Tuttavia, se i risultati di un siffatto criterio sono prodotti dall'impresa interessata nel corso del procedimento amministrativo, l'autorità garante della concorrenza è tenuta a esaminarne il valore probatorio.

R. Garofoli

Codice penale ragionato

Neldiritto, 2024

M.N. Bugetti

Amministrazione di sostegno

Zanichelli, 2024

V. De Gioia

Concorso in magistratura 2024

La Tribuna, 2024