Consiglio di Stato
Sezione II
Sentenza 23 gennaio 2023, n. 741

Presidente: Castriota Scanderbeg - Estensore: Guarracino

FATTO

Il sig. Aldo D.P. ha proposto il ricorso in epigrafe per ottenere la revocazione della sentenza di questa Sezione del 23 agosto 2022, n. 7369, di reiezione degli appelli promossi avverso la sentenza, n. 807/2021, con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata aveva respinto in primo grado la domanda di annullamento dell'ordinanza di demolizione, n. 13686 del 2020 n. 67 reg., adottata dal Comune di Scansano Jonico per la repressione di interventi edilizi realizzati in difetto di titolo presso unità immobiliari di proprietà dello stesso sig. D.P.

Il Comune di Scansano Jonico, costituitosi in giudizio per resistere al ricorso, ha prodotto una memoria difensiva.

Alla pubblica udienza del 17 gennaio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Ai sensi dell'art. 106, comma 1, c.p.a. e dell'art. 395, comma 1, n. 4), c.p.c., la revocazione è proponibile "se la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell'uno quanto nell'altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare".

L'errore revocatorio, pertanto, consiste nel supporre l'esistenza di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa dagli atti o documenti della causa o, al contrario, nel supporre l'inesistenza di un fatto la cui verità è, invece, positivamente stabilita dagli atti o documenti della causa, purché non si tratti di un punto controverso sul quale il giudice abbia deciso. Non costituiscono, viceversa, causa di revocazione l'errore di valutazione o di giudizio e, in particolare, le ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali o di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio o quelle in cui la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, che semmai danno luogo a un ipotetico errore di giudizio che non è censurabile mediante revocazione, la quale altrimenti si trasformerebbe in un terzo ulteriore grado di giudizio non previsto dall'ordinamento (C.d.S., Sez. II, 28 novembre 2022, n. 10463; Sez. III, 4 luglio 2022, n. 5534; Sez. IV, 28 febbraio 2022, n. 1322).

Nel caso in esame il ricorrente in revocazione non indica affatto quale sarebbe il c.d. abbaglio dei sensi che vizierebbe la sentenza revocanda, dolendosi invece di un preteso errore di diritto nel quale sarebbe incorso il Collegio giudicante nel ritenere che gli interventi eseguiti nella struttura colpita dall'ordine di demolizione impugnato in primo grado (la realizzazione di uno spogliatoio e la diversa distribuzione delle aperture) fossero nel complesso tali da dar vita a un organismo edilizio almeno in parte diverso, per il quale non era attivabile lo strumento della comunicazione di cui all'art. 6-bis del d.P.R. n. 380/2001 (la realizzazione dello spogliatoio avrebbe richiesto un idoneo titolo edilizio per il cambio di destinazione d'uso, come pure la rilevata difformità prospettica). A suo avviso la sentenza sarebbe affetta da error in iudicando per violazione e falsa applicazione dell'art. 3 del d.P.R. n. 380/2001 e per carente motivazione e travisamento dei fatti (cfr. pag. 5 ricorso), poiché gli interventi accertati nel corso del sopralluogo compiuto dall'ufficio tecnico comunale non sarebbero qualificabili in termini di ristrutturazione edilizia, ma la questione in questo modo sollevata si risolve in quella della corretta sussunzione giuridica della fattispecie concreta, i cui termini fattuali sono indiscussi, e non si basa su un preteso errore di percezione.

Difettandone per queste ragioni il presupposto, il ricorso per revocazione dev'essere dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del Comune di Scansano Jonico, che liquida nella misura complessiva di euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.