Consiglio di Stato
Sezione VII
Sentenza 25 gennaio 2023, n. 860

Presidente: Giovagnoli - Estensore: Francola

FATTO

L'appellante rappresentava di avere domandato, in proprio e nella qualità di presidente dell'Associazione Nazionale del Personale Navigante del Trasporto Aereo "NavAid", all'Italia Trasporto Aereo (I.T.A.) s.p.a. ed al Ministero dell'economia e delle finanze, con istanza inoltrata dal proprio legale in data 11 gennaio 2022 ai sensi degli artt. 22 e ss. l. n. 241/1990 ed ai sensi dell'art. 19 d.lgs. n. 175/2016, l'accesso a tutti gli atti e documenti, per i quali sussiste un obbligo di pubblicazione, relativi ai procedimenti indetti dalla predetta società ad integrale partecipazione pubblica di nuova costituzione per il reclutamento del proprio personale, tra i quali, in particolare, bandi, regolamenti societari, delibere degli organi esecutivi e determinazioni dirigenziali indicanti gli specifici criteri seguiti e le modalità di assunzione adottate nella circostanza.

Con p.e.c. del 25 gennaio 2022, il procuratore della I.T.A. s.p.a., per conto della società rappresentata, riteneva l'istanza inammissibile per: 1) inapplicabilità degli obblighi di cui al d.lgs. n. 175/2016; 2) insussistenza di un interesse qualificato all'accesso documentale richiesto; 3) finalizzazione dell'istanza a soddisfare un'esigenza di controllo generalizzato non consentito dall'art. 24, comma 3, l. n. 241/1990; 4) infondatezza della pretesa, poiché la documentazione di cui si domandava l'ostensione non atterrebbe né ad attività amministrativa, né ad attività di pubblico interesse, rientrando nell'attività commerciale di un soggetto imprenditoriale di natura esclusivamente privatistica. In ogni caso, i documenti richiesti non sarebbero ostensibili poiché rientrerebbero nell'ambito delle categorie sottratte all'accesso ai sensi dell'art. 24, comma 6, lett. d), l. n. 241/1990, non essendo, infatti, consentita l'ostensione degli atti concernenti la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all'amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono. Mancherebbe, infine, la prova della titolarità di quell'interesse concreto, personale ed attuale necessario per giustificare l'accesso ai documenti richiesti, non essendo questi ultimi idonei ad incidere direttamente sulla sfera giuridica dell'interessato, né in proprio, né nella vantata qualità di presidente dell'Associazione "NavAid".

Con nota del 4 febbraio 2022, anche il Ministero dell'economia e delle finanze rigettava l'istanza, sebbene in ragione del mancato possesso di alcuno dei documenti richiesti.

Con ricorso notificato il 24 febbraio 2022 e depositato il 4 marzo 2022, l'appellante, nella duplice qualità vantata, impugnava entrambi i dinieghi, domandando al T.A.R. Lazio, sede di Roma, di ordinare l'esibizione dei documenti oggetto dell'istanza di accesso non accolta per i seguenti motivi:

1) nessuna rilevanza ostativa potrebbe ascriversi alla non applicabilità del d.lgs. n. 175/2016 alla I.T.A. s.p.a., in quanto società a controllo pubblico esercente attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario ai sensi dell'art. 22, comma 1, lett. e), l. n. 241/1990; 2) l'art. 79, comma 5, d.l. n. 18/2020 non sottrarrebbe la società alle regole sulla trasparenza di cui l'accesso costituisce proiezione applicativa; 3) sussisterebbe l'interesse a conoscere la documentazione di cui si domanda l'ostensione; 4) il mancato accesso sarebbe in contrasto con il diritto eurounionale, ed in particolare con l'art. 49 T.U.E. (libertà di stabilimento, secondo l'Ad. plen. n. 13/2016), con l'art. 27 C.D.F.U.E., con l'art. 151 T.F.U.E. (sugli obblighi di consultazione e informazione dei lavoratori, sulla rappresentanza e difesa collettiva degli interessi dei lavoratori nonché sulla integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro) e con i principi di cui alla parte I della Carta sociale europea; 5) l'istanza di accesso non sarebbe preordinata a favorire un controllo generalizzato sulla I.T.A. s.p.a., essendo limitata soltanto alla documentazione inerente le procedure di reclutamento espletate dalla società; 6) l'art. 1, comma 34, l. n. 190/2012 imporrebbe alle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche e dalle loro controllate ai sensi dell'art. 2359 c.c. la pubblicazione nei siti web istituzionali delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi relativi a concorsi e prove selettive per l'assunzione di personale e progressioni di carriera di cui all'art. 24 d.lgs. n. 150/2009; 7) la risposta della I.T.A. s.p.a. sarebbe illegittima per incompetenza poiché il prof. avv. Marazza non aveva i poteri per rappresentare la società nei rapporti con i terzi.

L'appellante, in subordine, nell'eventualità che si ritenesse ostativa all'accoglimento dell'istanza di accesso presentata la non applicabilità alla I.T.A. s.p.a. del d.lgs. n. 175/2016, eccepiva l'illegittimità costituzionale dell'art. 79, comma 5, d.l. n. 18/2020 per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. e con gli artt. 1, 4 e 35 Cost., nonché per contrasto, da valutare anche nella prospettiva di una possibile questione pregiudiziale interpretativa da sottoporre alla Corte di giustizia dell'Unione europea, con gli artt. 49 T.U.E., 27 C.D.F.U.E., 151 T.F.U.E. e con i principi della parte I della Carta sociale europea.

Con sentenza n. 7668/2022 pubblicata il 10 giugno 2022 e non notificata da alcuna delle parti in causa, il T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, seconda sezione, dichiarava inammissibile l'intervento spiegato dall'E.N.A.C. e rigettava il ricorso, compensando le spese, poiché: 1) il Ministero dell'economia e delle finanze non risulterebbe in possesso della documentazione richiesta e, pertanto, non sarebbe passivamente legittimato ad esibire eventuali documenti dei quali non abbia la disponibilità; 2) la I.T.A. s.p.a., pur essendo interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze e sottoposta al controllo della Corte dei conti ai sensi dell'art. 12 d.lgs. n. 259/1958, non sarebbe gravata dagli obblighi di cui al d.lgs. n. 175/2016 per espressa previsione normativa, in quanto non contraddistinta da connotazioni o prerogative di carattere pubblicistico.

Con l'appello notificato in data 4 e 11 ottobre 2022 e depositato in data 11 ottobre 2022, l'interessato, nella sua duplice qualità, domandava al Consiglio di Stato la riforma della predetta sentenza, con annullamento dei dinieghi impugnati e condanna della I.T.A. s.p.a. all'esibizione dei documenti richiesti per i medesimi motivi già dedotti in primo grado, a fronte dell'erroneità della contestata decisione del giudice di primo grado.

La I.T.A. si opponeva all'accoglimento dell'appello in quanto infondato in fatto e in diritto.

Il Ministero dell'economia e delle finanze eccepiva, invece, l'inammissibilità dell'appello per omessa contestazione della statuizione della sentenza appellata con la quale si dichiarava fondata l'eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata.

Nella camera di consiglio del 20 dicembre 2022, il Consiglio di Stato, dopo avere udito i procuratori delle parti costituite presenti, tratteneva l'appello in decisione.

DIRITTO

I. Il giudicato interno sulla carenza di legittimazione passiva del Ministero dell'economia e delle finanze.

Preliminarmente, occorre osservare che nessuna doglianza è stata dedotta in relazione alla sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la fondatezza della pretesa vantata dall'appellante nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze, essendo state formulate in appello soltanto censure avverso le statuizioni del giudice di primo grado concernenti il rifiuto opposto dalla I.T.A. s.p.a.

Donde, la configurabilità di un giudicato interno formatosi sul capo della sentenza appellata dedicato al rigetto del ricorso notificato e depositato ai sensi dell'art. 116 c.p.a. avverso il diniego espresso dal Ministero dell'economia e delle finanze con la nota del 4 febbraio 2022 in relazione all'istanza di accesso presentata dall'appellante, nella duplice qualità vantata.

Ne consegue l'inammissibilità dell'appello proposto nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze, con conseguente estromissione di quest'ultimo dalla presente fase di giudizio per difetto di legittimazione passiva dichiarata nel relativo capo della sentenza di primo grado, non contestato in questa sede dall'appellante con la proposizione di un apposito motivo di appello.

II. Qualificazione giuridica del diniego opposto dalla I.T.A. s.p.a.

Occorre, per ragioni di rito, preliminarmente qualificare il diniego opposto dalla I.T.A. s.p.a., poiché il rigetto dell'istanza di accesso presentata dall'appellante è stato formalizzato non tramite una delibera del consiglio di amministrazione o un atto dell'amministratore delegato, bensì mediante una missiva del legale della società interpellata spedita a mezzo p.e.c.

Il che rileva ai fini anche della verifica della tempestività del ricorso di primo grado, poiché l'eventuale carenza di legittimazione del procuratore della società a pronunciarsi sull'istanza di accesso in questione implica la considerazione della contestata missiva di diniego come tamquam non esset, con conseguente configurabilità dell'iniziativa processuale dell'appellante non quale impugnazione di un formale atto di rigetto della propria richiesta, bensì quale domanda avverso il silenzio che, per quanto concerne l'accesso documentale, assume la valenza di rigetto ai sensi dell'art. 25, comma 4, l. n. 241/1990 e, per quanto invece concerne l'accesso civico, si configura quale mera condotta omissiva inadempiente rispetto all'obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso e motivato nel termine di 30 giorni dalla presentazione dell'istanza ai sensi dell'art. 5, comma 6, d.lgs. n. 33/2013.

II.1. Al riguardo occorre precisare che l'organo societario deputato a manifestare all'esterno la volontà della società è il consiglio di amministrazione che può agire anche tramite un amministratore delegato, al quale l'art. 11, comma 11, dello statuto della I.T.A. s.p.a. (approvato con il d.m. 9 ottobre 2020) conferisce il potere di delega anche a terzi.

Peraltro, più in generale, l'art. 12 del predetto statuto consente al presidente del consiglio di amministrazione ed all'amministratore delegato la facoltà di nominare, disgiuntamente e nei limiti dei poteri agli stessi conferiti, procuratori speciali per singoli atti o categoria di atti.

II.2. Nella fattispecie, l'appellante ha contestato, con apposito motivo del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, il potere dell'avvocato autore della contestata missiva di diniego di rappresentare la I.T.A. s.p.a. nella circostanza.

La società si difende ritenendo la censura infondata in ragione delle richiamate disposizioni dello statuto.

Sennonché, manca in atti l'atto di conferimento dei necessari poteri di rappresentanza della società nei rapporti con i terzi, non essendo stata prodotta in giudizio, né in primo grado, né in appello, la delega con la quale il presidente del consiglio di amministrazione o l'amministratore delegato abbiano conferito il potere di rappresentare la società all'esterno al procuratore che ha espresso il rigetto dell'istanza di accesso presentata dall'appellante.

Il che implica non imputabilità alla società della predetta missiva di diniego in questa sede contestata, con conseguente qualificazione dell'azione proposta dall'appellante quale ricorso avverso il silenzio della I.T.A. s.p.a. che, in relazione all'istanza di accesso documentale, assume il significato di rigetto ai sensi dell'art. 25, comma 4, l. n. 241/1990, mentre per l'istanza di accesso civico rimane una mera condotta omissiva in contrasto con l'obbligo di provvedere alla conclusione del procedimento con un provvedimento espresso e motivato, non potendo ascriversi una valenza significativa provvedimentale in assenza di una espressa previsione di legge che attribuisca tale valore a quel contegno.

II.3. Più complessa è, invece, la questione concernente l'individuazione del rito applicabile, dovendosi comprendere se a fronte di siffatto mero silenzio-rifiuto o inadempimento formatosi sull'istanza di accesso civico, il privato debba agire con il rito di cui all'art. 116 c.p.a. (C.d.S., Sez. VI, 29 aprile 2019, n. 2737), ossia il rito espressamente previsto per l'accesso documentale e l'accesso civico ("contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi, nonché per la tutela del diritto di accesso civico connessa all'inadempimento degli obblighi di trasparenza"), ovvero con il rito di cui all'art. 117 c.p.a. (C.d.S., Sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1121), ossia il rito avverso il silenzio-inadempimento della pubblica amministrazione.

Per entrambi i riti si applicano le regole camerali secondo quanto previsto dall'art. 87, comma 3, lett. b) e c), c.p.a., e per entrambi i riti la cognizione del giudice può essere estesa alla fondatezza della domanda di ostensione solo ove non sussistano o residuino spazi di discrezionalità in capo alla pubblica amministrazione (C.d.S., Sez. III, 2 marzo 2022, n. 1482).

Diverso, invece, è il termine per la proposizione dell'azione, poiché, ai sensi dell'art. 116 c.p.a., il ricorso in tema di accesso può essere proposto entro trenta giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio, mentre il ricorso avverso il silenzio-inadempimento della pubblica amministrazione, di cui all'art. 117 c.p.a., può essere proposto, ai sensi dell'art. 31, comma 2, c.p.a., fintanto che perdura l'inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento.

Nel caso di specie, tuttavia, siffatto aspetto è irrilevante, poiché il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado è stato tempestivamente notificato (anche) ai sensi dell'art. 116 c.p.a. il 24 febbraio 2022, ossia entro i 30 giorni decorrenti dal silenzio-rigetto formatosi ai sensi dell'art. 25, comma 4, l. n. 241/1990 sull'istanza di accesso documentale presentata dall'appellante alla I.T.A. s.p.a. in data 11 gennaio 2022.

III. La duplice qualificazione giuridica dell'istanza di accesso agli atti dell'appellante.

Prima di procedere all'esame dei motivi di appello e dei corrispondenti motivi di ricorso proposti avverso la decisione assunta dal giudice di primo grado in relazione al silenzio della I.T.A. s.p.a., occorre accertare se l'istanza dell'appellante sia stata presentata soltanto ai sensi degli artt. 22 e ss. l. n. 241/1990 o anche ai sensi del d.lgs. n. 33/2013, essendo diversi i presupposti previsti dalle rispettive discipline di riferimento.

Gli artt. 5 e ss. d.lgs. n. 33/2013, infatti, non richiedono, a differenza dell'accesso documentale di cui agli artt. 22 e ss. l. n. 241/1990, la titolarità di un interesse specifico dell'istante (C.d.S., Sez. III, 28 luglio 2022, n. 6639).

III.1. In via preliminare, non può più dubitarsi della possibilità del concorso degli accessi (ex art. 22 l. 241/1990 ed ex art. 5 d.lgs. n. 33/2013).

Che, infatti, le differenti forme di accesso possano coesistere e concorrere fra loro è espressamente riconosciuto dall'art. 5, comma 11, del d.lgs. n. 33/2013. Inoltre, la giurisprudenza ha autorevolmente chiarito che a fronte di un'istanza ostensiva la quale non faccia riferimento in modo specifico e circostanziato alla disciplina dell'accesso procedimentale o a quella dell'accesso civico, ma sia formulata in modo indistinto, ovvero non consenta di ritenere che il richiedente abbia inteso limitare il proprio interesse all'uno o all'altro, l'amministrazione ha il dovere di rispondere, in modo motivato, sulla sussistenza o meno dei presupposti per consentire l'accesso ai sensi di entrambe le discipline (cfr. C.d.S., Ad. plen., n. 10/2020).

III.2. E poiché nell'occasione, secondo quanto desumibile a pagina 1 e 4 dell'istanza del giorno 11 gennaio 2022, l'accesso agli atti, a dispetto di quanto indicato nell'intestazione della richiesta, è stato domandato dall'appellante, nella duplice qualità vantata, non soltanto ai sensi degli artt. 22 e ss. l. n. 241/1990, ma anche ai sensi del combinato disposto costituito dall'art. 19, comma 3, d.lgs. n. 175/2016 e dagli artt. 22, 46 e 47 d.lgs. n. 33/2013, all'istanza, del cui mancato accogli[m]ento si discute, deve essere riconosciuta una duplice valenza che giustifica il riconoscimento di una natura composita, in quanto indicativa della sussistenza di due differenti richieste, soggette a discipline diverse.

Pertanto, le due istanze devono essere separatamente esaminate, muovendo, anzitutto, da quella presentata a titolo di accesso civico ai sensi del combinato disposto dell'art. 19, comma 3, d.lgs. n. 175/2016 con gli artt. 22, 46 e 47 ss. d.lgs. n. 33/2013, poiché non implica alcuna indagine sull'interesse all'ostensione dei documenti richiesti.

IV. La richiesta di accesso civico.

Con l'istanza in esame l'appellante ha richiesto l'ostensione dei documenti relativi alle procedure ed alle modalità di reclutamento del personale di volo della I.T.A. s.p.a., considerato che, ai sensi dell'art. 19, comma 2, d.lgs. n. 175/2016, "Le società a controllo pubblico stabiliscono, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale nel rispetto dei principi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità e dei principi di cui all'articolo 35, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. In caso di mancata adozione dei suddetti provvedimenti, trova diretta applicazione il suddetto articolo 35, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001". La richiamata disposizione prosegue, poi, prevedendo al comma 3 che "I provvedimenti di cui al comma 2 sono pubblicati sul sito istituzionale della società. In caso di mancata o incompleta pubblicazione si applicano gli articoli 22, comma 4, 46 e 47, comma 2, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33".

Domandandosi, quindi, l'esibizione di documenti per i quali sussisterebbe di per sé un obbligo di pubblicazione ex lege, l'accesso richiesto deve intendersi formulato ai sensi dell'art. 5, comma 1, d.lgs. n. 33/2013, in quanto riconducibile nell'ambito del c.d. accesso civico semplice.

Il profilo dirimente, pertanto, ai fini del decidere consiste nell'identificazione di un obbligo normativo di pubblicazione dei documenti dei quali si chiede l'ostensione.

IV.1. Con il primo motivo di appello si lamenta l'erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha escluso l'applicabilità dell'evocata disciplina dell'accesso alla I.T.A. s.p.a.

IV.1.1. Secondo il giudice di primo grado, infatti, la I.T.A. s.p.a. non rientrerebbe tra i soggetti tenuti agli obblighi di evidenza pubblica dell'accesso agli atti poiché: 1) il decreto istitutivo (ossia il d.m. 9 ottobre 2020) preciserebbe che la società agisce in regime di diritto privato, perseguendo obiettivi commerciali e industriali, avendo per oggetto sociale l'esercizio dell'attività di impresa nel settore del trasporto aereo di persone e merci; 2) "L'Organo eurounitario, nella decisione del 10.9.2021, ha avallato l'operazione governativa, funzionale a dare vita ad una newco, completamente diversa da Alitalia e, soprattutto, senza gli obblighi di servizio pubblico provenienti dall'ex compagnia di bandiera, orientando le proprie politiche industriali secondo logiche di mercato, improntate all'efficienza ed alla remuneratività, con contratti di lavoro nuovi a condizioni di concorrenzialità, anche per gli amministratori dell'azienda"; 3) lo statuto aziendale, in conformità alle previsioni di cui al comma 4 dell'art. 79 d.l. n. 18/2020, prevede che le successive nomine degli organi sociali siano deliberate a norma del codice civile, così come le modifiche statutarie; 4) la creazione della società I.T.A. s.p.a. risponde ad un modello di Stato imprenditore, nel quale l'ente societario è funzionale, primariamente, alla realizzazione di un progetto di investimento condotto secondo logiche di mercato, senza alcuna attribuzione di potestà pubblicistiche delegate o l'affidamento del servizio pubblico di trasporto aereo o l'assoggettamento a poteri regolatori di pubbliche amministrazioni sull'attività di servizio.

IV.1.2. L'appellante sostiene che le richiamate argomentazioni addotte dal giudice di primo grado sarebbero erronee poiché: a) I.T.A. s.p.a. è partecipata al 100% dal Ministero dell'economia e delle finanze; b) le nomine degli amministratori e degli organi di controllo sarebbero di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze; c) lo Stato italiano avrebbe contribuito alla costituzione della nuova società con un investimento di oltre un miliardo di euro (ed esattamente 1,35); d) la società può essere assistita in giudizio dall'Avvocatura dello Stato; e) la società è soggetta al controllo di gestione della Corte dei conti; f) è prevista la stipula di contratti di servizio per garantire la prestazione di servizi pubblici essenziali di rilevanza sociale e nell'ottica della continuità territoriale, essendo, peraltro, la società già tenuta a garantire alcune rotte con la Sardegna; g) il carattere commerciale o industriale sarebbe di per sé escluso dal consistente finanziamento gravante sull'erario pubblico.

IV.1.3. La I.T.A. s.p.a. si oppone, ritenendo non configurabile nei suoi confronti alcun obbligo di ostensione.

IV.2. Il Consiglio di Stato osserva che l'obbligo di pubblicazione richiamato dall'istante presuppone l'applicabilità alla I.T.A. s.p.a. dell'art. 19, comma 3, d.lgs. n. 175/2016, che l'art. 79, comma 5, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (convertito con modificazioni dalla l. 24 aprile 2020, n. 27) espressamente esclude, prevedendo, infatti, nel testo attualmente in vigore, che alla società in questione non si applicano le disposizioni previste dal d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175 oltre che dall'art. 23-bis (rubricato "Compensi per gli amministratori e per i dipendenti delle società controllate dalle pubbliche amministrazioni") del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214.

IV.2.1. Tuttavia, se l'art. 79, comma 5, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 esclude l'applicazione del d.lgs. n. 175/2016 alla I.T.A. s.p.a. e, dunque, anche del suo art. 19, comma 3, d.lgs. nella parte in cui richiama gli artt. 22, comma 4, 46 e 47, comma 2, del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, non può, di per sé, concludersi che il d.lgs. n. 33/2013 non sia applicabile alla I.T.A. s.p.a.

L'esclusione, infatti, della disciplina di cui al d.lgs. n. 175/2016 non implica automaticamente anche quella contemplata dal d.lgs. n. 33/2013, mancando un'espressa previsione normativa primaria in tal senso nel richiamato art. 79, comma 5, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (convertito con modificazioni dalla l. 24 aprile 2020, n. 27).

Donde, la necessità di accertare se la I.T.A. s.p.a. rientri tra gli enti tenuti agli obblighi di trasparenza di cui al d.lgs. n. 33/2013.

IV.2.2. Il Consiglio di Stato ritiene debba preferirsi la soluzione affermativa, deponendo in tal senso proprio il dato normativo di riferimento, ossia il d.lgs. n. 33/2013.

L'art. 2-bis, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 33/2013 estende, infatti, la disciplina dell'accesso civico e degli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni nei confronti delle società in controllo pubblico "come definite" dall'art. 2, comma 1, lett. m), d.lgs. n. 175/2016. La medesima disposizione al comma 3 decreta, inoltre, l'applicazione della medesima disciplina, in quanto compatibile e limitatamente ai dati ed ai documenti inerenti all'attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea, alle società in partecipazione pubblica "come definite" dal decreto legislativo emanato in attuazione dell'art. 18 della l. 7 agosto 2015, n. 124, ossia il d.lgs. n. 175/2016.

La differenza tra le due ipotesi si coglie in relazione al diverso ambito di operatività, più o meno ampio, degli obblighi di cui al d.lgs. n. 33/2013, considerato che, fermo il comune limite per entrambe rappresentato dall'eventualmente incompatibilità, la disciplina in questione è genericamente applicabile alle "società in controllo pubblico" di cui all'art. 2, comma 1, lett. m), d.lgs. n. 175/2016 e, soltanto nei limiti di quanto inerente all'attività di pubblico interesse esercitata, per quanto concerne, invece, le "società a partecipazione pubblica" che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici.

In entrambi i casi il richiamo al d.lgs. n. 175/2016 deve essere correttamente concepito, in quanto rilevante non sul piano disciplinare ma quale criterio di individuazione degli enti formalmente privati tenuti agli obblighi di trasparenza, intendendo, infatti, il legislatore avvalersi soltanto delle definizioni contemplate dal t.u. sulle società a partecipazione pubblica e non anche della relativa disciplina ivi prevista nelle ulteriori disposizioni, non costituendo l'applicabilità di queste ultime condizione necessaria per l'operatività delle norme di cui al d.lgs. n. 33/2013. A diverso esito, infatti, si sarebbe pervenuti qualora il d.lgs. n. 33/2013 avesse previsto l'applicazione della propria disciplina per le società, a loro volta, "disciplinate" dal d.lgs. n. 175/2016, essendo, in questo caso, chiara la volontà di concepire l'operatività degli obblighi di trasparenza quale disciplina complementare, in quanto presupponente l'applicabilità del t.u. sulle società a partecipazione pubblica.

Ma il dettato normativo dell'art. 2-bis d.lgs. n. 33/2013 smentisce un siffatto assunto, deponendo, in senso contrario, proprio l'interpretazione meramente letterale dei due commi di riferimento, in ragione non dell'ipotetico previsto richiamo alle società "di cui" al d.lgs. n. 175/2016, ma del preferito e ripetuto ricorso alla locuzione "come definite" dal d.lgs. n. 175/2016 tanto nell'art. 2, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 33/2013 per le "società in controllo pubblico", quanto, più genericamente, nell'art. 2, comma 3, d.lgs. n. 33/2013 per le "società in partecipazione pubblica", laddove si richiama il decreto legislativo emanato in attuazione dell'art. 18 l. n. 124/2015.

IV.2.3. Escluso, dunque, che la soggezione della società a partecipazione pubblica alla disciplina prevista dal d.lgs. n. 175/2016 costituisca presupposto per l'applicazione del d.lgs. n. 33/2013 deve, del pari, escludersi che l'art. 79, comma 5, d.l. 18/2020, statuendo la non applicabilità del predetto d.lgs. n. 175/2016, precluda l'operatività anche dell'art. 2-bis d.lgs. n. 33/2013 nella parte in cui richiama il t.u. delle società a partecipazione pubblica per la mera individuazione dei soggetti sottoposti agli obblighi di trasparenza, escludendo, infatti, l'applicazione delle "disposizioni" e non anche delle mere "definizioni" contemplate dal d.lgs. n. 175/2016.

In tal senso, peraltro, depone anche un'argomentazione di carattere squisitamente sistematico, considerato, infatti, che se il legislatore avesse voluto esonerare la I.T.A. s.p.a. dagli obblighi di trasparenza di cui al d.lgs. n. 33/2013 lo avrebbe espressamente previsto, al pari di quanto statuito in ordine alla non applicabilità del d.lgs. n. 175/2016.

IV.2.4. Occorre, dunque, verificare se la I.T.A. s.p.a. rientri o meno in una delle due tipologie societarie considerate dall'art. 2-bis, comma 2, lett. b), e comma 3, d.lgs. n. 33/2013, ed ossia tra le "società in controllo pubblico" o tra le "società a partecipazione pubblica".

Il Consiglio di Stato ritiene che la I.T.A. s.p.a. rientri nell'ambito della prima tipologia societaria.

Ed invero, secondo quanto previsto dall'art. 2, comma 1, lett. m), d.lgs. n. 175/2016, richiamato dall'art. 2-bis, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 33/2013, per "società a controllo pubblico" si intendono "le società in cui una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ai sensi della lettera b)", ossia allorché ricorrano le condizioni di cui all'art. 2359 c.c., potendo il controllo "sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all'attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo".

L'art. 2359 c.c. ritiene controllata la società allorché un'altra società disponga della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria (n. 1) o di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria (n. 2) o eserciti un'influenza dominante in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa (n. 3).

Nel caso in esame ricorrono i presupposti di cui all'art. 2359, comma 1, n. 1, c.c. poiché le quote societarie della I.T.A. s.p.a. sono attualmente detenute per intero dal Ministero dell'economia e delle finanze che, pertanto, esercita un controllo pieno al punto da giustificare la qualificazione della I.T.A. s.p.a. quale società a controllo pubblico.

Siffatta qualificazione deve essere, chiaramente, valutata allo stato, poiché in relazione alle società può avere incidenza il futuro ed eventuale mutamento della compagine sociale e dei conseguenti assetti societari tra i vari soci (non trattandosi di un ente pubblico contraddistinto da una struttura organizzativa-amministrativa rigidamente definitiva per legge).

Al riguardo, occorre, infatti, precisare che il d.P.C.m. 11 febbraio 2022, adottato ai sensi dell'art. 1, comma 2, d.l. 31 maggio 1994, n. 332 (convertito con modificazioni dalla l. 30 luglio 1994, n. 474 e modificato dall'art. 4, comma 218, lett. a), della l. 24 dicembre 2003, n. 350), ha autorizzato il Ministero dell'economia e delle finanze all'alienazione della partecipazione detenuta con riguardo alla I.T.A. s.p.a., non senza chiarire, da un lato, che le modalità tramite le quali realizzare l'apertura del capitale sociale all'esterno dovranno garantire la stabilità dell'assetto proprietario, la dimensione industriale dell'integrazione, la valorizzazione degli hub nazionali, lo sviluppo sui mercati strategici e sul lungo raggio e le prospettive occupazionali e, dall'altro, che, comunque, il Ministero dell'economia e delle finanze dovrà mantenere, almeno in questa prima fase, una partecipazione di minoranza non di controllo al fine di "presidiare" il perseguimento dei predetti obiettivi, mediante "la definizione di appropriati accordi di governance".

Pertanto, sino a quando l'attuale assetto societario non muterà in modo significativo, la I.T.A. s.p.a. dovrà considerarsi società controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze e, dunque, sottoposta ad un controllo pubblico e, come tale, tenuta ai sensi dell'art. 2-bis, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 33/2013 agli obblighi di trasparenza, ivi inclusi, per quanto di interesse in questa sede, quelli previsti dall'art. 16 ("Obblighi di pubblicazione concernenti la dotazione organica e il costo del personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato"), dall'art. 17 ("Obblighi di pubblicazione dei dati relativi al personale non a tempo indeterminato") e dall'art. 19 ("Bandi di concorso") secondo cui (comma 2-bis) "I soggetti di cui all'articolo 2-bis assicurano, tramite il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, la pubblicazione del collegamento ipertestuale dei dati di cui al presente articolo, ai fini dell'accessibilità ai sensi dell'articolo 4, comma 5, del decreto legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125".

IV.2.5. La società appellata eccepisce l'insussistenza di alcun obbligo di trasparenza in ragione della non applicabilità nei suoi confronti dell'art. 22 d.lgs. n. 175/2016, secondo cui "Le società a controllo pubblico assicurano il massimo livello di trasparenza sull'uso delle proprie risorse e sui risultati ottenuti, secondo le previsioni del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33".

Sennonché, come detto, l'applicabilità del d.lgs. n. 33/2013 non è condizionata da quella del d.lgs. n. 175/2016, essendo il primo un corpo normativo autonomo ed indipendente rispetto al secondo. Inoltre, l'art. 22 d.lgs. n. 175/2016, limitandosi soltanto a decretare l'obbligo per le società a controllo pubblico di assicurare il massimo livello di trasparenza, è una norma incidente sul piano quantitativo in quanto tendente ad affermare la misura di obblighi ai quali si è già tenuti in ragione di altre disposizioni normative.

La non applicabilità, dunque, dell'art. 22 d.lgs. n. 175/2016 non può giustificare la sussistenza di un diritto delle società a controllo pubblico alla completa e totale segretezza dei propri atti.

IV.2.6. La società appellata eccepisce, inoltre, che l'ostensione dei documenti richiesti sarebbe, comunque, preclusa dalla necessità di garantire la riservatezza delle persone fisiche e giuridiche coinvolte, nonché dalla necessità di tutelare interessi industriali e commerciali.

Ma l'eccezione è destituita di fondamento, poiché l'istanza di accesso formulata dall'appellante è preordinata ad ottenere copia di tutti gli atti e i documenti - anche preliminari, prodromici e/o conseguenti - relativi ai procedimenti di reclutamento del personale svolti dalla società "Italia Trasporto Aereo s.p.a.", soggetti ad obbligo di pubblicazione, indicanti gli specifici criteri e modalità di reclutamento attuati dall'ente, quali - a mero titolo esemplificativo - bandi, regolamenti societari, delibere degli organi esecutivi e determinazioni dirigenziali in materia, rispetto ai quali non si colgono, né si dimostrano in modo chiaro ed univoco, quali segreti industriali o commerciali siano connessi, ferma restando in caso di sussistenza degli stessi la possibilità di ricorrere ai dovuti oscuramenti dei dati in tal senso riservati.

Né, peraltro, appare sussistere un'esigenza di riservatezza dell'appellata, trattandosi di atti concernenti il reclutamento del personale destinato ad operare nell'ambito di una società sottoposta a controllo pubblico in quanto interamente, allo stato, a partecipazione pubblica.

Diversamente, potrebbero prospettarsi esigenze di riservatezza dei dati personali delle persone fisiche ai quali si riferiscono gli atti di assunzione da esibire.

In tal caso, l'esibizione dei documenti dovrà essere preceduta dall'obliterazione dei dati personali, sensibili e sensibilissimi delle persone fisiche coinvolte.

IV.2.7. Considerato, dunque, che la I.T.A. s.p.a. è tenuta, in quanto società a controllo pubblico, agli obblighi di trasparenza previsti dal d.lgs. n. 33/2013, ed in particolare agli artt. 16, 17 e 19 concernenti il proprio personale, deve ritenersi fondata la pretesa dell'istante a titolo di accesso civico, con conseguente obbligo per la predetta società di ostensione della documentazione richiesta dall'appellante.

V. L'istanza di accesso documentale.

Con il terzo motivo di appello si lamenta l'erroneità della sentenza appellata nella parte in cui non soltanto ha escluso la qualificazione della I.T.A. s.p.a. come organismo di diritto pubblico ma non si è pronunciata neanche sulla dedotta applicazione della disciplina di cui all'art. 1, comma 34, l. n. 190/2012 secondo cui "Le disposizioni dei commi da 15 a 33 si applicano alle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, agli enti pubblici nazionali, nonché alle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche e dalle loro controllate, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea".

V.1. Il Consiglio di Stato osserva che la tematica degli obblighi di trasparenza, essendo stata già esaminata e risolta in senso favorevole con riguardo all'istanza di accesso civico, può essere tralasciata, occorrendo, invece, procedere all'esame dei profili strettamente attinenti all'accesso documentale non accolto dalla I.T.A. s.p.a. muovendo, anzitutto, dal dato normativo di riferimento costituito, nella circostanza, dall'art. 22, comma 1, lett. e), l. n. 241/1990 che sancisce una nozione di pubblica amministrazione rilevante ai fini del riconoscimento della legittimazione passiva a ricevere le istanze di accesso agli atti in questione comprendente "tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario".

Deve, dunque, accertarsi se la I.T.A. s.p.a. possa considerarsi società esercente un'attività di pubblico interesse.

A favore della soluzione affermativa militano alcune peculiarità desumibili dalla norma primaria istitutiva della predetta società, ed ossia l'art. 79 d.l. n. 18/2020, quali: l'autorizzazione alla costituzione della società in virtù di una norma avente forza di legge (comma 3); il controllo della società da parte del Ministero dell'economia e delle finanze o da una società a prevalente partecipazione pubblica anche indiretta (comma 3); la nomina degli organi sociali, almeno per il primo periodo di durata in carica, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali (comma 4); la stipula tra la società in questione ed il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Ministero dello sviluppo economico e con gli enti pubblici territorialmente competenti, di appositi contratti di servizio preordinati a garantire l'erogazione delle prestazioni di servizi pubblici essenziali di rilevanza sociale (comma 4-ter); il patrocinio facoltativo dell'Avvocatura dello Stato (comma 5-bis).

Di contro, invece, I.T.A. s.p.a. sostiene di costituire una newco contraddistinta da un'attività di natura propriamente industriale e commerciale in quanto priva di poteri autoritativi amministrativi anche delegati dall'ente pubblico socio e priva di eventuali diritti esclusivi sul servizio erogato, operando soltanto secondo logiche di mercato nell'ottica del contenimento dei costi e della massimizzazione dei profitti.

V.2. Il Consiglio di Stato osserva che, ai fini del riconoscimento della legittimazione passiva ad essere destinataria della disciplina dell'accesso documentale, rileva, secondo quanto stabilito dall'art. 22, comma 1, lett. e), l. n. 241/1990, l'espletamento di un'attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dal diritto dell'Unione europea che, nella fattispecie, si rinviene nell'erogazione del servizio di trasporto aereo reso dalla I.T.A. s.p.a.

Sebbene, infatti, l'attività esercitata sia certamente di tipo commerciale e destinata ad operare nell'ambito di un settore di mercato contraddistinto da un'elevata concorrenza, la I.T.A. s.p.a. non sembra possa ritenersi assimilabile ad un qualsiasi operatore economico privato, essendo i predetti elementi pubblicistici particolarmente indicativi di una rilevanza anche sociale connessa ad un interesse generale.

Per accertare, dunque, se l'istanza di accesso rivoltale sia ammissibile, occorre comprendere quali fattori possano indurre a ritenere di pubblico interesse una certa attività.

In tal senso, non può assumere rilevanza decisiva l'eventuale qualificazione della I.T.A. s.p.a. quale organismo di diritto pubblico, evocandosi una nozione rilevante per i diversi fini di cui al d.lgs. n. 50/2016, ossia per l'individuazione degli enti privati gravati dall'obbligo di applicare le regole di matrice eurounitaria previste per la stipula dei contratti di appalto e per le concessioni di lavori e di servizi.

A rilevare, invece, è l'attività esercitata in sé considerata, avendo riguardo, in particolare, agli interessi generali che la medesima è capace di soddisfare.

La giurisprudenza (ex multis, C.d.S., Sez. IV, 7 settembre 2004, n. 5772; Ad. plen. 16/1999) ha riconosciuto la legittimazione passiva del concessionario di un pubblico servizio ex art. 22, comma 1, lett. e), l. n. 241/1990, in quanto esercente un'attività di pubblico interesse.

Al riguardo, come noto, con le pronunce nn. 4 e 5 del 1999, l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha sottolineato l'irrilevanza, in sede di delimitazione della sfera di applicabilità degli artt. 22 ss. l. n. 241/1990, del regime giuridico cui risulta assoggettata l'attività in relazione alla quale l'istanza ostensiva è formulata, avendo, invece, importanza che l'attività, ancorché di diritto privato, costituisca nella sua essenza cura di un interesse pubblico e che, soprattutto, debba essere espletata nel rispetto del canone di imparzialità.

Ciò chiarito, l'Adunanza plenaria ha ritenuto di dover distinguere tra attività privatistica della pubblica amministrazione e attività dei privati concessionari di pubblici servizi nonché, con riferimento a quest'ultima, tra attività di gestione del servizio stesso e attività residuale.

Se nessuna distinzione può essere compiuta con riguardo all'attività della pubblica amministrazione, posto che il rispetto dei principi costituzionali del buon andamento e dell'imparzialità, cui la disciplina dettata dagli artt. 22 ss. l. n. 241/1990 è esplicitamente ispirata, riguarda indifferentemente l'attività volta all'emanazione dei provvedimenti e quella con cui sorgono o sono gestiti i rapporti disciplinati dal diritto privato, con riferimento, invece, agli atti di diritto privato adottati da un soggetto privato incaricato della gestione di un servizio pubblico, l'Adunanza plenaria giunge ad affermare l'ostensibilità di quelli che, in quanto funzionalmente inerenti alla gestione di interessi collettivi, impongano l'esigenza di garantire il rispetto dei principi di imparzialità e trasparenza.

L'accesso va, quindi, garantito nei casi in cui una norma comunitaria o di diritto interno imponga al gestore del pubblico servizio l'attivazione di procedimenti per la formazione delle proprie determinazioni, in specie per la scelta dei propri contraenti, nonché in relazione agli atti afferenti le scelte organizzative adottate in sede di gestione del servizio: scelte potenzialmente incidenti sulla qualità del servizio stesso, sul rispetto delle norme volte a proteggere gli utenti e sul soddisfacimento delle loro esigenze.

Accanto a questa parte di attività, il cui rilievo pubblicistico è per così dire in re ipsa, l'Adunanza plenaria ammette l'ostensibilità della residuale attività espletata dal gestore di un pubblico servizio sempre che, all'esito di un giudizio di bilanciamento degli interessi cui la stessa è preordinata, risulti prevalente l'interesse pubblico rispetto a quello squisitamente imprenditoriale.

Allo scopo di indicare i criteri alla stregua dei quali la suddetta valutazione comparativa deve essere compiuta, l'Adunanza plenaria richiama:

- il grado di strumentalità dell'attività in questione rispetto all'attività di gestione del servizio;

- il regime sostanziale dell'attività;

- lo svolgimento dell'attività stessa secondo regole procedimentali assunte dal gestore e dirette allo svolgimento del servizio nel rispetto dei principi di trasparenza, buona fede e correttezza.

L'Adunanza plenaria, dunque, delimita l'ambito entro il quale va assicurata l'ostensibilità degli atti distinguendo a seconda che il soggetto passivo della richiesta di accesso sia un'Amministrazione o un concessionario (o gestore) di un pubblico servizio e, pur escludendo che possa ascriversi rilievo ostativo alla natura privatistica dell'attività con riferimento alla quale l'istanza di visione è formulata, non desume dall'art. 23 l. n. 241/1990 una piena equiparazione, sul versante dell'ambito di invocabilità del "diritto" di accesso, tra soggetti pubblici e privati, rimarcando, per questi ultimi, la necessità che la richiesta ostensiva riguardi l'attività di gestione del servizio o, comunque, atti alla prima avvinti da un nesso di connessione, espresso mediante il riferimento al requisito della "strumentalità".

I richiamati principi di diritto chiariscono, dunque, le caratteristiche essenziali dell'attività di pubblico interesse legittimante la pretesa ostensione dei documenti alla stessa inerenti, posto che, secondo quanto affermato dall'Adunanza plenaria n. 13/2016, «È propria dell'Amministrazione, infatti, la cura concreta di interessi della collettività, che lo Stato ritiene corrispondenti a servizi da rendere ai cittadini e che pertanto, anche ove affidati a soggetti esterni all'Apparato amministrativo vero e proprio, debbono comunque rispondere a corretti parametri gestionali, sul piano dell'imparzialità, del buon andamento e della trasparenza. A detti principi non può non considerarsi ispirato anche l'art. 22, comma 1, lettera e) della più volte citata legge n. 241 del 1990, nel ricondurre alla nozione di pubblica amministrazione anche i "soggetti di diritto privato, limitatamente alla loro attività di pubblico interesse, disciplinata dal diritto nazionale e comunitario"».

Sennonché, a rendere complessa l'indagine nel caso in esame sulle peculiarità caratterizzanti l'attività in concreto esercitata concorre l'impossibilità di riconoscere alla I.T.A. s.p.a. la qualità di concessionario di un pubblico servizio universale, non potendosi, peraltro, considerare neanche il successore economico di Alitalia s.p.a. in amministrazione straordinaria, così come accertato anche dalla Commissione dell'Unione europea il 10 settembre 2021, all'esito di una procedura conclusasi con l'esclusione di qualsivoglia qualificazione in termini di aiuti di Stato, secondo la normativa eurounitaria, dei conferimenti di capitale previsti per un ammontare complessivo di 1,35 miliardi di euro in favore della società di nuova costituzione.

Sul punto occorre precisare che con il regolamento comunitario n. 2408/1992 (abrogato e sostituito dal regolamento comunitario n. 1008/2008 del 24 settembre 2008 recante norme comuni per la prestazione di servizi aerei nella Comunità) sono state definitivamente aperte le rotte intracomunitarie a tutti i vettori europei titolari di licenza rilasciata da uno degli Stati membri dell'Unione europea. Secondo quanto, infatti, statuito all'art. 3, par. 1, del predetto regolamento "lo (gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) permette (permettono) ai vettori aerei comunitari di esercitare diritti di traffico su rotte all'interno della Comunità", eccezionalmente prevedendosi al successivo art. 5 che "Sulle rotte nazionali che, al momento dell'entrata in vigore del presente regolamento, formano oggetto di concessione esclusiva in forza della legge o di un contratto e laddove altre forme di trasporto non possano garantire un servizio adeguato e ininterrotto, tale concessione può sussistere fino alla sua data di scadenza, limitatamente comunque ad un periodo di tre anni".

Il che, se, da un lato, favoriva certamente la concorrenza, dall'altro, esponeva le rotte poco remunerative alle logiche del mercato, a discapito del diritto alla mobilità delle popolazioni dei territori interessati.

Pertanto, già l'art. 4 del regolamento CEE n. 2408/1992, come in seguito anche l'art. 16 del regolamento CE n. 1008/2008, in deroga ai principi comunitari di divieto di aiuti di Stato, ha previsto, in capo ai singoli Stati ed al fine di garantire il servizio di trasporto nei territori geograficamente svantaggiati, la possibilità anche di corrispondere degli emolumenti economici nei confronti delle compagnie che accettino di entrare in un mercato ritenuto ad alta rilevanza sociale alle condizioni dagli Stati stessi individuate mediante la previsione di appositi oneri di servizio pubblico (O.S.P.), obbligandosi all'erogazione di un servizio aereo secondo criteri di continuità, regolarità, capacità e tariffazione cui i vettori non si atterrebbero se tenessero unicamente conto del proprio interesse commerciale.

Secondo quanto, attualmente, previsto dall'art. 16 del regolamento CE n. 1008/2008, una volta fissate tali condizioni, l'assegnazione delle rotte si articola in due fasi: la prima, in cui uno o più vettori possono accettare di operare il/i servizio/i secondo le condizioni imposte; la seconda, del tutto eventuale poiché possibile nella sola evenienza in cui nessun vettore accetti gli oneri imposti, implicante una gara d'appalto per l'assegnazione della rotta per un determinato periodo di tempo e con la possibile previsione di un emolumento economico in favore della compagnia aggiudicataria.

Se, dunque, lo Stato può imporre degli oneri di servizio per garantire talune rotte di particolare rilevanza sociale, sembra che il medesimo scopo possa essere ragionevolmente perseguito mediante la stipula dei contratti di servizio di cui all'art. 79, comma 4-ter, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, inserito dall'art. 202, comma 1, lett. b), d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla l. 17 luglio 2020, n. 77.

Secondo quanto, infatti, previsto dalla normativa da ultimo richiamata, la I.T.A. s.p.a. è tenuta alla stipula del contratto di servizio per la prestazione di servizi pubblici essenziali di rilevanza sociale e nell'ottica della continuità territoriale con il solo limite delle risorse economiche disponibili, poiché l'art. 79, comma 4-ter, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 espressamente prevede che la società "stipula" e non che la società "può stipulare".

Il che pone la I.T.A. s.p.a. in una posizione diversa rispetto a tutti gli altri vettori autorizzati ad operare nel territorio italiano, poiché il predetto obbligo a contrarre è preordinato a salvaguardare le peculiari esigenze connesse all'erogazione di servizi pubblici essenziali laddove non sia stato possibile imporre precisi oneri di servizio pubblico secondo la disciplina eurounitaria con la quale deve essere coordinato l'art. 79, comma 4-ter, d.l. n. 18/2020.

Ed invero, qualora quest'ultima disposizione consentisse di eludere la necessità di ricorrere all'imposizione di oneri di servizio pubblico ai sensi degli artt. 16 e 17 del regolamento CE n. 1008/2008 al punto da relegare siffatta evenienza soltanto nell'ipotesi residuale in cui le risorse economiche disponibili non consentano alla I.T.A. s.p.a. di garantire una determinata tratta e quindi di assumersene l'obbligo con la stipula del relativo contratto di servizio, si realizzerebbe una non consentita disapplicazione del predetto regolamento da parte di una normativa nazionale che, se così interpretata, assicurerebbe alla società a partecipazione pubblica di nuova costituzione una corsia preferenziale rispetto a tutti gli altri operatori economici del settore, in violazione della libera concorrenza.

Diversamente, il coordinamento conforme ai principi dell'Unione europea tra le due discipline a confronto, implica che, ferma la prevalenza del regolamento CE n. 1008/2008 sulla normativa interna, l'obbligo a contrarre di cui all'art. 79, comma 4-ter, d.l. n. 18/2020 è destinato ad operare in via residuale, ossia soltanto qualora, all'esito delle due fasi previste dall'art. 16 del richiamato regolamento, non sia stato possibile imporre oneri di servizio pubblico per carenza di operatori economici interessati a quel determinato settore di mercato.

Sebbene, quindi, non sia possibile formalmente riconoscerle la qualità di concessionario di un servizio pubblico universale, la I.T.A. s.p.a. sembra essere stata creata dallo Stato italiano anche (ma chiaramente non soltanto) per soddisfare, nei limiti del possibile e nel rispetto del diritto dell'Unione europea, i servizi pubblici essenziali di rilevanza sociale connessi al trasporto aereo in zone del territorio nazionale non in grado di garantire un'appetibile remuneratività per il vettore che ivi decida di operare.

La compatibilità con il diritto dell'Unione europea della scelta operata dall'Italia con la costituzione della I.T.A. s.p.a., come riconosciuto anche dalla Commissione dell'Unione europea, appare evidente in ragione non del riconoscimento di diritti di esclusiva o di finanziamenti integranti aiuti di Stato, a fronte della costituzione di un capitale sociale preordinato ad assicurare l'avviamento di un'attività imprenditoriale da esercitare in condizioni di piena concorrenzialità, nella prospettiva di conseguire importanti utili di gestione che possano assicurare la crescita economica della compagnia anche in ragione dell'interesse pubblico dipendente dal soddisfacimento delle esigenze connesse alle rotte economicamente meno appetibili. Nell'ottica, infatti, dell'obbligo di stipula dei contratti di servizio di cui all'art. 79, comma 4-ter, d.l. n. 18/2020 pur sempre con il limite delle risorse disponibili, maggiori saranno gli utili complessivamente conseguiti dalla I.T.A. s.p.a. nell'esercizio della sua attività imprenditoriale commerciale e maggiore sarà la sua capacità economica di stipulare contratti di servizio preordinati a garantire la prestazione di servizi pubblici essenziali di rilevanza sociale.

Donde, la comprovata sussistenza di un interesse pubblico connesso all'attività della I.T.A. s.p.a. e che giustifica la costituzione della società stessa da parte dell'Italia, sebbene nella prospettiva di una progressiva dismissione dell'originaria partecipazione pubblica totalitaria ma pur sempre orientata ad assicurare (mediante appositi accordi di governance) tra l'altro la valorizzazione degli hub nazionali (d.P.C.m. 11 febbraio 2022), anche ai fini della prestazione di servizi pubblici essenziali di rilevanza sociale mediante la stipula di appositi contratti di servizio.

Al riguardo, assume peculiare rilevanza, contrariamente a quanto affermato nella sentenza appellata, l'assunzione da parte della I.T.A. s.p.a. degli obblighi di servizio di cui al d.m. 25 novembre 2016, n. 466 in relazione a talune rotte tra la Sardegna e la penisola italiana, poiché l'imposizione di regole da parte dello Stato in relazione all'attività di trasporto aereo costituisce indice sintomatico di un rilevante interesse pubblico che pone l'operatore economico interessato in una posizione analoga (sebbene non identica) a quella del concessionario di un servizio pubblico, tanto più allorché si verifichino le condizioni di cui all'art. 16, comma 9, del regolamento 1008/2008 CE che consentono allo Stato di limitare il servizio pubblico sulla tratta di interesse ad un unico vettore.

Donde, l'interesse pubblico connesso all'attività imprenditoriale della I.T.A. s.p.a. che ne giustifica la parziale soggezione alla disciplina del diritto nazionale, ai sensi dell'art. 22, comma 1, lett. e), l. n. 241/1990, con conseguente rivalutazione e giustificazione di tutti gli indici pubblicistici desumibili dall'art. 79 d.l. n. 18/2020, quali: l'autorizzazione alla costituzione della società in virtù di una norma avente forza di legge (comma 3); il controllo della società da parte del Ministero dell'economia e delle finanze o ad opera di una società a prevalente partecipazione pubblica anche indiretta (comma 3); la nomina degli organi sociali, almeno per il primo periodo di durata in carica, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali (comma 4); la stipula tra la società in questione ed il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Ministero dello sviluppo economico e con gli enti pubblici territorialmente competenti, di appositi contratti di servizio preordinati a garantire l'erogazione delle prestazioni di servizi pubblici essenziali di rilevanza sociale (comma 4-ter); il patrocinio facoltativo dell'Avvocatura dello Stato (comma 5-bis).

Elementi ai quali deve aggiungersi anche il controllo di gestione della Corte dei conti ai sensi dell'art. 12 della l. n. 259/1958, statuito con il d.P.C.m. del 3 febbraio 2021.

La I.T.A. s.p.a. può, pertanto, ritenersi ente di diritto privato esercente attività anche funzionale al soddisfacimento di pubblici interessi e, come tale, sottoposta agli obblighi di evidenza e trasparenza di cui l'accesso documentale costituisce disciplina applicativa.

L'istanza dell'appellante doveva, quindi, essere esitata dal consiglio di amministrazione o dall'amministratore delegato.

V.3. Risolta, dunque, la questione concernente la legittimazione della I.T.A. s.p.a. ad essere destinataria di istanze di accesso agli atti, occorre verificare se la documentazione di cui l'appellante ha richiesto l'ostensione sia contraddistinta da un collegamento con l'interesse pubblico soddisfatto dall'attività di trasporto esercitata, al punto da giustificare l'accoglimento della richiesta.

Il Consiglio di Stato ritiene che al quesito debba rispondersi in senso affermativo.

Richiamando, infatti, i principi di diritto enunciati dalle Adunanze plenarie del Consiglio di Stato n. 4 e n. 5 del 1999, sussiste un evidente collegamento tra le modalità prescelte per il reclutamento del personale di volo e la qualità del servizio reso agli utenti, non occorrendo sul punto ulteriori argomentazioni.

V.4. Sussiste, infine, anche l'interesse dell'appellante, nella duplice qualità vantata, a conoscere la documentazione richiesta.

Come noto, l'accesso documentale consente agli interessati di prendere visione ed estrarre copia di documenti amministrativi (da intendersi, secondo quanto previsto dall'art. 22, comma 1, lett. a), l. n. 241/1990, come ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale) nella prospettiva tanto di consentire la partecipazione ad un procedimento amministrativo (c.d. accesso procedimentale), quanto di prendere cognizione di dati o documenti necessari per la cura dei propri interessi (art. 24, comma 7, l. 241/1990), sempre che sussista un interesse "diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento" del quale si domanda l'ostensione.

Il Consiglio di Stato rileva in termini generali che secondo la disciplina positiva del diritto di accesso, da intendersi come situazione soggettiva strumentale per la tutela di situazioni sostanziali (cfr. C.d.S., Ad. plen., 18 aprile 2006, n. 6), sul piano della logica difensiva viene "comunque" garantito l'accesso, entro gli stringenti limiti in cui la parte interessata all'ostensione dimostri la necessità (o la stretta indispensabilità per i dati sensibili e giudiziari), la corrispondenza e il collegamento tra la situazione che si assume protetta ed il documento di cui si invoca la conoscenza.

L'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con le sentenze nn. 19 e 20 del 25 settembre 2020, ha, infatti, richiamato l'attenzione sulla «tutelabilità dell'interesse alla conoscenza» dei dati, che va apprezzata in base a canoni di «necessità, di corrispondenza e di collegamento tra la situazione che si assume protetta ed il documento di cui si invoca la conoscenza».

In particolare, come statuito dall'Adunanza plenaria nella sentenza n. 20 del 25 settembre 2020, «la necessità (o la stretta indispensabilità) della conoscenza del documento determina il nesso di strumentalità tra il diritto all'accesso e la situazione giuridica "finale", nel senso che l'ostensione del documento amministrativo deve essere valutata, sulla base di un giudizio prognostico ex ante, come il tramite - in questo senso strumentale - per acquisire gli elementi di prova in ordine ai fatti (principali e secondari) integranti la fattispecie costitutiva della situazione giuridica "finale" controversa e delle correlative pretese astrattamente azionabili in giudizio. La delibazione è condotta sull'astratta pertinenza della documentazione rispetto all'oggetto della res controversa».

A tal fine, sempre secondo l'Adunanza, è, dunque, necessario che l'istanza dell'interessato sia puntuale e specifica, non potendosi limitare a dedurre un'incertezza soggettiva sulla situazione controversa oppure un generico riferimento ad esigenze difensive.

Pertanto, se, da un lato, ai fini dell'accesso è sufficiente la sussistenza del solo nesso di necessaria strumentalità tra l'accesso e la cura o la difesa in giudizio dei propri interessi giuridici (v. art. 24, comma 7, l. n. 241/1990 e s.m.i.), dall'altro, vi è la necessità di circoscrivere le qualità dell'interesse legittimante a quelle ipotesi che - sole - garantiscono la piena corrispondenza tra la situazione (sostanziale) giuridicamente tutelata ed i fatti (principali e secondari) di cui la stessa fattispecie si compone, atteso il necessario raffronto che l'interprete deve operare, in termini di pratica sussunzione, tra la fattispecie concreta di cui la parte domanda la tutela in giudizio e l'astratto paradigma legale che ne costituisce la base legale (cfr. C.d.S., Ad. plen., n. 20/2020).

Inoltre, il legislatore ha ulteriormente richiesto che la situazione legittimante l'accesso sia "collegata al documento al quale è chiesto l'accesso", in modo tale da evidenziare in maniera diretta ed inequivoca il nesso di strumentalità che avvince la situazione soggettiva finale al documento di cui viene richiesta l'ostensione, e per l'ottenimento del quale l'accesso difensivo, in quanto situazione strumentale, fa da tramite (cfr. C.d.S., Ad. plen., n. 20/2020).

Del resto, la giurisprudenza del Consiglio di Stato, a cui il Collegio intende aderire, è da tempo consolidata nell'affermare la necessità, nell'ambito del diritto di accesso, del rapporto di strumentalità tra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l'ostensione, negando l'ammissibilità di un controllo generalizzato, generico e indistinto del singolo sull'operato dell'amministrazione (C.d.S., Sez. V, 21 maggio 2020, n. 3212; Sez. VI, 25 agosto 2017, n. 4074) e facendo ricadere l'onere della prova del suddetto nesso di strumentalità su chi agisce, secondo i principi generali del processo (C.d.S., Sez. III, 26 ottobre 2018, n. 6083; Sez. V, 12 novembre 2019, n. 7743).

Con riguardo al caso in esame, l'appellante, nella sua qualità di pilota prima alle dipendenze di Alitalia, vanta un interesse specifico ad un nuovo impiego presso la società di nuova costituzione I.T.A. s.p.a. che adeguatamente giustifica la sua richiesta di accesso documentale.

Analoghe considerazioni valgono, inoltre, in relazione alla seconda qualità vantata dall'appellante, quale presidente dell'Associazione Nazionale del Personale Navigante del Trasporto Aereo "NavAid", in ragione della necessità di tutelare l'interesse collettivo degli iscritti.

L'assunzione, infatti, di taluni associati da parte della I.T.A. s.p.a., non pone questi ultimi in conflitto con le aspirazioni vantate dagli altri iscritti all'associazione, essendo interesse perseguito dalla associazione favorire l'impiego dei propri associati non ancora assunti.

Al riguardo, occorre, peraltro, precisare che, secondo quanto precisato dal Consiglio di Stato, il ruolo del sindacato, quale istituzione esponenziale di una categoria di lavoratori, è proprio quello di tutelare le posizioni di lavoro degli associati, nel cui interesse e rappresentanza opera (C.d.S., Sez. VI, 23 gennaio 2012, n. 1034; 20 novembre 2013, n. 5511; 11 gennaio 2010, n. 24; Sez. III, 23 ottobre 2014, n. 5236).

Poiché, secondo quanto affermato nel proprio statuto, lo scopo dell'associazione "NavAid" è "la tutela dei diritti dei lavoratori nel settore aeronavigante e delle loro famiglie ai sensi degli artt. 18 e 39 della Costituzione" (art. 1), anche mediante "strumenti ed assistenza legali" (art. 2), l'istanza di accesso documentale è giustificata dall'interesse sindacale all'ostensione dei documenti richiesti.

V.5. In conclusione, anche l'istanza di accesso documentale è fondata e deve essere accolta.

VI. Accoglimento dell'appello.

L'appello è, dunque, fondato e deve essere accolto, con conseguente parziale riforma della sentenza appellata nella parte in cui ha rigettato il ricorso proposto avverso il silenzio opposto dalla I.T.A. s.p.a. sull'istanza di accesso civico e documentale presentata in data 11 gennaio 2022.

La società appellata, pertanto, deve essere condannata all'ostensione della documentazione richiesta dall'appellante, con la sola obliterazione dei dati indicativi di eventuali segreti industriali e commerciali e dei dati personali, sensibili e sensibilissimi eventualmente ivi indicati e non strettamente funzionali alle esigenze difensive e di trasparenza da soddisfare.

Il documento sarà, quindi, consegnato in copia all'appellante per gli usi consentiti dalla legge e della cui violazione il medesimo risponderà nelle sedi competenti.

VII. La decisione è stata assunta tenendo conto dell'ormai consolidato "principio della ragione più liquida", corollario del principio di economia processuale (cfr. C.d.S., Ad. plen., 5 gennaio 2015, n. 5 nonché Cass., Sez. un., 12 dicembre 2014, n. 26242), che ha consentito di derogare all'ordine logico di esame delle questioni e tenuto conto che le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663, e, per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016, n. 3176), con la conseguenza che (C.d.S., Sez. VI, 31 agosto 2021, n. 6119) gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

VIII. La peculiarità delle questioni esaminate giustifica l'integrale compensazione tra le parti delle spese processuali del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto:

- conferma l'inammissibilità della domanda nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze, con conseguente estromissione del medesimo dal giudizio;

- accoglie l'appello e, per l'effetto, riforma in parte la sentenza appellata ed ordina alla I.T.A. s.p.a. di consegnare all'appellante copia della documentazione richiesta con l'istanza presentata in data 11 gennaio 2022 entro 30 giorni dalla pubblicazione o notificazione della presente decisione se antecedente, con la obliterazione dei soli dati connessi ad eventuali segreti industriali e commerciali e dei dati personali, sensibili e sensibilissimi ivi presenti non funzionali alle esigenze difensive e di trasparenza da soddisfare;

- compensa per intero tra le parti le spese processuali del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.