Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
Salerno, Sezione II
Sentenza 24 gennaio 2023, n. 168

Presidente: Durante - Estensore: Marena

FATTO E DIRITTO

Il ricorrente epigrafato è proprietario, in virtù di atto di donazione del 31 maggio 1995, di un immobile sito nel Comune di Taurano, catastalmente identificato al foglio 9, p.lla 473.

Con nota del 24 dicembre 2020, l'ente comunicava l'avvio del procedimento, ai sensi dell'art. 7 l. 241/1990 s.m.i. per abuso edilizio.

Con missiva del 22 maggio 2022, il ricorrente epigrafato diffidava la sig.ra F. Rosa al ripristino dello status quo ante e dunque alla ricostruzione della scala, che consentiva l'accesso alla propria abitazione dal cortile. La comunicazione era riscontrata con missiva del 3 giugno 2022, notificata al sig. G. il 9 giugno 2022 dalla sig.ra Rosa F. la quale rappresentava "che il procedimento avviato dal Comune di Taurano, con prot. n. 3338 del 24 dicembre 2020, si concludeva con la comminazione di una sanzione di euro 516,00, notificata alla scrivente con prot. n. 975 del 14 aprile 2021, regolarmente pagata".

Con nota, prot. n. 686/is del 28 giugno 2022, il ricorrente formulava istanza di accesso, chiedendo di conoscere la documentazione relativa al procedimento in parola.

L'istanza de qua era riscontrata dal Comune, con nota prot. n. 1937 del 26 luglio 2022, con cui trasmetteva il provvedimento, prot. n. 975 del 14 aprile 2021 con cui, dopo aver riscontrato, con verbale del 28 settembre 2020, che erano state eseguite opere edilizie in assenza di regolare titolo abilitativo (SCIA), così come consistenti nella illegittima demolizione della scala sopra citata in uno alla modifica della sagoma/prospetto dell'edificio, disponeva l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile per un importo di euro 516,00.

Con nota, prot. n. 805/is del 29 luglio 2022, il ricorrente comunicava al Comune la nota prot. n. 805/is del 29 luglio 2022, con cui diffidava l'amministrazione all'adozione di un provvedimento di ripristino ai sensi dell'art. 31 del d.P.R. 380/2001.

La diffida era riscontrata dall'Amministrazione, con il provvedimento prot. n. 2295 dell'8 agosto 2022, così statuente: il ricorrente non avrebbe mai avuto alcun diritto in ordine alla scala illegittimamente eliminata dalla sig.ra Rosa F. La scala infatti sarebbe afferente la corte non anche l'immobile di proprietà; sarebbe legittima la sanzione inflitta alla sig.ra F., consistente nella mera comminazione di una sanzione pecuniaria pari ad euro 516,00, avente il seguente oggetto "istanza-diffida all'adozione di un provvedimento di ripristino ex art. 31 d.P.R. 380/2001 - di accesso agli atti - procedimento avviato con nota prot. n. 3338 del 24 dicembre 2022, recante l'irrogazione di provvedimenti sanzionatori per la demolizione della scala di accesso all'abitazione del sig. G. Pietro, residente in Taurano al Vicolo Grotte n. 14 e conclusosi con provvedimento prot. n. 975 del 14 aprile 2021".

Avverso il provvedimento prot. n. 975 del 14 aprile 2021, conosciuto il 26 luglio 2022, nonché il provvedimento prot. n. 2295 dell'8 agosto 2022, insorge il ricorrente, mediante gravame di annullamento, notificato e depositato il 7 settembre 2022, assistito da una serie di censure di illegittimità, variamente scandite nei diversi motivi di ricorso, così di seguito sintetizzati.

1) Violazione e falsa applicazione di legge (artt. 3, 10, 27, 31, 33, 37 del d.P.R. 380/2001; art. 3 l. 241/1990; art. 97 Cost.) - eccesso di potere - difetto di motivazione - sulla illegittimità dell'emanazione della mera sanzione economica - sul travisamento dei fatti - sul difetto di istruttoria.

Secondo la prospettazione attorea, non assume alcun valore quanto affermato dal Comune in proposito della circostanza per cui dall'indagine catastale effettuata dal Comune non risulterebbe "alcun collegamento tra gli immobili oggetto di interventi edilizi di cui alla missiva e le proprietà immobiliare relative a particelle a Lei afferenti". Il ricorrente si duole di un errore istruttorio, nel momento in cui ha affermato che "allo stato si riscontra la realizzazione di un terrazzino rialzato, rifinito con rivestimento murario lapideo, ringhiera metallica e pavimentato, ricavato dalla ridefinizione mediante ampliamento di un manufatto esistente. La ridefinizione in ampliamento è avvenuta costituendo, mediante riempimento con materiali di natura edilizia, una superficie piana in luogo di una preesistente scala di accesso esterna, incassata a destra e sinistra da porzioni edificate occupate da pertinenze e accessi al fabbricato principale...". Insomma è lo stesso Comune a riconoscere che la scala in parola garantiva l'accesso al fabbricato principale e dunque all'immobile dell'odierno ricorrente. Risulta dunque del tutto evidente il vizio di motivazione che permea gli atti gravati se solo si considera che in tutte le comunicazioni destinate all'odierno ricorrente il Comune ha affermato che "non vi era alcun diritto da parte del Vs. assistito in ordine alla scala che sarebbe stata illegittimamente eliminata".

1.3) Violazione e falsa applicazione dell'art. 3, comma 1, lett. e), dell'art. 10 e degli artt. 31 e ss. del d.P.R. 380/2001.

La realizzazione di un terrazzino rialzato, rifinito con rivestimento murario lapideo, ringhiera metallica e pavimentato, ricavato dalla ridefinizione mediante ampliamento di un manufatto esistente, avvenuta "costituendo, mediante riempimento con materiali di natura edilizia, una superficie piana in luogo di una preesistente scala di accesso esterna" rappresenta sicuramente una nuova opera che, ai sensi dell'art. 10 del d.P.R. 380/2001, necessitava del previo rilascio del titolo del permesso di costruire.

Resiste in giudizio il Comune intimato, depositando documentazione e memoria difensiva, nella quale eccepisce profili di inammissibilità ed irricevibilità.

Nell'udienza pubblica del 24 gennaio 2023, la causa è introitata per la decisione.

Il ricorso, notificato e depositato il 7 settembre 2022, è irricevibile, in quanto tardivo, avendo il ricorrente avuto conoscenza del provvedimento prot. n. 975 del 14 aprile 2021 sin dal 13 ottobre 2021, con il ricevimento della nota comunale prot n. 957 dell'8 ottobre 2021, così concepita: "lo scrivente, in veste di Responsabile dell'Ufficio tecnico, si pregia comunicare, e ribadire per iscritto, dopo aver - per le vie brevi - già dato riscontro ad Ella, di aver provveduto ad effettuare le verifiche del caso ed emettere, nei mesi scorsi, tutti gli atti di propria competenza, ivi compresa una sanzione amministrativa commisurata alla entità della difformità urbanistica riscontrata, rilasciandone, anche ora, opportuna copia e riscontro - in ottemperanza alle richieste dell'Autorità giudiziaria - per il tramite dei Carabinieri della Stazione di Lauro".

Invero, il concetto di "piena conoscenza" dell'atto lesivo non deve essere inteso quale "conoscenza piena ed integrale" dei provvedimenti che si intendono impugnare, ovvero di eventuali atti endoprocedimentali, la cui illegittimità infici, in via derivata, il provvedimento finale. Ciò che è invece sufficiente ad integrare il concetto di "piena conoscenza" - il verificarsi della quale determina il dies a quo per il computo del termine decadenziale per la proposizione del ricorso giurisdizionale - è la percezione dell'esistenza di un provvedimento amministrativo e degli aspetti che ne rendono evidente la lesività della sfera giuridica del potenziale ricorrente, in modo da rendere percepibile l'attualità dell'interesse ad agire contro di esso (cfr. C.d.S., 28 maggio 2012, n. 3159).

Ed infatti, mentre la consapevolezza dell'esistenza del provvedimento e della sua lesività, integra la sussistenza di una condizione dell'azione, rimuovendo in tal modo ogni ostacolo all'impugnazione dell'atto (così determinando quella "piena conoscenza" indicata dalla norma), invece la conoscenza "integrale" del provvedimento (o di altri atti del procedimento) influisce sul contenuto del ricorso e sulla concreta definizione delle ragioni di impugnazione, e quindi sulla causa petendi. In tali sensi, è rilevante osservare che l'ordinamento prevede l'istituto dei "motivi aggiunti", per il tramite dei quali il ricorrente può proporre ulteriori motivi di ricorso derivanti dalla conoscenza di ulteriori atti (già esistenti al momento di proposizione del ricorso ma ignoti) o dalla conoscenza integrale di atti prima non pienamente conosciuti, e ciò entro il (nuovo) termine decadenziale di sessanta giorni decorrente da tale conoscenza sopravvenuta. Ciò comprova la fondatezza dell'interpretazione resa della "piena conoscenza" dell'atto oggetto di impugnazione.

Ed infatti, se tale "piena conoscenza" dovesse essere intesa come "conoscenza integrale", il tradizionale rimedio dei motivi aggiunti non avrebbe ragion d'essere, o dovrebbe essere considerato residuale.

In altre parole, solo l'assenza dell'istituto dei motivi aggiunti consentirebbe di interpretare la "piena conoscenza" come conoscenza integrale dell'atto impugnabile e degli atti endoprocedimentali ad esso preordinati, poiché in questo (ipotetico) caso si produrrebbe - diversamente opinando - un vulnus per il diritto alla tutela giurisdizionale, in quanto il soggetto che si reputa leso dall'atto si troverebbe compresso tra un termine decadenziale che corre ed una impossibilità di conoscenza integrale dell'atto, e quindi di completa e consapevole articolazione di una linea difensiva.

Al contrario, la previsione dei c.d. motivi aggiunti comprova ex se che la "piena conoscenza" indicata dal legislatore come determinatrice del dies a quo della decorrenza del termine di proposizione del ricorso giurisdizionale, non può che essere intesa se non come quella che consenta all'interessato, di percepire la lesività dell'atto emanato dall'amministrazione, e che quindi rende pienamente ammissibile - quanto alla sussistenza dell'interesse ad agire - l'azione in sede giurisdizionale. Ogni aspetto attinente al contenuto del provvedimento conclusivo del procedimento amministrativo, ritenuto lesivo, ovvero di atti endoprocedimentali ritenuti illegittimi, incide su profili di legittimità dell'esercizio del potere amministrativo, e quindi sui presupposti argomentativi della domanda di annullamento. Ma, come si è detto, la possibilità di sottoporre al giudice ulteriori motivi di doglianza, sui quali fondare e/o rafforzare la domanda di annullamento, non è preclusa dall'ordinamento, proprio per il tramite della previsione dei citati motivi aggiunti.

La natura formale della decisione consente di compensare le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione Staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara irricevibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.