Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 30 gennaio 2023, n. 1048
Presidente: Caringella - Estensore: Manca
FATTO E DIRITTO
1. Con ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio l'Automobile Club d'Italia (di seguito: ACI) ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo n. 8071/2016, con cui era stata condannata a pagare a Champion Manutenzione e Appalti s.r.l. in liquidazione (di seguito: Champion) euro 77.233,37, oltre interessi dalla scadenza fino all'effettivo soddisfo e rivalutazione monetaria, nonché le spese del procedimento monitorio, in relazione al contratto di appalto del servizio di pulizia dell'immobile dell'ACI sito in Roma, via F. Sapori n. 83, stipulato il 10-12 aprile 1995 (seguito da un contratto integrativo del 26 maggio 1995 e da varie proroghe fino al 29 febbraio 1998).
Le somme in questione sono state domandate da Champion in parte per corrispettivi trattenuti dall'ACI a titolo di penali, in parte a titolo di revisione del canone contrattuale e per il ritardato pagamento rispetto alle previsioni negoziali.
2. Il giudice di prime cure, con sentenza 14 luglio 2017, n. 8476, ha accolto l'opposizione e, per l'effetto, ha revocato il decreto ingiuntivo, dichiarando il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo relativamente alla domanda di condanna al rimborso delle penali e rigettando la pretesa di Champion relativa ai compensi revisionali e al ritardo nei pagamenti, affermando che tutte le somme riconosciute dalla società appaltatrice erano state interamente corrisposte.
3. Champion ha proposto appello con riguardo alla sola pretesa creditoria avente ad oggetto i compensi revisionali, domandando la condanna di ACI al pagamento di euro 35.960,00, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, deducendo l'erroneità della sentenza nella parte in cui ha riconosciuto l'avvenuto pagamento delle somme riconosciute da ACI a titolo di revisione del canone, in quanto, come emergerebbe dalla documentazione in atti, tali somme non sarebbero mai state effettivamente versate all'appellante.
4. Resiste in giudizio l'ACI che, con memoria depositata il 20 maggio 2022, richiamando i documenti n. 21 e 22 allegati al ricorso di primo grado, afferma che le somme riconosciute a titolo di adeguamento del corrispettivo contrattuale sono state interamente corrisposte; e, comunque, il diritto di credito sarebbe estinto per prescrizione. Eccepisce, inoltre, la compensazione con le somme liquidate a titolo di spese giudiziali nella separata causa civile conclusasi con sentenza passata in giudicato (sentenza del Tribunale civile di Roma, 28 ottobre 2014, n. 21275). Infine, reitera alcune delle censure dedotte in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, in particolare richiamando l'eccezione di inefficacia del ricorso per difetto di procura alle liti. Con le memorie depositate in vista dell'udienza, l'ACI ha prospettato ulteriori eccezioni, deducendo l'inammissibilità dell'appello per intervenuta perenzione, nonché l'estinzione del giudizio per la mancata riassunzione a seguito dell'interruzione dovuta alla estinzione della società (datata 18 settembre 2020, come da visura camerale depositata in atti).
5. Con ordinanza istruttoria del 22 luglio 2022, n. 6615, la Sezione ha disposto incombenti istruttori chiedendo all'ACI di produrre una "relazione illustrativa, con allegata la documentazione pertinente, relativa allo stato del procedimento avviato per il riconoscimento, la liquidazione e l'effettivo pagamento del compenso revisionale relativo al contratto di appalto per cui è controversia".
6. All'udienza straordinaria del 22 novembre 2022 preso atto del mancato adempimento all'ordinanza istruttoria, la causa è stata trattenuta in decisione.
7. L'appello è fondato nei limiti di seguito precisati.
8. Preliminarmente, occorre esaminare le eccezioni di inammissibilità proposte da ACI.
8.1. La prima (con la quale si deduce l'inammissibilità del ricorso per il decreto ingiuntivo, per difetto di procura) è infondata. L'art. 85 c.p.c., infatti, stabilendo che «la revoca e la rinuncia non hanno effetto nei confronti dell'altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore», esprime il principio della perpetuatio dell'ufficio di difensore. Nel caso di specie, essendo intervenuta la nomina del nuovo difensore, non può ritenersi sussistente alcun vizio di rappresentanza processuale.
8.2. Anche la seconda (con la quale di sostiene che il giudizio d'appello è perento) è da respingere. La dedotta mancata sottoscrizione dell'istanza di fissazione dell'udienza non ha rilievo, dovendosi applicare la norma di cui all'art. 82, comma 2, c.p.a., secondo cui «[s]e in assenza dell'avviso di cui al comma 1 [l'avviso di perenzione ultraquinquennale, n.d.r.], è comunicato alle parti l'avviso di fissazione dell'udienza di discussione nel merito, il ricorso è deciso qualora il ricorrente dichiari, anche in udienza a mezzo del proprio difensore, di avere interesse alla decisione [...]». Nel caso di specie, in cui l'avviso di perenzione non è stato mai notificato all'appellante, l'interesse alla decisione è stato manifestato dai successori della società appellante con la presentazione della memoria del 3 novembre 2022.
8.3. Infine, è da rigettare anche l'eccezione di estinzione del giudizio per omessa riassunzione a seguito di interruzione del processo per la cancellazione d'ufficio della società Champion dal registro delle imprese e la sua estinzione.
8.3.1. Sul presupposto che l'estinzione della persona giuridica debba essere equiparata all'evento interruttivo costituito dalla morte della parte persona fisica, occorre, in particolare, stabilire se l'estinzione della società appellante configuri un'ipotesi di successione dei soci ai sensi dell'art. 110 del c.p.c. (che si realizzi un fenomeno successorio nel caso di estinzione di società di capitali lo afferma la consolidata giurisprudenza della Cassazione dopo le pronunce delle Sezioni unite civili n. 6070 e n. 6071 del 2013) e rientri tra gli eventi disciplinati dall'art. 299 del c.p.c. (il che implicherebbe l'interruzione automatica del processo e la prosecuzione del rapporto processuale esclusivamente nei confronti dei successori da individuarsi, sulla scorta della giurisprudenza sopra richiamata, nei soci, peraltro già costituiti in giudizio); oppure tale ipotesi ricada nel perimetro degli eventi interruttivi del processo disciplinati dall'art. 300 del c.p.c.
8.3.2. La prima soluzione, che sembra prospettata dall'appellata ACI, non può essere accolta.
Va precisato, infatti, che l'evento estintivo della società si è verificato il 18 settembre 2020, quando l'appellante si era già costituita in giudizio, con la conseguente inapplicabilità dell'art. 299 (che ricollega alla morte della parte, cui è equiparabile l'estinzione della persona giuridica, l'interruzione automatica del processo solo se l'evento si verifichi prima della costituzione in giudizio).
8.3.3. Ne consegue che, anche alla luce del prevalente e condivisibile orientamento della giurisprudenza della Cassazione, la fattispecie processuale in esame trova la compiuta disciplina in quanto previsto dall'art. 300 c.p.c., che, ai fini della interruzione, impone - come affermato da Cass. civ., Sez. I, 13 marzo 2013, n. 6208 - «la corrispondente dichiarazione in udienza del procuratore costituito per la parte interessata dall'evento (configurabile non come mera dichiarazione di scienza, ma come vera e propria manifestazione di volontà diretta a provocare la predetta interruzione) o la notifica di quest'ultimo alle altre parti. Pertanto, in assenza di una siffatta dichiarazione (...), la posizione della parte rappresentata resta stabilizzata, rispetto alle altre parti ed al giudice, quale persona giuridica ancora esistente, con correlativa ultrattività della procura ad litem, nessun rilievo assumendo, ai fini suddetti, la conoscenza dell'evento aliunde acquisita [...]».
8.3.4. Si osservi, inoltre, che il medesimo art. 300, secondo comma (così come l'art. 299, primo comma), prevede che la costituzione volontaria di coloro cui spetta proseguire il giudizio impedisce l'interruzione del processo (e quindi l'estinzione del giudizio).
8.4. Nell'appello in trattazione, la dichiarazione della avvenuta estinzione della società per la cancellazione dal registro delle imprese non è stata resa dai procuratori costituiti per Champion e i soci superstiti si sono volontariamente costituiti in giudizio con memoria del 3 novembre 2022. Ne consegue che il processo è proseguito da questi, senza necessità di interruzione.
9. Nel merito, occorre osservare che, sebbene, come correttamente rilevato dal giudice di prime cure, in materia di revisione periodica del prezzo nei contratti di appalto, per costante giurisprudenza l'inserzione della clausola revisionale non comporta, per ciò solo, il diritto all'automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale (cfr., da ultimo, C.d.S., Sez. II, 14 giugno 2021, n. 4563, e Sez. V, 30 novembre 2021, n. 7959), tuttavia, nel caso in esame, l'ACI ha riconosciuto il diritto alla corresponsione delle somme a titolo di revisione del prezzo in favore della società Champion (cfr. all. n. 21 e 22 al ricorso di primo grado), la quale pertanto può fondatamente articolare domanda di condanna al pagamento del compenso revisionale disposto dall'amministrazione appaltante.
10. Ciò premesso, da un esame degli atti di causa, e nonostante la disposta istruttoria, non risulta provato da parte di ACI l'effettivo pagamento del compenso revisionale relativo al contratto di appalto.
Infatti, diversamente da quanto prospettato dall'amministrazione appellata, dalla documentazione in atti (i già richiamati documenti n. 21 e 22 allegati al ricorso di primo grado) non emerge la prova dell'avvenuto pagamento della pretesa creditoria avente ad oggetto i compensi revisionali, trattandosi di mere proposte di impegno definitivo di pagamento a favore di Champion a titolo di adeguamento del corrispettivo.
In effetti, risulta che ACI, con la nota del 28 gennaio 1999, richiamate le precedenti note relative agli indici ISTAT da applicare per l'adeguamento del canone, ha allegato un prospetto illustrativo del corrispettivo dovuto a titolo di compenso revisionale, liquidato in lire 69.629.604, poi convertite in euro 35.960,69 (all. 3 ricorso in appello). Il che costituisce la prova del riconoscimento del diritto al compenso revisionale, ma non dell'avvenuto pagamento della somma dovuta alla società appaltatrice.
11. Risulta destituita di fondamento anche l'eccezione di prescrizione del credito sollevata dall'amministrazione appellata, in quanto la prescrizione è stata interrotta anzitutto con l'invio della fattura n. 51/1997 e successivamente dalle altre note con le quali la pretesa è stata coltivata da Champion, con la conseguenza che il credito non può dichiararsi estinto.
12. Dalle considerazioni sopra svolte si desume, altresì, la infondatezza dell'eccezione di inammissibilità dell'appello per genericità dei motivi, sollevata da ACI con la memoria del 16 settembre 2022.
13. Da ultimo, va accolta l'eccezione di compensazione giudiziale, proposta in via subordinata da ACI, delle somme dovute a titolo di compenso revisionale con le spese processuali liquidate in suo favore nella precedente causa civile tra le medesime parti, conclusasi con sentenza passata in giudicato (sentenza Trib. civ. Roma, 28 ottobre 2014, n. 21275). Per il credito opposto in compensazione ricorrono, infatti, i presupposti di cui all'art. 1243 c.c., ossia la liquidità, la certezza e l'esigibilità (Cass. civ., Sez. un., 15 novembre 2016, n. 23225).
14. In conclusione, l'appello va accolto e, previa riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado, con la conseguente condanna di ACI al pagamento in favore di Champion Manutenzione e Appalti s.r.l. della somma di euro 31.160,59 (risultante dalla sottrazione, per compensazione del credito a titolo di spese processuali, come sopra deciso, di euro 4.800,00 dall'importo riconosciuto di euro 35.960,69 dovuto a titolo di compenso revisionale).
Data la natura di debito di valuta propria del compenso a titolo di revisione dei prezzi in materia di contratti ad esecuzione periodica o continuativa, lo stesso è soggetto alla corresponsione degli interessi di mora per ritardato pagamento, dal momento in cui sono dovuti e sino all'effettivo soddisfo, in applicazione del d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, di attuazione della direttiva n. 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento della P.A. nelle transazioni, mentre non è dovuta la rivalutazione monetaria, in mancanza della prova da parte dell'impresa creditrice di aver subito un danno maggiore dell'importo corrispondente agli interessi legali.
15. La peculiarità della vicenda giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e condanna l'Automobile Club d'Italia (ACI) al pagamento in favore di Champion Manutenzione e Appalti s.r.l. della somma di euro 31.160,59, oltre interessi legali dal momento in cui sono dovuti e sino all'effettivo soddisfo.
Compensa tra le parti le spese giudiziali del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.