Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana
Sentenza 6 marzo 2023, n. 191

Presidente: de Francisco - Estensore: Chinè

FATTO

1. L'Associazione odierna appellante ha partecipato al bando pubblicato sul sito dell'Assessorato regionale dell'agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea volto alla selezione di progetti da finanziare in favore di agricoltori e silvicoltori associati in attuazione del Programma di Sviluppo Rurale Regione Sicilia 2014-2020, Reg. 1305/2013, Sottomisura 4.3 - Sostegno a investimenti nell'infrastruttura necessaria allo sviluppo, all'ammodernamento e all'adeguamento dell'agricoltura e della silvicoltura, Azione 1 - Viabilità interaziendale e strade rurali per l'accesso ai terreni agricoli e forestali. In particolare, ha presentato la domanda di ammissione alla predetta misura 4.3.1 recante n. 54250227292 ed avente ad oggetto la realizzazione del progetto esecutivo per la trasformazione in rotabile della strada interpoderale a servizio delle contrade "Edera", "Gallinica" e "Giardinello".

2. All'esito dell'istruttoria procedimentale, con D.D.G. n. 584 del 31 maggio 2018 il dirigente del Dipartimento sviluppo rurale e territoriale della Regione Siciliana ha approvato la graduatoria delle istanze ammissibili a finanziamento, inserendo il progetto dell'appellante nell'elenco delle domande non ammesse, con la seguente motivazione: "Non cantierabile - Nulla osta rilasciati oltre i termini di scadenza della domanda".

3. Dopo avere esercitato l'accesso agli atti istruttori del procedimento ed avere acquisito un parere negativo dell'U.S.T. di Agrigento in data 19 gennaio 2018, motivato proprio con la supposta tardività della documentazione trasmessa dall'istante, quest'ultima ha proposto ricorso dinanzi al T.A.R. Sicilia - Palermo chiedendo l'annullamento, e la sospensione in via cautelare, del citato D.D.G. n. 584 del 2018 e del parere negativo dell'U.S.T. di Agrigento.

4. Con ordinanza n. 906 del 2018 il T.A.R. ha accolto l'istanza cautelare della Associazione ricorrente, ordinando all'Amministrazione "di riesaminare, entro quaranta giorni dalla notifica o comunicazione della presente ordinanza, il provvedimento impugnato alla luce di quanto prospettato nel ricorso".

5. All'esito di una nuova istruttoria sulla domanda di ammissione al finanziamento della ricorrente e dichiaratamente dando attuazione all'ordinanza cautelare n. 906 del 2018, con provvedimento del 29 novembre 2018, prot. 10107, l'Amministrazione ha rinnovato il giudizio di non ammissione della domanda "in quanto il progetto non è dotato delle autorizzazioni necessarie a renderlo cantierabile".

Il predetto provvedimento è stato impugnato con motivi aggiunti, notificati il 23 dicembre 2019, dall'Associazione ricorrente.

6. Con la sentenza n. 1604 del 2020 il T.A.R. Sicilia - Palermo ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso introduttivo e, in parte inammissibili, in parte improcedibili, i motivi aggiunti. In particolare, dopo avere qualificato il nuovo provvedimento negativo come atto di conferma in senso proprio e non come atto meramente confermativo, ha rilevato la tardività dei motivi aggiunti proposti dalla ricorrente per censurare il provvedimento del 29 novembre 2018.

7. Con l'atto di appello in epigrafe, l'Associazione in primo luogo censura la decisione del Giudice di prime cure deducendo che il provvedimento negativo impugnato con i motivi aggiunti deve considerarsi nullo e/o inefficace, in quanto adottato in violazione del giudicato cautelare formatosi sull'ordinanza n. 1604 del 2020, non impugnata dall'Amministrazione. Di qui l'errore in cui sarebbe incorso il T.A.R. nel rilevare la tardività dei motivi aggiunti, essendo la nullità di un provvedimento amministrativo, oltre che rilevabile anche d'ufficio, denunciabile oltre i termini di decadenza cui soggiace l'ordinaria azione di annullamento.

In secondo luogo, sul presupposto dell'accoglimento del primo motivo, ha riproposto ex art. 101, comma 2, c.p.a. in grado di appello tutte le doglianze assorbite e/o non esaminate dal Giudice di prime cure.

8. Si è costituito in giudizio l'Assessorato agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea della Regione Siciliana, replicando a tutti i motivi di impugnazione e concludendo per la reiezione dell'appello e la conferma della sentenza appellata.

9. All'udienza del 9 febbraio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

10. L'appello è infondato.

10.1. Con il primo motivo l'appellante contrasta la decisione del T.A.R. Palermo n. 1604 del 2020, di cui denuncia l'erroneità, sostenendo che il provvedimento negativo emanato dall'Amministrazione all'esito del riesame disposto con l'ordinanza cautelare n. 906 del 2018 non era illegittimo, e quindi annullabile, ma affetto da nullità per contrasto con il giudicato formatosi, per mancata impugnazione, sulla citata ordinanza cautelare. Trattandosi di provvedimento nullo, l'appellante non aveva alcun onere di impugnarlo nell'ordinario termine di decadenza, di talché il T.A.R. avrebbe errato nel dichiarare tardiva l'impugnazione proposta con i motivi aggiunti, ritenendo conseguentemente improcedibile il ricorso introduttivo del giudizio.

10.2. Lo scrutinio del motivo di appello impone una breve sintesi dei più recenti indirizzi giurisprudenziali in materia di c.d. giudicato cautelare.

La giurisprudenza amministrativa, chiamata a pronunciarsi sulla configurabilità di un giudicato cautelare in senso proprio rispetto ad una sentenza che definisce il giudizio, ha escluso in radice tale possibilità (cfr. C.d.S., Sez. III, 28 giugno 2019, n. 4461; 29 agosto 2018, n. 5084).

Ciò in quanto le ordinanze cautelari, in quanto prive di contenuto definitivamente decisorio, sono per loro intrinseca natura insuscettibili di passare in giudicato, analogamente ai provvedimenti istruttori, interlocutori o di rinvio al ruolo ordinario (cfr. C.d.S., Sez. V, 10 giugno 2015, n. 2847).

Ed invero, un provvedimento cautelare di sospensione dell'esecuzione di un atto amministrativo non fa venire meno l'atto sospeso e nemmeno la sua validità, né esercita una funzione ripristinatoria della situazione precedente, ma soltanto impedisce temporaneamente, e con efficacia ex nunc, la possibilità di portare l'atto ad ulteriore esecuzione e, per questo, è inevitabilmente connesso alla conclusione del giudizio. Peraltro, il provvedimento cautelare è emanato "con riserva" di accertamento della fondatezza nel merito, onde evitare che la pendenza del giudizio vada a danno dell'attore risultato vittorioso all'esito del giudizio, ed è dunque interinalmente subordinato alla verifica definitiva della fondatezza delle tesi del ricorrente. Tuttavia gli effetti di carattere sostanziale conseguono solo al passaggio in giudicato della pronuncia di merito favorevole al ricorrente, che è la sola idonea a rimuovere dalla realtà giuridica l'atto con effetti permanenti (cfr. C.d.S., Sez. III, 8 giugno 2016, n. 2448).

Il suindicato principio trova indiretta conferma nell'art. 92, comma 5, seconda parte, c.p.a. che, sia pure al diverso fine della definizione della competenza del giudice amministrativo adito, ha espressamente escluso la natura di decisione implicita delle ordinanze istruttorie o interlocutorie di cui all'art. 36, comma 1, c.p.a. e di quelle che disattendono l'istanza cautelare (cfr. C.d.S., Sez. IV, 20 aprile 2016, n. 1554).

Ne discende come corollario che se il provvedimento cautelare è, per sua natura, un provvedimento interinale che subisce le sorti del giudizio nel cui ambito è emanato, la sua efficacia viene necessariamente meno: a seguito di una pronuncia di rigetto del giudizio; nel caso di successiva ordinanza di revoca del provvedimento cautelare melius re perpensa; per la sopravvenienza di situazioni incompatibili con il mantenimento degli effetti della sospensione; in conseguenza di qualunque vicenda processuale abbia effetti estintivi sul processo cautelare o sull'intero giudizio.

La giurisprudenza ha altresì evidenziato che dal punto di vista sistematico, ed è particolarmente importante ai fini della decisione del presente appello, la inconfigurabilità di un "giudicato cautelare" è direttamente dimostrata anche dall'art. 21-septies della l. n. 241 del 1990, il quale sanziona con la nullità solo ed esclusivamente l'atto che viola, o elude, il giudicato su di una sentenza e non anche di una pronuncia giudiziale che non abbia ancora il carattere della definitività come quella che dispone misure cautelari. È allora evidente l'assoluta impossibilità di sostenere l'equivalenza sul piano degli effetti tra il "giudicato" in senso proprio ed un inesistente "giudicato cautelare" (così, C.d.S. n. 4461 del 2019).

A tale conclusione non osta la considerazione della lett. c) dell'art. 114, comma 4, c.p.a. per cui, in caso di accoglimento del ricorso per l'ottemperanza, il giudice ha il potere di "pronunciare l'inefficacia degli atti emessi in violazione od elusione di sentenze non passate in giudicato o di altri provvedimenti". Sul piano dell'interpretazione letterale è infatti significativo evidenziare che, non a caso, lo stesso c.p.a. utilizza l'espressione per cui il giudice può "... pronunciare l'inefficacia degli atti emessi", essendo infatti evidente che in tali casi si tratta di esercitare un potere al fine di ripristinare gli effetti di una eventuale ordinanza cautelare seguita da una successiva sentenza conforme.

Ancora sul piano sistematico è stato evidenziato che il sistema della nullità amministrativa si distingue dall'archetipo di matrice civilistica di cui all'art. 1418 c.c., in quanto risulta invertito il rapporto tra la categoria della nullità e quella dell'annullabilità: nel diritto amministrativo l'annullabilità per l'illegittimità dell'atto costituisce la forma generale di invalidità, mentre le nullità, con riferimento alle singole categorie indicate dalla legge, devono essere intese come ipotesi di invalidità dell'atto tassative e residuali (cfr. C.d.S., Sez. IV, 2 aprile 2012, n. 1957).

Ciò perché l'esigenza di certezza dell'azione amministrativa mal si concilia con la possibilità che questa possa restare esposta ad impugnative non assoggettate a termini certi di decadenza o prescrizione. Per cui, in considerazione del loro carattere pubblicistico, le norme riguardanti l'azione amministrativa, come tali, sono sempre di stretta interpretazione.

La giurisprudenza, sulla base delle considerazioni sopra esposte, è quindi pervenuta alla conclusione che deve essere escluso, tenuto conto della già ricordata tassatività della formulazione dell'art. 21-septies della l. n. 241 del 1990, che un atto amministrativo adottato in violazione di un'ordinanza cautelare del giudice amministrativo possa essere dichiarato nullo, in quanto la nullità presuppone un contrasto con sentenze formalmente passate in giudicato, e non semplicemente il contrasto con una decisione cautelare priva dell'efficacia di cosa giudicata.

10.3. Le coordinate giurisprudenziali sopra esposte, pienamente condivise dal Collegio, disvelano l'infondatezza del motivo di appello.

L'appellante, consapevole della proposizione dei motivi aggiunti dopo la scadenza del termine ordinario di decadenza e, pertanto, della tardiva impugnazione per l'annullamento del provvedimento negativo emanato dopo l'ordinanza n. 906 del 2018, sostiene la nullità di detto provvedimento, ritenendolo in contrasto con il giudicato cautelare formatosi sulla medesima ordinanza, non impugnata dall'Amministrazione.

Ma, per le ragioni già enunciate dalla giurisprudenza amministrativa più recente e sopra illustrate, non è configurabile la nullità di un provvedimento amministrativo ex art. 21-septies della l. 241 del 1990 per contrasto con una ordinanza cautelare, seppure non impugnata dinanzi al giudice amministrativo di appello. E ciò perché il "giudicato cautelare" formatosi nel processo amministrativo non è assimilabile al giudicato in senso stretto e pertanto non può produrne gli stessi effetti invalidanti.

Ne discende che il provvedimento nella specie emanato dall'Amministrazione in sede di riesame disposto con l'ordinanza cautelare n. 906 del 2018, all'esito di una rinnovata istruttoria procedimentale, ove ritenuto illegittimo dall'Associazione appellante avrebbe dovuto essere impugnato con motivi aggiunti nell'ordinario termine di decadenza. Non avendo proposto l'impugnazione tempestivamente, i motivi aggiunti, come correttamente statuito dal T.A.R., si palesano tardivi. All'accertamento della tardività dell'impugnazione con motivi aggiunti del nuovo provvedimento lesivo degli interessi della ricorrente, interamente sostitutivo del D.D.G. n. 584 del 31 maggio 2018, consegue necessariamente la declaratoria di improcedibilità del ricorso introduttivo del giudizio.

11. L'accertata infondatezza del primo motivo di appello, di carattere assorbente, impone quindi la reiezione dell'impugnazione e l'integrale conferma della sentenza appellata.

12. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte appellante a pagare all'Amministrazione appellata le spese del grado di giudizio che liquida in euro 4.000,00 (quattromila/00) oltre s.g. e accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.