Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana
Sentenza 22 maggio 2023, n. 349

Presidente: de Francisco - Estensore: Chinè

FATTO

1. Con ricorso dinanzi al T.A.R. Sicilia - Catania, ritualmente notificato e depositato, parte ricorrente ha esposto:

- di essere proprietario di un laboratorio di analisi cliniche aperto giusta autorizzazione sanitaria sin dal 5 marzo 1964;

- di aver successivamente ampliato detto laboratorio e che esso è stato oggetto di più visite ispettive da parte dell'Autorità sanitaria, tutte concluse con esito positivo;

- che a seguito di ispezione dei Nas del 5 luglio 2000, l'Azienda sanitaria, con nota prot. n. 11556/2000, segnalava alcuna anomalie, tra le quali "la presenza di una comunicazione tra la sala di accettazione e l'appartamento sovrastante e un disimpegno di accesso tra la sala prelievi e il garage";

- di aver regolarizzato le altre anomalie nel breve termine concesso (20 giorni) e di non aver avuto il tempo di effettuare la ristrutturazione per eliminare i varchi di cui trattasi, peraltro esistenti da tempo e mai contestati prima dalle autorità deputate ai controlli;

- che in sede di sopralluogo per la verifica della regolarizzazione il personale dell'U.S.L., quanto alla questione delle aperture, ravvisava la necessità di acquisire il parere igienico-sanitario dei locali;

- ciononostante, con il provvedimento gravato del 29 settembre 2000, del direttore generale dell'Azienda U.S.L. n. 5 di Messina, è stata disposta la sospensione dell'attività senza l'acquisizione del parere igienico-sanitario.

2. Avverso gli atti impugnati parte ricorrente ha denunciato le seguenti censure:

I) violazione e falsa applicazione dell'art. 193 r.d. n. 1265/1934, degli artt. 13 e 14 l. n. 833/1978, della circolare dell'Assessorato sanità n. 387/1987 e dell'art. 40 l.r. n. 30/1993 - incompetenza, atteso che il controllo e la vigilanza sugli ambulatori e gli istituti di cura spetta al Prefetto, e per esso al Sindaco, non essendo riservati detti compiti alle UU.SS.LL. dalla l. n. 833/1978;

II) violazione e falsa applicazione dell'art. 8 l.r. n. 10/1991, perché nella nota prot. n. 11556/2000 si avvisava il laboratorio che, in caso di mancata regolarizzazione, sarebbe stato avviato il procedimento di sospensione, mentre poi è stata disposta la sospensione senza dare alcun avviso dell'avvio del procedimento;

III) violazione e falsa applicazione dell'art. 193 r.d. n. 1265/1934, dell'art. 18 d.P.C.m. 10 febbraio 1984, della circolare dell'Assessorato sanità n. 387/1987 e dell'art. 40 l.r. n. 30/1993 - violazione del principio di nominatività e tipicità dei provvedimenti amministrativi e di proporzionalità delle sanzioni, atteso che il d.P.C.m. 10 febbraio 1984 prevede la sospensione in caso di mancato adeguamento delle strutture e delle strumentazioni entro tre anni; peraltro esso non prevede che quelle riscontrate costituiscano irregolarità;

IV) violazione e falsa applicazione dell'art. 3 l.r. n. 10/1991 - difetto di motivazione, atteso che nonostante i verbalizzanti avessero previsto di acquisire un parere igienico-sanitario, è stata disposta la sospensione senza nulla motivare sul punto;

V) violazione e falsa applicazione dell'art. 193 r.d. n. 1265/1934, del d.P.C.m. 10 febbraio 1984, della circolare dell'Assessorato sanità n. 387/1987, atteso che non solo le aperture in contestazione erano presenti da numerosi anni e non sono mai state oggetto di contestazione, ma non costituiscono una irregolarità.

Ha pertanto concluso per l'accoglimento del ricorso, formulando contestualmente domanda risarcitoria.

4. L'Azienda sanitaria resistente si è costituita nel giudizio di primo grado, chiedendo il rigetto del ricorso.

5. Dopo la sospensione in via cautelare del provvedimento impugnato (ordinanza n. 2343 dell'11 novembre 2000), con la sentenza n. 969 del 2020, oggetto di odierno gravame, il T.A.R. ha accolto il ricorso, ritenendo fondato il quarto motivo relativo al difetto di motivazione ed istruttoria, non avendo l'Amministrazione acquisito il parere igienico-sanitario dei locali prima di adottare il provvedimento di sospensione dell'attività di laboratorio, né motivato in ordine alle ragioni che lasciavano ritenerne superflua l'acquisizione.

Il T.A.R. ha invece respinto la domanda di risarcimento danni, evidenziando che parte ricorrente avesse "offerto allegazioni solo con riferimento alla quantificazione del danno, senza nulla dedurre con riguardo, in particolare, all'elemento soggettivo, di cui peraltro si dubita l'esistenza tenuto conto della natura degli interessi coinvolti (salute pubblica) e del fatto che il vizio denunciato ha carattere meramente procedimentale e lascia impregiudicato il merito della scelta amministrativa".

6. Con l'atto di gravame in epigrafe, l'appellante contesta il capo della sentenza concernente la reiezione della domanda di risarcimento danni, deducendo che la mancata acquisizione del parere igienico-sanitario prima dell'adozione del provvedimento di sospensione dell'attività di laboratorio integra una condotta colpevolmente negligente dell'Amministrazione, di talché avrebbe errato il T.A.R. nel negare la sussistenza dell'elemento soggettivo dell'illecito e pervenire alla decisione di reiezione della domanda risarcitoria.

Chiede, quindi, che la sentenza venga riformata e la domanda di risarcimento danni spiegata dinanzi al T.A.R. accolta, con condanna dell'Amministrazione a rifondere le spese del doppio grado.

7. Benché ritualmente intimata non si è costituita in giudizio l'Amministrazione appellata.

8. Alla udienza del 23 marzo 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

9. L'appello è fondato, nei termini e limiti appresso precisati.

10. Risulta per tabulas che con la sentenza appellata il T.A.R. ha accolto il ricorso ed annullato il provvedimento dell'Azienda sanitaria di sospensione dell'attività di laboratorio di analisi cliniche riscontrando i vizi di difetto di istruttoria e motivazione. L'annullamento è stato preceduto dalla concessione della misura cautelare della sospensiva con ordinanza n. 2343 dell'11 novembre 2000.

Pertanto, l'attività del laboratorio di analisi cliniche risulta essere rimasta sospesa dal 29 settembre al 14 novembre 2000 (il 15 novembre 2000, in virtù dell'ordinanza cautelare, l'attività è difatti ripresa regolarmente).

11. Risulta del pari dagli atti del giudizio di primo grado che il ricorrente aveva prodotto una dettagliata relazione tecnica redatta da un dottore commercialista e revisore legale (dott. Carmelo Marisca) recante la quantificazione del danno subito dal laboratorio nel periodo di sospensione dell'attività in virtù dell'illegittimo provvedimento poi annullato dal T.A.R.: tale danno è stato quantificato nella somma complessiva di euro 46.624,28, di cui euro 26.575,84 per lucro cessante, euro 5.195,60 per danno emergente e euro 14.852,84 per danno reputazionale.

12. Ciò posto, il T.A.R., dopo avere annullato il provvedimento impugnato, ha respinto la domanda risarcitoria proposta dall'odierno appellante ritenendo non provata la colpa dell'Amministrazione, anche tenuto conto "della natura degli interessi coinvolti (salute pubblica)" e del fatto che il vizio accertato "lascia impregiudicato il merito della scelta amministrativa".

12.1. Gli argomenti spesi dal Giudice di prime cure per respingere la domanda risarcitoria non possono essere condivisi dal Collegio.

12.2. Secondo l'impostazione giurisprudenziale dominante (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. VII, 28 dicembre 2022, n. 11533; Sez. IV, 6 aprile 2017, n. 1607; Sez. VI, 28 agosto 2013, n. 4310; Sez. V, 12 febbraio 2013, n. 798), dalla quale il Collegio non intende discostarsi, accertata l'illegittimità della condotta pregiudizievole tenuta dalla pubblica amministrazione, la colpa si intende esistente, salvo che si provi, con onere della prova gravante sulla stessa pubblica amministrazione, che l'amministrazione sia incorsa in un errore scusabile. Tale è definito l'errore nell'applicazione di disposizioni normative il cui significato sia incerto per la non chiara formulazione letterale del relativo testo, a maggior ragione ove recentemente introdotte nell'ordinamento giuridico, ovvero in quanto sussista un contrasto giurisprudenziale nella determinazione della relativa portata, oppure nei casi di rilevante complessità del fatto, di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti o di illegittimità derivante dalla successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata.

12.3. Alla luce delle predette coordinate giurisprudenziali l'errore in cui è nella specie incorsa la sentenza appellata si manifesta con evidenza.

Una volta accerta l'illegittimità del provvedimento di sospensione dell'attività di laboratorio, adottato senza la previa acquisizione del parere igienico-sanitario dei locali come espressamente indicato nel verbale di sopralluogo del 28 settembre 2000 eseguito da personale della medesima Azienda U.S.L. 5 di Messina, il T.A.R. non avrebbe potuto rilevare l'assenza di colpa in capo all'Amministrazione, né sostenere che era onere del danneggiato fornire la relativa prova, in quanto ricorrevano nella specie i presupposti per ritenere sussistente la colpa, in assenza di prova, con onere a carico dell'Amministrazione, di un errore scusabile.

Ma nel caso di specie, per la ricostruzione della vicenda nei termini che precedono, nessun errore scusabile era possibile riscontrare, avendo l'Amministrazione omesso di acquisire un parere ritenuto necessario con un verbale di sopralluogo proveniente da personale della stessa Amministrazione e, peraltro, soltanto il giorno prima dell'adozione dell'illegittimo provvedimento annullato dal T.A.R.

Né meritevole di alcun pregio risultano il richiamo alla natura degli interessi coinvolti nella vicenda, giacché la necessità di acquisire il parere igienico-sanitario dei locali del laboratorio era stata affermata da personale della stessa Azienda sanitaria preposta alla tutela del bene della "salute pubblica", né l'affermazione contenuta nella sentenza appellata che l'annullamento per un vizio procedimentale avrebbe lasciato comunque impregiudicato il merito della scelta amministrativa, in quanto il danno di cui il ricorrente invocava il risarcimento era quello riferito al periodo di chiusura del laboratorio, dalla data del provvedimento illegittimo sino a quella di riapertura dopo la concessione della misura cautelare da parte del T.A.R. Di talché, con riferimento a quest'ultimo danno, non si comprende quale ricaduta avrebbe potuto avere il merito della futura riedizione del potere amministrativo.

12.4. Ne discende, a differenza di quanto affermato dal T.A.R., la sussistenza dell'elemento soggettivo dell'illecito accertato a carico dell'Azienda sanitaria.

12.5. Per ciò che concerne la quantificazione del danno subìto dall'appellante, sussistono nella specie i presupposti per procedere alla sua liquidazione in via equitativa ai sensi dell'art. 1226 c.c.

Una volta accertato che l'illegittimo provvedimento di sospensione immediata dell'attività abbia comportato la chiusura del laboratorio nel periodo dal 29 settembre al 14 novembre 2000, determinando così un pregiudizio economico sia in termini di danno emergente (costi sostenuti, come quelli correlati al pagamento dei lavoratori dipendenti) che di lucro cessante (mancato guadagno) e di danno reputazionale, e considerando gli elementi di quantificazione contenuti nella relazione tecnica prodotta nel giudizio di primo grado dall'appellante e non specificamente contestati dall'Azienda sanitaria, il Collegio ritiene equo liquidare il danno nell'importo complessivo di euro 31.000,00 (trentunomila/00), a cui si perviene abbattendo di circa 1/3 l'importo complessivo indicato nella predetta relazione tecnica di parte. Tale importo è da considerarsi attualizzato, pertanto non deve essere rivalutato, né su di esso sono dovuti interessi sino alla pubblicazione della presente sentenza.

13. In conclusione, l'appello va accolto e, in riforma della sentenza appellata, l'Azienda sanitaria provinciale di Messina va condannata a pagare in favore dell'appellante l'importo di euro 31.000,00 (trentunomila/00) quale risarcimento del danno cagionato per effetto dell'illegittimo provvedimento di sospensione dell'attività di laboratorio di analisi cliniche adottato in data 29 settembre 2000 (prot. 16571) ed annullato dal giudice amministrativo.

14. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, condanna l'Azienda sanitaria provinciale di Messina a risarcire i danni cagionati all'appellante nei termini indicati in motivazione.

Condanna l'Azienda sanitaria provinciale di Messina a pagare le spese del doppio grado di giudizio liquidate in euro 8.000,00 (ottomila/00), oltre s.g. e accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.