Corte di cassazione
Sezione II penale
Sentenza 31 marzo 2023, n. 20210

Presidente: Rosi - Estensore: Leopizzi

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 29 marzo 2022, depositata il 20 aprile 2022, la Corte di appello di Perugia ha integralmente confermato la sentenza di condanna emessa in data 13 luglio 2020 dal Tribunale di Perugia nei confronti di Alessandro L.P. e Gaetano N., appellata solo da quest'ultimo, imputato del delitto di cui agli artt. 110 e 640 c.p.

2. Ha proposto ricorso per cassazione Gaetano N., a mezzo del proprio difensore, deducendo due motivi di ricorso, che qui si riassumono nei termini di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p.

2.1. Con il primo motivo, si lamenta la violazione della legge penale, in riferimento all'art. 162-ter c.p., censurando la mancata estensione da parte del giudice di merito dell'effetto estintivo del reato a seguito delle condotte riparative poste in essere da altro imputato. L'applicazione, in questa circostanza, della disciplina dettata dall'art. 182 c.p. sarebbe da stigmatizzare, poiché, a fronte dell'effettivo annullamento dell'offesa al bene giuridico tutelato e del risarcimento del danno arrecato all'interesse privato, la lettura in chiave esclusivamente soggettiva della causa di estinzione del reato andrebbe in insanabile contrasto con i principi dettati dagli artt. 3 e 24 Cost.

2.2. Con il secondo motivo, la difesa deduce travisamento della prova e difetto, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione. Mancherebbe, infatti, nella decisione impugnata un'idonea illustrazione dei motivi che hanno fondato il giudizio di responsabilità del ricorrente, con riferimento al concorso nel reato di truffa, dal momento che nessuno dei testimoni sentiti in dibattimento avrebbe mai riconosciuto o identificato Gaetano N. quale autore materiale o morale del reato contestato, restando fortemente inattendibile la chiamata in correità del coimputato S.

3. Disposta la trattazione scritta del procedimento in cassazione, ai sensi dell'art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella l. 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall'art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dal d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla l. 30 dicembre 2022, n. 199), in mancanza di richiesta di discussione orale nei termini previsti, il Procuratore generale e il difensore hanno depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Il primo motivo è infondato.

2.1. L'art. 162-ter c.p., introdotto dall'art. 1 l. 4 dicembre 2017, n. 103, rubricato «Estinzione del reato per condotte riparatorie», prevede che, per i reati procedibili a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, quando verifica che l'imputato abbia riparato interamente il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ne abbia eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose.

2.2. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la causa estintiva in questione presuppone condotte restitutorie o risarcitorie spontanee e non coartate (Sez. 5, n. 14030 del 25 febbraio 2020, L., Rv. 279082, relativa a una fattispecie in cui l'imputato aveva versato somme a titolo di risarcimento, nonché rimborsato le spese legali, alle quali era stato condannato dalla sentenza oggetto di impugnazione; Sez. 5, n. 47221 del 10 giugno 2019, Damioli, Rv. 277256, in motivazione; Sez. 5, n. 21922 del 3 aprile 2018, B., Rv. 273186. Cfr. anche la conforme Sez. 4, n. 10107 del 12 novembre 2019, dep. 2020, Aljaier, Rv. 278607 che, nell'ambito di reati colposi, ha ammesso l'applicabilità dell'art. 162-ter c.p. anche nel caso in cui il danno sia stato integralmente risarcito dalla compagnia assicuratrice dell'imputato, mantenendo tuttavia il rilievo accordato al requisito della spontaneità della condotta riparatoria, mediante la necessità che l'attivazione della società terza sia sollecitata dall'imputato, avuto riguardo alla preventiva stipulazione di un'assicurazione e al successivo rispetto degli obblighi assicurativi. In proposito, è stato ivi condivisibilmente precisato: «come affermato dalle Sezioni unite di questa Corte (Sez. un., n. 5941 del 22 gennaio 2009, Pagani, Rv. 242215) in tema di circostanza attenuante di cui all'art. 62, comma primo, n. 6, c.p., il legislatore ha privilegiato non il concreto soddisfacimento degli interessi della persona offesa del reato, bensì l'aspetto psicologico e volontaristico della riparazione, ossia "la condotta del colpevole dopo il reato, come sintomo della sua attenuata capacità a delinquere". [... La disposizione di cui all'art. 162-ter c.p.] appare espressione della medesima ratio della circostanza attenuante sopra esaminata, per cui le valutazioni di cui al paragrafo precedente possono essere trasposte alla nuova causa estintiva. La manifestazione di un serio intento risarcitorio estrinsecatasi in atti concreti, quindi, anche in relazione all'istituto in esame, costituisce il dato rilevante ai fini dell'apprezzamento circa l'estensibilità del beneficio al soggetto che non abbia materialmente risarcito il danno tramite danaro proveniente dal proprio patrimonio. L'istituto in esame implica che la riparazione debba essere spontanea, integralmente satisfattiva né indotta attraverso provvedimento giurisdizionale»).

2.3. Il legislatore del 2017, per il nuovo istituto (di natura inequivocabilmente premiale), si è ispirato dunque alla circostanza attenuante di cui all'art. 62, comma primo, n. 6, c.p., nonché alla struttura procedimentale delineata dall'art. 35 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, che disciplina l'analogo meccanismo estintivo per intervenuta riparazione del danno nel procedimento dinanzi al giudice di pace.

2.3.1. Invero, già la consolidata linea ermeneutica in materia dell'attenuante del risarcimento del danno era netta nell'affermare che, quando il danno sia stato cagionato da più persone concorrenti nel reato, la circostanza non può essere riconosciuta al singolo che non abbia contribuito all'adempimento, di modo che, qualora uno solo dei còrrei abbia provveduto, in modo integrale, al risarcimento stesso, l'altro concorrente, per fruire della menzionata attenuante, deve almeno dimostrare la sua concreta e tempestiva volontà di riparazione del danno cagionato, non più direttamente verso la parte lesa - ormai priva di titolo a ricevere altro - ma indirettamente, provando di avere rimborsato al complice più diligente la propria quota, prima del giudizio (Sez. 1, n. 4177 del 27 ottobre 2003, dep. 2004, Balsano, Rv. 227102. Cfr. Sez. un., n. 5941 del 22 gennaio 2009, Pagani, Rv. 242215, secondo cui, ove un solo concorrente abbia provveduto all'integrale risarcimento del danno, la relativa circostanza attenuante non si estende ai compartecipi a meno che essi non manifestino una concreta e tempestiva volontà di riparazione del danno).

Anche il Giudice delle leggi, con sentenza n. 138 del 20 aprile 1998, in merito alla medesima circostanza di cui all'art. 62, n. 6, c.p., ha affermato la necessaria riferibilità dell'evento risarcitorio all'imputato, sia pure in chiave non meramente soggettiva, anche valorizzando l'istituto dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti.

2.3.2. Il requisito imprescindibile della spontaneità era, d'altronde, già assodato anche nella esegesi dell'art. 35 d.lgs. n. 274 del 2000 (cfr. Sez. 4, n. 48651 del 6 dicembre 2022, Monetti, Rv. 283929, che ha annullato con rinvio la sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato a fronte del risarcimento del danno operato dalla compagnia assicuratrice dell'autoveicolo, di proprietà di un terzo estraneo al processo, sul presupposto che le condotte riparatorie e risarcitorie in favore della persona offesa dal reato debbano necessariamente essere realizzate, direttamente o quantomeno indirettamente, dall'imputato. Conforme anche Sez. 4, n. 44959 del 4 novembre 2021, Caponi, Rv. 282244, secondo la quale il risarcimento effettuato dall'INAIL non costituisce condotta riparatoria idonea a consentire la declaratoria di estinzione del reato per intervenuta riparazione del danno, in quanto l'ente previdenziale, a differenza della compagnia assicuratrice della responsabilità civile, non agisce per conto del debitore).

2.4. Inoltre, nonostante non manchino evidenti intenti deflattivi nella novella che ha introdotto la nuova causa estintiva, limitata ai reati che incidono esclusivamente su interessi privati, in mancanza di espresse disposizioni contrarie, deve comunque valorizzarsi la finalità del nuovo istituto tesa primariamente a favorire il risarcimento del danno da reato (così Sez. 6, n. 22098 del 28 aprile 2021, F., Rv. 281518, che ha ritenuto che la causa estintiva del reato per condotte riparatorie operi anche nei procedimenti cumulativi in cui sono contestati reati aventi differente regime di procedibilità, ancorché produca effetto limitatamente ai soli reati procedibili a querela di parte soggetta a remissione).

Non può, dunque, essere ragionevolmente posta in discussione la natura schiettamente soggettiva della causa estintiva di cui all'art. 162-ter c.p., che opera in favore di chi voglia sottrarsi rapidamente al circuito penale, riparando le conseguenze negative delle proprie azioni od omissioni e dando mostra in qualche modo di un comportamento sintomatico di ravvedimento e di minore pericolosità sociale (al pari, ad esempio, dell'oblazione obbligatoria o facoltativa ex artt. 162 e 162-bis c.p. o di quanto previsto dall'art. 168-ter c.p. in caso di esito positivo della messa alla prova). L'estinzione del reato, ai sensi dell'art. 182 c.p., ha pertanto effetto «soltanto per coloro ai quali la causa di estinzione si riferisce».

Sia la Corte di merito che il Tribunale hanno fatto buon governo di questi principi, escludendo che della condotta riparatoria posta in essere da un imputato possano beneficiare anche ulteriori soggetti chiamati a rispondere dello stesso addebito.

2.5. Nessuna tensione può, d'altra parte, ravvisarsi tra la conclusione che precede e i valori costituzionali, dal momento che il principio di ragionevolezza consacrato dall'art. 3 Cost. impone di trattare in modo diverso situazioni diverse e in modo uguale situazioni uguali. Nel caso di specie, in particolare, il fondamento premiale dell'istituto scatta allorquando è meritevolmente rimossa, per quanto possibile, l'offesa conseguente al reato (comprensiva del cosiddetto "danno criminale").

È inconferente, in primo luogo, il paragone, ventilato dalla difesa, con l'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, atteso che i parametri di valutazione di cui all'art. 131-bis c.p. hanno viceversa natura e struttura schiettamente oggettive ed operano su un piano diverso da quelli relativi alla personalità del reo (cfr. Sez. 3, n. 35757 del 23 novembre 2016, dep. 2017, Sacco, Rv. 270948).

Neppure altre norme che prevedono un'efficacia oggettiva della causa di estinzione - ad esempio, la concessione della sanatoria ordinaria ex artt. 36 e 45 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (già artt. 13 e 22 l. 28 febbraio 1985, n. 47) - sono valutabili alla stregua di tertium comparationis, dal momento che si fondano, al contrario dei delitti contro il patrimonio che qui vengono in rilievo, sulla natura meramente formale dell'offesa al bene protetto (il rilascio della sanatoria presuppone il doppio accertamento di conformità dell'opera abusiva agli strumenti urbanistici sia al momento della realizzazione sia in quello della richiesta, che - in forza di apposita disposizione - consente un omologo trattamento penale tra tutti gli autori della violazione, senza che, per fruire del beneficio, occorra che la domanda sia proposta da tutti costoro. In caso di condono di opera originariamente illecita ex art. 38 della legge citata, invece, l'estinzione del reato non opera affatto oggettivamente. Cfr. Sez. 3, n. 26123 del 12 aprile 2005, Colturri, Rv. 231940; Sez. 3, n. 9521 del 7 giugno 2000, Fierli, Rv. 217755, entrambe coerenti con il dictum di Corte cost., sent. n. 370 del 1988, che sottolinea come l'intera fattispecie estintiva degli illeciti penali abbia una particolare natura, risolvendosi essa in un accertamento dell'inesistenza del danno urbanistico, e cioè dell'inesistenza ex tunc dell'antigiuridicità sostanziale del fatto di reato; la causa speciale di estinzione del reato urbanistico si fonda dunque sulla constatata inesistenza originaria dell'antigiuridicità sostanziale, e, cioè, su un dato attinente all'oggettiva lesività del fatto).

Né può dirsi vulnerato il diritto di difesa garantito dall'art. 24 Cost., liberamente dispiegabile dall'odierno ricorrente in ogni sede procedimentale ed extragiudiziaria, nei termini perentori voluti dal legislatore - non irrazionali in un'ottica di contenimento della durata del processo e di limitazione di pratiche dilatorie, oltre che di deflazione - che ha imposto di valutare la condotta riparatoria con sentenza predibattimentale secondo la disciplina dettata dall'art. 469 c.p.p. (cfr. Sez. 2, n. 39252 del 22 giugno 2021, Cannizzo, Rv. 282133).

3. Il secondo motivo è manifestamente infondato.

Dubita il ricorrente che emergano dall'istruttoria espletata elementi di prova idonei a ritenere la sua penale responsabilità per il delitto contestato. Sul punto, la motivazione della Corte argomenta tuttavia in maniera congrua, rilevando come l'identificazione dell'uomo «con accento del Sud» nella persona del N. fosse avvenuta tramite le dichiarazioni non solo del còrreo S. (portatore di interessi propri, secondo la difesa, al contrario di quanto sostenuto dai giudici di merito), ma anche del trasportatore Ni., sicuramente indifferente rispetto agli esiti del procedimento.

In ogni caso, non sono deducibili con ricorso per cassazione censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; sono dunque inammissibili tutte le doglianze che contestano la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 2, n. 9106 del 12 febbraio 2021, Caradonna, Rv. 280747).

4. Non è ad oggi maturato il termine di prescrizione, pure se una valutazione in tal senso è stata sollecitata nelle conclusioni scritte della difesa.

La truffa risulta consumata, come da imputazione, il 4 aprile 2014. Il termine di cui agli artt. 157 e 161, secondo comma, c.p., anche in ragione della recidiva reiterata specifica ex art. 99, quarto comma, c.p. contestata e ritenuta, sarebbe intervenuto dunque solo il 4 aprile 2024.

5. Il ricorso deve pertanto essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Depositata l'11 maggio 2023.