Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
Sezione II
Sentenza 22 maggio 2023, n. 678
Presidente: Fenicia - Estensore: Amorizzo
FATTO
Il ricorrente ha impugnato l'ordinanza di demolizione n. 1/08 del 28 novembre 2008 avente ad oggetto taluni manufatti abusivi (muratura e platea in cemento) da lui stesso realizzati sull'argine della Roggia "Usellino".
Le suddette opere erano state oggetto, nel 1986 (insieme ad altre), di un'istanza di condono edilizio presentata dal ricorrente al Comune di San Pietro in Gù.
Nell'ambito dell'istruttoria della suddetta pratica edilizia, in data 15 gennaio 1998, l'Ufficio del Genio civile rilasciava al ricorrente l'autorizzazione per il mantenimento delle opere edilizie poste in fregio alla Roggia, subordinando, tuttavia, il nullaosta al rispetto - fra le altre - delle seguenti prescrizioni:
a) la demolizione della parte di annessi rustici all'interno della fascia di servitù idraulica di 4 metri dal ciglio sinistro della roggia Usellino, dando poi comunicazione dell'avvenuta demolizione all'Ufficio del Genio civile;
b) la demolizione fino a quota terreno nel tratto normale e fino ad un'altezza non superiore a 10 cm dal piano campagna nel tratto parallelo dei due muri di recinzione in calcestruzzo, di cui uno parallelo e normale al corso d'acqua, nel tratto in corrispondenza della platea di cemento, e l'altro parallelo e costruito da pannelli di calcestruzzo precompresso;
c) la sostituzione della recinzione in calcestruzzo con una rete metallica plastificata facilmente asportabile, con la possibilità di mantenere il solo tratto di muro in calcestruzzo prospiciente la concimaia.
L'autorizzazione idraulica fissava, inoltre, in due anni il termine per ottemperare alle prescrizioni.
Nel 2008, a distanza di svariati anni dalla scadenza del suddetto termine, il Consorzio di bonifica pedemontano del Brenta accertava l'inottemperanza alla prescrizione concernente la demolizione delle opere edilizie edificate in fregio alla predetta Roggia "Usellino" e con nota del 24 giugno 2008, prot. n. 9216, ne dava comunicazione al Comune di San Pietro in Gù, il quale adottava in data 4 luglio 2008 una diffida a demolire. La diffida veniva, però, eseguita solo in parte.
Ne seguiva l'adozione del provvedimento sanzionatorio oggetto del ricorso all'esame che la ricorrente ha impugnato, articolando le seguenti censure:
1) violazione dell'art. 35 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Sul presupposto che l'abuso ricada in area demaniale, il ricorrente lamenta l'omessa pedissequa applicazione del procedimento di cui all'art. 35 d.P.R. 380/2001, affermando, comunque, l'insussistenza dei presupposti per irrogare la sanzione prevista dall'art. 31 d.P.R. 380/2001, poiché il provvedimento rimasto inottemperato non è un titolo edilizio, ma una un'autorizzazione idraulica in sanatoria;
2) violazione dell'art. 7 della l. 7 agosto 1990, n. 241 per omessa comunicazione dell'avvio del procedimento;
3) incompetenza relativa. Il provvedimento è stato emesso dal dirigente in un'epoca in cui ancora non erano stati adottati i provvedimenti comunali di trasferimento delle funzioni dal sindaco ai dirigenti in attuazione di quanto previsto dall'art. 107 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267.
Si sono costituiti il Comune di San Pietro in Gù ed il Consorzio di bonifica pedemontano del Brenta.
In ottemperanza all'ordinanza presidenziale n. 142/2020 del 2 marzo 2020, le parti hanno prodotto memorie concernenti gli sviluppi delle vicende oggetto di causa. Il ricorrente ha, altresì, dichiarato la persistenza dell'interesse alla decisione del ricorso.
In data 30 luglio 2014 si costituivano in giudizio i sig.ri Z. Virginio, Z. Tiziano, Z. Genny e Z. Miriam, dichiarandosi eredi testamentari del sig. Biasio Z., deceduto in data 18 aprile 2013.
Con memoria ex art. 73 c.p.a. depositata il 3 marzo 2023, il Comune di San Pietro in Gù ha eccepito il difetto di giurisdizione di questo Tribunale, ritenendo la controversia devoluta alla giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche.
All'udienza di smaltimento del 4 aprile 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L'eccezione di difetto di giurisdizione è fondata.
Ai sensi dell'art. 143, lett. a), del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, sono devoluti alla giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche "i ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere e per violazione di legge avverso i provvedimenti definitivi presi dall'amministrazione in materia di acque pubbliche"; la giurisdizione del T.S.A.P. si estende, a mente della successiva lett. b), ai "ricorsi, anche per il merito, contro i provvedimenti definitivi dell'autorità amministrativa adottati (...) in materia di regime delle acque pubbliche ai sensi dell'art. 2 del testo unico delle leggi sulle opere idrauliche approvato con R.D. 25 luglio 1904, n. 523, modificato con l'art. 22 della L. 13 luglio 1911, n. 774, del R.D. 19 novembre 1921, n. 1688, e degli artt. 378 e 379 della L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F".
L'ordinanza di demolizione oggetto del ricorso all'esame si fonda sull'avvenuto accertamento, da parte del Comune di San Pietro in Gù e del Consorzio di bonifica pedemontano del Brenta, dell'inottemperanza alle prescrizioni a cui era subordinato il condono delle opere insistenti nella fascia di rispetto della Roggia "Usellino" e, dunque, sull'assenza di titolo al mantenimento di opere nella fascia di rispetto idraulica.
L'art. 96 (r.d. 25 luglio 1904, n. 523) individua partitamente i lavori ed atti vietati "in modo assoluto sulle acque pubbliche, loro alvei, sponde e difese", includendo alla lett. g) "qualunque opera o fatto che possa alterare lo stato, la forma, le dimensioni, la resistenza e la convenienza all'uso, a cui sono destinati gli argini e loro accessori come sopra, e manufatti attinenti".
Come detto, l'ordinanza di demolizione impugnata richiama la sopravvenuta inefficacia dell'autorizzazione idraulica in sanatoria rilasciata dal Genio civile, rimasta inottemperata, che condizionava il condono delle opere abusive realizzate all'interno della fascia di rispetto idraulico prevista dal r.d. n. 523/1904. L'esistenza del vincolo idraulico è, dunque, la ragione che ha indotto la P.A. ad emanare l'ordine di demolizione.
Come già ritenuto da questa Sezione (cfr. T.A.R. Veneto, Sez. II, 28 ottobre 2020, n. 1016), «poiché la fattispecie scrutinata investe in via diretta ed immediata la tutela delle acque pubbliche, sotto lo specifico aspetto della garanzia assicurata alla protezione della "fascia di rispetto", deve declinarsi la giurisdizione dell'intestato G.A. in favore del TSAP, quale giudice amministrativo specializzato nella materia delle acque pubbliche, munito del potere di ius dicere con riferimento a "ogni provvedimento che, ancorché emanato da un'autorità diversa da quelle specificamente preposte alla tutela delle acque, incide direttamente sul regolare regime delle acque pubbliche, la cui tutela ha carattere inderogabile in quanto informata alla ragione pubblicistica di assicurare la possibilità di sfruttamento delle acque demaniali e il libero deflusso delle acque scorrenti dei fiumi, torrenti, canali e scolatoi pubblici" (Cass., Sez. un., ord. n. 10845 del 12 maggio 2009 in tema diniego di rilascio di concessione in sanatoria, opposto dall'autorità comunale in ragione dell'edificazione dell'immobile da condonare in violazione della fascia di rispetto di dieci metri dal piede dell'argine, ai sensi dell'art. 96, lett. f), del r.d. 25 luglio 1904, n. 523; in termini anche Cass., Sez. un., nn. 9149/2009 e 11274/1998).
Alla luce delle suesposte considerazioni - ritenuto che il contenzioso relativo a ordini di demolizione o dinieghi di sanatoria di manufatti, se e in quanto costruiti violando le distanze da corsi d'acqua o corpi idrici prescritte dalla legge (art. 96, lett. f), del t. u. n. 523 del 1904) o da regolamenti locali, a garanzia del libero deflusso delle acque e in funzione preventiva rispetto a rischi di esondazioni, debba essere devoluto al TSAP, venendo in considerazione una incidenza diretta sulla materia delle acque pubbliche - va dichiarato il difetto di giurisdizione dell'intestato G.A. in favore del TSAP, quale giudice amministrativo specializzato nella materia delle acque pubbliche, dinanzi al quale la causa potrà essere riproposta nei termini di legge (art. 59 l. n. 69/2009; art. 11 c.p.a.)».
2. Le spese del presente giudizio possono essere compensate in ragione delle oscillazioni giurisprudenziali che caratterizzano il tema del riparto di giurisdizione in subiecta materia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione e individua quale giudice munito di giurisdizione il Tribunale superiore delle acque pubbliche, dinanzi al quale la causa potrà essere riproposta nei termini di legge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.