Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 26 maggio 2023, n. 5206

Presidente: Mastrandrea - Estensore: Martino

FATTO E DIRITTO

1. La società odierna appellante è titolare di un impianto ubicato in Aprilia, Via Valcamonica snc, che svolge il trattamento biologico-meccanico dei rifiuti solidi urbani al fine di produrre Combustibile Solido Secondario (c.d. CSS), conferito ad impianti di termovalorizzazione per la produzione di energia, inserito nel vigente Piano regionale di gestione dei rifiuti del Lazio.

1.1. Nelle vicinanze dell'impianto sussiste il nucleo abitato abusivo, denominato contrada "Sacida", oggetto di una variante di recupero (d.G.r. 21 dicembre 2012, n. 622), il quale versa ancora in un grave e generalizzato stato di degrado dovuto all'assenza o alla mancata manutenzione dei servizi comunali di base (acquedotto, fognatura, illuminazione pubblica; viabilità principale e secondaria etc.).

Secondo la società gli scarichi sono presumibilmente sversati abusivamente sul suolo, nei canali di scolo, nei corpi idrici superficiali etc., con conseguenze pregiudizievoli per la salute pubblica e l'ambiente, tant'è che da diversi anni l'area è interessata da ricorrenti fenomeni di emissioni odorigene moleste.

1.2. Vista la pluriennale inerzia del Comune di Aprilia, per alcuni anni la società si è fatta carico, sopportando un costo di circa mezzo milione di euro, di gestire i fanghi delle fosse settiche degli abitanti del quartiere Sacida nell'ambito della sezione di depurazione del proprio impianto, al quale lo stesso Comune ha fornito il patrocinio gratuito con delibera G.c. n. 146 del 19 novembre 2013.

Il Comune di Aprilia non ha tuttavia più rinnovato il patrocinio gratuito all'iniziativa; e così il problema della corretta gestione dei reflui, in mancanza delle alternative che era obbligo del Comune apprestare, si è puntualmente riproposto.

1.3. La società ha evidenziato, altresì, che non hanno avuto alcun esito le istanze di accesso dalla stessa presentate relative ai lavori di realizzazione di una rete fognante sulla via Val Camonica, il cui mancato completamento e la cui pessima esecuzione avevano addirittura messo a rischio la sicurezza stradale.

Nemmeno esito hanno avuto le numerose istanze avanzate nel corso del 2021, finalizzate a sollecitare l'intervento del Comune in ordine alla vigilanza e alla repressione degli scarichi abusivi nonché alla predisposizione di regolari sistemi di smaltimento dei rifiuti liquidi.

1.4. La società ha pertanto proposto il ricorso in primo grado, innanzi alla Sezione staccata di Latina del T.A.R. per il Lazio, ai sensi degli artt. 117 e 31 del c.p.a., per l'accertamento della illegittimità del silenzio e dell'inerzia serbati sulle istanze da essa proposte dall'Amministrazione comunale resistente.

1.5. Con successivi motivi aggiunti la società ha impugnato la relazione prot. n. 32042/2022 del 5 aprile 2022 (depositata in giudizio in primo grado in data 24 maggio 2022) nonché l'ulteriore documentazione versata in atti dal Comune di Aprilia.

2. Nella resistenza del Comune di Aprilia, il T.A.R.:

- ha dichiarato il ricorso principale improcedibile;

- ha respinto l'eccezione di irricevibilità dei motivi aggiunti, dichiarandoli, tuttavia, inammissibili;

- ha compensato tra le parti le spese di lite.

3. L'appello della società è affidato ai seguenti motivi:

I. Viene censurata, in primo luogo, la declaratoria di improcedibilità del ricorso principale di primo grado per sopravvenuta carenza di interesse.

L'inerzia del Comune sarebbe infatti venuta meno solo relativamente all'attività di controllo e repressione degli scarichi abusivi, nelle more effettivamente intrapresa.

Per quanto riguarda, invece, la necessità di predisporre idonei e regolari sistemi di smaltimento dei rifiuti liquidi, R.I.D.A., nel ricorso di primo grado, aveva chiaramente illustrato le fonti normative e regolamentari che impongono al Comune di intervenire [tra cui gli artt. 124 e 128 d.lgs. 152/2006; art. 107 l.r. 14/1999; artt. 13 e 28 N.T.A. - PTAR (Piano di tutela delle acque regionali) etc.].

La declaratoria di improcedibilità del ricorso introduttivo, ove da intendersi riferita ad entrambe le domande ivi contenute, sarebbe quindi erronea e meritevole di parziale riforma.

II. Il secondo motivo censura la declaratoria di inammissibilità dei motivi aggiunti articolati in primo grado.

La società appellante, nella memoria notificata in data 25 luglio 2022, riqualificata d'ufficio dal T.A.R. come motivi aggiunti, aveva illustrato le ragioni per cui la documentazione depositata dal Comune in data 24 maggio 2022 se determinava, in effetti, la cessazione della materia del contendere in relazione alla prima domanda proposta con il ricorso, non interrompeva invece l'inerzia denunciata con la seconda domanda.

Solo in via subordinata, per l'ipotesi in cui la relazione conclusiva delle attività compiute dal Comune e l'ulteriore documentazione depositata dall'ente civico in data 24 maggio 2022 fossero state ritenute come diniego (implicito o esplicito) dell'esistenza di un obbligo a provvedere, o come rifiuto (implicito o esplicito) di provvedere, ne era stato chiesto anche l'annullamento in parte qua.

L'appellante evidenzia altresì che, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza appellata, sussiste in capo all'Amministrazione comunale l'obbligo di approntare adeguati sistemi di corretta gestione degli effluenti.

Al riguardo, la d.G.r. n. 622/2012, recante la variante di recupero dell'area di cui trattasi, in merito alle opere di urbanizzazione primaria ha recepito integralmente il parere della ASL rilasciato durante l'iter di formazione dello strumento urbanistico, in particolare per quanto riguarda la predisposizione di un regolamento degli scarichi "che tenga conto delle criticità del territorio (anche individuate con il presente studio sulla vulnerabilità degli acquiferi sotterranei), indicando differenti soluzioni compatibili per contesti di riferimento differenti".

Anche il Piano di tutela delle acque regionali (PTAR), di cui alla d.C.r. 23 novembre 2018, n. 18, reca specifiche disposizioni in ordine alla realizzazione "per gli scarichi esistenti di acque reflue domestiche e assimilate provenienti da insediamenti, installazioni o edifici isolati inferiori a 50 A.E. che hanno perso le caratteristiche di case sparse" di sistemi fognari e di collettamento dei reflui presso un unico impianto. In alternativa, è previsto che il Comune promuova "la realizzazione di un consorzio tra i residenti, per il collettamento dei reflui ad un impianto di depurazione che risponda ai requisiti descritti nei punti precedenti del presente articolo" [art. 28, comma 1, lett. b), N.T.A. - PTAR] ovvero la sottoscrizione di convenzioni con il gestore del servizio idrico integrato per il conferimento dei reflui (comma 2 della medesima disposizione).

In sostanza, l'Autorità comunale non è chiamata soltanto ad esercitare poteri autoritativi conformativi e/o repressivi, ma deve anche apprestare, in favore dei residenti sforniti del servizio di fognatura, i mezzi giuridici per assolvere agli obblighi di corretta gestione degli effluenti.

In tal senso, la società appellante richiama gli artt. 124 e 128 del codice dell'ambiente nonché la delibera di Consiglio comunale n. 34 del 28 luglio 2016, recante il "Regolamento di autorizzazione agli scarichi di acque reflue domestiche ed assimilate in aree non servite da pubblica fognatura".

Nell'area in questione non è mai stata realizzata una fognatura, né sono mai state sottoscritte convenzioni per il conferimento dei reflui.

L'Amministrazione non si è attivata neppure per fornire per il tramite del gestore del servizio idrico integrato un servizio sostitutivo.

La normativa invocata nel ricorso di primo grado non si limita a prevedere generiche facoltà o potestà, ma impone all'Amministrazione comunale di adottare provvedimenti per l'approntamento di idonei sistemi di smaltimento dei rifiuti liquidi.

L'ottemperanza a tale obbligo è indiscutibilmente idonea a incidere positivamente sulla posizione soggettiva dell'appellante, essendo questa titolare di un impianto che insiste nel quartiere Sacida e che potrebbe quindi beneficiare della predisposizione di tali sistemi.

La società ha quindi riproposto le domande articolate in primo grado, finalizzate ad accertare e dichiarare l'illegittimità del silenzio e dell'inerzia serbati dall'Amministrazione comunale appellata in merito alle istanze della ricorrente di cui alle note prot. 219B del 24 marzo 2021 e 227B del 30 marzo 2021, nonché alla condanna della medesima Amministrazione a provvedere all'adozione dei provvedimenti richiesti, così come individuati dalla normativa vigente richiamata in ricorso, e comunque ad assumere ogni altra misura idonea a tutelare la situazione giuridica dedotta in giudizio.

4. Il Comune intimato non si è costituito in giudizio.

5. L'appello è stato trattenuto per la decisione alla camera di consiglio del 30 marzo 2023.

6. L'appello è infondato e deve essere respinto.

Al riguardo, si osserva quanto segue.

7. Secondo la consolidata giurisprudenza amministrativa la fattispecie del c.d. silenzio-inadempimento riguarda le ipotesi in cui, di fronte alla formale richiesta di un provvedimento da parte di un privato - costituente atto iniziale di una procedura amministrativa normativamente prevista per l'emanazione di una determinazione autoritativa su istanza di parte - l'Amministrazione, titolare della relativa competenza, ometta di provvedere entro i termini stabiliti dalla legge; di conseguenza, l'omissione dell'adozione del provvedimento finale assume il valore di silenzio-inadempimento (o rifiuto) solo nel caso in cui sussista un obbligo giuridico di provvedere, cioè di esercitare una pubblica funzione attribuita normativamente alla competenza dell'organo amministrativo destinatario della richiesta, attivando un procedimento amministrativo in funzione dell'adozione di un atto tipizzato nella sfera autoritativa del diritto pubblico; presupposto per l'azione avverso il silenzio è, dunque, l'esistenza di uno specifico obbligo (e non di una generica facoltà o di una mera potestà) in capo all'Amministrazione di adottare un provvedimento amministrativo esplicito, volto ad incidere, positivamente o negativamente, sulla posizione giuridica e differenziata del ricorrente (così, ex multis, C.d.S., Sez. IV, sent. n. 5417/2019).

7.1. I presupposti per l'attivazione del rito speciale sono dunque sia l'esistenza di uno specifico obbligo di provvedere in capo all'Amministrazione, sia la natura provvedimentale dell'attività oggetto della sollecitazione: il rito previsto dagli artt. 31 e 117 del codice del processo amministrativo rappresenta infatti sul piano processuale lo strumento rimediale per la violazione della regola dell'obbligo di agire in via provvedimentale sancita dall'art. 2 della l. n. 241 del 1990 (C.d.S., Sez. III, sent. n. 4204 del 2020).

7.2. Nel caso in esame, però, si chiede al Comune di Aprilia non una specifica attività provvedimentale, bensì l'esecuzione di una serie di attività materiali, quali la predisposizione di idonei sistemi di smaltimento dei reflui, ad avviso degli appellanti costituenti oggetto di un obbligo giuridico riveniente sia da varie fonti normative (primarie, secondarie e regolamenti locali) che da atti di pianificazione e programmazione adottati in sede regionale.

Si è quindi al di fuori dei presupposti dell'azione avverso il silenzio.

Le norme e gli atti programmatori invocati dall'appellante, invero, riguardano la generalità dei possibili strumenti operativi rimessi alla discrezionalità programmatoria di ciascun ente locale per complessive finalità di interesse generale, come tali insuscettibili, fino alla loro concreta ed effettiva previsione ed implementazione, di fondare una pretesa erogativa individuale (cfr. la sent. n. 5417/2019, cit.).

7.3. Né a diversa conclusione può giungersi considerando l'ulteriore angolo prospettico indicato dalla società ricorrente, secondo cui anche la realizzazione delle opere pubbliche, ovvero l'erogazione dei pubblici servizi, presuppone a monte un'attività provvedimentale, in primo luogo di carattere pianificatorio e programmatorio.

Con riguardo alla questione dell'ammissibilità dello speciale rito sul silenzio in relazione all'adozione di atti amministrativi generali, l'orientamento prevalente in giurisprudenza è infatti parimenti negativo (C.d.S., Sez. IV, 17 dicembre 2018, n. 7090; Sez. IV, 27 dicembre 2017, n. 6096; Sez. V, 9 marzo 2015, n. 1182; Sez. IV, 22 giugno 2011, n. 3798; Sez. IV, 7 luglio 2009, n. 4351), argomentandosi in questo caso dalla impossibilità di individuare specifici "destinatari" degli atti in questione in capo ai quali possa radicarsi una posizione giuridica qualificata e differenziata, definibile come di interesse legittimo.

7.4. In particolare, nella decisione del 2018, la Sezione ha sottolineato che la preclusione all'esperibilità del rito sul silenzio non deriva tanto dal mero carattere regolamentare o generale dell'atto di cui si invoca l'adozione, quanto dal fatto che, in ragione dell'ordinario rivolgersi di tali atti a una pluralità indifferenziata di soggetti destinatari, non individuabili ex ante e destinati anche a cambiare nel corso del tempo, è molto complessa e delicata l'opera di individuazione dei requisiti della legittimazione e dell'interesse a ricorrere in capo a chi si attivi per l'adozione di provvedimenti di tal natura.

In sostanza, l'azione avverso il silenzio è impraticabile laddove manchi uno specifico e individuato destinatario dell'azione amministrativa (così, in termini, C.d.S., Sez. IV, 7 luglio 2009, n. 4351, con specifico riferimento agli atti normativi che, per la loro generalità e astrattezza, vedono quali loro destinatari la collettività, ovvero categorie di soggetti genericamente e astrattamente determinate).

8. In sostanza, in disparte il profilo oggettivo sottolineato dal T.A.R., il ricorso risulta inammissibile anche sotto il diverso profilo soggettivo della carenza di legittimazione, poiché l'interesse di cui i ricorrenti si assumono titolari non è differenziato rispetto a quello della generalità dei cittadini insediati sul territorio a conseguire l'adozione da parte del Comune di tutte le misure necessarie ad assicurare la realizzazione di idonei sistemi fognari e di collettamento.

9. Per quanto sopra argomentato, l'appello deve essere respinto.

10. Non vi è luogo a provvedere sulle spese del grado, in ragione della mancata costituzione dell'Amministrazione intimata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, n. 208 del 2023, di cui in epigrafe, lo respinge.

Nulla per le spese del grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.