Consiglio di Stato
Sezione II
Sentenza 5 giugno 2023, n. 5450

Presidente: Cirillo - Estensore: Manzione

FATTO

1. L'odierno appellato, all'epoca dei fatti in controversia agente scelto della Polizia di Stato già in servizio presso la Questura di Milano, con provvedimento del 25 marzo 2010 è stato trasferito a domanda ai sensi dell'art. 78 del d.lgs. n. 267 del 2000 (t.u.e.l.) presso il Commissariato di Gallipoli, essendo risultato eletto consigliere comunale nel comune di Miggiano. Rieletto per la successiva tornata elettorale, l'interessato è rimasto in servizio in Puglia fino al 2019 quando - cessato il suo mandato - l'amministrazione dell'Interno ne ha disposto il rientro presso la sede di Milano. Nella fase istruttoria l'agente ha fatto rilevare di essere stato confermato delegato dal sindaco di Miggiano in seno al Consorzio universitario interprovinciale salentino (C.U.I.S.) con provvedimento del 6 giugno 2019 ed ha perciò richiesto la conferma della sede di Gallipoli, ritenendo di averne ancora diritto in funzione delle necessità correlate all'espletamento del mandato conferitogli. Con provvedimento del 19 giugno 2019 l'amministrazione ne ha invece disposto il (ri)trasferimento nella sede di provenienza, sull'assunto che lo status di delegato del sindaco non sia equiparabile alla qualità di amministratore locale.

1.1. L'interessato ha impugnato tale provvedimento avanti al T.A.R. per la Puglia, il quale con la sentenza in epigrafe indicata lo ha accolto per quanto di ragione.

2. La sentenza è stata appellata con il ricorso in esame dall'amministrazione soccombente che ne ha chiesto l'integrale riforma previa sospensione dell'esecutività, deducendo un unico articolato motivo di gravame.

3. Nella camera di consiglio del 10 settembre 2020 l'istanza cautelare è stata rinviata al merito su richiesta della difesa erariale.

4. Si è costituito l'originario ricorrente, instando per il rigetto dell'avverso gravame. In data 16 gennaio 2023 ha chiesto che venga dichiarata l'improcedibilità dell'appello per cessata materia del contendere, versando in atti la comunicazione della Direzione generale per le politiche del personale della Polizia di Stato del 2 novembre 2021 che ne ha disposto l'assegnazione alla Questura di Lecce con decorrenza dal 5 febbraio 2022, giusta l'avvenuto superamento del concorso da vice ispettore.

4.1. Ha infine richiesto il passaggio in decisione senza previa discussione orale.

5. All'udienza del 9 maggio 2023 l'appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

6. Il Collegio ritiene che debba essere dichiarata la cessazione della materia del contendere, pur con le precisazioni seguenti circa il merito della vicenda di cui è causa.

7. L'art. 34, la cui rubrica reca «sentenze di merito», dispone che «qualora nel corso del giudizio la pretesa del ricorrente risulti pienamente soddisfatta, il giudice dichiara cessata la materia del contendere» (comma 5).

7.1. Questo Consiglio ha già avuto modo di affermare che «la cessazione della materia del contendere postula la realizzazione piena dell'interesse sostanziale sotteso alla proposizione dell'azione giudiziaria, permettendo al ricorrente in primo grado di ottenere il bene della vita agognato, sì da rendere inutile la prosecuzione del processo» (cfr. ex multis C.d.S., Sez. VI, 15 marzo 2021, n. 2224).

7.2. Occorre tuttavia ricordare anche che tale tipologia di sentenza, proprio in quanto pronuncia di merito, è «idonea al giudicato sostanziale, accertando in maniera incontrovertibile l'attuazione di un assetto sostanziale di interessi favorevole al ricorrente, sopravvenuto in pendenza del giudizio, interamente satisfattivo della pretesa azionata in sede giurisdizionale, come tale non più revocabile in dubbio» (v. ancora C.d.S., Sez. VI, n. 2224 del 2021, cit. supra). L'art. 34, comma 3, c.p.a. prevede, pertanto, che «quando, nel corso del giudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto se risulta interesse ai fini risarcitori» (art. 34, comma 3). Questa evenienza si verifica nel caso in cui la sopravvenienza non sia tale da rendere «certa e definitiva l'inutilità della sentenza, per avere fatto venir meno, per il ricorrente, qualsiasi residua utilità, anche soltanto strumentale o morale, derivante da una possibile pronuncia di accoglimento». Qualora, pertanto, «permanga un interesse della parte all'esame della censura, anche ai soli fini risarcitori, il giudice procedente è tenuto a statuire nel merito, onde evitare un'elusione dell'obbligo di pronunciare sulla domanda».

7.3. La previsione di cui al terzo comma dell'art. 34 c.p.a. deve essere interpretata, in coerenza con il senso letterale delle espressioni impiegate, nel senso che l'unico interesse deducibile, per evitare l'adozione di una sentenza che dichiari la sopravvenuta carenza di interesse, è quello di natura risarcitoria (cfr. anche C.d.S., Sez. III, 15 aprile 2021, n. 3086). Il Collegio è consapevole che parte della giurisprudenza amministrativa ritiene sufficiente la sussistenza di un mero "interesse morale" (C.d.S., Sez. V, 15 giugno 2015, n. 2952). Ciò è, però, possibile soltanto se tale interesse venga dedotto per dimostrare la sussistenza dei presupposti per la proposizione di una, anche successiva, azione risarcitoria per danno non patrimoniale nella forma del danno morale ovvero di un danno anche di natura diversa correlato alla tipologia di diritto della persona che viene in rilievo.

7.4. La natura soggettiva del processo implica comunque che sia nella disponibilità della parte dedurre l'esistenza di una delle "cause" ostative alla mera declaratoria della cessata materia del contendere.

Il che non è avvenuto nel caso di specie, non avendo la difesa erariale controbattuto alla richiesta dell'appellato di dichiarare la cessata materia del contendere.

8. Tali principi processuali devono peraltro trovare applicazione anche qualora sia stata resa una sentenza di annullamento gravata dall'Amministrazione soccombente in prime cure e il provvedimento sopravvenuto, favorevole al privato, sia stato assunto in pendenza del giudizio di appello, ancorché in ragione di autonomo e distinto procedimento, in alcun modo correlato a quello oggetto della sentenza di primo grado.

9. Nella fattispecie in esame, dunque, l'amministrazione, con provvedimento del 2 novembre 2021, ha preannunciato il trasferimento - recte, l'assegnazione dell'appellato, che medio tempore ha acquisito a seguito di concorso la qualifica di vice ispettore - in una sede ubicata nella Regione Puglia.

9.1. La nuova assegnazione comporta che l'interessato ha ottenuto, per sua esplicita ammissione, il bene della vita al quale aspirava. Deve, anzi, ritenersi che egli abbia conseguito di più di quanto avrebbe potuto ottenere con l'adozione di una sentenza favorevole di appello di annullamento degli atti impugnati, che avrebbe comportato, quale effetto di eliminazione del vizio e conformativo, soltanto un obbligo di rinnovazione della procedura di rientro nella originaria sede di lavoro, tenendo conto delle esigenze correlate allo svolgimento del mandato conferitogli dal sindaco.

9.2. Va infatti ricordato che con riferimento ad una fattispecie perfettamente sovrapponibile a quella in rassegna, la giurisprudenza ha negato che, in base all'art. 78, comma 6, del t.u.e.l., possa essere configurabile un vero e proprio diritto soggettivo del dipendente pubblico al trasferimento nella sede di svolgimento del proprio mandato presso un ente locale. La norma prevede infatti che l'assegnazione dello stesso da parte dell'amministrazione avvenga nel rispetto del generale principio del bilanciamento degli interessi, assicurando sia quello dei diritti soggettivi di cui all'art. 51, terzo comma, Cost., sia le esigenze economiche ed organizzative del datore di lavoro, le quali devono essere concretamente valutate con riguardo alla natura pubblica del servizio espletato (cfr. C.d.S., Sez. III, n. 1638 del 2011). E ciò, come è stato icasticamente affermato, anche al fine di evitare che un sempre più ricorrente ricorso all'istituto in questione finisca per risolversi in vero e proprio abuso del diritto, piegando una norma di civiltà ad esigenze personalistiche, in danno delle legittime aspettative di avvicinamento ai luoghi di origine di coloro i quali, pur essendo in carriera da maggior tempo, finiscono per essere di fatto illegittimamente penalizzati dall'accoglimento delle istanze di un sempre maggior numero di colleghi (cfr. C.d.S., Sez. IV, n. 3865 del 2012).

9.3. Solo peraltro qualora sia sussistente una effettiva esigenza di permanenza presso il luogo di svolgimento dell'incarico l'amministrazione può provvedere al trasferimento del dipendente. Viceversa, laddove tale impegno, come nel caso in esame, neppure necessiti della costante permanenza in loco, essendo le funzioni delegate ridotte alla partecipazione a singoli contesti, peraltro largamente programmati e prevedibili, il ricorso all'istituto può non trovare alcuna giustificazione, alla luce anche degli altri strumenti (ad es. permessi retribuiti ex art. 79 o rimborsi spese di viaggio ai sensi dell'art. 84) atti ad agevolare l'espletamento dell'attività dell'amministratore locale titolare di un contratto di lavoro subordinato.

10. Il Collegio tuttavia, preso atto dell'avvenuta condanna alle spese contenuta nella sentenza impugnata e in applicazione del principio della soccombenza virtuale, ritiene opportuno richiamare quanto già affermato dalla giurisprudenza circa la (non) sussumibilità di un incarico su delega in un organo consortile alla nozione di "mandato elettorale" legittimante l'avvicinamento alla sede di svolgimento dello stesso.

11. Fermo quanto già chiarito ai §§ 9.2 e 9.3, infatti, va altresì ribadito che ai fini giuridici il componente di un organo consortile del quale ope legis - e a norma di statuto - è chiamato a far parte il sindaco resta esclusivamente lo stesso, «il quale infatti potrebbe in ogni momento revocare la delega, e rimane comunque il solo responsabile politico-istituzionale di fronte agli elettori in ordine al rapporto che lega il comune al consorzio e nella gestione di questo» (C.d.S., Sez. V, 13 agosto 2020, n. 5031).

12. Sulla scorta delle considerazioni che precedono l'appello dell'Amministrazione va dichiarato improcedibile per cessata materia del contendere.

12.1. Alla luce tuttavia del principio della soccombenza virtuale e, nel contempo, tenuto conto delle - non condivise - motivazioni che hanno condotto alla conclusione in primo grado della controversia, le spese del doppio grado vanno interamente compensate, con riforma sul punto della sentenza impugnata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile per cessata materia del contendere.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.