Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione II-bis
Sentenza 17 luglio 2023, n. 12023

Presidente: Morabito - Estensore: Gatto Costantino

FATTO E DIRITTO

Nel presente giudizio, parte ricorrente impugna i provvedimenti indicati in epigrafe affermando che i propri terreni non sono (più) soggetti ad enfiteusi, in forza della sentenza n. 1892/1957 del Commissario per la liquidazione degli usi civici - sede in Roma (che inquadrava le terre di uso civico presenti nel territorio comunale in 5 categorie, tra le quali una per cui l'enfiteusi era stata dichiarata cessata dalla predetta sentenza n. 1892/1957 e che includerebbe i terreni del ricorrente, analiticamente individuati in atti). Afferma anche che, in ogni caso, il canone determinato dall'ente sarebbe erroneo, sproporzionato e quantificato quindi in maniera ingiusta.

Nella pubblica udienza del 26 giugno 2023, le parti presenti sono state invitate a dedurre circa la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda, dubitando il Collegio di tale aspetto.

La causa è stata quindi trattenuta in decisione.

Deve confermarsi che l'odierna domanda non ricade nell'ambito della giurisdizione del giudice amministrativo.

Invero, secondo recenti orientamenti (Cass. civ., Sez. un., 22 marzo 2023, n. 8252), ai sensi della l. 16 giugno 1927, n. 1766, art. 29, la giurisdizione del commissario regionale per la liquidazione degli usi civici sussiste ogniqualvolta la soluzione delle questioni afferenti all'accertamento dell'esistenza della natura e dell'estensione dei diritti di uso civico, nonché di quelle relative alla qualità demaniale del suolo, si ponga come antecedente logico-giuridico della decisione. In altri termini, tutte le volte che l'accertamento della qualitas soli costituisca presupposto necessario della decisione, la giurisdizione appartiene al Commissario. In senso sostanzialmente conforme (Cass. civ., Sez. un., 15 marzo 2022, n. 8474) si è anche affermato che rientrano nella giurisdizione del Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici, ai sensi della l. n. 1766 del 1927, art. 29, le controversie concernenti l'accertamento della esistenza, della natura e dell'estensione dei diritti di uso civico ovvero della qualità demaniale del suolo, puntualizzandosi che la questione della demanialità deve essere accertata nel giudizio in via principale e non deliberata solo incidenter tantum, dovendosi altresì porre la questione relativa alla qualitas del suolo quale antecedente logico giuridico della decisione (cfr. Cass., Sez. un., 26 marzo 2021, n. 8564, che richiama Cass., Sez. un., n. 605 del 2015; Cass., Sez. un., n. 26816 del 2009; n. 7429 del 2009; n. 16268 del 2002; n. 5621 del 1996; n. 6689 del 1995; n. 11255 del 1994).

Tuttavia, sebbene sia palese che nel caso di specie la domanda sfugge alla giurisdizione del giudice amministrativo, va meglio chiarito in funzione di quale giudice essa vada declinata.

Infatti, se è vero che il presupposto della decisione è dato dalla sentenza commissariale del 1957, è anche vero che fra le parti non vi è contestazione sull'accertamento dell'esistenza, della natura e dell'estensione dei diritti di uso civico, posto che entrambe (Comune compreso) concordano sul fatto che i terreni del ricorrente sono stati affrancati dall'uso civico.

Ne deriva che la divergenza verte solamente sulla spettanza o meno del canone enfiteutico: il quale ultimo presuppone la demanialità del suolo ed una previa concessione, che, nel caso di specie, non sussiste, posto che neppure si controverte sulla natura pubblica ovvero demaniale dei terreni, che sono di proprietà privata: l'unica contestazione è la spettanza o meno di un canone mai affrancato risalente al 1989.

La questione risulta così sovrapponibile ad altre fattispecie trattate in giurisprudenza civile, tra le quali il Collegio rileva come utile per la corretta definizione della odierna questione quella trattata dal Tribunale civile di Potenza (1° settembre 2021) secondo cui "La controversia relativa all'occupazione di terre ad uso civico, nella quale il privato, come nel caso in esame, contesti la pretesa del Comune al pagamento dei canoni enfiteutici da esso dovuti nonché la determinazione dei canoni medesimi, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario a norma dell'art. 5, comma 2, l. n. 1034 del 1971 (come modificato dall'art. 33 del d.lgs. n. 80 del 1998), essendo in discussione il diritto soggettivo perfetto del destinatario a non essere sottoposto, da parte dell'ente pubblico, all'imposizione di canoni o di altre prestazioni pecuniarie se non nella misura e con le modalità stabilite dalla legge ed a far valere l'eventuale avvenuto adempimento della relativa obbligazione (v. Cass., Sez. un., n. 16165/2002; n. 9286/2004; n. 12164/1993; n. 10383/1993; n. 5974/1991)".

Anche nel caso odierno, infatti, la materia del contendere riguarda l'accertamento della fondatezza della pretesa dell'ente al pagamento di un canone o di una prestazione pecuniaria e alla sua corretta determinazione fondata sull'esistenza di un rapporto di natura enfiteutica su un suolo originariamente appartenente al demanio comunale e assegnato o ceduto (c.d. allodio) ad un privato con l'onere di versare un canone (cfr. anche Corte app. Salerno, sent. n. 447/2020; in senso conforme, T.A.R. Salerno, n. 3650 del 27 dicembre 2022).

Si aggiunga, inoltre, che il potere esercitato, oltre ad essere vincolato e di natura tecnico-ricognitiva, non è posto alla cura diretta e immediata di un interesse della collettività, ma è rivolto al soddisfacimento di un interesse di natura patrimoniale collegato all'uso di un bene pubblico, e quindi si pone nella prospettiva della tutela di un interesse individuale dell'Amministrazione (cfr. C.d.S., Ad. plen., 3 settembre 2019, n. 9).

Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo che si declina in favore del giudice ordinario, presso il quale potrà essere riassunto nei limiti ed alle condizioni di cui all'art. 11 del c.p.a.

La mancata costituzione del Comune intimato comporta che non vi sono spese da regolare.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, che si declina in favore del giudice ordinario ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 11 del c.p.a.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.