Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Sezione I
Sentenza 7 agosto 2023, n. 1120

Presidente: Pennetti - Estensore: Saracino

Rilevato che:

il Comune di Santa Severina ha indetto tre procedure concorsuali per l'assunzione in organico di varie figure con contratto a tempo indeterminato e parziale.

All'esito delle prove concorsuali è stata approvata e pubblicata la graduatoria con il nominativo dei vincitori.

La deducente, pur non avendo partecipato ad alcuna delle procedure concorsuali indette dalla resistente amministrazione, ha chiesto, con istanza ex art. 25 e ss. della l. n. 241/1990, datata 19 gennaio 2023, di prendere visione e di estrarre copia di una serie di documenti interni relativi alle citate procedure concorsuali "ai fini della adeguata tutela dei propri diritti e interessi".

Nel silenzio dell'amministrazione, configuratasi la fattispecie del silenzio-diniego, ha sollecitato il riscontro con formale "atto di significazione e diffida" del 22 febbraio 2023, senza tuttavia riceverne risposta.

Pertanto, con ricorso notificato all'amministrazione in data 20 marzo 2023 e depositato in data 4 aprile 2023, l'interessata ha impugnato il diniego tacito, chiedendo che venga accertato il proprio diritto all'ostensione di tutti gli atti richiesti, ex art. 116 c.p.a.

Il gravame è affidato sostanzialmente al seguente ed articolato unico motivo: violazione degli artt. 22 ss. della l. 241/1990; violazione dell'art. 43 del d.l. 267/2000; violazione del principio di trasparenza amministrativa e del buon andamento; violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost.; eccesso di potere per irragionevolezza, illogicità ed ingiustizia manifesta; contraddittorietà.

Si è costituito il Comune di Santa Severina, che resiste e chiede il rigetto del gravame.

Alla camera di consiglio del 5 luglio 2023 il ricorso è stato assunto in decisione, sussistendo i presupposti per una sentenza breve ex art. 74 c.p.a.

Considerato che:

preliminarmente, questo collegio ritiene non condivisibile l'eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa notifica ad almeno un controinteressato, ex art. 41, comma 2, c.p.a., sollevata dalla p.a. resistente; al riguardo, richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui "le domande ed i documenti prodotti dai candidati, i verbali, le schede di valutazione e gli stessi elaborati costituiscono documenti rispetto ai quali deve essere esclusa in radice l'esigenza di riservatezza a tutela dei terzi, posto che i concorrenti, prendendo parte alla selezione, hanno evidentemente acconsentito a misurarsi in una competizione di cui la comparazione dei valori di ciascuno costituisce l'essenza. Tali atti, quindi, una volta acquisiti alla procedura, escono dalla sfera personale dei partecipanti che, pertanto, non assumono la veste di controinteressati in senso tecnico nel presente giudizio" (ex multis T.A.R. Lazio, Roma, Sez. IV, sent. n. 11050 del 2022; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-ter, n. 14140 del 2019; C.d.S., Sez. VI, sent. n. 260 del 1997; T.A.R. Campania, Napoli, sent. n. 7538 del 2007), e ritiene che le affermazioni in esso contenute valgano anche con riferimento all'accesso del terzo qualificato, come nel caso del consigliere ex art. 43 t.u.e.l. (ma potrebbero, ad esempio, valere nei confronti di un commissario o altro incaricato con funzioni ispettive) e non soltanto nei confronti dell'istante l'ostensione ex art. 25 e ss. della l. n. 241/1990.

Nel senso dell'inapplicabilità dell'obbligo di notifica, peraltro, si è espressa anche la Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi con parere reso in data 29 novembre 2011 affermando che: "Alla fattispecie normativa delineata dall'art. 43 del d.lgs. n. 267 del 2000 non pare compatibile la regola procedimentale che prevede l'obbligo di notifica ai controinteressati ex art. 3 del d.P.R. n. 184 del 2006 (arg. ex C.d.S., Sez. V, 2 settembre 2005, n. 4471) in quanto contrastante con l'ampiezza del diritto soggettivo pubblico riconosciuto ai consiglieri comunali, di fronte al quale recede ogni altro interesse, ivi inclusa la riservatezza di eventuali controinteressati".

L'eccezione di inammissibilità, pertanto, è infondata.

Nel merito, il ricorso va rigettato alla luce delle seguenti ragioni.

Questo collegio ritiene che non sussista o comunque non sia provata la pertinenza della richiesta ostensiva rispetto alle funzioni pubbliche espletate dal consigliere, per come concretamente è venuta atteggiandosi l'istanza di accesso nella fattispecie all'esame.

Giova premettere che, ai sensi dell'art. 43 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, "I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge".

La giurisprudenza ha chiarito che il diritto di accesso del consigliere comunale, pur risultando molto più ampio di quello riconosciuto in via generale al cittadino, non può ritenersi illimitato, né sostenuto da finalità meramente esplorative o tale da comportare conseguenze gravose o paralizzanti per gli uffici amministrativi.

Ciò posto, osserva il collegio che, nell'originaria istanza di accesso del 19 gennaio 2023, l'interessata, da un lato, si qualificava consigliere comunale di minoranza ma, dall'altro, fondava la domanda di esibizione degli atti sulla disciplina ex art. 25 e ss. della l. n. 241/1990, motivando la stessa con un'esigenza difensiva dei propri diritti ed interessi.

Da tale punto di vista, ove così qualificato giuridicamente, in mancanza della partecipazione alle procedure concorsuali, risulterebbe carente in capo all'interessata il prerequisito per l'esercizio del diritto - previsto dalla legge sul procedimento amministrativo - consistente nella sussistenza di un interesse concreto ed attuale alla conoscenza degli atti, non condividendosi la ricostruzione fornita dalla ricorrente che reputa insito tale interesse all'ostensione, nonché la legittimazione attiva, nella propria qualifica di consigliere comunale.

Ma anche a voler diversamente qualificare tale istanza, non come mera richiesta di accesso difensivo (ex lege n. 241/1990), bensì come accesso del consigliere comunale, ex art. 43 t.u.e.l., tale diritto, secondo gli spunti interpretativi più recenti, non può ritenersi illimitato e generalizzato onde evitare che trasmodi in un abuso dell'istituto che il legislatore ha previsto per ben chiare e diverse finalità rispetto a quello generalmente volto ad assicurare le prerogative difensive.

Si richiama, sul punto, la giurisprudenza del Consiglio di Stato che ha avuto modo di affermare che "quanto a contenuto, non si tratta di un diritto assoluto e senza limiti: lo si ricava dalla particolare funzione pubblica consiliare cui è servente questo tipo di accesso, che lo contiene nei termini dei definiti poteri del Consiglio comunale (essendo l'accesso strumentale all'esercizio del mandato consiliare). Perciò il particolare diritto di accesso del consigliere non è illimitato, vista la sua potenziale pervasività e la capacità di interferenza con altri interessi primariamente tutelati" (C.d.S., Sez. V, 3 febbraio 2022, n. 769). Deve, dunque, precisarsi che "non appare sufficiente rivestire la carica di consigliere per essere legittimati sic et simpliciter all'accesso, ma occorre dare atto che l'istanza muova da un'effettiva esigenza collegata all'esame di questioni proprie dell'assemblea consiliare. Del resto, la finalizzazione dell'accesso ai documenti in relazione all'espletamento del mandato costituisce il presupposto legittimante ma anche il limite dello stesso, configurandosi come funzionale allo svolgimento dei compiti del consigliere (C.d.S., Sez. V, 26 settembre 2000, n. 5109)" (C.d.S., Sez. V, 2 gennaio 2019, n. 12).

Orbene, dalla documentazione versata in atti, non risulta comprovato il requisito della pertinenza alla funzione di consigliere, ravvisandosi, piuttosto, dei segnali di senso contrario che orienterebbero a ritenere sussistenti delle esigenze più che altro difensive senza che, tuttavia, in capo all'interessata possa configurarsi una situazione qualificata e differenziata di interesse all'accesso atteso che la stessa non ha partecipato ad alcuna delle tre procedure di cui chiede l'ostensione degli atti.

Né rileva la circostanza fattuale che la richiesta facesse seguito ad una inascoltata istanza di annullamento in autotutela presentata dalla ricorrente, atteso che, secondo l'orientamento consolidato in giurisprudenza, "Non può configurarsi alcun obbligo per l'Amministrazione di pronunciarsi su una richiesta di autotutela, non essendo coercibile dall'esterno l'attivazione del procedimento di riesame della legittimità dell'atto amministrativo, mediante l'azione avverso il silenzio-rifiuto ex artt. 31 e 117 c.p.a., in quanto il potere di autotutela soggiace alla più ampia valutazione discrezionale dell'Amministrazione competente e si esercita d'ufficio, nel rispetto dei criteri di certezza delle situazioni giuridiche e di efficienza gestionale, cui detta valutazione discrezionale deve essere improntata, e non si esercita, quindi, in base ad una istanza di parte, avente, al più, portata meramente sollecitatoria e inidonea, come tale, ad ingenerare alcun obbligo giuridico di provvedere" (ex multis C.d.S., Sez. III, sent. n. 4561 del 3 luglio 2019).

Ad ulteriore conforto dell'insussistenza di un'esigenza di controllo da parte dell'istante legata al munus pubblico del quale è investita, puntuale risulta l'osservazione di parte resistente che ha evidenziato come la regolarità delle citate procedure sia già stata oggetto di verifica e conferma giurisdizionale a seguito della proposizione di un ricorso instaurato da un candidato non vincitore - esitato con sent. n. 111 del 2023 di questo T.A.R. - e di altro ricorso riferito ad altra procedura concorsuale attualmente pendente, per il quale è stata proposta e rigettata istanza cautelare in considerazione dell'insussistenza del fumus boni iuris.

Per i motivi esposti ed in coerenza con i principi ermeneutici sopra richiamati, il ricorso è infondato e non merita accoglimento.

Le spese di giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria, Catanzaro, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna la ricorrente al pagamento a favore della resistente amministrazione delle spese di giudizio, liquidate in euro 950,00 più accessori di legge.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Note

La presente decisione è stata riformata da Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 28 giugno 2024, n. 5750.