Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 1° agosto 2023, n. 7460

Presidente: Lopilato - Estensore: Furno

FATTO E DIRITTO

1. La società ricorrente è proprietaria di un fondo nel Comune di Aversa per il quale, nel 2013, richiedeva il rilascio del permesso di costruire per la realizzazione di una residenza assistita per anziani con relativi servizi in un'area che, in forza del piano regolatore generale, era classificata come zona "G - servizi di interesse urbano e di quartiere" ed era disciplinata dall'art. 56 delle norme tecniche di attuazione.

La normativa di riferimento prevedeva una serie di specifiche destinazioni all'interno della classificazione generale "G", tra le quali rientravano la destinazione a servizi sanitari e assistenziali "H" (in prossimità del cui terreno è situato un ospedale), e la destinazione a verde pubblico "VP".

Il provvedimento comunale di rigetto (provvedimento n. 2590 del 3 ottobre 2013) veniva impugnato dalla società innanzi al T.A.R. per la Campania, che, con sentenza n. 3592 del 2014, accoglieva il ricorso per violazione dell'art. 10-bis della l. n. 241/1990, disponendo l'obbligo per l'amministrazione di riattivare il procedimento.

A fronte della inottemperanza comunale, la società adiva nuovamente il T.A.R. per la Campania, che, con sentenza n. 2169 del 2018, ordinava all'ente comunale di eseguire la sentenza n. 3592 del 2014, nominando un Commissario ad acta per il caso di persistenza dell'inerzia.

Il Comune, nel dare esecuzione alla sentenza n. 2169 del 2018, adottava la deliberazione del Consiglio comunale n. 27 del 30 giugno 2018, che attribuiva all'area in questione la destinazione a verde pubblico.

Conseguentemente, con successivo provvedimento prot. n. 23656 del 2 luglio 2018, il Comune respingeva l'istanza di permesso di costruire sul rilievo della sua incompatibilità con la sopraggiunta destinazione a verde pubblico.

Con successivo ricorso, la società impugnava tali determinazioni dinanzi al T.A.R. per la Campania, che, con sentenza n. 1659 del 2020, accoglieva il ricorso e annullava gli atti impugnati.

Il Comune di Aversa appellava quest'ultima decisione dinanzi al Consiglio di Stato, il quale, con la sentenza n. 3456 del 3 maggio 2021, confermava il dispositivo di annullamento della sentenza impugnata, ma sulla base di una diversa motivazione.

Persistendo l'inerzia del Comune di Aversa, la società ricorrente agiva con l'azione di ottemperanza dinanzi al T.A.R. per la Campania, che, con ordinanza n. 8176/2021, declinava la propria competenza in favore del Consiglio di Stato.

La società ricorrente, pertanto, agiva in ottemperanza dinanzi a questa Sezione, con ricorso in riassunzione, lamentando la persistente inerzia del Comune di Aversa.

Con sentenza n. 10438 del 2022 questa Sezione accoglieva il ricorso in ottemperanza, disponendo l'obbligo per il Comune di Aversa di ottemperare entro il termine di 90 giorni alla predetta sentenza n. 3456/2021, nominando per il caso di ulteriore inerzia il Commissario ad acta nella persona del Prefetto di Napoli.

Tutto ciò premesso, con memoria, depositata in data 4 maggio 2023, il Comune di Aversa ha rappresentato di avere ottemperato alla sentenza del Consiglio di Stato n. 10438/2022, mediante l'adozione del provvedimento di diniego dell'istanza di permesso di costruire.

Quest'ultimo provvedimento è stato impugnato in sede di cognizione da STD dinanzi al T.A.R. per la Campania, con il ricorso recante r.g. n. 1909/23.

2. La causa è stata decisa all'esito della camera di consiglio dell'8 giugno 2023.

3. Reputa il Collegio che la sopravvenienza, costituita dal suindicato provvedimento di respingimento della domanda di permesso di costruire, integri una causa di sopravvenuta carenza di interesse nel presente giudizio ottemperanza.

Rileva a tal riguardo il Collegio che il presupposto del ricorso per ottemperanza è costituito dalla circostanza che l'interessato deduca, dopo il passaggio in giudicato della pronuncia del giudice (o della sentenza di primo grado dotata di efficacia esecutiva), che l'amministrazione abbia adottato un provvedimento in contrasto con la particolare regola del rapporto fissata dalla sentenza; qualora, invece, la parte deduca che il comportamento adottato dall'amministrazione in asserita attuazione del giudicato risulta affetto da autonomi vizi di legittimità estranei al contenuto del giudicato, non è proponibile il ricorso per ottemperanza, ma è necessario attivare un nuovo giudizio di cognizione (cfr. C.d.S., Sez. IV, 15 aprile 1999, n. 626; 22 aprile 1 [sic - n.d.r.], n. 694; Sez. V, 1° aprile 1996, n. 328).

Come ha avuto modo di chiarire l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 11 del 9 giugno 2016, quando la sentenza da ottemperare non reca, come nella fattispecie in esame, un accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita non può incidere sui tratti liberi dell'azione amministrativa lasciati impregiudicati dallo stesso giudicato e, in primo luogo, sui poteri non esercitati e fondati su presupposti fattuali e normativi diversi e successivi rispetto a quest'ultimo.

Nel caso di che trattasi, la sentenza di questa Sezione, n. 10438/2022, ha riconosciuto alla società ricorrente la titolarità di un interesse meramente strumentale alla conclusione del procedimento, non di un interesse finale all'ottenimento del permesso di costruire.

Come noto, l'interesse a ricorrere, la cui carenza è rilevabile d'ufficio dal giudice in qualunque stato del processo, costituisce una condizione dell'azione che deve persistere per tutto il giudizio dal momento introduttivo a quello della sua decisione (ex multis, cfr. C.d.S., Sez. V, 10 settembre 2010, n. 6549).

Secondo un costante indirizzo giurisprudenziale, la dichiarazione di improcedibilità della domanda per sopravvenuta carenza di interesse presuppone il verificarsi di una situazione di fatto o di diritto del tutto nuova rispetto a quella esistente al momento della proposizione del ricorso, tale da rendere certa e definitiva l'inutilità della sentenza, per avere fatto venire meno per il ricorrente l'utilità della pronuncia del giudice (ex plurimis, cfr. C.d.S., Sez. VI, n. 4204/2019; Sez. IV, 9 settembre 2009, n. 5402).

Nel caso di specie, infatti, l'evoluzione della vicenda controversa e, in particolare, l'adozione del provvedimento di diniego definitivo dell'istanza di permesso di costruire ha di fatto comportato, per l'odierno ricorrente, il venire meno di ogni ulteriore utilità del presente giudizio di ottemperanza.

Per completezza di analisi, si osserva ulteriormente che l'Adunanza plenaria n. 2/2013 ha, in linea di principio, ammesso la possibilità di convogliare unitariamente nel ricorso per l'ottemperanza tutte le censure (anche quelle di annullamento dell'atto) svolte dall'interessato a fronte della riedizione del potere.

In particolare, nella suddetta decisione, l'Adunanza plenaria ha chiarito che le censure avverso la riedizione del potere possono essere dedotte davanti al giudice dell'ottemperanza, sia in quanto questi è il giudice naturale dell'esecuzione della sentenza, sia in quanto egli è il giudice competente per l'esame della forma di più grave patologia dell'atto, qual è la nullità.

La conversione dell'azione può essere disposta, ad avviso della citata Plenaria, dal giudice dell'ottemperanza e non viceversa, perché solo questo giudice, per effetto degli artt. 21-septies l. 7 agosto 1990, n. 241, e 114, comma 4, lett. b), c.p.a., è competente, in relazione ai provvedimenti emanati dall'amministrazione per l'adeguamento dell'attività amministrativa a seguito di sentenza passata in giudicato, per l'accertamento della nullità di detti atti per violazione o elusione del giudicato, e dunque - come si è già evidenziato - della più grave delle patologie delle quali gli atti suddetti possono essere affetti.

In presenza di un tale opzione processuale, il giudice dell'ottemperanza è chiamato in primo luogo a qualificare le domande prospettate, distinguendo quelle attinenti propriamente all'ottemperanza da quelle che invece attengono al prosieguo dell'azione amministrativa che non impinge nel giudicato, traendone le necessarie conseguenze quanto al rito ed ai poteri decisori.

Nel caso in cui il giudice dell'ottemperanza ritenga che il nuovo provvedimento emanato dall'amministrazione costituisca violazione ovvero elusione del giudicato, dichiarandone così la nullità, a tale dichiarazione non potrà che seguire la improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse della seconda domanda.

Viceversa, in caso di rigetto della domanda di nullità il giudice disporrà la conversione dell'azione per la riassunzione del giudizio innanzi al giudice competente per la cognizione.

Ciò, secondo la sentenza in esame, appare consentito dall'art. 32, comma 2, primo periodo, c.p.a., in base al quale "il giudice qualifica l'azione proposta in base ai suoi elementi sostanziali".

Ciò premesso, nel caso in esame osta alla possibilità di procedere alla conversione delle azioni la circostanza per cui la parte ricorrente ha già autonomamente impugnato, in sede di cognizione, dinanzi al T.A.R. Campania Napoli, con il ricorso recante r.g. n. 1909/23, il provvedimento di diniego dell'istanza di permesso di costruire di cui alla nota n. 23656 del 2 luglio 2018.

4. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.

5. La peculiarità delle questioni trattate e la valutazione dell'azione amministrativa nel tempo giustificano l'integrale compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile.

Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.