Corte di cassazione
Sezione III civile
Ordinanza 11 settembre 2023, n. 26281

Presidente: Travaglino - Relatore: Tassone

FATTI DI CAUSA

1. Abbanoa s.p.a. propone ricorso affidato a tre motivi per la cassazione della sentenza del Tribunale di Nuoro del 14 luglio 2020 con la quale è stato rigettato l'appello dalla medesima proposto avverso la sentenza del Giudice di pace di Nuoro del 14 luglio 2020.

Resistono con controricorso A. Salvatore e S. Claudio in qualità di erede di G. Antonietta, deceduta nelle more del giudizio.

2. Con ordinanza del 7 dicembre 2022-1° febbraio 2023 il Collegio così pronunciava: «vista l'astensione del relatore autorizzata dal presidente titolare con atto in data 7 dicembre 2022, attesa la necessità di predisporre un nuovo collegio, La Corte rinvia a nuovo ruolo».

3. La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell'art. 380-bis.1 c.p.c.

Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.

La ricorrente ed i controricorrenti hanno depositato memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la società ricorrente deduce in relazione all'art. 360, comma 1, n. 1, c.p.c. la violazione dei limiti della giurisdizione del giudice ordinario, nonché la violazione dell'art. 113 c.p.c. e dell'art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a.

Sostiene che la sentenza impugnata è illegittima nella misura in cui il giudice di secondo grado ha erroneamente qualificato come meramente patrimoniale la posizione giuridica fatta valere dagli attori in primo grado e quindi, sulla scorta di tale errata qualificazione, ha ritenuto munito di giurisdizione per la presente controversia il giudice ordinario, in contrasto con i criteri di riparto della giurisdizione. La controversia in oggetto invece esula dalla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto le contestazioni avversarie riguardano in via principale la legittimità delle scelte tecnico-discrezionali delle autorità amministrative (AEGSI oggi ARERA ed EGAS) in ordine all'individuazione ed alla regolazione del costo del servizio idrico integrato con particolare riferimento alla determinazione dell'ammontare dei cosiddetti conguagli regolatori (anche partite pregresse) quale componente della tariffa.

1.1. Il motivo è infondato.

La controversia non concerne la legittimità dell'atto amministrativo con cui sono stabiliti i criteri tariffari, e dunque non riguarda l'esercizio del potere pubblico, ma il credito, privatistico, per il servizio di somministrazione idrica.

Secondo costante giurisprudenza di questa Corte, la tariffa del servizio idrico integrato ha natura di corrispettivo che trova la sua fonte nel contratto di utenza e la domanda con cui l'utente del servizio pubblico di erogazione dell'acqua, contestando l'importo preteso per la fornitura da gestore del servizio in base ad una determinata tariffa, ne richieda la riduzione, introduce una controversia relativa al rapporto individuale di utenza e spetta pertanto alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass., Sez. un., 2 marzo 2006, n. 4584; Cass., Sez. un., 9 febbraio 2023, n. 4079).

Né può indurre a diverse conclusioni il disposto dell'art. 133, comma 1, lett. c), del codice del processo amministrativo, che prevede sì la devoluzione alla giurisdizione del giudice amministrativo delle controversie in materia di pubblici servizi, ma fa espressa eccezione per le controversie, dunque devolute al giudice ordinario, concernenti indennità, canoni e corrispettivi (v. Cass., Sez. un., 25 febbraio 2016, n. 3732).

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. «violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 142, comma 3, e 154 del d.lgs. n. 152/2006; art. 9 direttiva 2000/60/CE; art. 21, commi 13 e 19, del d.l. n. 201/2011 conv. con modificazioni dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214; art. 10 d.l. 70/2011 conv. con modificazioni dalla l. 12 luglio 2011, n. 106; art. 3 d.P.C.m. 22 luglio 2012; art. 1339 c.c.; delibera AEEGSI n. 643/2013/R/IDR; delibera 26 giugno 2014, n. 18 dell'Ente d'Ambito della Sardegna; regolamento del Servizio Idrico Integrato».

Sostiene il ricorrente che la sentenza impugnata è inficiata da una errata interpretazione delle disposizioni che regolano il sistema tariffario nel servizio idrico integrato, risultando così pronunciata in violazione e falsa applicazione della normativa e degli atti regolatori di riferimento. La definizione delle c.d. partite pregresse ad opera delle competenti autorità amministrative (ARERA, EGAS) risulta del tutto conforme al fondamentale principio che riconosce nell'ambito della dinamica tariffaria il pieno recupero dei costi di investimento e di gestione del servizio (art. 154 d.lgs. n. 152/2006 c.d. codice dell'ambiente). A fronte dell'introduzione di un nuovo metodo tariffario idrico, i costi esistenti all'anno base non considerati in precedenza ai fini tariffari sono stati legittimamente inseriti dalle competenti autorità amministrative come voci di conguaglio inserite in un nuovo sistema regolatorio in ossequio al principio di derivazione europea del full cost recovery (art. 9 direttiva 2000/60/CE).

Pertanto le determinazioni tariffarie entrano, di diritto e per espressa disposizione legislativa, nel regolamento di fornitura ex art. 1339 c.c. ed il contratto di utenza di un servizio pubblico non può che rinviare [a] corrispettivi definiti dalle autorità amministrative di settore, rispetto ai quali Abbanoa s.p.a., gestore del servizio, non ha alcuna autonomia decisionale e si è limitata a dare puntuale esecuzione a provvedimenti amministrativi cogenti, adottati in conformità alla normativa europea e nazionale di riferimento.

2.1. Il motivo è infondato, posto che fa riferimento al rapporto fra gestore e autorità d'ambito, cui gli utenti sono estranei, e dunque risulta eccentrico rispetto alla ratio decidendi della sentenza impugnata, in cui, come già in quella di primo grado, si fa esclusivo riferimento al contratto di somministrazione del servizio idrico tra il gestore ed il singolo utente.

Come ritenuto da questa Corte, con orientamento cui si intende dare continuità (Cass., 23 giugno 2021, n. 17959; Cass., 22 febbraio 2023, n. 5492; Cass., 28 novembre 2019, n. 31063), non può essere ritenuta lecita l'imposizione di un conguaglio per partite pregresse, in quanto per la natura del contratto di somministrazione, avente carattere periodico, l'erogazione del servizio idrico comporta un prezzo che viene corrisposto all'atto delle singole prestazioni e in proporzione di ciascuna di esse.

Il corrispettivo che viene pagato secondo le scadenze d'uso è proporzionato e trova la sua giustificazione nell'utilizzo dell'acqua che viene erogata; invece la richiesta di conguagli per partite pregresse determina l'ammontare del corrispettivo in un momento successivo rispetto alla erogazione effettuata dalla AEEGSI, sulla base della sola titolarità di utenze attive alla entrata in vigore della nuova disciplina in materia tariffaria, per consumi già avvenuti, in assenza di accordo delle parti ed in carenza di potere impositivo, per cui viola gli artt. 1561, 1560 e 1563 c.c. e, nella misura in cui ritenuto discendente da obblighi normativi, viola altresì l'art. 11 delle preleggi.

3. Con il terzo motivo in relazione all'art. 360 comma 1, n. 3, c.p.c. la ricorrente deduce «violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 2935 e 2948, n. 4, c.c., artt. 142, comma 3, e 154 del d.lgs. n. 152[/2006]; art. 9 direttiva 2000/60/CE; art. 21, commi 13 e 19, del d.l. n. 201/2011 conv. con modificazioni dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214; art. 10 d.l. 70/2011 conv. con modificazioni dalla l. 12 luglio 2011, n. [106]; art. 3 d.P.C.m. 22 luglio 2012; delibera AEGSI n. 643/2013/R/IDR; delibera 26 giugno 2014, n. 18 dell'Ente d'Ambito della Sardegna; regolamento del Servizio Idrico Integrato».

Sostiene che la sentenza impugnata è altresì illegittima nella parte in cui il Tribunale, confermando la decisione del Giudice di pace, ha ritenuto gli importi richiesti a titolo di conguagli regolatori in ogni caso prescritti ai sensi dell'art. 2948, n. 4, c.c.

Il motivo è assorbito, stante il dirimente rigetto del secondo motivo.

4. In conclusione, il ricorso va rigettato.

5. Le spese di lite seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente a pagare ai controricorrenti le spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 600,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.