Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 27 settembre 2023, n. 8561

Presidente: De Felice - Estensore: Poppi

FATTO E DIRITTO

Il 4 novembre 2016 l'odierna appellante presentava la S.C.I.A. n. 28503/2017 «per l'installazione di un bagno/spogliatoio prefabbricato in legno, annesso alla realizzazione di un campo di bocce con riqualificazione di un'area privata attrezzata» in un terreno di proprietà ricadente nel territorio del Comune di Castellabate, in parte in zona «Agricola Speciale E4» e in parte in zona «F3 - Verde sportivo».

In merito all'iniziativa la competente Soprintendenza si esprimeva favorevolmente con parere n. 1999 del 15 febbraio 2017 rilevando che «trattasi di opere che appaiono non incidere in modo sostanziale sul paesaggio».

Con atto del 16 febbraio 2017, espressamente qualificato come «conclusione del procedimento volto al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica», il Comune comunicava alla proprietaria il sopra richiamato parere precisando tuttavia l'inidoneità dello stesso a legittimare l'esecuzione dell'intervento sotto il profilo edilizio essendo, altresì, necessario acquisire un «idoneo titolo abilitativo ai sensi di legge».

In pari data il Comune rilasciava l'autorizzazione paesaggistica n. 83/2017 ex art. 146 del d.lgs. n. 42/2004 (di seguito codice) e con atto del successivo 6 aprile, comunicava alla proprietà la «avvenuta acquisizione e presa visione della SCIA Prot. 28503 del 04.11.2016» affermando la conformità dell'intervento «alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente» precisando che «la presente viene rilasciata ed è da ritenersi valida sotto la specifica condizione che i disegni, così come tutti gli elaborati di progetto, le dichiarazioni di conformità urbanistica rese dal tecnico progettista corrispondano a verità».

Con comunicazione del 25 maggio 2017, veniva comunicato l'inizio dei lavori per il giorno successivo.

All'esito del sopralluogo della Polizia municipale del 5 febbraio 2018, sulla base delle rilevate difformità di quanto realizzato da quanto assentito, l'amministrazione, con ordinanza n. 2061 di pari data, disponeva il ripristino dello stato dei luoghi rilevando che «la prevista tettoia aperta prevista in progetto, oltre che ad essere difforme per forma ha dimensioni maggiori rispetto a quelle assentite. I lati della stessa infatti sono maggiori di quanto assentito. Il lato nord misura circa 7,60 m invece di 5,80, il lato est misura circa 11,37 m invece di 10,10, il lato sud misura m 3,60 circa invece di metri 3,00 ed il lato corto sud misura m 4,00 anziché 2,80. Inoltre l'area di sedime della stessa è pavimentata in piastrelle di gres su massetto in cls. anziché essere in legno come previsto dalla prescrizione imposta dalla Soprintendenza. L'area di sedime della tettoia è pari a circa 44,75 mq. Tali opere risultano quindi in difformità tra lo stato assentito e quanto ad oggi realizzato per aumento di superficie e materiali utilizzati per la pavimentazione. - Area pavimentata in piastrelle 0,40 x 040 cm sul lato ovest della tettoia con dimensioni di circa 12,40 x 7,33 m su massetto con spessore di circa 10 cm per un'area di circa 90 mq. Tale pavimentazione continua verso il lato di ingresso al lotto per un'ulteriore area di circa 8 mq a forma trapezoidale. Tali opere risultano quindi in difformità tra lo stato assentito e quanto ad oggi realizzato per aumento di superficie e materiali utilizzati per la pavimentazione. - Sul lato nord della tettoia risulta realizzata un'ulteriore pavimentazione in piastrelle m 0,40 x 0,40 delle dimensioni di circa 2,38 x 4,16 m a quota +43 cm ed un'altra con dimensioni di circa 6,28 x 4,30 m a quota di +0,60 cm. Tali opere risultano quindi in difformità tra lo stato assentito e quanto ad oggi realizzato per aumento di superficie e materiali utilizzati per la pavimentazione. - Sul lato ovest della pavimentazione descritta al punto precedente risulta realizzato un muretto in cls. per la lunghezza del lato ovest della pavimentazione descritta al punto precedente e con un'altezza di circa 76 cm. Tale opera non era prevista in progetto. - Sul lato est del lotto risulta realizzato un muretto in cls. con lunghezza di circa 12,76 m con altezze variabili tra 0,50 m e 1,35 m. Tale opera non era prevista in progetto. - Sono altresì presenti sul lotto altre opere quali aiuole ed altre opere minori di sistemazione esterna non previste nel progetto assentito».

In data 23 aprile 2018, la proprietà presentava la S.C.I.A. in variante n. 34 per «la realizzazione di una struttura per lo sport, lo svago e il tempo libero (installazione di un bagno/spogliatoio prefabbricato in legno), annesso alla realizzazione di un campo di bocce e riqualificazione dell'interno lotto, già autorizzata».

Con provvedimento dell'8 maggio 2018 il Comune dichiarava «la pratica IMPROCEDIBILE» disponendone l'archiviazione sul rilievo che, «per completare i lavori autorizzati con SCIA prot. n. 28503 [del 4 novembre 2016 era, ndr] ... necessario procedere preventivamente alla sanatoria di quanto contestato in sede di sopralluogo del 2 febbraio 2018» e che «l'eventuale istanza di sanatoria delle opere realizzate in difformità ... [doveva essere, ndr] sottoposta all'acquisizione dell'Autorizzazione paesaggistica con procedimento ordinario».

In data 6 giugno 2018 la proprietaria presentava una «variante in sanatoria» ai sensi degli artt. 22 e 37 del d.P.R. n. 380/2001 per «opere eseguite in difformità dalla Segnalazione Certificata di Inizio Attività prot. SUE n. 28503/2016» con allegato modulo di «Domanda di accertamento compatibilità paesaggistica (art. 167 del D. L.vo N. 42/04 e smi)» (modulo non compilato né sottoscritto - v. deposito della ricorrente in primo grado del 26 ottobre 2018, all. 14).

Con atto del 17 agosto 2018 recante «Avvio del procedimento - Comunicazione ai sensi degli art. 7 e 8 della legge 7.8.1990 n. 241 e ss.mm.ii. - SOSPENSIONE PRATICA», il Comune, richiamata l'ordinanza di demolizione del 5 febbraio 2018, comunicava alla proprietaria che «per procedere alla sanatoria degli interventi di cui ai restanti punti riportati nell'Ordinanza medesima, qualora ne ricorrano presupposti, è necessario procedere preventivamente al ripristino dello stato dei luoghi» precisando contestualmente che «l'istanza di Accertamento di conformità per le opere assentibili è subordinata all'acquisizione dell'Autorizzazione Paesaggistica con procedimento ordinario», disponendo la sospensione dell'efficacia della S.C.I.A. «fino a nuovo procedimento di revoca».

Con ricorso iscritto al n. 1558/2018 R.R., l'odierna appellante impugnava innanzi al T.A.R. per la Campania, Sezione staccata di Salerno, il silenzio serbato dal Comune di Castellabate sull'istanza di accertamento di conformità n. 10 del 6 giugno 2018, chiedendo contestualmente l'annullamento del provvedimento n. 13793 del 17 agosto 2018, recante la sospensione dell'efficacia della stessa, e del provvedimento n. 1121 dell'8 maggio 2018, recante l'inibitoria della SCIA in variante n. 34 del 23 aprile 2018.

Il T.A.R., con sentenza n. 224 del 20 dicembre 2019:

- dichiarava irricevibile l'impugnazione dell'ordinanza di demolizione n. 2061 del 5 febbraio 2018, notificata in pari data, poiché impugnata con ricorso notificato il 4 ottobre 2018, oltre lo spirare del termine decadenziale di cui all'art. 29 c.p.a.;

- dichiarava inammissibile il «richiesto accertamento dell'illegittimità del silenzio inadempimento serbato dal Comune di Castellabate sull'istanza di sanatoria prot. n. 10 del 6 giugno 2018» sul rilievo che il Comune si sarebbe espresso negativamente con provvedimento del 17 agosto 2018;

- respingeva la tesi per la quale l'ingiunzione demolitoria sarebbe stata resa inefficace dalla sopravvenuta istanza di sanatoria, peraltro, «inconferente rispetto al thema decidendum, dove non viene in rilievo l'esecuzione dell'ordinanza di demolizione n. 2061 del 5 febbraio 2018»;

- respingeva la domanda risarcitoria poiché non comprovata sia nell'an che nel quantum;

- riteneva irrilevant[e] paesaggisticamente l'incremento dimensionale della tettoria, l'utilizzo di materiali diversi da quelli di progetto ed i muretti di delimitazione.

La proprietaria impugnava la sentenza con appello depositato il 4 giugno 2020, ribadendo le proprie censure con memoria depositata il 22 luglio 2023.

All'esito della pubblica udienza del 21 settembre 2023, l'appello veniva deciso.

Con il primo capo d'impugnazione l'appellante deduce «eccesso di potere per sviamento e travisamento dei fatti di causa. Violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato» censurando la sentenza nella parte in cui dichiara inammissibile il ricorso proposto av[v]erso il silenzio dell'amministrazione nonostante quest'ultima sia rimasta inerte a seguito della propria istanza del 6 giugno 2018.

La censura è fondata.

Il T.A.R. esclude la configurabilità di una inerzia dell'amministrazione affermando che «in riscontro [all'istanza del 6 giugno 2018, ndr], il Responsabile dell'Area Governo del Territorio del Comune di Castellabate, con provvedimento del 17 agosto 2018, prot. n. 13793, aveva disposto la sospensione dell'efficacia della SCIA in sanatoria prot. n. 10 del 6 giugno 2018».

Tuttavia, l'atto del 17 agosto, come specificato nell'epigrafe dello stesso, veniva adottato in esito all'istanza del precedente 24 aprile.

Con il secondo capo d'impugnazione l'appellante censura la sentenza laddove dichiara irricevibile l'impugnazione dell'ordinanza di demolizione che le veniva notificata il 5 febbraio 2018.

Con una prima censura ne deduce l'erroneità «per violazione e falsa applicazione artt. 36 e 37 D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380. - Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, per illogicità» rilevando la contraddittorietà dell'esito dichiarato con l'adesione, manifestata dal T.A.R., alla tesi per quale «l'istanza di sanatoria comporta un arresto temporaneo dell'efficacia adottata dalla misura repressivo-ripristinatoria (evocato anche da parte ricorrente nei propri atti)».

A parere dell'appellante l'arresto temporaneo dell'efficacia della misura ripristinatoria avrebbe effetto anche sul termine decadenziale che non potrebbe decorrere, atteso che il «riesame dell'abusività dell'opera, impone al Comune di adottare un nuovo provvedimento che vale comunque a superare la originaria ordinanza di demolizione, con la conseguenza che, anche in caso di rigetto dell'istanza l'Amministrazione deve emanare un ulteriore provvedimento sanzionatorio eventualmente di demolizione, con l'assegnazione di un nuovo termine per adempiere».

La censura è infondata.

Come già evidenziato, l'ordine di demolizione adottato dall'amministrazione veniva notificato il 5 febbraio 2018 e la notifica del ricorso di primo grado interveniva nel successivo mese di ottobre, oltre lo spirare del temine di cui all'art. 29 c.p.a.

Ciò premesso deve disattendersi la suesposta tesi di parte appellante per la quale la presentazione dell'istanza di sanatoria determinerebbe un effetto sospensivo del termine decadenziale di impugnazione.

Sul punto, deve riconoscersi che in passato si è talvolta affermato che la presentazione dell'istanza di accertamento di conformità determini l'inefficacia della misura demolitoria facendo sorgere, in capo all'Amministrazione, l'obbligo di rivalutare l'abuso pervenendo ad una nuova pronunzia, con conseguente improcedibilità per sopravvenuta carenza d'interesse dell'originaria impugnazione (C.d.S., Sez. VI, 3 marzo 2020, n. 1540).

Tuttavia, in tempi più recenti, con posizione dalla quale non si ha motivo di discostarsi, si è affermato che «la presentazione di una istanza di sanatoria ex art. 36 d.P.R. 380/2011 non rende inefficace il provvedimento sanzionatorio pregresso ma determina una mera sospensione dell'efficacia dell'ordine di demolizione con la conseguenza che, in caso di rigetto dell'istanza di sanatoria, l'ordine di demolizione riacquista la sua efficacia (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. VI, 6 giugno 2018, n. 3417; 28 settembre 2020, n. 5669; 27 settembre 2022, n. 8320). Infatti, per i principi di legalità e di tipicità del provvedimento amministrativo e dei suoi effetti, soltanto nei casi previsti dalla legge una successiva iniziativa procedimentale del destinatario dell'atto può essere idonea a determinare ipso iure la cessazione della sua efficacia. Diversamente da quanto previsto in materia di condono, nel caso di istanza di accertamento di conformità non vi è alcuna regola che determini la cessazione dell'efficacia dell'ordine di demolizione i cui effetti sono, quindi, meramente sospesi fino alla definizione del procedimento ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001...» (C.d.S., Sez. VI, 25 ottobre 2022, n. 9070).

Può quindi affermarsi che la presentazione dell'istanza da parte dell'appellante «non rende inefficace il provvedimento sanzionatorio pregresso; non vi è pertanto alcuna automatica necessità per l'amministrazione di adottare, se del caso, un nuovo provvedimento di demolizione. Essa determina soltanto un arresto dell'efficacia dell'ordine di demolizione, che opera in termini di mera sospensione dello stesso. In caso di rigetto dell'istanza, che peraltro sopravviene in caso di inerzia del Comune dopo soli 60 giorni, l'ordine di demolizione riacquista la sua piena efficacia (cfr. ancora, C.d.S., Sez. VI, 28 settembre 2020, n. 5669)» (C.d.S., Sez. II, 6 maggio 2021, n. 3545).

La temporanea inefficacia dell'ordine di demolizione è, tuttavia, priva di impatto sul decorso del termine decadenziale di impugnazione posto che l'effetto lesivo che sorregge l'interesse a ricorrere è pur sempre imputabile al medesimo provvedimento ripristinatorio che, per le suesposte ragioni, non viene meno.

Il rigetto della censura in questione, e la conseguente conferma dell'irricevibilità dell'impugnazione dell'ordine di demolizione, elide qualsivoglia interesse allo scrutino delle successive censure formulate con il secondo capo d'impugnazione (punti 2-b, 2-c e 2-d) e con il terzo motivo (3-a e 3-b) con le quali l'appellante afferma sostanzialmente l'inapplicabilità della misura demolitoria a fronte di interventi ritenuti essere in parte sanzionabili con la sola sanzione pecuniaria e in parte non passibili di sanzione poiché paesaggisticamente conformi.

L'accertamento circa la sanabilità di detti interventi, infatti, è oggetto di un procedimento avviato dall'appellante con la più volte citata istanza del 6 giugno 2018 in merito alla quale l'amministrazione, come già evidenziato, non si è pronunziata.

Ne deriva che le statuizioni del T.A.R. circa la parziale compatibilità paesaggistica di quanto realizzato si palesano come anticipatorie di un giudizio riservato al Comune.

Per quanto precede il ricorso deve essere accolto relativamente al primo motivo, con il quale si censura la declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto avverso il silenzio serbato in ordine all'istanza del 6 giugno 2018 (in merito alla quale l'amministrazione si dovrà pronunziare espressamente valutata la conformità urbanistica e paesaggistica di quanto realizzato) e respinto con riguardo all'impugnazione della declaratoria di irricevibilità dell'ordine di demolizione.

Non si dà luogo a pronunzia sulle spese stante la manca costituzione dell'amministrazione intimata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, in parte lo accoglie e in parte lo respinge, nei sensi di cui motivazione, e per l'effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado limitatamente all'impugnazione del silenzio serbato dall'amministrazione in merito all'istanza di sanatoria del 6 giugno 2018.

Nulla spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.