Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
Sezione II
Sentenza 27 settembre 2023, n. 1338

Presidente: Allegretta - Estensore: Rinaldi

FATTO E DIRITTO

Il ricorrente ha impugnato, chiedendone l'annullamento, l'ordinanza del 1° settembre 2010, prot. 6998, emanata dal Comune di Comelico Superiore e avente ad oggetto la rimozione di manufatti edilizi quali pilastrino, cordolo in calcestruzzo, recinzione, cartello segnaletico, nonché il riempimento di terreno al fine del ripristino dell'interrotto pubblico transito sul sentiero.

Espone la parte ricorrente di essere titolare di alcuni terreni siti nel Comune di Comelico Superiore, censiti al mappale 772,773 e 177 del foglio 64.

Su tali terreni insistono via Crode e via D'Ambros, tra loro collegate da un sentiero che ricade nella proprietà di Italo M., del quale l'Amministrazione asserisce l'uso pubblico.

In data 22 ottobre 2004 il ricorrente presentava un'istanza di permesso a costruire per la "realizzazione di opere di contenimento e recinzione di porzione della proprietà"; in parziale accoglimento di tale istanza, in data 26 aprile 2005, il Comune di Comelico Superiore rilasciava al sig. M. il permesso di costruire n. 3211/2005 per la "realizzazione di opere di contenimento terreno sui mapp. 772, 773, 177 del fg. 64 N.C.T. di Comelico Superiore", con la precisazione che dovessero essere esclusi lavori in grado di incidere negativamente sull'uso pubblico del sentiero, impedendone il passaggio pedonale.

Successivamente, sempre in relazione ai medesimi lavori, l'interessato presentava in data 18 dicembre 2008 una nuova domanda di permesso di costruire in variante, con cui richiedeva di poter eseguire anche la recinzione la cui realizzazione era stata negata col citato permesso di costruire n. 3211/2005.

Il Comune assentiva i lavori, pur nel rispetto delle prescrizioni di cui al precedente permesso, da intendersi recepite.

In data 23 giugno 2010, l'ente civico comunicava l'avvio del procedimento volto all'accertamento delle violazioni edilizie, cui seguiva, in data 1° settembre 2010, l'ordinanza di rimozione e ripristino in questa sede impugnata con ricorso principale.

Con successiva ordinanza n. 68/2016, contestata con motivi aggiunti, il Comune di Comelico Superiore interveniva nuovamente ingiungendo la rimozione dei medesimi manufatti edilizi, rilevando peraltro come la sussistenza di una servitù di transito pedonale di uso pubblico fosse stata accertata anche dalla sentenza n. 359/2016 del Tribunale di Belluno (poi confermata in appello con sent. n. 195/2019).

Avverso le predette due ordinanze di rimozione è insorto l'odierno ricorrente, sollevando le seguenti censure:

- quanto al ricorso introduttivo del giudizio:

1) Violazione di legge. Violazione art. 15 d.lgs. 1446/1918. Incompetenza.

Sostiene il ricorrente che il provvedimento comunale a firma del responsabile dell'Area tecnica sarebbe viziato da incompetenza in quanto, ai sensi dell'art. 15, comma 1, d.lgs. 1146/1918, le funzioni di vigilanza e polizia sulle strade vicinali dovrebbero essere esercitate esclusivamente dal Sindaco;

2) Eccesso di potere per difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti, difetto di motivazione.

Secondo l'odierno istante mancherebbero, in ogni caso, i presupposti per ripristinare il pubblico transito, in quanto non vi sarebbe né l'accertata preesistenza di fatto dell'uso pubblico della strada, né l'accertata sopravvenienza di un'alterazione dei luoghi da parte di privati, che costituisca impedimento all'utilizzazione per la collettività;

- quanto ai motivi aggiunti:

1) Violazione di legge. Violazione dell'art. 15 del d.lgs. 1446/2918. Incompetenza.

Il provvedimento impugnato con motivi aggiunti avrebbe dovuto essere rilasciato dal Sindaco e non dal responsabile dell'Area tecnica del Comune, come invece accaduto;

2) Eccesso di potere per difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti, difetto di motivazione, contraddittorietà con precedenti determinazioni della stessa Amministrazione, illogicità e incongruità manifeste.

Mancherebbero, nello specifico, i presupposti per affermare la sussistenza del pubblico transito della strada.

Si sostiene inoltre che la sentenza del Tribunale di Belluno (poi confermata in appello), che ha rigettato la domanda attorea di accertamento negativo della servitù, non avrebbe neppure specificato il tracciato del sentiero, donde l'impossibilità di stabilire con precisione quali opere impedirebbero il passaggio.

Sarebbe illegittima anche la nota del responsabile dell'Area tecnica, in quanto non sarebbe giustificata l'esclusione di una proroga per la rimozione, fondata sull'erroneo assunto della provvisoria esecutività della sentenza del Tribunale di Belluno.

Si è costituito in giudizio il Comune di Comelico Superiore replicando alle avverse censure e chiedendo dichiararsi l'improcedibilità e/o infondatezza delle impugnative ex adverso proposte.

All'udienza telematica in epigrafe indicata la causa è definitivamente passata in decisione.

Tutto ciò premesso, il ricorso e i motivi aggiunti sono infondati e vanno rigettati.

Con il primo motivo del ricorso principale si contesta l'incompetenza del responsabile dell'Area tecnica, in quanto solo il Sindaco avrebbe eventualmente potuto ordinare la rimozione e il ripristino.

La censura è infondata.

L'esercizio del potere di autotutela possessoria delle strade vicinali era indubbiamente attribuito al Sindaco dall'art. 378 della l. n. 2248 all. F del 1865 e dall'art. 15 d.lgs. 1° settembre 1918, n. 1446, sottratto, quest'ultimo, all'effetto abrogativo di cui all'art. 2 del d.l. 22 dicembre 2008, n. 200.

Tale potere deve però ritenersi trasferito ai dirigenti dal d.lgs. n. 267/2000, atteso che l'art. 107, comma 5, fa espressamente salve solo le competenze del Sindaco previste dall'art. 50, comma 3, e dall'art. 54, e cioè le competenze espressamente attribuitegli dalla legge in determinate materie e, specificatamente, in materia di ordine e di sicurezza pubblica (cfr. T.A.R. Umbria, Sez. I, n. 175/2021).

Nel caso di specie, l'autotutela possessoria esercitata è da ricondurre nell'alveo degli ordinari "atti di gestione" e non possono considerarsi sussistenti i presupposti legislativamente previsti per lo specifico intervento del Sindaco, donde l'infondatezza della contestata incompetenza del responsabile dell'Area tecnica intervenuto (cfr. T.A.R. Veneto, Sez. I, n. 1991/2022 e i precedenti giurisprudenziali ivi richiamati).

Parimenti infondato è il secondo motivo, con il quale il ricorrente lamenta il difetto d'istruttoria e l'assenza dei presupposti per la qualificazione come strada ad uso pubblico del sentiero pedonale che congiunge via Crode e via D'Ambros.

La censura è invero contraddetta dal dato testuale del provvedimento e dalla ulteriore documentazione dimessa in atti (fra cui figura un esposto presentato da ottantanove cittadini che richiedevano l'intervento del Comune affinché fosse ripristinato il passaggio pubblico sul sentiero sopra citato) da cui emerge che:

a) il sentiero è stato oggetto di uso generalizzato da parte di una collettività indeterminata di individui, considerati uti cives;

b) il sentiero è idoneo a soddisfare il fine di pubblico interesse, perseguito tramite l'esercizio della servitù e consistente nel collegamento tra due vie pubbliche;

c) l'uso pubblico si è protratto per il tempo necessario all'usucapione.

Le suesposte conclusioni sono corroborate anche dalla sentenza del Tribunale di Belluno, successivamente confermata dalla Corte d'appello di Venezia (si vedano gli allegati 1 e 2 dell'adempimento all'ordinanza presidenziale del Comune di Comelico), la quale ha ritenuto "dimostrato che il Comune di Comelico Superiore ha usucapito un diritto di servitù di passaggio pubblico sul tratto di sentiero che funge da collegamento tra Via Crode e Via D'Ambros in frazione Casamazzagno".

Per le medesime ragioni sono da respingere i motivi aggiunti, contenutisticamente sovrapponibili a quanto esposto con il ricorso introduttivo.

Da ultimo, la problematicità delle questioni di fatto da cui origina la vertenza giustifica la compensazione integrale delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso, come integrato da motivi aggiunti, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.