Consiglio di Stato
Sezione VII
Sentenza 12 ottobre 2023, n. 8906
Presidente: Contessa - Estensore: Bruno
FATTO E DIRITTO
1. L'appellante impugna la sentenza del T.A.R. per la Campania indicata in epigrafe, con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto per l'accertamento dell'illegittimità del silenzio serbato dall'amministrazione regionale in ordine alla proposta irrevocabile di rinnovo del contratto di locazione - stipulato in data 27 aprile 2007 e avente ad oggetto i locali siti in Sorrento facenti parte del complesso immobiliare con accesso dalla via L. De Maio n. 35, con annesse aree scoperte ed accessori - formulata dall'istante con atto stragiudiziale notificato in data 3 agosto 2021.
1.1. La declaratoria di inammissibilità del ricorso si fonda sul rilievo che nella fattispecie viene in considerazione non già una situazione giuridica soggettiva di interesse legittimo bensì di diritto soggettivo, con conseguente esclusione della stessa configurabilità del silenzio-inadempimento, difettando l'esercizio di una pubblica funzione normativamente attribuita alla competenza dell'organo amministrativo destinatario della richiesta.
2. L'appellante critica la sentenza impugnata, deducendo che il primo giudice avrebbe equivocato il contenuto della domanda, fondata sui principi di correttezza e buona amministrazione ai quali l'amministrazione deve conformare le proprie determinazioni anche ove, come nella fattispecie, viene in rilievo un bene comunque gestito dall'ente pubblico territoriale, sicché, contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza impugnata, la situazione giuridica soggettiva sottesa all'istanza di rinnovo del contratto sarebbe qualificabile in termini di interesse legittimo. In via di subordine rispetto alla domanda di annullamento con rinvio della sentenza impugnata, l'appellante insiste per la riforma della stessa, con riconoscimento della fondatezza delle censure dedotte.
3. La Regione Campania si è costituita in giudizio, concludendo, con articolate argomentazioni, per l'infondatezza del ricorso, con integrale conferma della sentenza appellata.
4. In data 17 luglio 2023, l'appellante ha prodotto memoria, ribadendo le conclusioni già rassegnate.
5. Alla camera di consiglio del 19 settembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
6. L'appello è infondato.
7. Come correttamente rilevato nella sentenza appellata, nella fattispecie viene in rilievo la mancata risposta ad una proposta irrevocabile formulata ai sensi dell'art. 1329 c.c., in riferimento alla richiesta di rinnovo di un contratto di locazione privatistico, non essendo, dunque, configurabile una situazione giuridica di interesse legittimo, assumendo l'attività sollecitata all'amministrazione natura squisitamente privatistica.
7.1. Come chiarito dall'univoca giurisprudenza, richiamata nella sentenza impugnata, il ricorso avverso il silenzio-inadempimento, proposto ai sensi dell'art. 117 c.p.a., deve intendersi ritualmente esperibile solo se azionato a tutela di posizioni di interesse legittimo, implicanti l'esercizio in via autoritativa di una potestà pubblica, e non se l'inerzia è serbata a fronte di un'istanza avanzata per il riconoscimento di un diritto soggettivo (cfr., oltre ai precedenti indicati nella sentenza appellata, C.d.S., Sez. IV, 2 maggio 2023, n. 4415; Sez. V, 1° luglio 2019, n. 4504; Sez. VI, 31 gennaio 2018, n. 650; 17 marzo 2017, n. 1203).
In altri termini, il rito speciale avverso il silenzio non ha lo scopo di tutelare, come rimedio di carattere generale, la posizione del privato di fronte a qualsiasi tipo di inerzia comportamentale della P.A., bensì quello di apprestare una garanzia avverso il mancato esercizio di potestà pubbliche.
7.2. L'istanza presentata dall'appellante, come pure bene evidenziato dal primo giudice, è insuscettibile di radicare un obbligo dell'amministrazione a provvedere, giacché ogni scelta dell'amministrazione, sia favorevole sia negativa in ordine al rinnovo contrattuale, si sostanzierebbe nell'esercizio di un potere di diritto privato senza adozione di alcun atto autoritativo.
Peraltro, come correttamente rilevato dalla difesa dell'amministrazione regionale, in mancanza di accettazione della proposta negoziale, che l'appellante si era impegnata a mantenere ferma per quattro mesi, la stessa ha perso efficacia senza che, a tal fine, si rendesse necessario alcun atto da parte dell'ente.
8. Per completezza il Collegio ritiene anche di rilevare che laddove si seguisse la tesi dell'appellante, secondo cui i canoni di correttezza e buona amministrazione devono presiedere anche all'attività di diritto privato della P.A., così delineando posizioni giuridiche di interesse legittimo, verrebbe a determinarsi una immanente commistione fra tali posizioni giuridiche, tale da rendere del tutto ingestibile il criterio di riparto ex art. 103 Cost. in evidente contrasto con il consolidato orientamento che da sempre tiene distinta la discrezionalità che caratterizza l'operato della P.A. nelle scelte di diritto pubblico e l'autonomia che invece caratterizza quelle realizzate iure privatorum.
9. Le argomentazioni che precedono rivestono portata dirimente ai fini del rigetto dell'appello, con integrale conferma della sentenza impugnata.
10. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello (R.G. n. 3302 del 2023), come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l'appellante al pagamento in favore della Regione Campania delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.