Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 25 ottobre 2023, n. 9213

Presidente: De Felice - Estensore: Lamberti

FATTO E DIRITTO

1. Il Comune di Archi intimava all'appellante la rimozione di opere abusive attraverso l'ordinanza n. 1 del 15 marzo 2016, prot. n. 1609; per tale ragione, in data 30 giugno 2016 (con nota prot. 3544), l'appellante presentava istanza per l'ottenimento del permesso di costruire in sanatoria di un "fabbricato adibito ad autorimessa e di una recinzione" ubicati in Archi (CH), alla C.da Ruscitelli, sull'area identificata in catasto al foglio n. 6, mappale n. 4301.

1.1. A seguito della richiesta integrazione documentale, il responsabile del procedimento comunicava il parere favorevole al rilascio del permesso di costruire in sanatoria con nota prot. n. 4045 del 7 luglio 2017.

1.2. Tuttavia, in data 25 agosto 2017 (con nota prot. n. 4815) il fratello e confinante dell'odierno appellante inoltrava al Comune di Archi un'istanza di accesso agli atti della suddetta pratica, evidenziando dubbi sulla compatibilità dell'intervento con le norme in materia di distanza tra fabbricati.

1.3. Con nota prot. n. 2597 del 20 aprile 2018, l'Amministrazione comunale comunicava il preavviso di diniego ex art. 10-bis della l. n. 241/1990, relativamente all'istanza di sanatoria.

1.4. Con il provvedimento prot. n. 3058 del 10 maggio 2018, l'Amministrazione comunale comunicava il diniego al rilascio del permesso di costruire in sanatoria.

2. Con la nota prot. n. 5517 del 29 agosto 2018, il Comune di Archi, constatato il decorso del termine di 90 giorni per ottemperare a quanto statuito nella suddetta ordinanza di demolizione, comunicava che, in data 20 settembre 2018, si sarebbe proceduto ad effettuare un sopralluogo sul terreno in questione per verificare l'avvenuta demolizione delle opere abusive.

2.1. In quella data l'appellante si rifiutava di consentire l'accesso al sito oggetto dell'accertamento (così come riportato nella relazione alla Procura della Repubblica del tecnico comunale e del responsabile del servizio - nota prot. 6160 del 20 settembre 2018).

2.2. In seguito alle relazioni di servizio ed ai rilevamenti fotografici (prot. n. 1065 dell'8 febbraio 2019 e prot. n. 1310 del 19 febbraio 2019) effettuati dalla polizia locale, si constatava l'inottemperanza a quanto statuito nell'ordinanza di demolizione n. 1 del 15 marzo 2016.

2.3. L'amministrazione comunale emetteva il provvedimento prot. n. 1548 del 25 febbraio 2019 di accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione di demolizione e di acquisizione al patrimonio del Comune, nonché il provvedimento prot. n. 1551 del 25 febbraio 2019 di irrogazione della conseguente sanzione pecuniaria.

3. L'appellante ha impugnato avanti il T.A.R. per l'Abruzzo i provvedimenti n. 1548 e n. 1551 del 25 febbraio 2019, unitamente ad ogni altro atto preordinato, presupposto, preparatorio, sotteso, connesso e/o consequenziale ovvero conseguente.

3.1. Il T.A.R. adito, con la sentenza indicata in epigrafe, ha ritenuto il ricorso inammissibile nella parte in cui "si contestano profili di illegittimità del presupposto diniego di sanatoria rimasto inoppugnato" e, altresì, infondato "quanto ai vizi propri del provvedimento di acquisizione in specie sotto il profilo delle censure di eccesso di potere e carenza di motivazione".

4. Il ricorrente in primo grado ha proposto appello avverso tale pronuncia per i motivi di seguito esaminati.

4.1. Con il primo motivo d'appello deduce "eccesso di potere per violazione ed erronea applicazione dell'esercizio del potere della pubblica amministrazione e del fine pubblico. Difetto d'istruttoria. Irragionevolezza e illogicità manifeste. Sviamento e malgoverno". Ad avviso di parte appellante, i provvedimenti impugnati sarebbero viziati da eccesso di potere, posto che non è dato comprendere le ragioni di fatto e di diritto alla base dell'accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione alla demolizione di opere abusive, acquisizione al patrimonio del Comune ed irrogazione della sanzione pecuniaria.

4.2. Con il secondo motivo ("violazione di legge e di norme giuridiche relative al procedimento") censura il diniego di permesso di costruire in sanatoria in quanto, ad avviso di parte appellante, ai fini del rilascio del permesso di costruire, l'amministrazione era obbligata ad accertare esclusivamente la sussistenza in capo al richiedente di un "titolo astrattamente idoneo alla disponibilità dell'immobile"; in altri termini, secondo l'appellante, il Comune non può assumersi il compito di risolvere eventuali conflitti tra le parti private in ordine all'assetto proprietario, ma deve soltanto accertare il requisito della legittimazione soggettiva di colui che richiede il permesso. Nel caso di specie, dunque, il diniego di sanatoria sarebbe illegittimo, in quanto dipeso esclusivamente dalla violazione delle distanze legali fra fabbricati.

Parte appellante evidenzia inoltre che il permesso di costruire ha carattere irrevocabile e non è suscettibile di revoca, ma solo di annullamento d'ufficio, con conseguente illegittimità del diniego di sanatoria.

L'appellante denuncia il vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che "merita accoglimento l'eccezione di inammissibilità del ricorso laddove si contestano profili di illegittimità del presupposto diniego di sanatoria rimasto inoppugnato, in particolare per l'assenza di motivazione nel disattendere il parere favorevole alla richiesta di sanatoria prot. n. 4045 del 7 luglio 2017 rilasciato dal tecnico comunale", avendo il Giudice di prime cure "qualificato ex officio la natura giuridica del provvedimento avversato, senza che, sul proposito, il Comune abbia neppure, mai, rilevato alcunché, e senza dare dimostrazione logica di aver compreso quanto scritto".

4.3. Con il terzo motivo ("Error in judicando: eccesso di potere per difetto assoluto d'istruttoria e di motivazione. Irragionevolezza e illogicità manifeste. Sviamento e malgoverno") si denuncia l'erroneità dell'impugnata sentenza e dei provvedimenti impugnati in primo grado per difetto di istruttoria.

5. In disparte il fatto che l'appello è suscettibile di essere considerato inammissibile, stante la difficoltà di individuare gli specifici motivi di censura alla sentenza impugnata (cfr. art. 101 c.p.a.), lo stesso, per quel che è dato comprendere nonostante la ravvisata criticità, è comunque infondato.

5.1. In fatto, l'appellante ha impugnato il solo atto di acquisizione (nota prot. n. 1548 del 25 febbraio 2019), nonché il provvedimento prot. n. 1551 del 25 febbraio 2019 di irrogazione della conseguente sanzione pecuniaria. Per quel che consta, non sono stati invece impugnati l'ordine di demolizione n. 1 del 15 marzo 2016, prot. n. 1609, né il rigetto della domanda di sanatoria prot. n. 3058 del 10 maggio 2018.

Ne deriva che l'abuso deve ritenersi accertato, non essendo possibile rimetterne in discussione la sussistenza attraverso l'impugnazione dell'atto acquisitivo.

Al riguardo, giova ricordare che l'acquisizione gratuita costituisce un'autonoma sanzione (cfr. Corte cost., 15 febbraio 1991, n. 82; 15 luglio 1991, n. 345) che segue l'inottemperanza all'ingiunzione a demolire.

In altre parole, l'acquisizione gratuita rappresenta una sanzione autonoma, avente come presupposto un illecito diverso dall'abuso edilizio, che consiste nella mancata ottemperanza all'ordine di demolizione in precedenza emesso dall'amministrazione.

Presupposto essenziale affinché possa configurarsi l'acquisizione gratuita è la mancata ottemperanza all'ordine di demolizione dell'immobile abusivo entro il termine di novanta giorni fissato dalla legge.

Ai fini del presente giudizio, va rilevato che l'effetto traslativo della proprietà avviene ipso iure e costituisce l'effetto automatico della mancata ottemperanza all'ingiunzione a demolire. In coerenza con tale assunto, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza, il provvedimento di acquisizione presenta una natura meramente dichiarativa, non implicando alcuna valutazione discrezionale (cfr. C.d.S., Sez. IV, 7 luglio 2014, n. 3415).

5.2. Alla luce delle considerazioni che precedono, deve trovare conferma la statuizione di inammissibilità del ricorso laddove si contestano profili di illegittimità del presupposto diniego di sanatoria, in quanto tale provvedimento, come detto, non è mai stato ritualmente impugnato.

5.3. Parimenti infondati sono i motivi volti a denunciare l'eccesso di potere dei provvedimenti impugnati, in quanto, come premesso, il provvedimento di acquisizione gratuita costituisce atto strettamente vincolato in relazione al quale tale vizio non è neanche astrattamente configurabile [cfr. C.d.S., Sez. VI, 2 novembre 2022, n. 9470: "L'acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive ex art. 31 d.P.R. n. 380/2001 costituisce un atto dovuto senza alcun contenuto discrezionale, subordinato unicamente all'accertamento dell'inottemperanza e al decorso del termine di legge (novanta giorni) fissato per la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi"].

5.4. Deve precisarsi come non trovi alcun riscontro l'assunto ottenimento di concessione in sanatoria a seguito di silenzio-assenso, dal momento che l'amministrazione comunale ha concluso il suddetto procedimento con il provvedimento (espresso) di diniego di sanatoria prot. n. 3058 del 10 maggio 2018. In ogni caso, ai sensi dell'art. 36 t.u. edilizia, "sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata".

5.5. L'ipotizzata condotta illecita delle persone fisiche indicate dall'appellante, tenuto conto delle considerazioni innanzi esposte, non può riflettersi sulla legittimità degli atti sanzionatori, tanto più che questi - ordine di demolizione e diniego di sanatoria - come detto, non sono stati neppure impugnati nei termini.

6. Per le ragioni esposte, l'appello va respinto.

Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l'appello e condanna parte appellante alla refusione delle spese di lite del Comune appellato, che si liquidano in euro 3.000, oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.