Consiglio di Stato
Sezione II
Sentenza 26 ottobre 2023, n. 9262

Presidente: Cirillo - Estensore: De Carlo

FATTO E DIRITTO

1. La Immobiliare Giancarlo S.S. di Sicrom s.r.l. ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe che aveva respinto il suo ricorso avverso l'illegittimità del silenzio serbato dal Comune di Visano sulla sua richiesta di misure repressive ex art. 31 del d.P.R. 380/2001.

2. La società appellante è proprietaria di un'area corrispondente al mappale n. 45 nella zona produttiva del Comune di Visano dove aveva realizzato nel 2016 un edificio che costituiva ampliamento di un capannone esistente e che fu posto in aderenza del capannone della società controinteressata situato nel mappale 51.

La controinteressata attivò nel 2017 un procedimento possessorio innanzi al Tribunale di Brescia sul rispetto della distanza minima dal confine parzialmente accolto. L'appellante, però, ritiene che l'accoglimento del ricorso possessorio sia stato determinato da uno stato di fatto illegittimo sul piano edilizio a causa di un abuso realizzato nel 1992 quando la costruzione del capannone della controinteressata avrebbe dovuto trovarsi a 5 metri dal confine e non in aderenza allo stesso come poi di fatto è avvenuto. Pertanto la distanza da rispettare secondo il provvedimento del giudice civile era in favore di un immobile illegittimamente posizionato sul confine.

In conseguenza di ciò veniva presentata l'istanza cui il Comune non aveva dato seguito.

3. La sentenza impugnata aveva respinto il ricorso ritenendo che, nonostante il tempo trascorso non sia mai di per sé una condizione sanante di costruzioni realizzate integrando una qualche forma di illegittimità, la costruzione della controinteressata sul mappale n. 51 non costituisce abuso edilizio poiché l'errore risiede non nell'esecuzione dei lavori ma nella planimetria di progetto, e precisamente nel tracciamento della linea di confine tra i mappali.

Non vi era più spazio per l'esercizio di autotutela visto il lungo tempo trascorso.

Infine la concessione edilizia n. 956/1992 è stata chiesta dallo stesso soggetto, ossia la controinteressata, che, in qualità di locatario finanziario del fondo confinante, avrebbe potuto opporsi all'edificazione a confine. Non vi era quindi il conflitto di interessi che imponeva, e tuttora impone, il distacco di 5 metri dal confine.

4. L'appello si fonda su sei motivi.

4.1. Il primo ritiene che l'obbligo di provvedere da parte del Comune prescindeva dalla valutazione se si fosse realizzato una sorta di usucapione poiché esso costituisce un titolo di acquisto della proprietà, ma non può essere opposto al Comune nell'esercizio dei suoi poteri in ambito edilizio. Non vi sarebbe, pertanto, alcun diritto al mantenimento del capannone sul confine tenuto conto oltretutto che il giudice civile non ha affermato l'esistenza di alcun tipo di usucapione.

4.2. Il secondo motivo censura il mancato rispetto dell'art. 112 c.p.c. poiché la sentenza ritiene che sia stato affrontato il tema dell'omesso annullamento in autotutela della concessione del 1992, mentre, invece, la contestazione ha riguardato l'inerzia del Comune rispetto all'istanza dell'appellante. Le valutazioni del primo giudice costituiscono un'indebita valutazione di poteri non ancora esercitati dall'Amministrazione.

4.3. Il terzo motivo sottolinea come la richiesta di intervenire per valutare la sussistenza di un illecito edilizio sia stata qualificata impropriamente come una richiesta di procedere in autotutela.

4.4. Il quarto motivo contesta che la costruzione della controinteressata sul mappale 51 non si possa qualificare come abuso edilizio, come affermato nella sentenza, in quanto per l'art. 32 d.P.R. 380/2001 costituisce variazione essenziale anche la localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza.

4.5. Il quinto motivo lamenta l'erronea interpretazione dell'art. 31.4 delle N.T.A. del P.R.G. comunale laddove si ritenga, come ha fatto il primo giudice, che la norma in questione non disponesse alcun divieto di costruzione sul confine e, dall'altro, che il locatore finanziario è equiparato al proprietario.

Dei due obblighi posti dalla norma, la distanza di 5 metri tra i fabbricati e il divieto esplicito di costruire sul confine, solo il primo può essere derogato se i fabbricati appartengono alla medesima azienda.

Il divieto di costruzione sul confine, invece, non poteva essere superato neanche da un eventuale accordo tra i privati cosicché non rileva valutare se il locatore finanziario potesse esprimere qualsivoglia atto di assenso in quella direzione.

Inoltre, alla data del rilascio del titolo edilizio del capannone cioè nel 1992, il mappale 82 si apparteneva in proprietà al Leaser finanziario Agrileasing s.p.a. a cui era obbligo fosse richiesto atto di assenso alla edificazione a confine del suo lotto.

4.6. Il sesto motivo è la riproposizione di censure svolte in primo grado per ribadire che vi erano tutti i presupposti per intervenire con un provvedimento repressivo poiché l'abuso edilizio commesso dalla controinteressata viola le legittime pretese della confinante ricorrente e ciò è avvenuto, peraltro, anche tramite una falsa rappresentazione nei progetti a suo tempo da essa presentati.

5. Si costituivano in giudizio il Comune di Visano e la controinteressata che concludevano per il rigetto dell'appello.

6. L'appello è fondato in relazione al secondo motivo di ricorso il cui accoglimento rende superfluo l'esame delle ulteriori doglianze.

La sentenza impugnata svolge un impegnativo sforzo esegetico per ricostruire il merito della vicenda edilizia che presenta una sua complessità in fatto alla luce della descrizione che è stata esposta nella prima parte della presente sentenza.

Ma forse l'esame dell'esistenza o meno dell'abuso edilizio, che costituiva la premessa dell'intervento sanzionatorio richiesto dall'appellante al Comune, ha fatto perdere di vista che il ricorso era stato presentato per la mancata risposta del Comune e quindi a fronte del silenzio-inadempimento.

Può supporsi che tutto l'impegno ermeneutico avesse lo scopo di dimostrare che non vi era alcun abuso da sanzionare e che quindi l'inerzia del Comune era dipesa dall'infondatezza della domanda del privato.

Ma tale impostazione dimentica un dato fondamentale che attiene al rapporto corretto tra un soggetto privato e l'autorità pubblica per garantire il quale è stato previsto prima in via pretoria e poi con previsione legislativa il rito del silenzio.

A fronte di un esposto circostanziato di un soggetto privato che segnala un possibile abuso, il Comune ha il dovere di rispondere motivando se del caso perché non ravvisa l'illegittimità denunciata.

Il Comune non è obbligato a dare una risposta a fronte di esposti generici che invitano a compiere interventi di carattere generale o ad esposti che invitano l'ente locale a far uso dei poteri in materia di autotutela, ma a fronte di un'istanza puntualmente argomentata non può esimersi dal dare una risposta.

Non spetta a questo giudice fare congetture sulle ragioni dell'inerzia comunale, anche se forse l'esistenza di un contenzioso civilistico, non ancora esauritosi, può aver suggerito di non anticipare valutazioni, in ogni caso il Comune è venuto meno ad un suo preciso obbligo e tanto basta per determinare l'accoglimento dell'appello.

Il Comune dovrà valutare la fondatezza o meno della segnalazione che invita all'esercizio di poteri sanzionatori ed è probabile che qualunque sia l'esito del provvedimento che assumerà esso sarà oggetto di impugnazione, nella quale saranno spesi molti degli argomenti impropriamente utilizzati in questa sede; ma il silenzio-inadempimento non può essere lo strumento per evitare il sorgere di un contenzioso.

7. La particolarità della vicenda giustifica la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto, in riforma della sentenza di primo grado, dichiara l'obbligo del Comune di Visano di concludere con un atto espresso il procedimento attivato dalla segnalazione della società appellante.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.