Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
Sezione II
Sentenza 10 novembre 2023, n. 2606

Presidente: Zucchini - Estensore: Di Mario

FATTO E DIRITTO

1. La società ricorrente ha impugnato la comunicazione del Comune di Milano nella parte in cui conferma e quantifica gli oneri urbanistici dovuti per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria l. n. 47/1985 in atti PG 339703.400/1986 del 26 settembre 1986.

Contro il suddetto atto ha sollevato i seguenti motivi di ricorso.

1) Violazione e falsa applicazione dell'art. 35 della l. 47/1985: intervenuta formazione del silenzio-assenso sulla domanda.

La ricorrente afferma l'avvenuta formazione del silenzio-assenso sulla domanda di permesso di costruire in sanatoria presentata il 26 settembre 1986 dal momento che - coerentemente a quanto previsto dall'art. 35 l. 47/1985, quintultimo comma - la stessa avrebbe allegato alla domanda documentazione completa (inclusa l'attestazione del versamento dell'oblazione), a nulla rilevando la successiva richiesta istruttoria inviata dal Comune nel 2017.

2) Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 35 e ss. della l. 47/1985. Eccesso di potere per errata rappresentazione dei presupposti di fatto e di diritto. Violazione e falsa applicazione dell'art. 97 Cost. Violazione del principio di buon andamento.

La ricorrente eccepisce l'intervenuta prescrizione del credito vantato dal Comune a decorrere dal 26 settembre 1989, come conseguenza della formazione del silenzio-assenso.

Secondo la ricorrente, il Comune avrebbe potuto calcolare l'importo dovuto per il contributo di costruzione già sulla base della documentazione allegata all'istanza depositata il 26 settembre 1986 sicché, non avendo provveduto in tal senso e non essendoci stati atti e/o fatti che hanno determinato la reviviscenza del diritto e/o atti di rinuncia all'intervenuta prescrizione, il credito si sarebbe prescritto.

3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 31, 32, 35 e 38 della l. 47/1985. Eccesso di potere. Violazione del principio di buona fede e di buon andamento della pubblica amministrazione.

La ricorrente rappresenta che il credito vantato dal Comune a titolo di oneri di costruzione non sarebbe in ogni caso mai esistito; invero, essendo le opere oggetto di sanatoria state realizzate prima del 1967 e dunque trovando applicazione l'art. 31, comma 5, della l. 47/1985, il rilascio del titolo sarebbe stato soggetto esclusivamente al pagamento dell'oblazione.

4) Violazione e falsa applicazione dell'art. 35 della l. 47/1985. Eccesso di potere. Violazione del principio di buona fede e di buon andamento della pubblica amministrazione. Violazione del principio del tempus regit actum.

In subordine, la ricorrente deduce l'illegittimità della richiesta del Comune, in quanto effettuata sulla base dei parametri oggi vigenti anziché di quelli vigenti all'epoca dell'istanza di condono.

5) Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 l. 241/1990. Violazione dell'art. 27, comma 1, d.P.R. 380/2001. Eccesso di potere per difetto d'istruttoria e di motivazione. Illogicità ed irragionevolezza dell'azione amministrativa, violazione dell'art. 97 Cost.

La ricorrente deduce il difetto di motivazione, in quanto il provvedimento non chiarirebbe quali normative sono state applicate per il computo del credito il cui pagamento è stato ingiunto, e non specificherebbe le ragioni per cui il pagamento è stato imposto ancorché si tratti di opere eseguite prima del 1967.

La difesa del Comune afferma che la domanda di condono non era corredata da una serie di documenti essenziali quali: perizia giurata per abuso superiore a 450 MC; certificazione di idoneità statica per abuso superiore a 450 MC; parere della Soprintendenza delle belle arti; planimetrie e sezioni in scala 1:100; titolo edilizio delle unità poste al terzo piano (doc. 4). La parte inoltrava la documentazione mancante in data 7 giugno 2017 (doc. 5) e in data 27 giugno 2017 veniva rilasciato il permesso di costruire in sanatoria n. 474 (doc. 6). Chiede quindi la reiezione del ricorso.

All'udienza del 6 ottobre 2023 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

2. Il primo ed il secondo motivo di ricorso sono infondati.

Secondo il costante orientamento giurisprudenziale (ex multis: C.d.S., Sez. VI, 26 aprile 2018, n. 2517; Sez. IV, 11 ottobre 2017, n. 4703) per la formazione del silenzio-assenso sull'istanza di condono edilizio, è necessario che ricorrano i requisiti sia dell'avvenuto pagamento dell'oblazione dovuta e degli oneri di concessione, che dell'avvenuto deposito di tutta la documentazione prevista per l'istanza di condono, affinché possano essere utilmente esercitati i poteri di verifica da parte dell'amministrazione comunale. Pertanto, l'assenza di completezza della domanda di sanatoria osta alla formazione tacita del titolo abilitativo, potendosi esso formare per effetto del silenzio-assenso soltanto se la domanda di sanatoria presentata possegga i suddetti requisiti, rappresentando, il mero decorso del tempo, soltanto un elemento costitutivo, tra gli altri, della fattispecie autorizzativa.

Nel caso di specie risulta che il Comune ha chiesto in data 30 gennaio 2017 la documentazione mancante comprensiva del parere della Sopraintendenza delle belle arti, e la ricorrente ha provveduto a depositarla con atto del 6 giugno 2017. Ne consegue che il silenzio-assenso non può essersi formato nella data pretesa dalla ricorrente né, di conseguenza, può essersi verificata la prescrizione del credito.

3. Il terzo motivo di ricorso è infondato in quanto, secondo le linee interpretative della costante giurisprudenza amministrativa, l'istanza di sanatoria edilizia ha un preciso valore confessorio dell'abuso (C.d.S., Sez. IV, 17 agosto 2022, n. 7191). Ne consegue che è infondato il motivo di impugnazione con il quale si afferma che le opere per le quali è stato richiesto il condono sono state realizzate prima del 1967.

4. Il quarto motivo di ricorso è infondato in quanto, secondo la giurisprudenza (da ultimo C.d.S., n. 10493 del 29 novembre 2022), "per la quantificazione degli oneri di concessione [...] occorre fare riferimento esclusivo al momento in cui è rilasciato il titolo edilizio in sanatoria, poiché è da quel momento che l'immobile interessato dagli abusi diviene legittimo sul piano urbanistico, e concorre così alla formazione del peso insediativo che costituisce il presupposto sostanziale del pagamento del contributo concessorio (in questo senso, da ultimo: C.d.S., II, 19 febbraio 2021, n. 1485)".

5. Il quinto motivo di ricorso è infondato in quanto l'atto di richiesta di pagamento specifica che le somme sono state richieste a titolo di contributo di costruzione.

Poiché la quantificazione del contributo di costruzione involge l'apprezzamento del diritto soggettivo alla determinazione dell'obbligazione contributiva che costituisce attività non autoritativa e vincolata, da eseguirsi secondo criteri predeterminati o tabelle parametriche in ragione della natura paratributaria del contributo, il ricorrente era pienamente in grado di sindacare il quantum della somma richiesta, anche facendo accesso agli atti amministrativi di quantificazione della somma determinata dal Comune.

6. In definitiva quindi il ricorso va respinto.

7. La durata del giudizio giustifica la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.