Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 28 novembre 2023, n. 10240

Presidente: Simonetti - Estensore: Maggio

FATTO E DIRITTO

Con ricorso al T.A.R. Campania - Napoli, il sig. Carmine C. ha impugnato l'atto con cui il Comune di Pompei ha negato il condono edilizio, chiesto, ai sensi del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, per la sanatoria di un box auto abusivamente realizzato in area soggetta a vincolo paesaggistico.

Il diniego si basa sulla tardiva presentazione della domanda di condono e sulla insanabilità dell'opera, in quanto ubicata in area vincolata da epoca precedente all'edificazione.

L'adito Tribunale, con sentenza 11 giugno 2019, n. 3161, ha respinto il gravame.

Avverso la sentenza ha proposto appello il sig. C.

Per resistere al ricorso si è costituita in giudizio l'amministrazione intimata, la quale, con successiva memoria, ha meglio illustrato le proprie tesi difensive.

Alla pubblica udienza del 16 novembre 2023 la causa è passata in decisione.

Col primo motivo si lamenta che il Tribunale avrebbe errato a respingere la censura con cui era stata dedotta l'illegittimità dell'avversato diniego in quanto non preceduto dal preavviso di rigetto. Quest'ultimo, infatti, non sarebbe stato comunicato all'appellante, ma, esclusivamente, agli eredi del suo dante causa, che aveva, a suo tempo, presentato l'istanza di condono.

E invero, diversamente da quanto sostenuto dal giudice di prime cure, la partecipazione al procedimento avrebbe dovuto essere garantita anche nei confronti del soggetto interessato al conseguimento della sanatoria, ovvero l'odierno istante.

Col secondo motivo si denuncia l'errore commesso dal giudice di prime cure nell'escludere, senza adeguata motivazione, l'applicabilità, alla fattispecie, dell'art. 32 della l. 28 febbraio 1985, n. 47.

Ai sensi di tale disposizione, esplicitamente richiamata dall'art. 32, comma 27, lett. d), del d.l. n. 269/2003, la sanabilità dell'opera abusiva sarebbe, infatti, subordinata alla previa acquisizione del parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo.

In definitiva, non sarebbe ostativa alla sanabilità degli interventi edilizi illeciti, né l'esistenza di un pregresso vincolo di inedificabilità relativa, né quella di un vincolo postumo di inedificabilità assoluta.

Il Tribunale non avrebbe, inoltre, rilevato il difetto di motivazione da cui sarebbe affetto l'impugnato provvedimento di diniego il quale non spiegherebbe le ragioni del ritenuto contrasto delle opere realizzate alle norme urbanistiche e al vigente piano regolatore, opere che, invece, rispetterebbero tanto la detta normativa, quanto il menzionato strumento urbanistico.

Col terzo motivo si censura l'appellata sentenza per aver escluso che, prima di pronunciarsi sulla domanda di condono, il Comune dovesse acquisire, ai sensi degli artt. 32 della l. n. 47/1985 e 32, comma 43, del d.l. n. 269/2003, il parere dell'autorità paesaggistica.

Al contrario, la mancata acquisizione del suddetto parere avrebbe determinato la violazione della citata normativa, che qualificherebbe l'intervento della soprintendenza come obbligatorio e vincolante, e vizierebbe, altresì, di incompetenza il provvedimento di diniego, in quanto le valutazioni paesaggistiche sull'opera risulterebbero compiute dal comune.

Col quarto mezzo di gravame, prospettato subordinatamente all'accoglimento delle tre censure che precedono, l'appellante ripropone il primo motivo del ricorso di primo grado, non affrontato dal Tribunale, col quale era stata dedotta l'illegittimità dell'impugnato diniego nella parte in cui aveva ritenuto tardiva la domanda di condono presentata.

E invero, quest'ultima, presentata in data 6 luglio 2004, sarebbe stata fatta salva dall'art. 5 del d.l. 12 luglio 2004, n. 168, conv. in l. 30 luglio 2004, n. 191.

Nessuna delle quattro doglianze, che si prestano a una trattazione congiunta, è meritevole di accoglimento.

Per consolidata giurisprudenza, il condono edilizio di cui all'art. 32, commi 25 e segg., del citato d.l. n. 269/2003, non consente di sanare la realizzazione di nuove volumetrie in aree soggette, come nella specie, a vincolo paesaggistico, sia esso assoluto o relativo, indipendentemente da quando il medesimo sia stato apposto e, quindi, tanto ove preesistente all'opera abusiva, quanto se successivo a essa (ex plurimis C.d.S., Sez. VI, 7 novembre 2023, n. 9580; 12 maggio 2023, n. 4812; 3 febbraio 2023, n. 1182; 15 novembre 2022, n. 9986; 29 luglio 2022, n. 6684; 22 aprile 2022, n. 3088; 17 marzo 2020, n. 1902; 2 maggio 2016, n. 1664; 18 gennaio 2019, n. 467; Sez. II, 13 novembre 2020, n. 7014; 15 ottobre 2019, n. 703; Sez. IV, 27 aprile 2017, n. 1935; 21 febbraio 2017, n. 813; Cass. pen., Sez. III, 20 maggio 2016, n. 40676; 29 aprile 2011, n. 16707).

Peraltro, giova soggiungere come, dall'impugnato diniego di condono, sul punto non contestato, si ricavi che l'area d'intervento fosse già vincolata all'epoca di edificazione del manufatto per cui è causa.

Orbene, nelle condizioni date, l'avversato diniego si poneva come atto vincolato, per la evidente assenza dei presupposti di condonabilità, con la conseguente insussistenza di un obbligo di comunicare all'interessato le ragioni ostative all'accoglimento della domanda e di acquisire il parere dell'autorità paesaggistica, atteso che il provvedimento, comunque, non avrebbe potuto avere alcun altro contenuto (C.d.S., Sez. VI, 7 dicembre 2022, n. 10709; 10 febbraio 2020, n. 1029; Sez. V, 5 luglio 2021, n. 5114; Sez. VII, 2 novembre 2023, n. 9467).

Avendo gli interventi nella specie eseguiti comportato realizzazione di nuova cubatura in zona vincolata, i medesimi non erano in nessun caso condonabili, indipendentemente da eventuali profili di contrasto con la normativa urbanistica di riferimento. Il che esclude la rilevanza di possibili deficit motivazionali nello specificare le ragioni del rilevato contrasto con la disciplina urbanistica applicabile alla fattispecie.

La reiezione delle doglianze sin qui esaminate rende superfluo l'esame dell'ulteriore mezzo di gravame non esaminato dal Tribunale, e qui riproposto, rivolto contro l'ulteriore ragione di diniego, concernente la ritenuta tardività della domanda di condono.

Difatti, quando, come nella fattispecie, la determinazione amministrativa gravata si basa su una pluralità di motivi indipendenti e autonomi gli uni dagli altri, è sufficiente, ai fini del rigetto dell'impugnazione proposta contro la stessa, che uno soltanto di essi risulti esente dai vizi dedotti (cfr., fra le tante, C.d.S., Sez. VI, 17 novembre 2022, n. 10109; 20 aprile 2021, n. 3208; 11 giugno 2019, n. 3900; Sez. V, 19 luglio 2018, n. 4383; 12 settembre 2017, n. 4297; 27 luglio 2016, n. 3402; 31 marzo 2016, n. 1274; 17 settembre 2010, n. 6946; Sez. IV, 12 maggio 2016, n. 1917; Sez. III, 5 dicembre 2017, n. 5739; 26 febbraio 2016, n. 795).

L'appello va, in definitiva, respinto.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi o eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Spese e onorari del giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l'appellante al pagamento delle spese processuali in favore della parte appellata liquidandole, forfettariamente, in complessivi euro 5.000,00 (cinquemila), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.