Corte di cassazione
Sezione VI penale
Sentenza 29 settembre 2023, n. 46653

Presidente: Villoni - Estensore: Rosati

RITENUTO IN FATTO

1. Attraverso il proprio difensore, Donatello C. impugna la sentenza della Corte di appello di Roma che ne ha confermato la condanna per due delitti di corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio.

In sintesi, nella sua qualità di consigliere del Comune di Anzio ed in concorso con l'assessore all'ambiente dello stesso ente e suo referente politico Patrizio P., nonché con altri funzionari municipali, si sarebbe adoperato per l'assegnazione alla "P. Factor" s.r.l. della commessa per la fornitura di cestini per la raccolta dei rifiuti, dietro la corresponsione di una "tangente" mascherata come compenso per un'attività d'intermediazione commerciale, in realtà inesistente, in favore della società cooperativa "Visual", riconducibile al P.

Sostanzialmente identico è lo schema operativo relativo al secondo episodio, relativo alla fornitura di panchine da parte della ditta "Preco System" s.r.l.

2. Il ricorso consta di sei motivi.

2.1. Il primo denuncia violazione di legge processuale e vizio della motivazione, nella parte in cui la Corte d'appello ha disatteso l'eccezione di nullità della sentenza di primo grado, perché priva di una parte della motivazione, decisiva ai fini dell'esatta qualificazione giuridica del reato.

2.2. Con il secondo si deducono la violazione dell'art. 319 c.p. ed il vizio della motivazione con la quale è stata esclusa la riqualificazione dei fatti come corruzione per l'esercizio della funzione (art. 318 c.p.).

La motivazione, cioè, sarebbe apparente, perché ha omesso di rispondere alle obiezioni difensive riguardanti la discrezionalità degli atti amministrativi compiuti, la cointeressenza soltanto di tipo politico tra C. e l'ipotetico corrotto P., l'assenza di poteri del C. in ordine alla deliberazione del Comune, la notevole distanza temporale tra i fatti e la costituzione della coop. "Visual", tale da escludere qualsiasi strumentalità di quest'ultima all'attività illecita. Sarebbe, inoltre, contraddittoria, nella parte in cui ha confermato l'assoluzione degli ipotizzati corruttori, ovvero i responsabili delle ditte aggiudicatarie delle commesse, trattandosi di reato a concorso necessario. Sarebbe, altresì, manifestamente illogica, là dove ritiene dimostrato il patto sinallagmatico tra gli imputati ed i privati interessati, ma poi sostiene che questi abbiano agito secondo una prassi commerciale e nell'inconsapevolezza della natura illecita della richiesta. E sarebbe, infine, giuridicamente errata, per aver omesso di considerare che gli atti adottati non erano contrari ai doveri d'ufficio, in quanto erano stati adottati nell'esercizio di attività discrezionale ed in favore di ditte munite dei necessari requisiti, e non avevano leso il buon andamento della pubblica amministrazione, avendo il Comune corrisposto un prezzo adeguato al mercato.

2.3. Il terzo motivo denuncia i medesimi vizi con riferimento al ritenuto concorso del ricorrente nei reati.

In proposito, oltre a ribadire aspetti già dedotti (la costituzione della "Visual" in tempi non sospetti, l'assoluzione dei "corruttori", l'assenza di poteri del C. nell'àmbito delle procedure amministrative in questione), il ricorso evidenzia: che l'esclusivo destinatario del profitto, e quindi il solo corrotto, è stato P.; che, considerando anche la pluralità degli ipotetici beneficiari, il corrispettivo (1.952 euro in un caso, 2.540 nell'altro) è stato irrisorio, e perciò tale da escludere il sinallagma rispetto all'atto del pubblico ufficiale; che C. non aveva alcun ruolo decisionale all'interno della "Visual" ed il suo rapporto con la stessa e con P. si fondava solo su ragioni di convenienza politica; che, infine, egli è intervenuto solo nella fase esecutiva del patto corruttivo stipulato tra altri, tenendo perciò una condotta penalmente irrilevante.

2.4. Sempre gli stessi vizi vengono rappresentati con il quarto motivo di ricorso, relativamente però alla negata riqualificazione dei fatti come turbata libertà di scelta del contraente, a norma dell'art. 353-bis c.p.

La sentenza impugnata l'ha esclusa, in ragione del fatto che, per la selezione della ditta aggiudicataria, non fosse necessaria una gara. Obietta la difesa che detta fattispecie incriminatrice ricorre anche in caso di trattativa privata, ogni qual volta la relativa procedura preveda una valutazione concorrenziale di una pluralità di offerte, ancorché soltanto informale.

2.5. La quinta doglianza attiene al mancato riconoscimento del fatto di particolare tenuità, a norma del primo comma dell'art. 323-bis c.p., che la sentenza ha giustificato per la pluralità dei reati e per l'esistenza di un modus operandi sistematico, continuativo, redditizio.

Replica la difesa: che il modus operandi era riferibile semmai a P., non a C.; che non si trattava di attività sistematica, dal momento che la "Visual" era attiva dal 2014 e le ipotetiche condotte illecite sono solo due ed avvenute tre anni dopo; che non si può parlare di sistema redditizio, considerando la realizzazione di un profitto di qualche centinaio di euro. Inoltre, sotto il profilo soggettivo, la Corte d'appello ha illogicamente trascurato l'intervenuta assoluzione dei "corruttori", l'incensuratezza del ricorrente, l'aver egli abbandonato l'attività politica dopo le presenti vicende giudiziarie, la sua scelta di accedere al rito abbreviato.

2.6. Il sesto motivo si duole della violazione delle norme regolatrici del trattamento sanzionatorio e del correlato vizio di motivazione sul punto.

La Corte distrettuale ha dato risalto al discredito derivato alla pubblica amministrazione dalla qualità di funzionario pubblico dell'imputato, che, però, tale non era, ricoprendo una carica elettiva di natura politica.

Inoltre, passando in rassegna tutti gli indici dell'art. 133 c.p., il ricorrente contesta la congruità della pena, rilevando l'incerta qualificazione giuridica dei fatti, l'esiguità del profitto, la natura solo politica del suo legame con P., la sua incensuratezza, il successivo abbandono della carriera politica, la scelta del rito abbreviato, le sue qualità personali di onesto imprenditore e padre di famiglia.

Lamenta, ancora, l'assenza di adeguata motivazione del riconoscimento delle attenuanti generiche solo come equivalenti; nonché deduce, infine, che la pena irrogatagli non è proporzionata alla gravità del fatto, visto l'esiguo importo della "tangente", e, come tale, non è idonea a favorirne la risocializzazione, costringendolo all'esperienza carceraria.

3. Con motivi aggiunti, la difesa ha ribadito e sviluppato le doglianze di cui al secondo e terzo motivo di ricorso, in tema di analisi differenziale tra corruzione c.d. "propria" e "per la funzione"; al quinto motivo, in tema di attenuante di cui all'art. 323-bis c.p., rilevando che, quale che sia la qualificazione giuridica della condotta, essa non ha arrecato pregiudizio al buon andamento della pubblica amministrazione; nonché, infine, al sesto motivo, evidenziando la deteriore disparità di trattamento rispetto al più gravato P., stando alle richieste formulate dal Pubblico ministero nel separato giudizio in cui quegli è imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo d'impugnazione non è ammissibile, perché generico.

Il ricorso, per questa parte, non va oltre la riproposizione della medesima doglianza già rassegnata al giudice d'appello, senza confrontarsi con la motivazione resa dello stesso: la quale, invece, spiega perché il refuso - sicuramente esistente - non abbia comunque inciso sulla completezza e la chiarezza della motivazione del Tribunale, dal momento che è nei passaggi successivi a tale lapsus calami che quel giudice ha esplicitato le ragioni del ritenuto concorso del C. nel reato.

2. È fondato, invece, il secondo motivo di ricorso, nella parte in cui denuncia la violazione dell'art. 319 c.p. e comunque l'illogicità della motivazione con la quale la sentenza impugnata - condividendo, peraltro, quanto già ritenuto dal Tribunale - ha ravvisato il delitto di corruzione a carico del C., confermando invece l'assoluzione per difetto di dolo degli ipotizzati corruttori e, in tal modo, ritenendo configurabile - per dirla in termini atecnici ma indiscutibilmente suggestivi - una "corruzione senza corruttori".

Tutte le fattispecie corruttive tipiche, non solo quella di cui al citato art. 319, costituiscono figure di reato a concorso necessario ed a struttura bilaterale.

Come tali, se sono compatibili con il concorso eventuale di terzi, il cui contributo si realizzi nella forma della determinazione o del suggerimento fornito all'uno o all'altro dei concorrenti necessari, ovvero dell'intermediazione finalizzata a realizzare il collegamento tra costoro (vds., tra le tante, già Sez. 6, n. 33435 del 4 maggio 2006, Battistella, Rv. 234361; e, più di recente, Sez. 6, n. 26740 del 18 settembre 2020, Trovato, Rv. 279615; Sez. 6, n. 168 del 12 ottobre 2022, dep. 2023, Cannarile, Rv. 284266), non possono invece sussistere senza un accordo tra almeno due soggetti, che reciprocamente pongano in essere - o si obblighino a farlo - prestazioni corrispettive, legate cioè tra loro da un nesso sinallagmatico, per cui l'una è causa e scopo dell'altra.

Tanto risulta nitidamente dalla costruzione delle fattispecie di cui agli artt. 318 e 319 c.p. come reati a dolo specifico, in cui la condotta (ricezione di danaro od altra utilità da parte del pubblico funzionario, ovvero accettazione della relativa promessa) è qualificata dalla finalità perseguita ("per" l'esercizio delle funzioni o dei poteri; "per" omettere o ritardare un atto d'ufficio doveroso o compierne uno contrario ai doveri d'ufficio, ovvero "per" aver tenuto una di tali condotte).

Di qui, la fallacia dell'argomento utilizzato dalla Corte d'appello, secondo cui non vi sarebbe alcuna contraddizione tra il giudizio di colpevolezza del "corrotto" C. e l'assoluzione dei suoi "corruttori", essendo stata quest'ultima pronunciata non per la ritenuta insussistenza del fatto, bensì per difetto dell'elemento psicologico. Il dolo della corruzione, infatti, non consiste nella consapevolezza e volontà della prestazione, effettuata o promessa, ma nella consapevolezza del carattere indebito di essa e nella finalità specifica di ottenere, attraverso la stessa, il favore dell'agente pubblico: finalità, dunque, che rappresenta il "marcatore" delle condotte corruttive ed il criterio distintivo delle stesse.

In assenza dell'incontro di volontà di almeno due soggetti sullo scopo comune del mercimonio della funzione del pubblico funzionario, infatti, la prestazione unilateralmente da questi decisa ed effettuata a vantaggio del privato o, viceversa, quella di quest'ultimo verso il primo potranno semmai dar luogo, nel concorso degli ulteriori elementi costituivi delle diverse fattispecie, ad altri reati (abuso d'ufficio, truffa od altro ancora), ma giammai ad una corruzione, ai sensi sia dell'art. 319 che dell'art. 318 c.p.

3. Quanto sin qui esposto determina, all'evidenza, il superamento delle ulteriori doglianze, che dunque restano assorbite.

Tanto dicasi per il secondo, terzo, quinto e sesto motivo di ricorso (rispettivamente riguardanti la mancata riqualificazione del fatto nell'ipotesi dell'art. 318 c.p., il concorso dell'imputato nel reato e, gli ultimi due, diversi aspetti del trattamento sanzionatorio), ma anche per quanto riguarda il quinto, ovvero l'eventuale sussunzione della condotta nell'ipotesi dell'art. 353-bis c.p.: dalla ricostruzione contenuta in sentenza di quanto accaduto non emerge, infatti, il presupposto essenziale per la configurabilità di tale fattispecie, ovvero che una qualsiasi forma di competizione tra offerte, ancorché informale, fosse stata prevista ai fini dell'aggiudicazione della commessa ed il relativo invito fosse stato "tagliato su misura" per le aggiudicatarie.

4. Non v'è, dunque, alcuna ragione per rimettere il processo al giudice di merito per una rivalutazione del fatto e, pertanto, la sentenza impugnata dev'essere annullata senza rinvio, perché il reato addebitato all'imputato non sussiste.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.

Depositata il 20 novembre 2023.