Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 5 gennaio 2024, n. 192

Presidente: De Nictolis - Estensore: Perotti

FATTO

Risulta dagli atti che in data 13 novembre 2013 la costituenda ATI tra la società Aedes s.r.l. e la C.S. Isernia Nuoto a.s.d. faceva pervenire al Comune di Isernia la proposta di realizzazione di un centro sportivo finalizzato allo svolgimento delle discipline natatorie, con ampliamento in project financing della piscina comunale sita in località Le Piane e realizzazione di uno "stadio del nuoto"; l'intervento prevedeva la realizzazione, sull'area comunale ospitante l'attuale piscina coperta, di un nuovo edificio sviluppato su due livelli, da destinarsi a centro natatorio per un ammontare complessivo di euro 1.900.000,00, a totale carico del proponente.

Il Comune, dopo una prima positiva valutazione di meritevolezza della proposta (giusta delibera di Giunta n. 8 del 4 febbraio 2014) chiedeva al proponente integrazioni e chiarimenti, soprattutto in ordine allo strumento giuridico da adottarsi tra il concedente Comune (proprietario delle aree e dei beni), il concessionario e l'Istituto di credito finanziatore (cfr. nota n. 3877 del 7 febbraio 2014).

A seguito delle integrazioni e dei chiarimenti presentati dall'ATI (con nota n. 4524 del 17 febbraio 2014) il Consiglio comunale rinviava l'approvazione della proposta, in quanto carente del parere del Collegio dei revisori che, però, rendeva alla fine un parere negativo, conformandosi all'orientamento della Corte dei conti e sollevando perplessità - ai sensi dell'art. 826 del c.c. - in ordine alla iscrivibilità dell'ipoteca, stante l'indisponibilità del bene destinato a pubblico servizio (piscina), oltre che in ordine alla compatibilità dell'istituto con i vincoli di finanza pubblica (cfr. verbale n. 26 del 18 aprile 2014).

Con delibera n. 55 dell'8 settembre 2014, il Consiglio comunale disponeva pertanto che l'impianto natatorio ed il relativo servizio di gestione venissero gestiti direttamente dal Comune, fatta salva la possibilità di provvedere ad acquisire da terzi servizi di natura specialistica quali quelli agonistici, sportivi e relativi a particolari professionalità non assicurabili direttamente dall'ente, in ragione di quanto previsto anche dalla l.r. n. 33 del 2008.

Con successiva delibera n. 146 del 20 novembre 2014, la Giunta, conformandosi alla volontà espressa dal Consiglio di ricorrere ad una gestione diretta dell'impianto natatorio comunale esistente, deliberava definitivamente di non ritenere di pubblico interesse la proposta presentata dall'ATI facente capo ad Aedes s.r.l. e di non ritenere quindi meritevole di approvazione il progetto preliminare allegato alla proposta di ampliamento della piscina comunale.

La suddetta delibera veniva impugnata dalle società Aedes s.r.l. e C.S. Isernia Nuoto a.s.d. innanzi al Tribunale amministrativo del Molise, denunciandone la carenza di motivazione e la contraddizione con le precedenti determine assunte dal Comune, nonché l'adozione in carenza di istruttoria ed in violazione dei principi di buon andamento e di imparzialità; sostenevano inoltre che la Giunta comunale non avesse titolo ad emanare la delibera gravata.

Chiedevano inoltre il risarcimento del danno asseritamente patito a causa dell'illegittima azione amministrativa, essendo state le stesse coinvolte in una trattativa inutile lesiva del legittimo affidamento alla realizzazione dell'intervento.

Si costituiva in giudizio il Comune di Isernia, concludendo per l'infondatezza del gravame e chiedendone il rigetto.

Con sentenza 20 luglio 2018, n. 476, il giudice adito respingeva il ricorso, evidenziando la natura tipicamente discrezionale che connota la procedura del project financing, tale per cui, anche una volta dichiarata di pubblico interesse una proposta di realizzazione di lavori pubblici ed individuato il promotore privato, l'amministrazione non sarebbe comunque tenuta a dare corso all'ulteriore fase della procedura di gara costituita dal confronto concorrenziale tra i vari operatori economici per l'affidamento della relativa concessione. Per l'effetto, concludeva il primo giudice, "il promotore, anche a seguito della dichiarazione di pubblico interesse della proposta, non acquisisce alcun diritto all'indizione della procedura rimanendo, all'opposto, titolare di una mera aspettativa non tutelabile rispetto alle insindacabili scelte dell'Amministrazione".

Avverso tale decisione Aedes s.r.l. e C.S. Isernia Nuoto a.s.d. interponevano appello, deducendo i seguenti motivi di impugnazione:

1) Error in iudicando: Violazione e falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c. e 161, secondo comma, nonché dell'art. 15 d.m. giustizia n. 44/2011.

2) Error in iudicando: violazione e falsa applicazione dell'art. 42, comma 2, lett. e), d.lgs. n. 267/2000. Incompetenza della Giunta comunale. Difetto di motivazione.

3) Error in iudicando: violazione e falsa applicazione della l. 241/1990 e s.m.i., art. 7; violazione e falsa [applicazione] dei principi di buon andamento ed imparzialità nonché della partecipazione al procedimento amministrativo.

4) Error in iudicando: violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della l. 241/1990 e s.m.i. Difetto di motivazione.

5) (segue) Sul difetto di motivazione. Asseverabilità del diritto di superficie.

6) Error in iudicando: violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma 304, della l. 27 dicembre 2013, n. 147. Violazione e falsa applicazione dell'art. 41 Cost. sulla libera iniziativa privata.

7) Error in iudicando: violazione e falsa applicazione dell'art. 153, comma 19, del d.lgs. 153 del 2006.

8) Error in iudicando: eccesso di potere; carenza di motivazione anche in riferimento all'affidamento ingenerato.

9) Error in iudicando: sulla richiesta risarcitoria.

Si costituiva in giudizio il Comune di Isernia, concludendo per l'infondatezza del gravame, del quale chiedeva la reiezione.

Con successiva memoria difensiva, le appellanti ulteriormente precisavano le proprie ragioni ed all'udienza del 16 novembre 2023 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Con il primo motivo di appello viene preliminarmente dedotta la nullità e/o inesistenza della sentenza impugnata ai sensi degli artt. 132 e 161, secondo comma, c.p.c., dal momento che sarebbe stata depositata per via telematica senza esser stata digitalmente sottoscritta, in violazione di quanto prescritto dall'art. 15 d.m. giustizia n. 44 del 2011.

La censura, la cui formulazione generica di per sé integra autonomi profili di inammissibilità, non può in ogni caso essere accolta, per manifesta infondatezza: le appellanti si limitano infatti ad una affermazione apodittica, senza neppure chiarire quali sarebbero gli elementi fattuali dai quali dovrebbe desumersi - a monte - l'assenza della sottoscrizione digitale.

In assenza di tale indispensabile precisazione (in ragione del generale principio per cui onus probandi incumbit ei qui dicit), non è infatti dato comprendere in qual modo la sentenza di primo grado avrebbe potuto essere regolarmente depositata nel fascicolo elettronico processuale se non previa apposizione della predetta firma, ove si consideri che tale adempimento costituisce il presupposto imprescindibile per la finalizzazione della procedura, culminante (appunto) nella rituale pubblicazione della sentenza.

Con il secondo motivo di appello viene quindi contestata la conclusione - riportata in sentenza - per cui "la Giunta si è limitata alla presa d'atto della delibera n. 55/14 con la quale il Consiglio aveva deciso, nell'esercizio della sua potestà tipicamente discrezionale di indirizzo politico, di ricorrere alla gestione diretta dell'impianto natatorio comunale esistente", in quanto da un lato contraddetta dal diverso rilievo - parimenti riportato in sentenza - secondo cui la competenza a disporre sui profili di cui alla delibera di Giunta n. 146 del 2014 sarebbe invece propria del Consiglio comunale; dall'altro smentita dal tenore testuale della richiamata delibera n. 55 del 2014, che si sarebbe limitata a disporre la gestione diretta da parte del Comune dell'impianto della già esistente piscina comunale e del relativo servizio, oltre che ad approvare il "regolamento per l'uso della piscina comunale" disciplinante il rapporto con gli utenti, senza però nulla dire in ordine alla proposta di ampliamento per la realizzazione dello stadio del nuoto in project financing (oggetto invece della successiva deliberazione di Giunta n. 146 del 2014, ancorché l'art. 42 d.lgs. n. 267 del 2000 sia esplicito nel prevedere la competenza esclusiva dei Consigli comunali ad organizzare i pubblici servizi, alla concessione degli stessi, alla partecipazione dell'ente locale a società di capitali, nonché all'affidamento di attività e di servizi mediante convenzione).

Neppure questo motivo è fondato.

È incontestato tra le parti che (come si legge nell'impugnata delibera n. 146), nelle more delle verifiche sulla ammissibilità e sostenibilità degli oneri imposti al Comune secondo il progetto presentato dalle odierne appellanti (per cui l'ente locale avrebbe dovuto essere coinvolto sia nell'investimento, sia nell'operazione di realizzazione quale terzo datore di ipoteca a garanzia dell'indebitamento del concessionario), «il Consiglio Comunale con deliberazione n. 55 del 08.09.2014 avente ad oggetto "Servizio di gestione della piscina comunale di Isernia: organizzazione ed approvazione del relativo regolamento per l'uso", stabiliva che l'impianto natatorio ed il relativo servizio di gestione venisse gestito direttamente dal Comune, fatta salva la possibilità di provvedere ad acquisire da terzi servizi di natura prettamente specialistica quali quelli agonistici, sportivi e relativi a particolari professionalità che non sono assicurabili direttamente dall'Ente, ai sensi delle vigenti disposizioni normative con particolare riferimento alla L.R. n. 33/2008» (come riportato nella richiamata deliberazione n. 146).

Tale provvedimento, sicuramente riconducibile alle materie di competenza consiliare, escludeva in toto eventuali soggetti terzi dalla gestione dell'area: per l'effetto, se anche non veniva fatta in esso espressa menzione dello "stadio del nuoto" - omissione peraltro del tutto plausibile, trattandosi di opera in quel momento non ancora realizzata - il dichiarato interesse dell'amministrazione alla integrale gestione diretta del compendio immobiliare de quo valeva logicamente ad escludere anche l'interesse alla realizzazione dell'opera in questione.

Ne consegue la legittimità della successiva delibera di Giunta n. 146 del 2014, limitandosi la stessa a recepire la volontà del Consiglio di ricorrere alla gestione diretta dell'impianto natatorio comunale, al più meglio specificandone le ricadute applicative senza però nulla aggiungere al contenuto sostanziale di tale generale principio.

Con il terzo motivo di appello viene dedotta la presunta violazione dei principi sanciti dalla l. n. 241 del 1990 circa il diritto del soggetto privato alla partecipazione al procedimento amministrativo, lamentando in particolare l'adozione della delibera impugnata senza aver preventivamente comunicato alle odierne appellate l'avvio del procedimento di diniego della proposta (in questi termini, "permettere alla proponente di partecipare alla fase conclusiva del procedimento le avrebbe consentito di apportare un ulteriore arricchimento istruttorio che avrebbe potuto, eventualmente, consentire a sua volta all'Amministrazione di rivedere la propria decisione. Del resto, in una procedura di project financing, in cui è presente un ampissimo margine").

Il motivo non può essere accolto.

Va infatti ribadita l'inapplicabilità dell'art. 10-bis l. n. 241 del 1990 alla procedura del project financing in ragione della specialità della disciplina dettata dall'art. 183, comma 15, del d.lgs. n. 50 del 2016, stante che la previsione che rimette alla valutazione discrezionale dell'amministrazione l'attivazione del contraddittorio procedimentale in ordine ai contenuti del progetto è incompatibile con l'obbligo di comunicare i motivi ostativi all'accoglimento della proposta.

Tale conclusione è del resto coerente con il rilievo per cui non solo sussiste un'ampia discrezionalità dell'amministrazione nella valutazione delle proposte presentate dalle singole imprese, ma la stessa amministrazione ha la facoltà di revocare la procedura di project financing prima della conclusione della gara e dell'aggiudicazione della concessione, senza che il promotore dell'iniziativa possa vantare alcuna posizione tutelabile e, quindi, ottenere il risarcimento dei danni a titolo di responsabilità precontrattuale (C.d.S., V, 18 gennaio 2017, n. 207).

Con il quarto motivo di appello viene invece dedotto il vizio di carenza della motivazione della sentenza impugnata.

Quest'ultima, infatti, nel giustificare il comportamento tenuto dal Comune di Isernia, sul presupposto che "il promotore, anche a seguito della dichiarazione di pubblico interesse della proposta, non acquisisce alcun diritto alla indizione della procedura, rimanendo, all'opposto, titolare di una mera aspettativa non tutelabile rispetto alle insindacabili scelte dell'Amministrazione", ometteva di considerare che la sfavorevole delibera n. 146 del 2014 - a fronte di un iniziale intendimento positivo dell'amministrazione - era stata adottata in presenza di una situazione di fatto immutata, così come immutato era l'interesse pubblico originario inizialmente ravvisato dall'ente, ossia dotare la collettività di una struttura idonea all'espletamento delle discipline natatorie.

In particolare, a fronte del favorevole espletamento dell'istruttoria tecnica preliminare (redatta il 4 febbraio 2014 dai tecnici comunali), dei pareri favorevoli del dirigente del Settore contabile e del dirigente dell'Ufficio legale, nonché della favorevole proposta di Giunta n. 79 del 12 dicembre 2013 (con cui il Comune di Isernia resistente proponeva l'approvazione del progetto di cui alla proposta di project financing quale opera di pubblico interesse e l'inserimento dell'intervento nel programma triennale dei lavori pubblici comunali), nonché della proposta di deliberazione consiliare n. 20 del 2014, dichiarativa del pubblico interesse dell'opera e di approvazione della stessa, il successivo mutamento di prospettiva avrebbe dovuto essere adeguatamente motivato (quantomeno in ordine alle ragioni di interesse pubblico a suo sostegno).

Per contro, il Comune si sarebbe limitato a recepire acriticamente il parere del Collegio dei revisori che aveva espresso ragioni di criticità in relazione alla posizione dell'ente locale quale terzo datore di ipoteca, senza poi però considerare che la società proponente aveva espressamente proposto di sostituire la predetta garanzia con la concessione del diritto di superficie sull'area, modifica che anche l'Unità tecnica di finanza di progetto, successivamente interpellata, aveva considerato ammissibile (bancabilità dell'intervento attraverso la costituzione del diritto di superficie).

Neppure questo motivo è fondato.

Come già evidenziato in precedenza, perfino a seguito della dichiarazione di pubblico interesse dell'opera, l'amministrazione conserva in ogni caso la facoltà di revocare la procedura prima della conclusione della gara e dell'aggiudicazione della stessa, senza che il promotore dell'iniziativa possa vantare alcuna posizione tutelabile.

In questi termini, va confermato il precedente di C.d.S., V, 24 agosto 2023, n. 7930 a mente del quale "in tema di project financing anche una volta dichiarata di pubblico interesse una proposta di realizzazione di lavori pubblici ed individuato quindi il promotore privato, l'Amministrazione è tenuta [recte: non è tenuta - n.d.r.] a dare corso alla procedura di gara per l'affidamento della relativa concessione, posto che: tale scelta costituisce una tipica e prevalente manifestazione di discrezionalità amministrativa nella quale sono implicate ampie valutazioni in ordine all'effettiva esistenza di un interesse pubblico alla realizzazione dell'opera, tali da non potere essere rese coercibili nell'ambito del giudizio di legittimità che si svolge in sede giurisdizionale amministrativa" (in termini, C.d.S. n. 1365 del 2014; C.d.S. n. 4026 del 2013; C.d.S. n. 2838 del 2013).

Va infatti ribadito (ex multis, C.d.S., V, 4 febbraio 2019, n. 820) che addirittura anche dopo la dichiarazione di pubblico interesse dell'opera e l'individuazione del soggetto privato, l'amministrazione può non dare corso alla gara per l'affidamento della relativa concessione, essendo il project financing un istituto giuridico complesso nell'ambito del quale il privato non acquisisce alcun diritto pieno all'indizione della procedura ma una mera aspettativa, condizionata dalle valutazioni di esclusiva pertinenza dell'amministrazione in merito all'opportunità di contrattare sulla base di quella stessa proposta.

L'aspettativa del promotore, pertanto "non è giuridicamente tutelabile rispetto alle insindacabili scelte dall'amministrazione", in quanto la posizione di vantaggio del soggetto privato acquisita per effetto della dichiarazione di pubblico interesse si esplica "solo all'interno della gara una volta che la decisione di affidare la concessione sia stata assunta".

In questi termini, la proposta presentata dal privato è oggetto della duplice valutazione discrezionale circa la sussistenza del pubblico interesse: l'amministrazione deve quindi riconoscere che esiste un interesse pubblico alla realizzazione dell'opera e che la sua realizzazione mediante il progetto del privato sia idonea a soddisfarlo. Il soggetto individuato come promotore finanziario, benché prescelto, rimane, rispetto al procedimento di affidamento, nella posizione di potenziale concorrente e, come tale, non vanta alcun minimo affidamento idoneo a consolidare una posizione suscettibile di fondare una responsabilità da parte dell'amministrazione.

Neppure la dichiarazione di pubblico interesse rappresenta pertanto un atto ad efficacia durevole attributivo in maniera definitiva di un vantaggio, quanto prodromico alla indizione di una gara, non fondativo di indennizzo in caso di revoca della stessa (C.d.S. n. 3237 del 2015).

Deve pertanto concludersi che nel caso in esame, nel quale neppure a rigore si era giunti alla formalizzazione della pubblica utilità dell'opera, non sussistevano i vizi lamentati dalle appellanti.

Con il quinto motivo di appello viene quindi dedotto che il parere richiesto al Collegio dei revisori ed all'Unità tecnica di finanza di progetto non avrebbe comunque potuto supportare la decisione di abbandonare la procedura, trattandosi di atti adottati da organi tecnici, laddove la decisione di abbandonare la procedura competeva esclusivamente agli organi di governo dell'ente territoriale.

In particolare, il Comune di Isernia decideva di avvalersi del parere tecnico dell'U.T.F.P., a seguito del suggerimento del Collegio dei revisori che, chiamato ad esprimere una valutazione in ordine alla proposta di project financing, nel verbale del 18 aprile 2014 sollevava perplessità in ordine alla iscrivibilità della ipoteca, ex art. 826 c.c., in ragione dell'indisponibilità del bene destinato a pubblico servizio (considerazione da considerarsi peraltro erronea, posto che il proponente aveva successivamente comunicato al Comune la propria rinuncia alla garanzia del terzo datore di ipoteca, chiedendo in sua vece l'istituzione di un diritto di superficie).

Neppure questo motivo può essere accolto.

Come già rilevato in precedenza, la scelta dell'amministrazione di non dare seguito alla proposta di project financing non poteva dirsi illegittima né per incompetenza della Giunta comunale ad adottare il provvedimento ab origine impugnato, né per manifesta irragionevolezza (e/o contraddittorietà) della decisione, né ancora per ipotetica violazione di un affidamento legittimo - e qualificante - delle appellanti nella positiva conclusione della procedura; ciò premesso, nulla ostava a che la medesima amministrazione chiedesse, ai fini di una più approfondita istruttoria, un parere tecnico ad organi a ciò qualificati, parere che per sua stessa natura non poteva non costituire uno degli elementi di riscontro (se del caso, anche quello principale) utilizzati dalla medesima amministrazione richiedente per motivare la propria conclusiva decisione.

Con un sesto motivo di gravame viene poi dedotta la violazione dell'art. 1, comma 304, l. n. 147 del 2013 (c.d. legge di stabilità 2014) che, al fine di favorire l'ammodernamento o la costruzione di impianti sportivi, con particolare riguardo alla sicurezza degli impianti e dell'utenza, avrebbe previsto la semplificazione delle procedure amministrative e modalità innovative di finanziamento.

Il motivo è inammissibile, per manifesta indeterminatezza: non viene infatti chiarita la ragione per la quale la sentenza impugnata - in tutto o in parte - risulterebbe lesiva della norma citata.

Con il settimo motivo di appello viene quindi lamentata la violazione dell'art. 153, comma 19, del d.lgs. n. 153 del 2006, laddove il Comune di Isernia, nell'esercizio delle sue facoltà, chiedeva le necessarie integrazioni e modifiche della proposta, a riprova dell'interesse per il progetto, alle quali l'ATI proponente avrebbe sempre risposto in modo sollecito, non potendosi quindi ravvisare, nel caso di specie, "rifiuti da parte della proponente ad apportare modifiche ed aggiustamenti che avrebbero potuto giustificare una valutazione negativa del pubblico interesse della proposta ex art. 153, comma 19, D.Lgs. 153/06".

L'art. 153, comma 19, cit. prevede che l'amministrazione valuti entro tre mesi il pubblico interesse della proposta, termine che, ancorché non perentorio, sarebbe comunque finalizzato ad assicurare una sollecita definizione della procedura, anche al fine di non tenere il promotore vincolato in inutili trattative: nel caso in esame, invece, il Comune di Isernia rendeva noto l'atto conclusivo del procedimento solamente dopo un anno dalla presentazione della proposta da parte di Aedes s.r.l., sì che "il lasso di tempo intercorso ed il comportamento assunto dall'Amministrazione, che mai aveva messo in dubbio il pubblico interesse della proposta, manifestandosi da subito interessata, generava nella proponente un affidamento tale da far sì che la stessa non tenesse in debito conto inviti provenienti da altre amministrazioni". A ciò aggiungasi - proseguono le appellanti - che il Comune di Isernia non avrebbe mai messo in dubbio l'interesse pubblico dell'iniziativa, tanto da mostrarsi immediatamente interessato alla stessa e da chiedere chiarimenti in ordine alla sua parte economica e tecnica.

Il motivo non può essere accolto, per le ragioni già esposte in ordine ai precedenti motivi di appello (dei quali quello attualmente in esame è una sostanziale riproposizione) circa l'impossibilità di riconoscere, nella materia per cui è causa, un legittimo affidamento in capo al promotore.

Analogamente dicasi, infine, per l'ottavo motivo di gravame, con il quale si ribadisce che nel caso di specie non sarebbero evincibili, né comunque congruamente motivate, le ragioni di pubblico interesse che giustificano la differente determinazione dell'amministrazione comunale rispetto agli apparenti, originari intendimenti, tantopiù "a fronte del lungo tempo in cui l'Amministrazione, in virtù di un acclarato interesse pubblico alla realizzazione dell'intervento, ha impegnato il proponente sul progetto, chiedendo continue integrazioni e modifiche".

La reiezione dei precedenti motivi di appello determina poi, quale logica conseguenza, la reiezione del nono motivo di gravame, con il quale si ribadiscono le pretese risarcitorie avanzate dalle appellanti con il ricorso introduttivo del precedente grado di giudizio, per evidente carenza di presupposti.

Alla luce dei rilievi che precedono, l'appello va dunque respinto.

Le spese di lite del grado di giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l'appellante al pagamento, in favore del Comune di Isernia, delle spese di lite del grado di giudizio, che complessivamente liquida in euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre Iva e Cpa se dovute.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Molise, sent. n. 476/2018.