Consiglio di Stato
Sezione VII
Sentenza 10 gennaio 2024, n. 333

Presidente ed Estensore: Contessa

FATTO

Con ricorso proposto innanzi al TAR per il Lazio, Sez. II-quater, recante il n.r.g. 9179/2008, i sigg. Adriano C. e Carmela C., odierni appellanti, impugnavano il decreto n. 31613/A del 29 maggio 2008 con cui la competente Soprintendenza BB.AA.PP. delle Province di Roma, Rieti e Viterbo aveva negato l'autorizzazione ai fini paesistici per la realizzazione di un villino bifamiliare in località Monte Piccolo presso il Comune di Nazzano.

Con il medesimo ricorso gli odierni appellanti avevano altresì impugnato il Piano territoriale paesaggistico regionale (prot. nn. 556 e 1025 del 2007) e i relativi allegati tecnici; nonché, infine, il parere negativo espresso dalla Regione Lazio - Dipartimento territorio - Direzione urbanistica e territorio sulla richiesta di completamento della lottizzazione "Monte Piccolo", richiamato nel suddetto provvedimento di diniego.

In particolare, i ricorrenti avevano presentato un'istanza di autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di un villino bifamiliare ad uso residenziale su terreno di loro proprietà, in località "Monte Piccolo" presso il Comune di Nazzano.

Con il richiamato provvedimento n. 31613/A la Soprintendenza, evidenziando preliminarmente la presenza di una tutela sull'area ai sensi dell'art. 142, lett. g), del d.lgs. n. 42 del 2004, negava il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica sull'assunto che l'intervento previsto fosse in contrasto con le norme di cui al P.T.P.R. regionale, in forza delle quali sarebbero stati ammessi nell'area di interesse solo interventi edilizi di completamento di manufatti esistenti, non determinanti ulteriori tagli delle alberature ovvero modificazioni del pendio dei terreni. Il decreto richiamava altresì il parere della Regione inerente l'istanza presentata dal Comune di Nazzano sul completamento del piano di lottizzazione concernente l'area e risalente al 1963.

Il TAR, con la sentenza impugnata, ha respinto il ricorso accertando l'infondatezza delle doglianze dedotte. Nello specifico, il giudice di prime cure ha evidenziato innanzitutto l'assenza di un obbligo di comunicazione preventiva del preavviso di rigetto nella fattispecie in esame, trattandosi di un parere costituente espressione di potere esercitato tra autorità pubbliche.

La pronuncia appellata, inoltre, afferma l'applicabilità del P.T.P.R. approvato con delibera della Giunta regionale n. 556 del 2007 all'istanza presentata dai ricorrenti, escludendo invece che possa invocarsi la successiva normativa regionale più favorevole di cui all'art. 36-quater, comma 1-sexies, della l.r. n. 24 del 1998 (per come introdotta dalla l.r. n. 31 del 2008). In particolare, il TAR osserva come legittimamente la Soprintendenza non abbia autorizzato l'intervento edilizio di nuova edificazione, da ritenersi non consentito dal vigente P.T.P.R. in forza del quale sarebbero consentiti solo interventi di completamento di manufatti esistenti che non comportino ulteriori tagli delle alberature e/o modificazioni del pendio dei terreni.

In via conclusiva, il giudice di prime nega la pretesa irrazionalità della scelta pianificatoria dell'amministrazione, evidenziando - da un lato - la mancanza di puntuali rilievi da parte dei ricorrenti e - dall'altro - l'ampia discrezionalità in materia riconosciuta alla P.A.

Il TAR ha inoltre negato la sussistenza, nel caso di specie, di uno specifico obbligo di motivazione in forza della deroga di cui all'art. 3 della l. n. 241 del 1990 in quanto riguardante un atto generale. La sentenza appellata, infine, precisa come non possa sussistere alcun affidamento privato meritevole di tutela a fronte di una rivalutazione di carattere generale della pianificazione territoriale rispetto a risalenti atti programmatori.

La parte appellante impugna la sentenza di prime cure articolando le seguenti censure in diritto:

I) Error in iudicando - Violazione ed erronea interpretazione e applicazione dell'art. 36-quater, comma 1- sexies, della l.r. Lazio 6 luglio 2008, n. 24, introdotto dall'art. 72 della l.r. Lazio 24 dicembre 2008, n. 31.

II) Error in iudicando - Violazione ed erronea interpretazione e applicazione dell'art. 10-bis della l. 7 agosto, n. 241 e dell'art. 159, comma 4, del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.

III) Error in procedendo - Violazione dell'art. 112 del c.p.c. - Violazione del principio dispositivo e del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato.

La parte appellante conclude per l'accoglimento dell'appello chiedendo di annullare e/o riformare la sentenza del TAR, dichiarando per l'effetto l'illegittimità dei provvedimenti impugnati in primo grado.

Il Ministero per i beni e le attività culturali e la Regione Lazio si sono costituiti in giudizio per resistere all'appello.

Il Comune di Nazzano, benché ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.

In vista dell'udienza di trattazione, le parti hanno depositato documenti, nonché memorie difensive e di replica per insistere nelle proprie difese ed eccezioni.

Con memoria depositata in data 9 novembre 2023, la Regione Lazio nei limiti del proprio interesse ha contestato quanto ex adverso dedotto, con particolare riguardo alla dedotta illegittimità del P.T.P.R.

Nello specifico, l'amministrazione eccepisce l'improcedibilità del ricorso derivante dalla mancata impugnazione del successivo P.T.P.R. adottato con delibera consigliare n. 5/2021.

La parte appellante, in data 14 novembre 2023, ha depositato una memoria difensiva riepilogativa delle doglianze dedotte nei motivi di appello. Essa ha evidenziato (con particolare riguardo al terzo motivo di appello): da un lato, quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 240/2020 nell'ambito della censura volta a contestare un illegittimo differimento annuale del termine per l'approvazione del P.T.P.R.; dall'altro lato, la circostanza che, laddove la Soprintendenza - a fronte dell'istanza presentata il 18 ottobre 2007 - avesse adottato il provvedimento nel termine di sessanta giorni come previsto ai sensi dell'art. 159, comma 4, del d.lgs. n. 42 del 2004 (anziché in data 29 maggio 2008), avrebbe applicato il regime meno restrittivo essendo il successivo P.T.P.R. entrato in vigore in data 14 febbraio 2008.

In sede di replica, la parte appellante contesta le difese articolate dalla Regione insistendo sull'illegittimità del parere regionale con il quale sarebbe stata solo parzialmente accolta la richiesta del Comune per il completamento del Piano di lottizzazione. Invocando poi il regime transitorio previsto dalla l.r. 24 dicembre 2008, n. 31, gli appellanti affermano l'irrilevanza della definitiva approvazione nel 2021 dl P.T.P.R. Del resto, si eccepisce come in forza di tale intervento legislativo la stessa amministrazione avrebbe dovuto riesaminare la vicenda oggi sub iudice.

All'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del 15 dicembre 2023, svoltasi da remoto, l'appello in epigrafe è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dai sigg. Adriano C. e Carmela C. avverso la sentenza n. 5950/2019 con la quale il TAR per il Lazio ha respinto il ricorso da loro proposto per l'annullamento del decreto 31613/A del 29 maggio 2008 con cui la competente Soprintendenza BB.AA.PP. delle Province di Roma, Rieti e Viterbo ha negato l'autorizzazione ai fini paesistici per la realizzazione di un villino bifamiliare in località Monte Piccolo presso il Comune di Nazzano, nonché del parere negativo espresso dalla Regione Lazio - Dipartimento territorio - Direzione urbanistica e territorio richiamato nel provvedimento di diniego.

2. In punto di fatto, gli appellanti deducono di essere proprietari di un compendio fondiario presso il Comune di Nazzano, censito in catasto al foglio n. 2 mappale n. 158 e foglio n. 9, mappale n. 147, in località "Monte Piccolo". Tali fondi rientrerebbero nel piano di lottizzazione approvato con delibera del Consiglio comunale n. 61 del 10 settembre 1963.

La parte appellante prosegue affermando di aver presentato istanza di permesso di costruire e di aver esercitato poi la facoltà prevista dall'art. 159, comma 4, del d.lgs. n. 42 del 2004 rivolgendosi in via surrogatoria alla Soprintendenza competente, stante la prolungata inerzia della Regione nella conclusione del rilascio dell'autorizzazione paesaggistica. Conseguentemente, con il decreto prot. n. 31613/A, impugnato in primo grado, la Soprintendenza negava l'autorizzazione paesaggistica. Il TAR rigettava il ricorso proposto dagli interessati con la pronuncia indicata in epigrafe, qui appellata per i motivi di seguito sinteticamente descritti.

3. Con il primo motivo gli appellanti lamentano un travisamento da parte del giudice di primo grado del contesto normativo e del regime giuridico applicabile alla fattispecie in esame.

In particolare essi osservano come, dal combinato disposto delle previsioni di cui agli artt. 31, 36 e 16, lett. b), del Piano territoriale paesistico n. 4 - Valle del Tevere, approvato con l.r. 6 luglio 1998, n. 24, possa desumersi che il fondo di proprietà degli appellanti - nonché l'intera area relativa alla lottizzazione - non fossero interessate da particolari limitazioni di trasformabilità. Tale regime sarebbe infatti mutato solo in forza del nuovo P.T.P.R. adottato dalla Giunta regionale con atti n. 556 del 25 luglio 2007 e n. 1025 del 21 dicembre 2007, il quale avrebbe previsto nell'area del Monte Piccolo la possibilità di realizzare solo interventi di completamento di manufatti esistenti e che comunque non comportino ulteriori tagli delle alberature e/o modificazione del pendio dei terreni.

Si tratterebbe dunque, ad avviso di parte appellante, di un regime indubbiamente più restrittivo per le nuove iniziative edificatorie, applicato alla fattispecie in esame benché il P.T.P.R., all'epoca della presentazione dell'istanza di autorizzazione (in data 18 ottobre 2007 ovvero anteriormente alla sua pubblicazione), fosse solo adottato ma non ancora approvato.

In relazione a tali circostanze, gli appellanti lamentano un atteggiamento ingiustificatamente intransigente da parte della Soprintendenza la quale - omettendo qualsiasi valutazione in ordine alla compatibilità dell'intervento proposto con i valori propri dell'area - avrebbe illegittimamente provveduto presupponendo una sorta di automatica applicabilità del nuovo P.T.P.R.

Sotto altro profilo gli appellanti osservano come lo stesso legislatore regionale abbia a posteriori (con la l.r. n. 31 del 24 dicembre 2008) dettato una disciplina transitoria, prevedendo che alle domande di rilascio di autorizzazioni paesaggistiche ai sensi degli artt. 146 e 159 del d.lgs. n. 42 del 2004, pervenute alla Regione entro il 14 febbraio 2008, si applicasse la normativa prevista dai P.T.P. vigenti approvati con la medesima legge. Dunque, gli appellanti deducono che in tal modo il legislatore regionale abbia inteso escludere l'applicazione del P.T.P.R. alle istanze presentate fino alla data di pubblicazione del nuovo piano al fine di prevenire un irragionevole trattamento delle stesse alla stregua delle previsioni più restrittive del piano successivo.

Insistendo comunque sul fraintendimento che vizierebbe la pronuncia del TAR, la parte appellante desume dalle suddette circostanze l'erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui avrebbe, in sostanza, privato l'art. 36, comma 1-sexies, della l.r. n. 24 del 1998 della propria efficacia normativa impendendone il valore di clausola di salvezza, nonché nella parte in cui avrebbe altresì attribuito un effetto pregiudizievolmente anticipatorio del regime pianificatorio più restrittivo.

Con il secondo motivo di appello, si censura la sentenza di prime cure anche nella parte in cui farebbe erronea interpretazione e ingiusta applicazione dell'art. 10-bis della l. n. 241 del 1990 e dell'art. 159, comma 4, del d.lgs. n. 42 del 2004 sulla base di un orientamento giurisprudenziale "del tutto equivocato".

Nello specifico, gli appellanti evidenziano che il provvedimento impugnato in primo grado, non scaturente da un'interlocuzione tra amministrazioni, sarebbe stato piuttosto adottato all'esito di un procedimento avviato su istanza degli interessati, i quali per far fronte alla prolungata inerzia dell'amministrazione comunale e regionale si rivolgevano alla Soprintendenza ai sensi dell'art. 159, comma 4, del d.lgs. n. 42 del 2004.

Peraltro, si osserva altresì come nella fattispecie in esame il Comune e la Regione non avrebbero dovuto recepire alcun parere e pertanto non era possibile considerarli quali "enti delegati" alla comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'autorizzazione, come contenuti nel decreto adottato dalla Soprintendenza.

Con il terzo motivo di appello, si lamenta la violazione da parte del giudice di primo grado del principio dispositivo e del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ai sensi dell'art. 112 c.p.c.

Sul punto, la parte appellante contesta il "laconico e immotivato" rigetto dei motivi di ricorso nonché un'omessa pronuncia sulle doglianze inerenti al difetto di istruttorio, di motivazione e al travisamento dei presupposti in fatto e in diritto.

Gli appellanti insistono sulla circostanza che la Soprintendenza avrebbe motivato il rigetto esclusivamente sulla pretesa esistenza di un vincolo di inedificabilità assoluta, che sarebbe invece insussistente alla luce della corretta individuazione della disciplina pianificatoria applicabile.

Con memoria difensiva, la Regione Lazio contesta quanto ex adverso dedotto, argomentando per quanto di interesse sulla domanda di annullamento del P.T.P.R. In particolare, la Regione prospetta un profilo di sopravvenuta improcedibilità del ricorso per mancata impugnazione del P.T.P.R. approvato con deliberazione Consiglio regionale 21 aprile 2021, n. 5.

3. I motivi di ricorso dinanzi sinteticamente richiamati sono infondati.

3.1. È in particolare infondato il primo motivo (più analiticamente descritto in precedenza) con il quale, in sintesi, gli appellanti lamentano che il TAR avrebbe erroneamente omesso di rilevare come l'impugnato diniego regionale si ponesse in contrasto con la pertinente disciplina regionale (in primis, di fonte legislativa).

Il Collegio ritiene di poter prescindere dall'esame della questione (peraltro, non pacifica) se le disposizioni di cui al P.T.P. "Valle del Tevere" (per come approvate dalla l.r. n. 24 del 1998) consentissero di realizzare l'intervento edilizio proposto dagli appellanti in ar[e]a classificata "a trasformabilità limitata". Si può infatti prescindere dall'esame di tale questione in quanto la sopravvenuta disciplina di cui al P.T.P.R. adottato con delibera di Giunta regionale n. 556 del 2007 risultava comunque ostativa alla realizzazione del richiamato intervento.

In particolare, il nuovo P.T.P.R. ha consentito nell'area del Monte Piccolo del Comune di Nazzano soltanto "intervent[i] di completamento di quei manufatti già esistenti su aree di sedime già compromesse e che non comportino ulteriori tagli delle alberature esistenti e/o modificazioni del pendio dei terreni". Non risultavano quindi consentiti interventi di nuova edificazione quale quello proposto dagli appellanti.

È qui appena il caso di sottolineare che, in sede di adozione del nuovo Piano, la Regione aveva respinto l'istanza - formulata dal Comune di Nazzano - vòlta al completamento del pregresso piano di lottizzazione del 1963, imponendo disposizioni incompatibili con il completamento di tale Piano (e, in via riflessa, con la realizzazione dell'intervento previsto dagli appellanti).

Vero è che, al momento della presentazione dell'istanza da parte degli appellanti il nuovo P.T.P.R. risultava solo adottato dalla Regione (e non ancora approvato), ma è anche vero che le specifiche previsioni di salvaguardia previste in sede di adozione del nuovo Piano impedivano comunque la realizzazione dell'intervento all'origine della presente controversia.

Nello specifico, l'art. 7, comma 4, delle Norme del P.T.P.R. - recante le misure di salvaguardia - stabiliva che "per la parte di territorio interessato dai beni paesaggistici, immobili ed aree, indicati nell'art. 134, lettere a) e b) [del d.lgs. 42 del 2004], fino all'approvazione del PTPR resta ferma l'applicazione delle norme dei PTP vigenti; in caso di contrasto tra le disposizioni del PRPR adottato e dei PTP vigenti prevale la disposizione più restrittiva" (ed è evidente che, nel caso in esame, la disposizione più restrittiva fosse quella di cui al PTPR adottato, incompatibile - per le ragioni già evidenziate - con la realizzazione dell'intervento per cui è causa).

3.1.1. Non può poi trovare accoglimento l'argomento - già articolato in primo grado e riproposto nella presente sede di appello - secondo cui la realizzabilità dell'intervento sarebbe pacifica alla luce dalla disposizione transitoria di cui al nuovo art. 36-quater, comma 1-sexies, della l.r. n. 24 del 1998 (per come introdotto ad opera dell'art. 72 della l.r. n. 31 del 2008). In particolare, gli appellanti fondano la tesi dell'assentibilità dell'intervento da loro proposto sulla (nuova) disposizione in base alla quale "ai fini del rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche ai sensi dell'art. 146 e 159 del d.lgs. 42/2004, alle domande pervenute alla Regione entro il 14 febbraio 2008, data di pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione del PTPR, si applica la normativa prevista dai PTP vigenti approvati con la presente legge".

Al riguardo ci si limita ad osservare che non è evidentemente possibile valutare la legittimità di un atto (quale l'impugnato decreto della Soprintendenza del 29 maggio 2008) alla luce di una disposizione (quale quella introdotta dalla l.r. 24 dicembre 2008, n. 31) entrata in vigore successivamente alla sua adozione.

Si osserva poi che la richiamata disposizione di legge regionale, pur muovendo dall'evidente finalità di recare una disciplina transitoria nella delicata fase di transizione fra diversi Piani paesistici regionali, non può operare che per il futuro (in assenza di qualunque indice che deponga in senso contrario) e non può quindi determinare "ora per allora" l'illegittimità di atti e provvedimenti (quale quello che rileva nella presente vicenda) adottati sulla base di disposizioni di salvaguardia anch'esse di fonte regionale.

Non spetta al Collegio stabilire se tale modalità di disciplina della richiamata fase transitoria risulti ottimale; è tuttavia necessario concludere che, contrariamente a quanto a più riprese osservato dagli appellanti, l'entrata in vigore della richiamata l.r. n. 31 del 2008 non può determinare l'accoglimento dell'appello in epigrafe.

3.2. È altresì infondato il secondo motivo di appello con il quale, reiterando analogo motivo già articolato in primo grado e respinto dal TAR, i sigg. C. lamentano che la Soprintendenza abbia adottato l'impugnato decreto del 29 maggio 2008 senza il rispetto della previa comunicazione dei motivi ostativi ai sensi dell'art. 10-bis della l. n. 241 del 1990.

Gli appellanti osservano in particolare che, nel caso in esame, non troverebbe applicazione l'orientamento giurisprudenziale richiamato dal TAR (C.d.S., VI, 5844 del 2015) il quale nega l'obbligo di comunicare i motivi ostativi a fronte dei pareri dell'organo tutorio statale prodromico all'adozione del provvedimento finale di compatibilità paesaggistica di competenza dell'ente locale. Nel caso in esame infatti - osservano gli appellanti - si verterebbe nella diversa ipotesi di provvedimento della Soprintendenza adottato in via sostitutiva e suppletiva a fronte dell'inerzia serbata dai competenti enti territoriali (e quindi, di un provvedimento di valenza immediatamente lesiva per i destinatari i quali non potrebbero essere legittimamente privati della fondamentale garanzia partecipativa di cui all'art. 10-bis della l. n. 241 del 1990).

3.2.1. Il motivo non può essere accolto in quanto, per le ragioni già esposte retro, sub 3.1, anche nel caso in cui agli appellanti fosse stata consentita una più intensa partecipazione procedimentale, il provvedimento della Soprintendenza non avrebbe potuto avere un contenuto diverso, ostandovi in modo insuperabile le preclusioni recate dalle disposizioni di salvaguardia dettate dalla Regione in sede di adozione del nuovo PTPR.

Non si è, quindi, in presenza di una delle ipotesi in cui la partecipazione procedimentale da parte del privato avrebbe potuto orientare in modo diverso le scelte tecnico-discrezionali dell'amministrazione, dal momento che la pertinente disciplina regionale relativa alla protezione dei valori paesaggistici dell'area rendeva in radice non assentibile la richiesta degli odierni appellanti.

Deve pertanto ritenersi applicabile nel caso in esame la previsione di cui all'art. 21-octies, comma 2, primo periodo, della l. n. 241 del 1990, secondo cui non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Si potrebbe forse dubitare dell'applicabilità della previsione appena richiamata al caso in esame alla luce della previsione di cui all'ultimo periodo del medesimo comma 2 (per come introdotto ad opera dell'art. 12 del d.l. n. 76 del 2020), secondo cui "la disposizione di cui al secondo periodo non si applica al provvedimento adottato in violazione dell'articolo 10-bis" (i.e.: in violazione delle disposizioni in tema di preavviso di rigetto).

Ma il punto è che la disposizione introdotta nel corso del 2020 riguarda solo le ipotesi di omissione del preavviso di rigetto a fronte di attività amministrativa discrezionale (quale quella contemplata nel secondo periodo, espressamente richiamato dal successivo) e non anche le ipotesi di attività amministrativa vincolata (quale quella contemplata nel primo periodo e che ricorre nel caso in esame), per la quale resta valida dell'applicabilità dell'art. 21-octies (e quindi, la non annullabilità del provvedimento adottato senza la preventiva comunicazione dei motivi ostativi).

3.3. È infine infondato il terzo motivo di appello con il quale i sigg. C. lamentano che il TAR abbia dichiarato, con motivazione ingiustificatamente laconica, l'infondatezza del primo ricorso, senza esaminare puntualmente i numerosi motivi in fatto e in diritto che erano stati posti a fondamento del ricorso.

In particolare il TAR (in sostanziale violazione del principio dispositivo, nonché del principio di necessaria corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato) avrebbe omesso di tenere in adeguata considerazione i motivi con i quali si era sottolineato:

- che l'iniziativa edilizia all'origine dei fatti di causa costituisse legittima e coerente attuazione di un Piano di lottizzazione convenzionata approvato dallo stesso Comune di Nazzano;

- che il progetto presentato risultava certamente compatibile con i (peraltro, innegabili) valori paesaggistici dell'area ed era idoneo ad armonizzarsi pienamente con essi.

3.3.1. Il motivo è infondato in quanto il primo Giudice ha correttamente fondato la propria decisione reiettiva sul dato - invero, insuperabile e quindi assorbente ai fini del decidere - della complessiva inedificabilità dell'area.

Le ragioni poste a fondamento dell'appello (con le quali sono stati in larga parte ripresi gli argomenti già profusi in primo grado) risultano a loro volta infondate per le ragioni esposte retro, sub 3.1 e 3.2.

Anche nella presente sede di appello sono state evidenziate le ragioni che deponevano nel senso della radicale non realizzabilità del programma edificatorio proposto dagli appellanti, il che risulta assorbente ai fini del decidere anche nella presente sede.

In particolare, si sono già esposte retro, sub 3.1 le ragioni per cui l'inclusione dell'area per cui è causa nell'ambito del Piano di lottizzazione "Monte Piccolo" del 1963 non consentiva comunque di superare le previsioni ostative recate dalla nuova pianificazione comunale. In questa sede ci si limita, quindi, a richiamare quanto già esposto in relazione a tale argomento.

Ancora, si sono già esposte retro, sub 3.1 e 3.2 le ragioni le ragioni per cui la nuova pianificazione comunale (anche alla luce delle previste disposizioni di salvaguardia) impediva in radice la realizzazione in loco di nuove costruzioni, quale quella progettata dagli appellanti.

Ciò esime in via di principio il Collegio dall'esame dell'ulteriore argomento con cui la parte appellante lamenta il mancato apprezzamento (da parte dell'amministrazione prima e del TAR poi) dell'affermata compatibilità del progetto presentato con i valori paesaggistici dell'area.

Anche per tale ragione l'appello in epigrafe deve essere respinto.

4. Per le ragioni dinanzi esposte l'appello in epigrafe deve essere respinto.

Sussistono nondimeno giusti ed eccezionali motivi per disporre l'integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Lazio, sez. II, sent. n. 5950/2019.