Consiglio di Stato
Sezione VII
Sentenza 17 gennaio 2024, n. 537
Presidente: Taormina - Estensore: Di Carlo
FATTO E DIRITTO
1. Il Comune di Budoni appella la sentenza di cui in epigrafe, con la quale il TAR per la Sardegna ha accolto il ricorso proposto dalla s.r.l. Baia dei Pini (r.g. n. 85/2020) per l'annullamento dell'ordinanza n. 120 del 4 novembre 2019 con la quale il Settore urbanistica del medesimo Comune aveva disposto la demolizione di una "struttura di facile rimozione in legno sopraelevata rispetto all'arenile, avente superficie coperta di mq. 44,00 circa, costituita da un fabbricato in legno con copertura del tetto a due falde, adibita a servizi igienici (così come da cartello affisso all'esterno)", nonché della "pavimentazione in tavolato di superficie pari a 165,00 mq, delimitata da un parapetto in legno" collocata "nell'area annessa al fabbricato" e "accessibile mediante una rampa di circa 10,00 mq".
2. Il suddetto provvedimento veniva adottato in forza del presupposto verbale di ispezione demaniale prot. n. 2019/6589/ST-SS in data 28 giugno 2019, dell'Agenzia del demanio - Direzione regionale Sardegna - Servizi territoriali di Sassari (anch'esso impugnato quale atto presupposto), secondo il quale "l'area demaniale e la struttura sopra descritta non risultano assentite in concessione", mentre "agli atti d'ufficio la società sopra citata risulta titolare di concessione demaniale marittima (n. 24/2016) a carattere stagionale con scadenza 31.12.2020, nella medesima località ma non contigua all'area oggetto di ispezione, rilasciata dal Comune di Budoni e relativa ad un'area scoperta destinata a posa ombrelloni della superficie di mq. 1.500 ad uso esclusivo del Villaggio Baia dei Pini".
3. A sostegno del ricorso, la s.r.l. Baia dei Pini aveva evidenziato che, diversamente da quanto accertato dal Comune di Budoni, sia la concessione demaniale "per l'utilizzo [...] della spiaggia antistante il complesso per la posa in opera di ombrelloni e lettini", sia la "autorizzazione [...] per la realizzazione di un'area attrezzata per servizi alla balneazione di mq 215", fossero da considerarsi ancora valide ed efficaci, per effetto delle avvenute proroghe automatiche previste dalla legge.
4. Il TAR della Sardegna condivideva la tesi della perdurante efficacia del titolo concessorio e, di conseguenza, accoglieva il ricorso e annullava l'atto impugnato, tuttavia compensando le spese del giudizio.
5. L'appello del Comune di Budoni si incentra su tre motivi.
In particolare, con il primo motivo, si deduce che il primo giudice avrebbe erroneamente ritenuto esistente la concessione demaniale che la s.r.l. Baia dei Pini assume esserle stata rilasciata dal Comune nell'anno 2009, quando invece non vi sarebbe alcuna prova della sua esistenza, nemmeno in via presuntiva.
Con il secondo motivo, si sostiene che il primo giudice avrebbe anche errato nel qualificare il provvedimento datato 22 giugno 2009, emesso dal Servizio territoriale di Tempio-Olbia, quale riprova del rilascio della concessione demaniale, dal momento che lo stesso potrebbe equivalere, al più, come un atto di mero preavviso in ordine alla possibilità di vedersi rilasciato il titolo, previo compimento dei necessari incombenti richiesti in via amministrativa, rispetto ai quali, peraltro, nemmeno sussisterebbe la prova che siano stati effettivamente compiuti.
Più in particolare, secondo il Comune di Budoni, non sarebbe sufficiente, allo scopo, la produzione della polizza fideiussoria allegata dalla ricorrente.
Oltretutto, la ritenuta esistenza della concessione demaniale contrasterebbe con il provvedimento prot. n. 7026, datato 4 giugno 2009, mediante il quale il SUAP del Comune di Budoni aveva comunicato alla società l'irricevibilità della DUAAP prot. n. 6289 del 18 maggio 2009, presentata per il "rinnovo dei lavori riguardante la realizzazione di un chiosco bar prefabbricato in legno", documento di cui il Comune ha chiesto l'acquisizione nel presente giudizio.
Con il terzo motivo di appello, il Comune di Budoni censura, sotto diverso profilo, l'applicazione del metodo presuntivo ai fini della prova dell'esistenza della ridetta concessione demaniale, prospettando la sua inutilizzabilità nei rapporti di diritto pubblico quando si pretende di far derivare, dall'atto amministrativo, l'ulteriore effetto di legge previsto dalle leggi di proroga automatica delle concessioni.
6. La s.r.l. Baia dei Pini ha eccepito l'inammissibilità della produzione documentale rappresentata dal provvedimento prot. n. 7026, datato 4 giugno 2009, e ha concluso per il rigetto del gravame.
7. Le parti hanno ulteriormente insistito sulle rispettive tesi difensive, mediante il deposito di documenti, di memorie difensive e di memorie di replica.
8. Alla udienza pubblica del 7 novembre 2023, la causa è passata in decisione.
9. In via preliminare, va dichiarata l'inutilizzabilità del documento di cui alla nota prot. n. 7026, datato 4 giugno 2009, prodotto dal Comune di Budoni per la prima volta in questo grado di giudizio.
Ai sensi dell'art. 104, comma 2, c.p.a., "Non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa, ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile".
Nessuna delle suddette condizioni ricorre nel caso all'esame, atteso che, per un verso, la causa può essere decisa sulla base dei documenti e degli elementi di prova già ritualmente introdotti al giudizio, con la conseguenza che non sussiste la ridetta condizione della indispensabilità ai fini del decidere; per un altro verso, poi, non ricorre nemmeno l'ipotesi della mancata produzione per fatto non imputabile alla parte, dal momento che il suddetto documento preesisteva rispetto alla decisione della causa in primo grado e l'Amministrazione avrebbe dunque potuto tempestivamente produrlo.
10. Nel merito, l'appello è infondato.
Il Collegio condivide il percorso logico-giuridico che il primo giudice ha posto a sostegno dell'accoglimento del ricorso.
In particolare, condivide la ricostruzione dei fatti esposta nella sentenza, nella parte in cui, pur dando atto della formale mancanza del documento, illustra tutti gli elementi oggettivi, positivamente valutabili e riscontrabili, sulla base dei quali deve affermarsi che l'Amministrazione abbia effettivamente manifestato all'esterno la precisa volontà provvedimentale di rilasciare la concessione demaniale in favore della s.r.l. Baia dei Pini, con la conseguente illegittimità dell'impugnata nota nella parte in cui, senza adeguata motivazione, tenta di porre nel nulla il riconoscimento di un bene della vita già facente parte del patrimonio della società ricorrente.
Più nel dettaglio, l'esistenza del titolo demaniale in relazione all'anno 2009 deve evincersi alla luce del fatto che, nell'anno 2005, la s.r.l. Baia dei Pini presentava un progetto per la realizzazione di un chiosco bar prefabbricato e box in legno per ricovero attrezzatura concessione di aree o pertinenze del demanio marittimo, da situarsi proprio sull'area demaniale identificata al foglio 12 mappale 5102/P, di cui ora si discute.
Era poi accaduto che, in data 29 luglio 2011, veniva sottoscritto un contratto di cessione di quote societarie tra la Gruppo Falconi s.r.l. (socio unico di Baia dei Pini s.r.l.) e la Italiana Alberghi s.r.l., con il quale si pattuiva espressamente, all'art. 2, che la società cedente garantiva di essere titolare dell'intero complesso di concessioni demaniali riferibili al suddetto complesso turistico-alberghiero.
Quanto, nello specifico, all'area del chiosco-bar, la s.r.l. Baia dei Pini otteneva in seguito, proprio in relazione alla suddetta area, la concessione demaniale marittima 17 maggio 2006, n. 166 (doc. 27), poi rinnovata con ulteriore concessione demaniale marittima in data 1° agosto 2007, n. 12 (doc. 26), poi ancora rinnovata dal successivo titolo demaniale 12 maggio 2011, n. 8, a sua volta rinnovato per l'anno 2012.
In forza dei detti titoli, l'interessata veniva autorizzata alla ricostruzione del manufatto chiosco-bar, ora adibito a servizi, in posizione leggermente più avanzata, quantunque sempre all'interno del mappale originario, e tale intervento, per quanto risulta dagli atti processuali, era stato poi oggetto del provvedimento unico del SUAP 6 giugno 2011, n. 24, oltre che della successiva autorizzazione edilizia datata 23 giugno 2011, n. 3, finalizzata al collegamento temporaneo della struttura alla rete idrica e fognaria.
Sulla base di questa precisa ricostruzione dei fatti, dalla quale si evince una concatenazione di eventi, fatti, atti e provvedimenti amministrativi avvinti da un nesso di assoluta conseguenzialità logico-giuridica e cronologica, deve quindi condividersi il principio di diritto alla stregua del quale il primo giudice ha deciso la causa, ovverossia che, tenuto conto dell'identità materiale dell'area oggetto di concessione demaniale, mai sostanzialmente mutata nella sua consistenza storica, deve ritenersi provata l'esistenza, la validità e l'efficacia del titolo amministrativo implicito, in virtù del fatto che esistono incontestabilmente quali titoli amministrativi espliciti (rectius, esplicitati in documenti formali) sia la concessione precedente, sia quella successiva, che menziona il suo rinnovo, con la conseguenza che, anche alla luce del principio dell'effetto utile, sarebbe irragionevole e ingiusto negare l'esistenza dell'atto intermedio: diversamente opinando, del resto, sarebbe come ammettere, contro tutti i principi della logica, che potrebbe essere oggetto di un formale atto di rinnovo un precedente atto che non preesiste.
A sostegno della plausibilità della suddetta ricostruzione dei fatti, assume rilievo, inoltre, la produzione della polizza fideiussoria prodromica al rinnovo del titolo per l'anno 2009 (doc. 33), oltre al fatto che la nota regionale datata 22 giugno 2009, n. 27268 (doc. 25) richiama detto atto espressamente nei seguenti termini: "si fa riferimento all'istanza volta al rinnovo della concessione sopra emarginata" (n.d.r., id est, quella indicata in oggetto come relativa a "48 mq. per chiosco bar e mq. 167 per pedana scoperta"), "per comunicare che la stessa è stata accolta per il periodo dal primo maggio al 31 ottobre 2009".
Deve quindi concludersi, contrariamente a quanto sostenuto dal Comune appellante, che il primo giudice abbia fatto corretta applicazione dei canoni e delle coordinate esegetiche del ragionamento deduttivo.
11. Nemmeno può seguirsi l'ulteriore prospettazione difensiva sulla base della quale il Comune appellante ritiene che detto tipo di ragionamento, cioè logico-deduttivo, non possa trovare applicazione in relazione al provvedimento amministrativo, ma solo, al limite, per i contratti e in generale per i negozi giuridici.
In disparte il fatto che l'Amministrazione, nell'esercizio delle sue prerogative istituzionali, può scegliere di agire secondo strumenti autoritativi ovvero negoziali, vanno ribaditi i seguenti principi.
Il primo principio attiene alla libertà delle forme che può assumere il provvedimento amministrativo, non necessariamente vincolato ad assumere la forma scritta. Rappresenta infatti un principio consolidato nella teorica dell'atto amministrativo, che lo stesso abbia forma libera, eccettuate le ipotesi in cui la legge prescrive una determinata forma (ad es. l'art. 11 l. n. 241/1990 prescrive, per gli accordi di diritto pubblico, la forma scritta).
Il secondo principio riguarda l'indirizzo esegetico seguito dalla giurisprudenza amministrativa secondo cui il provvedimento amministrativo concessorio può, talora, avere natura implicita.
Ciò accade allorquando "l'Amministrazione pur non adottando formalmente un provvedimento, ne determina univocamente i contenuti sostanziali attraverso un comportamento conseguente ovvero determinandosi in una data direzione, anche con riferimento a fasi istruttorie coerentemente svolte, a cui non può essere ricondotto altro valore che quello equivalente al contenuto del provvedimento formale corrispondente" (C.d.S., Sez. VI, 17 ottobre 2019, n. 7059; ancora prima, Sez. V, 23 agosto 2019, n. 5822, secondo cui "L'astratta ammissibilità del provvedimento implicito non può essere negata, qualora l'Amministrazione, pur non adottando formalmente la propria determinazione, ne determini univocamente i contenuti sostanziali, o attraverso un contegno conseguente, ovvero determinandosi in una direzione, anche con riferimento a fasi istruttorie coerentemente svolte, a cui non possa essere ricondotto altro volere che quello equivalente al contenuto del corrispondente provvedimento formale non adottato: le quante volte, cioè, emerga senza equivoco un collegamento biunivoco tra l'atto adottato o la condotta tenuta e la determinazione che da questi si pretende di ricavare, onde quest'ultima sia l'unica conseguenza possibile della presupposta manifestazione di volontà").
Nell'alveo di tale indirizzo si iscrive perfettamente il caso all'esame, caratterizzato dal fatto che preesiste la concessione demaniale; la stessa è stata più volte rinnovata, in via cronologicamente conseguenziale; esiste pure l'atto di rinnovo; detti provvedimenti sono stati emessi sempre sulla base di una specifica istanza del privato; in funzione di garanzia per il godimento del bene demaniale è stata anche rilasciata apposita polizza fideiussoria; il mancato pagamento dei canoni e sovracanoni attiene ad un'obbligazione pecuniaria che andrà soddisfatta dal debitore e che, in ipotesi di suo inadempimento, potrà riverberarsi quale causa di decadenza e revoca della concessione, ma non quale causa di mancato rinnovo di essa.
12. Infine, va respinta la censura con la quale si sostiene la violazione dei presupposti di fatto per l'applicazione della disciplina della proroga ex lege. A tale proposito, sia sufficiente osservare come la proroga automatica riguarda un effetto, per l'appunto di proroga dell'efficacia del titolo, che deriva direttamente dalla legge, senza fare distinzioni sulla base della natura formale del documento in cui è incorporato il titolo, ben potendo esso consistere, come nel caso all'esame, in un provvedimento implicito.
13. In definitiva, l'appello va respinto.
14. Le spese del giudizio sono liquidate in dispositivo sulla base della regola della soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e condanna il Comune appellante a rifondere in favore della società appellata le spese del giudizio, liquidate in complessivi euro 3.000,00, oltre spese generali, IVA e CPA se dovute come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Sardegna, sez. II, sent. n. 206/2022.