Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata
sentenza 11 marzo 2024, n. 138

Presidente: Donadono - Estensore: Mastrantuono

FATTO

L'avv. Rocco Antonio B. ha difeso dinanzi alla Sezione civile della Corte d'appello di Potenza alcune persone, che si erano opposte alla stima del valore di alcuni terreni, che erano stati acquisiti dal Comune di Pietragalla ai sensi dell'art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001.

Tali opposizioni alle stime sono state accolte dalla Sezione civile della Corte d'appello di Potenza con le ordinanze ex art. 29 d.lgs. 150/2011 (c.d. rito sommario di cognizione):

- n. 544 del 27 giugno 2022, con la quale il Comune di Pietragalla è stato condannato al pagamento, in favore dell'avv. Rocco Antonio B., dichiaratosi antistatario, della somma di euro 5.532,00 oltre spese generali, IVA e CPA;

- n. 560 del 30 giugno 2022 (corretta con successiva ordinanza del 23 febbraio 2023), con la quale il Comune di Pietragalla è stato condannato al pagamento, in favore dell'avv. Rocco Antonio B., dichiaratosi antistatario, della somma di euro 1.378,00 oltre esborsi, spese generali, IVA e CPA;

- e n. 630 del 25 luglio 2022, con la quale il Comune di Pietragalla è stato condannato al pagamento, in favore dell'avv. Rocco Antonio B., dichiaratosi antistatario, della somma di euro 2.775,00 oltre spese generali, IVA e CPA.

Le predette ordinanze, munite della formula esecutiva, sono state notificate al Comune di Pietragalla (precisamente: la n. 544 del 27 giugno 2022 in data 25 novembre 2022; la n. 560 del 30 giugno 2022 in data 7 aprile 2023; e la n. 630 del 25 luglio 2022 in data 21 novembre 2022) e sono passate in giudicato, come attestato dal cancelliere della Corte d'appello di Potenza con certificati del 25 luglio 2023.

L'avv. Rocco Antonio B.:

- prima con il presente ricorso, notificato il 28 luglio 2023 presso l'indirizzo di posta elettronica IPA protocollo@pec.comune.pietragalla.pz.it il 28 luglio 2023 e depositato nella stessa giornata del 28 luglio 2023, ha chiesto la corresponsione delle suddette somme;

- e poi il suo difensore con memoria del 6 dicembre 2023 ha chiesto che fosse dichiarata la cessazione della materia del contendere, in quanto dopo la proposizione del ricorso in epigrafe il Comune di Pietragalla aveva provveduto ad estinguere i suindicati crediti.

Nella camera di consiglio del 21 febbraio 2024 questo Tribunale, ai sensi dell'art. 73, comma 3, c.p.a., ha fatto presente al difensore del ricorrente la sussistenza di dubbi sull'ammissibilità del ricorso, perché cumulativo, concedendo il termine di 10 giorni per la presentazione di eventuale memoria.

Con memoria del 27 febbraio 2023 il ricorrente ha evidenziato che era stato proposto il ricorso cumulativo, perché: 1) questo Tribunale con sentenza n. 228 del 22 aprile 2015, riformata dalla IV Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 389 del 2 febbraio 2016, aveva respinto il ric. n. 700/2014, proposto da 9 proprietari di terreni, che erano stati irreversibilmente trasformati con la costruzione di una strada comunale, avverso il silenzio-inadempimento sulla loro istanza, volta ad ottenere il provvedimento di acquisizione sanate ex art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001, per l'intervenuta usucapione; 2) tutte le suddette ordinanze ex art. 29 d.lgs. 150/2011 della Sezione civile della Corte d'appello di Potenza erano state emanate nei confronti della stessa Amministrazione debitrice ed è stata richiamata la sentenza C.d.S., Sez. V, n. 9584 del 7 novembre 2023; 3) si era voluto evitare di incorrere in eventuali azioni disciplinari per abuso del processo, richiamando la sentenza Cass. civ., Sez. III, n. 6513 del 3 marzo 2023, nella parte in cui statuisce che è contrario a buona fede il contegno del creditore che, senza alcun vantaggio o interesse, instauri più procedure esecutive in forza di diversi titoli esecutivi nei confronti del medesimo debitore.

Nella camera di consiglio del 6 marzo 2024 il ricorso è passato in decisione.

DIRITTO

Va affermata l'ammissibilità del ricorso cumulativo in epigrafe, per le seguenti ragioni.

Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass. civ., Sez. un., sent. n. 23726 del 15 novembre 2007; Cass. civ., Sez. II, ordd. n. 10181 del 30 marzo 2022, n. 28847 del 19 ottobre 2021, n. 14143 del 24 maggio 2021 e n. 31308 del 29 novembre 2019; Cass. civ., Sez. VI, ordd. n. 19898 del 27 luglio 2018 e n. 4702 del 9 marzo 2015; Cass., Sez. lav., sent. n. 6664 del 15 marzo 2013; Cass. civ., Sez. III, sent. n. 15476 dell'11 giugno 2008), "non è consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto della obbligazione, operata dal creditore per sua esclusiva utilità con unilaterale modificazione aggravativa della posizione del debitore, si pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede, che deve improntare il rapporto tra le parti non solo durante l'esecuzione del contratto ma anche nell'eventuale fase dell'azione giudiziale per ottenere l'adempimento, sia con il principio costituzionale del giusto processo, traducendosi la parcellizzazione della domanda giudiziale diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria in un abuso degli strumenti processuali che l'ordinamento offre alla parte, nei limiti di una corretta tutela del suo interesse sostanziale, mentre è possibile la formulazione delle domande in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata".

Ma, nella specie, non ricorre la predetta fattispecie dell'abuso del processo, perché il ricorrente ha chiesto l'esecuzione di distinti ed autonomi titoli esecutivi, che non costituiscono un unico rapporto obbligatorio e/o un unico credito.

Anche se vi è un minoritario orientamento giurisprudenziale (cfr. oltre alla sentenza Cass. civ., Sez. III, n. 6513 del 3 marzo 2023, citata dal ricorrente, anche Cass. civ., Sez. III, ord. n. 15077 del 31 maggio 2021), ai sensi del quale "in sede di processo esecutivo, costituisce abuso del processo la moltiplicazione delle iniziative esecutive che, senza frutto per il creditore, hanno l'unico effetto di far lievitare i costi della procedura", specificando che «tale condotta, processualmente illecita, lo è anche sul piano deontologico ai sensi dell'art. 66 del codice deontologico forense (il quale stabilisce che "l'avvocato non deve aggravare con onerose o plurime iniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte, quando ciò non corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte assistita")» e che "conseguenza di simili condotte, non può che essere l'irripetibilità delle spese superflue", in applicazione dei doveri di correttezza e buona fede ex art. 1175 c.c., che impongono di cooperare con il debitore, per facilitarne l'adempimento e non aggravarne la posizione, e del principio di autoresponsabilità ex art. 1227, comma 2, c.c.

Comunque, il Collegio condivide quanto statuito dalla V Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 9584 del 7 novembre 2023, pure richiamata dal ricorrente, che i limiti alla proposizione di ricorsi cumulativi nel processo amministrativo si riferiscono ai giudizi impugnatori e non anche alle controversie di giurisdizione esclusiva, aventi ad oggetto diritti soggettivi, ed ai giudizi di ottemperanza di più titoli esecutivi, connessi solo soggettivamente, purché azionati dalla stessa parte ricorrente nei confronti della medesima Amministrazione intimata, in quanto per tali giudizi, tenuto conto del rinvio esterno ex art. 39, comma 1, c.p.a., si applicano gli artt. 103 e 104 c.p.c., i quali consentono rispettivamente il cumulo delle domande, connesse oggettivamente (sia per l'oggetto o per il titolo dal quale dipendono, c.d. connessione propria, o per la dipendenza della decisione dalla risoluzione di identiche questioni, c.d. connessione impropria) ed anche solo soggettivamente; con tale sentenza è stata condivisa anche la sentenza T.A.R. Lazio, Sez. I-bis, n. 31 del 3 gennaio 2018, nella parte in cui statuisce che "la concentrazione in unico giudizio, delle varie pretese creditorie azionate da un unico soggetto, risponde all'interesse della stessa Amministrazione a non essere gravata ingiustificatamente di un incremento degli oneri processuali, derivanti dalla proliferazione non necessaria dei procedimenti, che incidono sugli esborsi a titolo di spese di giudizio, nonché sulla quantificazione delle spese documentate per l'espletamento dell'attività eventualmente svolta dal Commissario ad acta, in caso di permanente inadempienza della P.A.".

Pertanto, al Collegio non rimane altro che dichiarare, ai sensi dell'art. 34, comma 5, c.p.a., la cessazione della materia del contendere.

Tenuto conto del contrario orientamento giurisprudenziale (cfr. T.A.R. Salerno, Sez. III, sent. n. 2065 del 18 luglio 2022 e T.A.R. Napoli, Sez. II, sent. n. 1537 dell'8 marzo 2021, relative a ricorsi cumulativi di ottemperanza, proposti da avvocati, per ottenere il pagamento delle spese di lite, liquidate a carico della stessa Amministrazione da più sentenze, passate in giudicato) ed anche del comportamento di ravvedimento operoso del Comune di Pietragalla, tale Amministrazione va condannata parzialmente al pagamento delle spese di questo giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata dichiara cessata la materia del contendere in ordine al ricorso in epigrafe.

Condanna il Comune di Pietragalla al pagamento, in favore dell'avv. Daniela B., dichiaratasi antistataria, delle spese di giudizio, liquidate in euro 500,00 (cinquecento), oltre rimborso forfettario ex art. 2, comma 2, d.m. n. 55/2014, IVA, CPA e spese a titolo di contributo unificato nella misura versata.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.