Consiglio di Stato
Sezione III
Sentenza 15 marzo 2024, n. 2544

Presidente: Greco - Estensore: Ferrari

1. La Se.Rist. s.r.l., di cui la Ladisa s.r.l. è cessionaria di ramo di azienda, è risultata aggiudicataria della procedura aperta, bandita dal Comune di Vedano al Lambro per l'affidamento in concessione del servizio di ristorazione scolastica bio e servizi correlati per un periodo di sessanta mesi prorogabili per altri sei mesi. Durante la fase di verifica dei requisiti è stata esclusa per aver presentato, dopo l'aggiudicazione, domanda di ammissione al concordato preventivo, ai sensi dell'art. 161 r.d. n. 267 del 1942.

Il ricorso, proposto dinanzi al T.A.R. Milano per l'annullamento dell'esclusione, è stato respinto con sentenza n. 1462 del 2020, ravvisando la perdita dei requisiti di partecipazione per effetto del ricorso per ammissione al concordato in bianco e ritenendo corretta la decisione della stazione appaltante secondo cui tale circostanza integra una causa di esclusione dalla gara ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. b), d.lgs. n. 50 del 2016.

La sentenza è stata appellata dalla Se.Rist. s.r.l. e dalla Ladisa s.r.l., alla quale Se.Rist. aveva nel frattempo ceduto il ramo di azienda concernente la ristorazione.

In data 25 marzo 2021 è stato stipulato il contratto con Vivenda s.p.a.

Nelle more del giudizio di appello, con sentenza del Tribunale di Monza del 12 luglio 2021 la SeRist è stata dichiarata fallita; la sentenza è stata annullata con sentenza della Corte d'appello di Milano del 14 gennaio 2022 e Se.Rist. ha potuto proseguire con il perfezionamento dell'accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l.f.

La Sez. V di questo Consiglio di Stato, con sentenza 1° giugno 2022, n. 4484, ha dichiarato inammissibile l'appello con riferimento alla posizione di Se.Rist. che, avendo ceduto il ramo di azienda ristorazione prima di proporre l'impugnazione, non ha i requisiti per eseguire la prestazione, oltre a non avere interesse, per la medesima ragione, all'eventuale accoglimento della stessa. La Sezione ha invece accolto l'appello in quanto proposto da Ladisa alla luce dei principi affermati dalla Adunanza plenaria con la sentenza n. 9 del 2021, secondo cui l'operatore economico deve provvedere a comunicare tempestivamente alla stazione appaltante di aver presentato la domanda di ammissione al concordato preventivo, nonché richiedere e ottenere l'autorizzazione del Tribunale alla partecipazione alla gara o alla stipula del contratto.

Nella specie, nonostante Se.Rist. avesse comunicato il 4 febbraio 2020 alla stazione appaltante di aver presentato il ricorso per l'ammissione al concordato preventivo il 31 gennaio 2020, con provvedimento del 17 febbraio 2020, quando la fase di verifica del possesso dei requisiti in capo all'aggiudicataria era ancora in corso, il consorzio CEV, senza alcun previo contraddittorio con Se.Rist., ha disposto la revoca dell'aggiudicazione. Se.Rist. non ha, quindi, potuto ottenere l'autorizzazione del Tribunale, che non è stata concessa solo per l'intervenuta revoca.

All'annullamento della revoca illegittima il Consiglio di Stato, nel bilanciamento fra i contrapposti interessi coinvolti, non ha fatto però conseguire l'inefficacia del contratto stipulato, essendo il servizio di rilevante interesse pubblico ed in esecuzione già da tempo. Ha, quindi, accolto la domanda di condanna della stazione appaltante al risarcimento del danno solo nella parte proposta in via subordinata e, cioè, con riferimento al risarcimento per equivalente, che ha calcolato in base all'utile risultante dall'offerta di Se.Rist. e dai relativi giustificativi.

2. Con ricorso notificato in data 21 novembre 2023 e depositato il successivo 31 novembre la Ladisa ha chiesto l'esecuzione della sentenza 1° giugno 2022, n. 4484, non avendo il Comune ottemperato, nonostante che la società abbia intimato al Comune di Vedano al Lambro il pagamento di euro 54.483,00 sulla base della previsione di 76.200 pasti annui contenuta nel contratto siglato con la società Vivenda (Articolo 3. - Valore della concessione) per tutta la durata della concessione, oltre gli interessi legali dal dovuto al saldo.

In via subordinata, nell'ipotesi di contestazione riguardo all'ammontare del credito, la ricorrente ha chiesto la nomina di un verificatore che provveda alla sua quantificazione.

3. Si è costituito in giudizio il Comune di Vedano al Lambro, che ha sostenuto l'infondatezza, nel merito, del ricorso in quanto ad esso Comune rivolto, essendo il soggetto obbligato a risarcire il danno il consorzio Energia Veneto, in qualità di centrale di committenza del Comune. Il Comune ha contestato, inoltre, il quantum debeatur stimato dall'appellante.

4. Si è costituito in giudizio il consorzio Energia Veneto - CEV, che ha sostenuto l'infondatezza, nel merito, del ricorso, dovendo essere il Comune di Vedano al Lambro, in qualità di stazione appaltante che trae il beneficio dalla aggiudicazione, a risarcire il danno. Il consorzio ha contestato, inoltre, il quantum debeatur stimato dall'appellante.

5. La Vivenda s.p.a. non si è costituita in giudizio.

6. Alla camera di consiglio del 14 marzo 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Come esposto in narrativa, la Ladisa s.r.l. ha acquistato il ramo di azienda concernente la ristorazione dalla Se.Rist. s.r.l. Quest'ultima era risultata aggiudicataria della procedura aperta, bandita dal Comune di Vedano al Lambro per l'affidamento in concessione del servizio di ristorazione scolastica bio e servizi correlati per un periodo di sessanta mesi prorogabili per altri sei mesi. A seguito dell'esclusione successiva al controllo dei requisiti, l'aggiudicazione è stata revocata. In accoglimento del ricorso proposto avverso detta revoca il Consiglio di Stato, Sez. V, con sentenza 1° giugno 2022, n. 4484 (in riforma della sentenza del T.A.R. Milano n. 1462 del 2020), ha condannato la "stazione appaltante" alla rifusione del danno, che ha calcolato in base all'utile risultante dall'offerta di Se.Rist. e dai relativi giustificativi. La società, con nota del 5 ottobre 2022 a firma dei propri difensori, ha intimato il Comune il pagamento di euro 54.483,00 sulla base della previsione di 76.200 pasti annui contenuta nel Contratto siglato con la società Vivenda (Articolo 3. - Valore della concessione) per tutta la durata della concessione, oltre gli interessi legali dal dovuto al saldo. La stazione appaltante non ha ottemperato.

Con il ricorso per l'esecuzione del giudicato la Ladisa ha chiesto la condanna al pagamento di euro 54.483,00 (euro 0,13 x 76.200 pasti annui per anni 5 e 6 mesi) oltre a interessi e rivalutazione monetaria dal momento della sottoscrizione del contratto fino al soddisfo, nonché alla rifusione del contributo unificato, pari ad euro 15.000, versato nei due gradi di giudizio (euro 6.000 per il primo grado ed euro 9.000 per l'appello).

2. L'appello è suscettibile di positiva valutazione nei sensi e nei termini di seguito indicati.

La sentenza della Sez. V del Consiglio di Stato 1° giugno 2022, n. 4484 ha condannato la "stazione appaltante" "solo nella parte proposta in via subordinata, e, cioè, con riferimento al risarcimento per equivalente, che verrà calcolato in base all'utile risultante dall'offerta di SeRist e dai relativi giustificativi".

Dagli scritti difensivi versati agli atti del giudizio di ottemperanza non risulta che la sentenza sia stata adempiuta; le parti resistenti - Comune di Vedano al Lambro e consorzio Energia Veneto - pur riconoscendo che il risarcimento non è stato liquidato, si soffermano sull'individuazione del soggetto passivo dell'obbligazione, ciascuno addossando all'altro la responsabilità del danno e, dunque, l'obbligo di liquidare. Afferma il Comune che se un errore nella procedura c'è stato, questo è del consorzio; quest'ultimo invece sostiene che la centrale di committenza opera in nome e per conto di Amministrazioni che non vogliono o non possono procedere ad esperimenti di gare, ma gli effetti di queste procedure si hanno in capo alle Amministrazioni che commissionano lo svolgimento della procedura competitiva alla centrale di committenza e dunque sono loro le vere stazioni appaltanti. Il consorzio deduce una carenza di giurisdizione in capo al giudice amministrativo rispetto alla pretesa dell'ente Comune di vedere addebitato alla centrale di committenza l'indennizzo da erogare a Ladisa, e ciò in quanto, per effetto della stipulazione del contratto d'appalto tra il Comune di Vedano al Lambro e la società Vivenda s.p.a., sarebbe insorto il diritto della società Ladisa di ottenere il risarcimento del danno subito discendente dalla mancata aggiudicazione della gara, con la conseguenza che è il giudice civile a dover accertare l'eventuale responsabilità del consorzio, potendo verificare incidentalmente anche eventuali irregolarità nella gestione della procedura amministrativa per la selezione dell'operatore economico da incaricare.

3. La sentenza ottemperanda non individua in modo chiaro il soggetto obbligato a risarcire il danno.

Il Collegio - nel dichiarare la propria giurisdizione vertendo la controversia nella ottemperanza di una sentenza dello stesso giudice amministrativo che ha accertato la responsabilità dell'Amministrazione per provvedimento illegittimo - ritiene che obbligata a risarcire i danni patiti dalla Ladisa sia la centrale di committenza che ha svolto il procedimento dichiarato illegittimo.

3.1. Occorre premettere che nel ricorso proposto dinanzi al T.A.R. Milano (e, successivamente, in appello) Ladisa aveva imputato al consorzio - in quanto centrale di committenza che aveva espletato la procedura di gara - l'errore in cui era incorso nell'escluderla dalla gara e nel revocare poi l'aggiudicazione; ne consegue che il Consiglio di Stato con la sentenza n. 4484 del 2022, nel condannare la "stazione appaltante" al risarcimento in forma specifica, aveva inteso individuare in detto consorzio il soggetto obbligato, non avendo ritenuto di dover specificare che non era la centrale di committenza (individuata dal ricorrente) ma il Comune a dover rifondere il danno.

3.2. Giova aggiungere, ad adiuvandum, che l'art. 37, comma 9, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, ha previsto che "La stazione appaltante, nell'ambito delle procedure gestite dalla centrale di committenza di cui fa parte, è responsabile del rispetto del presente codice per le attività ad essa direttamente imputabili. La centrale di committenza che svolge esclusivamente attività di centralizzazione delle procedure di affidamento per conto di altre amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori è tenuta al rispetto delle disposizioni di cui al presente codice e ne è direttamente responsabile". La norma, dunque, fa gravare sulla centrale di committenza l'onere del rispetto dei principi e delle regole introdotte dal codice dei contratti pubblici, con la conseguenza che l'errore sull'esclusione di un operatore economico dalla gara o sulla aggiudicazione della procedura non può che gravare sulla stessa centrale. La disposizione riprende il considerando n. 69 della direttiva n. 24 del 2014, secondo cui "Occorre inoltre stabilire regole per ripartire tra la centrale di committenza e le amministrazioni aggiudicatrici che ad essa fanno direttamente o indirettamente ricorso la responsabilità di vigilare sull'osservanza degli obblighi derivanti dalla presente direttiva. Nel caso in cui la responsabilità esclusiva per lo svolgimento delle procedure di appalto competa alla centrale di committenza, la stessa è anche esclusivamente e direttamente responsabile della legittimità delle procedure. Se un'amministrazione aggiudicatrice gestisce alcune parti della procedura, ad esempio la riapertura della gara nell'ambito di un accordo quadro o l'aggiudicazione dei singoli appalti basata su un sistema dinamico di acquisizione, la stessa amministrazione dovrebbe continuare ad essere responsabile per le fasi che gestisce". Nel caso all'esame del Collegio non è dubbio che la procedura di gara è stata svolta dal consorzio, che ha proceduto anche alla revoca dell'aggiudicazione (rispettivamente, determina 17 gennaio 2020, n. 14, e determina 17 febbraio 2020, n. 34), e che, quindi, è responsabile della stessa. L'onere risarcitorio non può, quindi, che gravare sul consorzio (fatti salvi i successivi rapporti con il Comune che dell'attività del consorzio ha beneficiato).

3.3. Né assume rilievo decisivo l'uso da parte della sentenza da ottemperare della generica locuzione "stazione appaltante", che secondo il consorzio sarebbe indicativo dell'intento di individuare nel Comune il soggetto passivo dell'obbligo risarcitorio.

Infatti, l'ampiezza della definizione di "stazione appaltante" contenuta nell'art. 3, comma 1, lett. o), del d.lgs. n. 50 del 2016, che ricomprende la nozione di "amministrazioni aggiudicatrici" di cui alla precedente lett. a), ben si presta a includere nel richiamo anche le centrali di committenza come definite dalla successiva lett. i).

4. Passando al quantum debeatur del risarcimento, il Collegio ritiene doversi far riferimento, come affermato nella sentenza ottemperanda, all'utile che avrebbe conseguito Se.Rist.

Giova ricordare che dal fatto stesso che l'impresa abbia formulato un'offerta valida in gara, infatti, deve necessariamente presumersi che una tale offerta sia caratterizzata dall'esistenza di un utile, dato che, com'è noto, le offerte che non presentino un margine di utile, sia pur minimo, non sono ammissibili e devono essere escluse (C.d.S., Sez. V, 15 aprile 2013, n. 2063).

La mancata dimostrazione puntuale della percentuale di utile effettivo non incide sull'an debeatur se la ricorrente abbia offerto, come nella specie, elementi in grado di dimostrare in via presuntiva che l'utile atteso dall'esecuzione dell'appalto si sarebbe attestato sulla nota percentuale forfettaria del 10%, non essendo sufficiente a contestarne l'ammontare una generica confutazione opposta dalla parte avversaria.

Nella specie il ribasso proposto in gara da Se.Rist. (10,10%) va calcolato sulla base di gara.

L'importo così ricavato deve essere decurtato - in ragione della mancata prova da parte della ricorrente di non aver potuto utilizzare i mezzi o le maestranze in altri lavori - dell'aliunde perceptum vel percipiendum, equitativamente determinato in una misura percentuale stabilita nel 30% dell'importo determinato (C.d.S., Ad. plen., 12 maggio 2017, n. 2). Ne consegue la debenza a titolo risarcitorio di euro 38.138,10.

5. Il Collegio concorda invece con il Comune e con il consorzio che nel determinare il quantum debeatur del risarcimento non possa farsi riferimento ai sei mesi della proroga del rapporto contrattuale, essendo la stessa solo eventuale (art. 1, comma 1, del contratto di concessione del servizio stipulato tra il Comune e Vivenda).

6. Alla Ladisa dovrà essere anche corrisposto il contributo unificato anticipato per il giudizio di primo e di secondo grado.

7. In considerazione della complessità della vicenda contenziosa le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate tra le parti in causa nei confronti del consorzio Energia Veneto - CEV e del Comune di Vedano al Lambro; esonera la Vivenda s.p.a., non costituitasi in giudizio, dalla rifusione delle spese e degli onorari del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso per ottemperanza, lo accoglie, nei sensi e per gli effetti precisati in motivazione.

Compensa le spese e gli onorari del giudizio nei confronti del consorzio Energia Veneto - CEV e del Comune di Vedano al Lambro; esonera la Vivenda s.p.a. dalla rifusione delle spese e degli onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto CdS, sez. V, sent. n. 4484/2022.