Consiglio di Stato
Sezione III
Sentenza 2 aprile 2024, n. 2998
Presidente: Pescatore - Estensore: Fedullo
FATTO E DIRITTO
Il giudizio, introdotto dinanzi al T.A.R. per il Piemonte dall'odierno appellante, cittadino extra-comunitario, ha ad oggetto il provvedimento del 23 novembre 2022, con il quale la Prefettura di Torino - Sportello Unico per l'Immigrazione ha respinto l'istanza di emersione del rapporto di lavoro subordinato irregolare instaurato dalla ditta richiedente, in titolarità del sig. B. Angelo, con il sig. S. Mohamed, di origini marocchine, presentata in data 9 luglio 2020 ai sensi dell'art. 103, comma 3, lett. a), d.l. n. 34/2020.
L'impugnato provvedimento reiettivo è derivato dal parere negativo espresso dall'Ispettorato territoriale del lavoro in data 2 dicembre 2020, in ragione della mancata dimostrazione da parte del datore di lavoro della "disponibilità di un reddito annuale, ovvero di un fatturato che, dedotto il totale degli acquisti, sia pari ad euro 30.000".
Il suddetto parere è stato confermato a seguito dell'esame delle osservazioni procedimentali dell'interessato, con la precisazione che "il volume d'affari dell'azienda agricola, intestata al datore di lavoro, è infatti negativo, mentre a nulla rilevano i redditi da pensione del titolare, non trattandosi di redditi pertinenti all'azienda agricola".
Mediante i motivi di ricorso, il ricorrente lamentava essenzialmente che l'Amministrazione si era limitata ad applicare criteri di carattere aritmetico, senza valutare l'effettiva solidità economica dell'azienda assuntrice, desumibile da altri indici.
Il T.A.R. adito, con le ordinanze n. 238 del 16 marzo 2023 e n. 342 del 20 aprile 2023, ha disposto incombenti istruttori, ai quali ha dato esecuzione l'Amministrazione onerata mediante il deposito della relazione del 27 aprile 2023 a firma dell'Ispettorato nazionale del lavoro - Ispettorato territoriale di Torino, con la quale è stato evidenziato che:
- "sono state valutate sia la dichiarazione IVA 2019, presentata dall'impresa individuale, per l'anno di imposta 2018, in cui sono emersi i dati relativi al volume d'affari, pari a 71.637,00 euro a fronte di acquisti per euro 54.897,00 (doc. 3), sia quella del 2020, presentata dall'azienda, per l'anno di imposta 2019, in cui sono emersi i dati relativi al volume d'affari, pari a 32.567,00 euro a fronte di acquisti per euro 57.212,00. Da qui, in applicazione delle indicazioni del decreto (del 27 maggio 2020, n.d.e.), è stata determinata, come differenza tra il volume d'affari e gli acquisti, una capacità economica inferiore ad euro 30.000, ovvero a quella richiesta dalla norma, tanto per l'anno 2018 (euro 16.740) che per l'anno 2019 (euro -24.645)";
- "in fase di osservazioni al preavviso di rigetto, il lavoratore ha prodotto i documenti reddituali del datore di lavoro e precisamente: il Modello Unico - redditi persone fisiche, presentato nell'anno 2021, per l'anno di imposta 2020 ed il Modello Unico - redditi persone fisiche, presentato nell'anno 2020 per l'anno di imposta 2019. Il Modello Unico, per definizione, deve ricomprendere tutti i redditi di titolarità del contribuente. Nel caso di specie, riporta infatti sia il reddito da pensione (quadro RC), sia quello da attività di impresa (quadro RN) ed anche quello dominicale (RA). La somma di tutti e tre i predetti redditi è pari, per gli anni di imposta 2018, 2019 e 2020, rispettivamente a: euro 23.400; euro 24.297; euro 23.718 (doc. 5). Tali redditi sono ancora inferiori alla soglia richiesta dalla legge che, si ricorda, devono essere superiori a 30.000 euro. Si veda quindi come l'Amministrazione ha certamente tenuto conto dei redditi da pensione, nel momento stesso in cui ha valutato, in fase di osservazioni al 10-bis, i Modelli Unici - redditi persone fisiche relativi a 3 anni di imposta, risultati tutti inferiori alla soglia minima richiesta";
- "non sono stati prodotti i modelli IRAP, i quali, comunque, da verifiche effettuate su Punto Fisco, sia per l'anno di imposta 2018 che per l'anno di imposta 2019, risultano pari a euro 0, mentre quello per l'anno di imposta 2020 è inesistente";
- "non si è invece proceduto (correttamente) alla somma tra i risultati della dichiarazione IVA, ovvero del volume d'affari al netto degli acquisti e i risultati emersi dai Modelli Unici - redditi persone fisiche, non solo perché la norma ne prevede l'esame alternativamente, ma principalmente perché il volume affari, al netto degli acquisti, costituisce un di cui del reddito. Sommarli avrebbe di fatto comportato computare due volte lo stesso valore: volume d'affari al netto degli acquisti alias reddito di impresa al lordo, e reddito di impresa al lordo indentificato con il quadro RN del Modello Unico - redditi persone fisiche".
Il T.A.R. quindi, dopo aver respinto l'istanza cautelare del ricorrente, con la sentenza n. 26 del 17 gennaio 2024 ha respinto il ricorso anche nel merito.
Ha in particolare osservato il T.A.R. che "dagli accertamenti effettuati è, infatti, emerso che nell'anno 2019, sottraendo, come previsto dalla normativa vigente, al volume d'affari lordo dell'impresa individuale del datore di lavoro del ricorrente (71.637,00 euro) l'importo degli acquisti effettuati, pari a 54.897,00, si ottiene un importo netto di soli 16.740 euro.
Tale situazione è addirittura peggiorata nell'anno di imposta successivo (2020), dove, a fronte di un volume di affari lordo di 32.567,00 euro, sono stati effettuati acquisti per un totale di 57.212,00 euro, con un saldo netto addirittura negativo (-24.645,00 euro).
Dall'analisi dei modelli unici del datore di lavoro dello straniero, che, come noto, ricomprendono tutti i redditi del contribuente, è, inoltre, emerso che negli anni di imposta 2018, 2019 e 2020, egli ha prodotto un reddito rispettivamente pari a 23.400,00 euro, 24.297,00 euro e 23.718,00 euro mentre, dagli accertamenti effettuati per il tramite della banca dati "punto fisco" è emerso che le dichiarazioni IRAP dell'istante erano peri a zero per gli anni di imposta 2018 e 2019 e che essa non è stata neppure prodotta nell'anno 2020.
In conclusione, poiché dagli atti di causa è emerso che l'amministrazione procedente ha effettuato un'istruttoria completa, all'esito della quale è emerso che il datore di lavoro del ricorrente ha prodotto negli anni di imposta 2018, 2019 e 2020, un reddito inferiore alla soglia di 30.000,00 euro, ragionevolmente prevista dal legislatore a garanzia della genuinità della procedura, il ricorso è infondato e deve essere respinto".
La sentenza costituisce oggetto dell'appello - e della relativa istanza cautelare - proposto dall'originario ricorrente, il quale deduce, in sintesi, che: il significativo fatturato aziendale sarebbe sintomatico di una connotazione dinamica dell'impresa e dello stato di buona salute della stessa; il fatto che il datore di lavoro provveda ad una intensa attività di acquisti è indice di una attività di investimenti e non di debolezza economica; l'art. 9 del d.m. 27 maggio 2020 invita a considerare il volume delle vendite al netto degli acquisti come ulteriore indice di valutazione, ma non pone limiti aritmetici sull'entità dell'eventuale differenza pari o superiore ad euro 30.000; l'attività aziendale nel 2020 ha risentito degli effetti della pandemia, pur dichiarando un reddito positivo; ai sensi dell'art. 9, comma 3, del d.m. cit., devono essere considerati anche i redditi esenti da dichiarazione; l'impresa si avvale della prestazione d'opera di coadiuvanti familiari con il conseguente contenimento dei costi da lavoro dipendente.
Si sono costituite in giudizio, per resistere all'appello, le Amministrazioni appellate.
Tanto premesso, l'appello, ad avviso del Collegio, è meritevole di accoglimento.
Deve preliminarmente osservarsi che, ai sensi dell'art. 103, comma 15, d.l. n. 34/2020, "lo sportello unico per l'immigrazione, verificata l'ammissibilità della dichiarazione di cui al comma 1 e acquisito il parere della questura sull'insussistenza di motivi ostativi all'accesso alle procedure ovvero al rilascio del permesso di soggiorno, nonché il parere del competente Ispettorato territoriale del lavoro in ordine alla capacità economica del datore di lavoro e alla congruità delle condizioni di lavoro applicate, convoca le parti per la stipula del contratto di soggiorno...".
Il d.m. n. 137 del 27 maggio 2020 prescrive a sua volta, all'art. 9, comma 1, che "l'ammissione alla procedura di emersione è condizionata all'attestazione del possesso, da parte del datore di lavoro persona fisica, ente o società, di un reddito imponibile o di un fatturato risultante dall'ultima dichiarazione dei redditi o dal bilancio di esercizio precedente non inferiore a 30.000,00 euro annui".
Il comma 4 del medesimo articolo, all'ultimo periodo, prevede altresì che "per l'imprenditore agricolo possono essere valutati anche gli indici di capacità economica di tipo analitico risultanti dalla dichiarazione IVA, prendendo in considerazione il volume d'affari al netto degli acquisti, o dalla dichiarazione Irap e i contributi comunitari documentati dagli organismi erogatori".
Gli atti normativi che precedono producono quindi l'effetto di circoscrivere la discrezionalità di cui l'Amministrazione dispone ai fini della valutazione della capacità economica del datore di lavoro che abbia presentato istanza di regolarizzazione, commisurandola a parametri di redditività aziendale ritenuti congrui ai fini della dimostrazione della serietà della proposta di lavoro e della garanzia dei livelli retributivi e previdenziali a favore del lavoratore.
Ciò premesso, la parte appellante sostiene che l'Amministrazione avrebbe dovuto ricavare aliunde (come, ad esempio, dall'attività di investimenti svolta) la capacità economica dell'impresa, rilevante per i fini de quibus, facendo essenzialmente leva sul significativo volume d'affari dell'impresa, contestando la sentenza appellata laddove, sulla scorta della relazione istruttoria dell'Amministrazione, ha ritenuto di sottrarre gli acquisti al fine di verificare il rispetto della soglia di euro 30.000.
Deve in proposito evidenziarsi che effettivamente l'art. 9, comma 4, del d.m. 27 maggio 2020 non indica alcuna differenza minima tra volume d'affari ed acquisti effettuati, limitandosi a prescrivere che "per l'imprenditore agricolo possono essere valutati anche gli indici di capacità economica di tipo analitico risultanti dalla dichiarazione IVA, prendendo in considerazione il volume d'affari al netto degli acquisti...".
Ne consegue che il provvedimento impugnato, nella parte in cui - come reso esplicito in sede istruttoria - ha fatto discendere la negazione di una congrua capacità economica dell'impresa, sic et simpliciter ed in mancanza di ogni altra valutazione della solidità aziendale, dalla rilevata differenza tra volume d'affari ed acquisti (che, almeno per l'anno 2019, è di segno positivo), non è conforme al richiamato parametro normativo.
Nel senso indicato, la giurisprudenza (cfr. T.A.R. per la Toscana, Sez. II, 25 ottobre 2022, n. 1197) ha avuto modo di osservare che "la valutazione tecnico-discrezionale suddetta, di competenza dell'Ispettorato del lavoro, non può neppure risolversi in una semplice operazione aritmetica costituita dalla sottrazione del totale degli acquisti al volume d'affari, perché ciò contraddirebbe il parametro di cui al primo comma (basato sulla rilevanza anche del solo fatturato al fine di stabilire la solidità economica dell'impresa), da cui si evince che per il Ministero che ha regolamentato la fattispecie non è necessario che vi sia un utile d'esercizio per effettuare l'investimento costituito dall'assunzione di uno o più lavoratori; e ciò a differenza dell'ipotesi in cui ad assumere lavoratori sia una persona fisica, per la quale rileva unicamente il reddito".
L'appello deve quindi essere accolto e conseguentemente, in riforma della sentenza appellata, accolto il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado ed annullato il provvedimento con esso impugnato.
La sostanziale novità della questione esaminata giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Terza, accoglie l'appello e conseguentemente, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado ed annulla il provvedimento con esso impugnato, salve le ulteriori determinazioni dell'Amministrazione.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Piemonte, sez. I, sent. n. 26/2024.