Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
Sezione II
Sentenza 4 aprile 2024, n. 646

Presidente: Flaim - Estensore: Garbari

FATTO

1. Con il ricorso introduttivo dell'odierno giudizio i ricorrenti, proprietari di fondi ubicati nel territorio del Comune di Corbola (RO), in aree frontistanti la strada comunale denominata "via Spin", impugnano le note datate 8 febbraio 2023 con cui l'Amministrazione comunale ha comunicato l'intervenuta approvazione, con delibera della Giunta comunale n. 82 del 12 settembre 2022, del progetto definitivo/esecutivo del primo stralcio dell'opera di "prosciugamento aree soggette a criticità idraulica in via Spin e Basson, messa in sicurezza idraulica e stradale", dichiarata di pubblica utilità, ed ha conseguentemente avviato il procedimento di esproprio delle loro aree, costituenti una porzione dei fossati a ridosso della carreggiata stradale.

2. Con motivi aggiunti depositati in data 18 luglio 2023 il gravame è stato esteso alle successive note datate 17 maggio 2023, con le quali l'Amministrazione comunale ha reiterato la prima comunicazione, prospettando agli interessati la possibilità di addivenire ad una cessione volontaria delle aree interessate dalla procedura espropriativa.

3. Il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti sono affidati alle medesime censure, con le quali sono dedotti i seguenti profili di illegittimità degli atti impugnati:

I) violazione dell'art. 16 del d.P.R. 327/2001, perché il Comune di Corbola ha approvato il progetto definitivo/esecutivo con contestuale dichiarazione di pubblica utilità dell'opera senza darne previo preavviso agli interessati dalla procedura di esproprio e, quindi, precludendo la loro partecipazione al procedimento;

II) incongruenza e criticità tecnica della soluzione progettuale approvata, espressione di un'attività istruttoria carente e di un travisamento delle circostanze in fatto: a fronte dell'individuazione, nel progetto, di due aree soggette a criticità idraulica, ovvero Via Basson (con un'estensione di 35 hmq) e Via Spin 1 e 2 (con un'estensione di 84 hmq) il progetto si occupa infatti irragionevolmente di una porzione molto limitata del tratto stradale di Via Spin, posto in corrispondenza di una curva a gomito ove sarebbero più evidenti i segni di cedimento della carreggiata. Concentrare l'intervento in un'area così ristretta e priva di collegamento con il collettore di riferimento (lo Scolo Gozzi, distante almeno 150 metri) rischia di creare un effetto "piscina", aggravando il problema;

III) irrazionalità dell'esproprio di una metà della sezione del fosso di scavo, ovvero della sola porzione a ridosso della carreggiata stradale; tale scelta, finalizzata a contenere i costi di esproprio, crea una irragionevole commistione tra proprietà pubblica e privata, una promiscuità di obblighi manutentivi e di gestione, con ulteriori criticità e oneri per i privati interessati. L'esproprio parziale, inoltre, contrasta con l'art. 3, comma 1, del codice della strada, che definisce il confine stradale come il "limite della proprietà stradale quale risulta dagli atti di acquisizione o dalle fasce di esproprio del progetto approvato; in mancanza, il confine è costituito dal ciglio esterno del fosso di guardia o della cunetta, ove esistenti, o dal piede della scarpata se la strada è in rilevato o dal ciglio superiore della scarpata se la strada è in trincea".

4. Si è costituito per resistere al ricorso l'intimato Comune di Corbola.

5. L'Amministrazione ha eccepito in via preliminare l'inammissibilità del ricorso, assumendo che la deliberazione impugnata sarebbe meramente attuativa dell'accordo di programma sottoscritto tra Comune e Regione Veneto il 4 maggio 2022, che disciplina la realizzazione del primo stralcio dell'intervento di messa in sicurezza idraulica e stradale di zona Spin e che non è stato impugnato. La difesa del Comune sottolinea inoltre come l'intervento contestato sia finalizzato a dare soluzione all'annoso problema di criticità idraulica delle vie comunali di cui è questione, che ha dato vita anche ad un contenzioso sulla ripartizione dei costi di manutenzione dei fossi tra il Comune e i proprietari frontisti. Soggiunge che questi ultimi hanno impugnato il regolamento comunale che stabilisce i criteri di riparto dei costi (ricorso assunto al NRG 701/2020 e recentemente definito con pronuncia di inammissibilità con sentenza della Sez. II, 30 novembre 2023, n. 1781) ed hanno prefigurato essi stessi, quale soluzione del problema, quella espropriativa. Infine ha sottolineato che l'intervento contestato costituisce solo il primo stralcio di un'opera più complessiva.

6. L'istanza cautelare è stata respinta con ordinanza 13 maggio 2023, n. 242, assunta sulla base dell'allegato periculum in mora e del necessario bilanciamento tra i contrapposti interessi, considerate da un lato le tempistiche molto ristrette previste dal menzionato accordo di programma per l'approvazione del progetto esecutivo (120 giorni dalla sottoscrizione dell'accordo, termine poi prorogato al 16 settembre 2022), per l'avvio dei lavori (entro novembre 2023) e per la loro conclusione (entro i successivi 18 mesi), pena decadenza dal contributo, dall'altro il difetto di attualità del danno prospettato a supporto dell'istanza cautelare, consistente nella possibilità di un'occupazione d'urgenza delle aree oggetto di espropriazione. L'ordinanza è stata confermata in appello (C.d.S., Sez. IV, 14 luglio 2023, n. 2887).

7. In vista della trattazione nel merito del gravame il Comune ha comunicato che la procedura per l'individuazione dell'impresa esecutrice dei lavori di prosciugamento delle aree indicate nel progetto è andata deserta e che, alla luce di tale circostanza, l'Amministrazione civica ha chiesto una proroga del termine di avvio delle procedure di affidamento dei lavori, che la Regione ha accordato fino al 23 agosto 2024, dando altresì atto della perdurante finanziabilità del progetto.

8. I deducenti hanno sottolineato come tali sopravvenienze smentiscano il carattere urgente degli interventi e il rischio di perdita del finanziamento regionale, sui quali l'Amministrazione resistente aveva fondato le sue difese in sede cautelare.

9. Il ricorso è stato quindi chiamato all'udienza pubblica del 21 marzo 2024, ove è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente va disattesa l'eccezione di inammissibilità del gravame per mancata impugnazione dell'accordo di programma tra Regione Veneto e Comune di Corbola, sollevata dal Comune resistente.

2. Detto accordo definisce infatti unicamente gli obiettivi del finanziamento regionale, senza nulla disporre sulle modalità di attuazione degli stessi o della procedura espropriativa. Tale atto, pertanto, da un lato non è in sé lesivo degli interessi azionati in giudizio dai ricorrenti, dall'altro non prevede modalità vincolate di attuazione del progetto, considerato tra l'altro che i ricorrenti non contestano la scelta della procedura espropriativa, ma «le concrete modalità con cui quest'ultima è stata progettata, approvata ed avviata da parte del Comune, impedendo la necessaria partecipazione procedimentale dei proprietari direttamente coinvolti, ciò che ha comportato una scelta localizzativa a dir poco discutibile ed imposto addirittura un esproprio "a metà", del tutto non risolutivo e financo foriero di incertezze applicative e di scarico di responsabilità».

3. Tanto premesso, nel merito il ricorso è fondato.

4. L'art. 16 del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità), dispone:

"1. Il soggetto, anche privato, diverso da quello titolare del potere di approvazione del progetto di un'opera pubblica o di pubblica utilità, può promuovere l'adozione dell'atto che dichiara la pubblica utilità dell'opera. A tale fine, egli deposita pressa l'ufficio per le espropriazioni il progetto dell'opera, unitamente ai documenti ritenuti rilevanti e ad una relazione sommaria, la quale indichi la natura e lo scopo delle opere da eseguire, nonché agli eventuali nulla osta, alle autorizzazioni o agli altri atti di assenso, previsti dalla normativa vigente.

2. In ogni caso, lo schema dell'atto di approvazione del progetto deve richiamare gli elaborati contenenti la descrizione dei terreni e degli edifici di cui è prevista l'espropriazione, con l'indicazione dell'estensione e dei confini, nonché, possibilmente, dei dati identificativi catastali e con il nome ed il cognome dei proprietari iscritti nei registri catastali.

(...)

4. Al proprietario dell'area ove è prevista la realizzazione dell'opera è inviato l'avviso dell'avvio del procedimento e del deposito degli atti di cui al comma 1, con l'indicazione del nominativo del responsabile del procedimento.

(...)

10. Il proprietario e ogni altro interessato possono formulare osservazioni al responsabile del procedimento, nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione o dalla pubblicazione dell'avviso.

11. Nei casi previsti dall'articolo 12, comma 1, il proprietario dell'area, nel formulare le proprie osservazioni, può chiedere che l'espropriazione riguardi anche le frazioni residue dei suoi beni che non siano state prese in considerazione, qualora per esse risulti una disagevole utilizzazione ovvero siano necessari considerevoli lavori per disporne una agevole utilizzazione.

12. L'autorità espropriante si pronuncia sulle osservazioni, con atto motivato. Se l'accoglimento in tutto o in parte delle osservazioni comporta la modifica dello schema del progetto con pregiudizio di un altro proprietario che non abbia presentato osservazioni, sono ripetute nei suoi confronti le comunicazioni previste dal comma 4 (...)".

5. Secondo un granitico orientamento giurisprudenziale, fondato sul chiaro disposto letterale ora richiamato, ai proprietari delle aree sottoposte a espropriazione per la realizzazione di un'opera pubblica "deve essere garantita, mediante la formale comunicazione dell'avviso di avvio del procedimento, la possibilità di interloquire con l'Amministrazione procedente sulla sua localizzazione e, quindi, sull'apposizione del vincolo, prima della dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza e, quindi, dell'approvazione del progetto definitivo, né sarebbe invocabile come esimente dal dovere in questione il disposto dell'art. 13, comma 1, l. 7 agosto 1990, n. 241, in quanto detta norma si riferisce ai soli atti a contenuto generale" (C.d.S., Sez. VI, 3 luglio 2018, n. 4069).

6. Il mancato assolvimento dell'obbligo di comunicazione determina l'illegittimità dell'atto dichiarativo della pubblica utilità e degli atti successivi (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 24 aprile 2023, n. 1015; C.d.S., Sez. IV, 21 novembre 2022, n. 10254).

7. La disposizione richiamata regola infatti minuziosamente il procedimento espropriativo e la partecipazione dei proprietari delle aree, al fine di garantire l'effettiva dialettica nella formazione della volontà dell'Amministrazione.

8. Inoltre "Poiché l'attività espropriativa risulta connotata da ampi margini di discrezionalità amministrativa e tecnica, dall'omissione dell'avviso deve farsi derivare la illegittimità della procedura espropriativa, non essendo possibile fare ricorso all'art. 21-octies comma 2, l. n. 241 del 1990, soprattutto perché, in carenza delle eventuali possibili osservazioni di parte, non è dato riscontrare come palese che il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (T.A.R. Calabria, Catanzaro, n. 1103/2020)" (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 21 marzo 2023, n. 1768).

9. Né può sostenersi che i ricorrenti fossero già a conoscenza, in quanto promotori di tale possibile soluzione, dell'opzione espropriativa per la soluzione del problema di messa in sicurezza della strada comunale, atteso che a nulla rileva che l'interessato abbia avuto comunque conoscenza del procedimento, "dato che le esigenze partecipative alla base dell'obbligo di comunicazione non possono essere ritenute soddisfatte da una generica conoscenza dell'esistenza di un procedimento espropriativo, essendo necessario, per escludere la rilevanza dell'omissione della comunicazione di avvio, una precisa conoscenza dell'andamento del procedimento e dell'oggetto di esso" (T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 4 ottobre 2016, n. 1914; T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 20 febbraio 2020, n. 321).

10. Risulta fondato anche il terzo motivo di ricorso, che si appunta sull'irragionevolezza dell'espropriazione solo per una porzione dei fossati adiacenti alla viabilità comunale (quella a ridosso della carreggiata stradale, lasciando in carico ai privati dall'asse di fosso fino al ciglio opposto al lato di campagna, come indicato nella relazione tecnico-descrittiva del progetto). Si tratta infatti di una soluzione che non risulta in alcun modo motivata negli atti comunali avversati e che appare determinata esclusivamente dalla necessità di contenere i costi di esproprio, ma dalla quale, come dedotto nel gravame, possono potenzialmente derivare ulteriori criticità nella ripartizione delle responsabilità e degli obblighi manutentivi.

11. Va respinto invece il secondo motivo, che si appunta sul merito della scelta tecnica progettuale, espressa nell'esercizio di un potere connotato da discrezionalità tecnica. Ancorché il controllo giurisdizionale sia ammesso anche rispetto all'esercizio della discrezionalità tecnica, è in capo alla parte ricorrente l'onere di mettere seriamente in discussione l'attendibilità tecnico-scientifica degli atti contestati. Nel caso di specie le osservazioni formulate dai ricorrenti sono state disattese nel merito - su un piano parimenti tecnico - dall'Amministrazione comunale; sulla idoneità della soluzione progettuale prescelta a risolvere la problematica della sede stradale si fronteggiano quindi posizioni divergenti e parimenti opinabili. Quella espressa dai ricorrenti costituisce quindi un'opinione tecnica difforme la quale, di per sé, non rivela alcun profilo di manifesta illogicità o di palese travisamento fattuale che possa determinare un'illegittimità dell'atto apprezzabile in sede giurisdizionale. Va considerato poi ulteriormente, sotto il profilo della dedotta irrazionalità dell'intervento su una porzione limitata dell'asse stradale, che l'intervento contestato costituisce solo il primo stralcio rispetto all'opera complessiva.

12. In conclusione, stante la fondatezza dei motivi I e III, il ricorso va accolto. La deliberazione della Giunta comunale n. 82/2022 e gli atti comunali impugnati con il ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti vanno quindi annullati, impregiudicata ogni ulteriore determinazione che l'Amministrazione comunale vorrà adottare nel rispetto delle procedure di legge.

13. Le spese di lite sono a carico del Comune soccombente, nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie e, per l'effetto, annulla le note comunali impugnate e la deliberazione della Giunta comunale n. 82 del 12 settembre 2022.

Condanna il Comune di Corbola a rifondere ai ricorrenti le spese di lite, che liquida in complessivi 2.000,00 (duemila/00) euro, oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.